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[Fantascienza con personaggi lgbt]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Parlare contro la guerra usando umorismo e... fantascienza.
Questo
originale romanzo racconta in termini semifantastici e molto ironici l’esperienza
dell’autore, prigioniero di guerra dei tedeschi a Dresda
la notte in cui la città fu deliberatamente distrutta dai bombardieri
Alleati con una "tempesta
di fuoco".
Oggi
sappiamo che la mossa, militarmente
assurda perché trascurò gli obiettivi militari accanendosi
sui civili, fu soprattutto un “avvertimento” dato ai sovietici in vista
della "guerra fredda" prossima ventura, affinché rallentassero la
loro troppo rapida marcia di conquista della Germania nazista, dimostrando
cosa avrebbero potuto fare i bombardieri Alleati a una città russa
se i sovietici non avessero moderato il loro appetito.
Vonnegut
fu tra i primi, nel lontano 1966, a descrivere quello
che a tutti gli effetti fu un attacco terroristico (in
senso letterale: il suo scopo principale era terrorizzare – ovviamente
ottenendo l’effetto opposto, come in tutti gli attacchi terroristici:
la propaganda nazista seppe fare meraviglie usando
questo caso quale simbolo della cieca barbarie dei nemici, tanto che
ancor oggi gli storici revisionisti alla David
Irving hanno gioco facile nell'esagerare volutamente il numero
dei morti e la portata delle distruzioni, allo stesso scopo).
Ponendosi
al di fuori della retorica dei “liberatori” che avevano “salvato” il popolo
tedesco dal nazismo, nel romanzo fornisce alcuni spunti svagati sui motivi
per i quali, vedendo l’effetto delle loro azioni, i “liberati” resistessero
fino all’ultimo minuto all’idea di farsi “liberare”.
Ovviamente
nel 1966, in piena guerra fredda, metterla direttamente in questo modo
era impensabile. Quindi Vonnegut riveste questo suo romanzo contro la follia
della guerra (e gli Usa erano all’epoca impantanati da quella del Vietnam,
dopo aver finito da pochi anni quella di Corea…) di una veste ironica ed
umoristica. Le vicende dell’io narrante nella Germania del 1944 si alternano
così a quelle d’un individuo che viene... rapito dagli alieni
e trasferito in uno zoo del pianeta Tralfamadore, assieme ad una porno-star…
L’insieme
è esilarante, al punto che quella che è la relazione
su una grande tragedia storica si legge senza eccessiva angoscia.
E c’è
da dire che in effetti, rispetto all’atrocità del bombardamento
di Dresda, nel quale decine di migliaia di persone furono bruciate vive,
la descrizione data da Vonnegut è veramente all’acqua di rose: recenti
monografie storiche su quell’episodio
sono infinitamente più sconvolgenti.
L’autore
ha scelto infatti di non calcare troppo la mano, sapendo che i suoi compatrioti
avrebbero già faticato a credere che la loro nazione potesse essere
responsabile di un solo decimo di quel che Vonnegut aveva visto coi suoi
occhi. E quindi per raccontare la follia delle guerre si limita
a descrivere poco meno di quel decimo, anche se da alcuni cenni rapidissimi
(come quello al caso delle persone bollite vive nelle fontane in cui avevano
invano cercato di salvarsi dall’arroventamento dell’aria) appare chiaro
che sa molto più di quel che scrive e descrive.
Resta
il fatto che nonostante per decenni questo sia stato considerato un
caposaldo della narrativa antimilitarista, oggi risulta ben poco graffiante.
Il
problema non è che siano venuti meno i motivi della protesta di
Vonnegut, bensì che i paladini delle guerre “umanitarie” hanno nel
frattempo reagito, concordano sul fatto che le guerre sono sempre mostruose
follie, e garantiscano che per questo motivo “noi”
combattiamo solo “missioni di pace”, che sono tutt’altra cosa,
usando magari “bombe intelligenti” che non fanno danni...
Dopodiché
qualsiasi giornalista che si azzardasse a raccontare la verità non
troverebbe più una sola testata su cui pubblicarla in un panorama
informativo totalmente embedded, e in un panorama politico in cui
non esiste più un solo partito che si dica contrario agli interventi
bellici.
“Ma
così va il mondo”, direbbe Vonnegut.
Quanto al tema lgbt, nella sua ironia dissacrante Vonnegut si permette di ricordare a p. 94 che fra i nemici che il nazismo sterminava c’erano anche gli omosessuali – ed era cosa che all’epoca non diceva praticamente nessuno.
A p. 109 ironizza sul fatto che gli alieni tralfamadoriani avevano scoperto che sulla Terra c’erano non meno di sette sessi, “cinque dei quali attivi solo nella quarta dimensione”. Fra questi sessi invisibili, ma necessario alla propagazione della razza umana, gli uomini e le donne omosessuali. Come dire che nel sesso possono esserci ragioni non necessariamente visibili ad occhio nudo o “a tre dimensioni”: e bravo Vonnegut.
A p. 130 un compagno di prigionia (implicitamente descritto come omosessuale per i suoi manierismi) dell’io narrante, invitato ad andare a dare via il culo, risponde: “Non credere che non ci abbia provato”.
Infine a p. 186, nell’esilarante descrizione d’un negozio di riviste pornografiche, l’autore nota come alcuni clienti “Si scambiavano occhiate fra loro, invece di guardare la mercanzia”.
L’omosessualità non ha altri ruoli nella vicenda, e vista l’abilità di scrittura di Vonnegut, ciò è un peccato.