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[Fantascienza con personaggi lgbt]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Ritorna il Budayen, con le suoi transessuali onnipresenti.
Nota: questo volume è stato edito in prima edizione italiana con il titolo: Programma Fenice [Nord, Milano 1991].
Quando
un libro ha successo la tentazione di un sequel diventa forte, anche
quando si era sostanzialmente spremuto tutto il possibile dai personaggi
e dalle situazioni del primo volume.
Ciò
è avvenuto anche per questo romanzo di fantascienza, che è
il seguito di Senza
tregua (alias: L'inganno della gravità), ed ha a
sua volta un ulteriore sequel, La
guerra di Marid Audran - Esiliato dal Budayeen
(prima edizione: 1991).
Marid Audran adesso ha fatto carriera, e ora lavora per "Papà", il capomafia che controlla i traffici d'una buona parte del Budayen, misterioso luogo letterario situato da qualche parte nel Nordafrica. Papà gli ha trovato un posto in polizia, dove l'ex investigatore privato dovrà fare i conti con colleghi infingardi, corrotti e collusi con la malavita (del resto, se non lo fossero stati, Audran quel posto non l'avrebbe avuto...).
Anche questa volta il genere letterario
scelto dall'autore è il poliziesco, con però una sensibile
attenuazione delle atmosfere noir alla Falcone Maltese.
Si tratta di scoprire cosa c'è
dietro alcuni omicidi efferati, e ad altri avvenimenti strani, uno dei
quali porterà anche a un doppio tentativo di assassinare Papà.
Audran sventerà la macchinazione, candidandosi così in
pectore al ruolo di successore di Papà.
Il romanzo è condotto con mestiere sicuro e gradevole, ma risulta più patinato e "preconfezionato" del primo, che aveva nei suoi difetti (per esempio il carattere esagerato e "fuori scala" dei personaggi e delle situazioni) uno dei suoi pregi. Ed ovviamente gli manca l'"effetto sorpresa" del primo volume, risultando così più scontato.
Di nuovo, qui, c'è solo un aspetto lievemente splatter, assente nel primo volume, relativo a un traffico di organi per trapianti, su cui non posso dire di più per non mandare all'aria la suspence, e che mi ha lasciato un retrogusto amaro perché qui manca il "lieto fine". Infatti Audran, che l'ha scoperto, riuscirà a scongiurare il pericolo di finire a fare la parte del fornitore, ma non a sradicarlo, scoprendo di essere troppo solo e impotente per questo compito. E quindi il traffico andrà avanti come prima.
Anche le transessuali, che sfarfallavano
per ogni pagina del primo volume, sono qui spostate sullo sfondo. Continuano
ad esserci, e il protagonista continua ad avere un debole per loro, ed
ogni qualche decina di pagine l'autore fa in modo che il lettore si ricordi
che sono ancora là ("Mentre Chiri mi preparava da bere, osservai
Yasmin che ballava. Yasmin rimaneva sempre la più bella collezione
di cromosomi XY che avessi mai visto. Da quando eravamo tornati
amici, mi aveva confidato che le dispiaceva essersi tagliata i lunghi capelli
neri"; p. 234). Ma si tratta di una presenza ormai discreta e di secondo
piano, che non ha più influenza diretta sullo svolgimento della
trama.
Perfino nel campo delle droghe Audran,
adesso che ha responsabilità verso Papà, è obbligato
a darci un taglio: Papà gli mette infatti letteralmente alle costole
uno... schiavo negro che non gli dà tregua, cristiano e piuttosto
colto, un anti-personaggio comico decisamente riuscito.
Tra i personaggi riusciti del romanzo,
va elencata infine la mamma di Audran, che ha fatto la puttuana fino a
quel momento, e del figlio se n'è talmente fregata che quando lui
è tornato a cercarla non l'ha riconosciuto, scambiandolo per un
cliente, ma ora che il piccolo ha fatto fortuna decide che quasi quasi
adesso può anche andare a stare da lui... Anche qui, ogni volta
che esagera, Effinger ci azzecca.
Insomma: complessivamente questo è
un romanzo che, pur collocandosi un po' al di sotto del primo, merita comunque
la lettura. Se magari non sorprende più quanto il primo, comunque
intrattiene e diverte.
La riedizione Hobby & work, oltre
tutto, ha un prezzo abbordabilissimo (8 euro per 380 pagine).
Un piccolo consiglio: ovviamente questo volume va letto per secondo, perché senza conoscere gli antefatti contenuti nel primo risulta meno divertente e soprattutto meno comprensibile.