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[Fantascienza con personaggi lgbt]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Non spregevole, ma da Clarke ci si aspetta di più di così.
Ogni scrittore ha i suoi alti e bassi, Clarke è uno scrittore e non fa eccezione, e questo libro è uno dei suoi "bassi".
Sarà forse anche solo per il fatto che da una firma come quella di Clarke ci si aspetta di più che un gradevole romanzetto d'avventura senza infamia e senza lode, ma io sono rimasto deluso.
Un po' per il fatto che questo è il volume centrale d'una trilogia (cosa che sul retrocopertina ci si è "dimenticati" di scrivere... guarda tu il caso!). Un po' perché forse, vista l'età di Clarke al momento di scrivere quest'opera (una delle ultime), qui c'è più farina del sacco di Baxter che sua. E un po' perché il romanzo soffre di un'idea di partenza nient'affatto modesta, sviluppata con diligenza ma senza particolari slanci di fantasia -- che invece al Clarke delle opere migliori non sono mai mancati.
Ripeto,
il libro non è brutto. "Urania" ci rifila a ripetizione robe
cento volte peggiori, e non ha ancora chiuso.
Però
non è neppure un capolavoro. È un onesto prodotto artigianale,
messo assieme con tutti gli ingredienti del caso, rispettoso di tutte le
formule del genere letterario...
Ed
il punto sta qui: forse è un po' troppo rispettoso. C'è
quel tanto di tutto che il lettore si aspettava... ma nulla di più
di quello che si aspettasse.
In altre parole, questo romanzo non mi ha "sorpreso", come invece han fatto altri dello stesso autore.
L'idea di partenza è presto detta: una misteriosa razza aliena, di cui nulla si sa, ha deciso di annientare la razza umana per motivi ignoti. Lo vuol fare provocando un transitorio aumento di attività nel Sole, che sterilizzerebbe col calore e le radiazioni tutti i pianeti.
Alcuni
scienziati al lavoro sulla Luna scoprono in tempo quanto sta per accadere,
e dopo avere affannosamente cercato una soluzione (tutte al di là
della portata della tecnologia umana) scoprono infine di poter drasticamente
limitare i danni costruendo un enorme schermo, piazzato in orbita fra la
terra e il Sole, per deflettere la gran parte della radiazione in eccesso.
Punto.
Il
resto del romanzo è il racconto della corsa contro il tempo per
costruire lo schermo, e del successo finale che permette alla razza umana
di sopravvivere. Sia pure un tantino malconcia e... strinata.
Piuttosto
fastidiosa nel romanzo è la sotto-trama politica, che scade
in continue leccate di culo agli americani, i soli in grado di salvare
il mondo (come è sempre stato), i soli veramente intenzionati a
farlo (come è sempre stato), i soli degni di guidare (come hanno
sempre fatto) l'umanità intera alla vittoria -- con l'eccezione
dei cinesi, che vogliono a tutti i costi far da soli, ovviamente fallendo
miseramente nei loro sciocchissimi piani.
Questo
clone del George-Bush-pensiero è non solo irritante, ma ormai pateticamente
"datato" dopo neppure un decennio. Pura propaganda fuori luogo.
Anche
i terroristi che cercano di sabotare il lavoro sono macchiette delineate
in modo talmente superficiale da risultare ridicolo: non terrorizzano e
non inquietano, e mancherebbe solo che si mettessero a ghignare felici
mentre fanno danni, e l'epic fail dei personaggi sarebbe totale.
Altri
appesantimenti del testo consistono nelle lezioni di fisica che
lardellano la prima metà del libro (per fortuna spariscono quando
si passa al dunque), o l'inserimento di dettagli-zavorra che non hanno
alcuna funzione nella narrazione, ma si limitano a distrarre. Per esempio,
alle pp. 25-28 scopriamo che lo scienziato Mikhail Martynov è omosessuale
e innamorato del brillante collega, il giovane e muscoloso Eugene Mangles.
Dopodiché la cosa sparisce dalla trama e non ha alcuna ulteriore
conseguenza sulla narrazione, nonostante venga ribadita alle pp. 85, 150,
287 e 338.
A
p. 251 si scopre poi che il servizievole Toby ha un compagno, con cui vorrebbe
trascorrere il momento della crisi.
Se questo era un modo per dare "spessore" ai personaggi, be', non ha funzionato: infatti i personaggi sono tutti un po' bidimensionali. Ciò è tipico della fantascienza, è vero... però a me quelli che sono piaciuti di più sono le... tre Intelligenze Artificiali che coordinano lo sforzo (ossia, i soli non-umani). Il che è tutto dire.
La parte migliore de L'occhio del Sole è a mio modo di vedere quella in cui infine il Sole erutta, e le contromosse escogitate dalla razza umana, complete o no che siano, subiscono (letteralmente) la prova del fuoco.
Qui
la grandiosità delle immagini e delle descrizioni, prive di forzature
retoriche (anzi, descritte con l'asciuttezza e il distacco d'un astronomo
che annoti l'evoluzione di un astro) mi ha concesso qualche capitolo
davvero "epico".
Dopodiché
la conclusione, più che una catarsi in senso stretto, è
un po' uno sgonfiamento di sufflè... ma dopo quelle pagine così
riuscite va bene anche così.
Questo romanzo avrebbe una continuazione e conclusione in un terzo volume, ma confesso che quanto ho già letto mi ha saziato, e non mi ha acceso nessun desiderio di vedere come vada a finire...
Giudizio
finale: il romanzo si lascia leggere, a tratti raggiunge punte di eccellenza,
in altri invece vivacchia, ma tutto sommato galleggia sempre al di sopra
della sufficienza.
Se
non avete di meglio per le mani, una lettura gliela potete dare senza timore.
Se
invece siete arrivati qui dopo aver letto uno dei capolavori di Clarke,
come 2001
Odissea nello spazio o Le
sabbie di Marte, perché desiderate scoprirne qualcun altro,
allora sarà meglio optare per un titolo diverso... perché
questo qui non rientra di certo fra i capolavori clarkiani.