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JACOPO BONFADIO (1508?-1550)
 
di: Giovanni Dall'Orto

Jacopo Bonfadio in un'incisione settecentesca. Ringrazio lo studio bibliografico "L'Arengario" per l'invio dell'immagine.
 
Umanista e storico. 
Nacque a Gazano (o Gazzane) sul Garda e studiò a Verona e Padova.  

Dal 1532 visse a Roma e Napoli come segretario di vari cardinali e vescovi; nel 1540 fu poi a Padova come precettore di Torquato, figlio del cardinale-umanista Pietro Bembo (1470-1547). 

Nel frattempo i suoi scritti lo avevano reso celebre: in particolare furono apprezzate le sue poesie e, per la loro eleganza, le Lettere famigliari, edite in parte nel 1543 da Aldo Manuzio e ristampate molte volte. 

Questa fama gli valse l'offerta, nel 1544, d'insegnare filosofia presso l'Università di Genova 
Bonfadio si trasferì in quella città e nello stesso anno ebbe dalla Repubblica di Genova anche il prestigioso incarico di scrivere la storia ufficiale della città dal 1528 in poi, impresa a cui si accinse con scrupolo, arrivando fino al presente. 

Lo scrupolo nel ricercare la "verità" storica gli fu però fatale: secondo la ricostruzione più attendibile degli avvenimenti alcune potenti famiglie, che non avevano apprezzato il modo in cui Bonfadio aveva parlato di loro, approfittarono del fatto che lo storico era stato accusato d'aver sedotto un suo studente e lo fecero condannare a morte per sodomia e decapitare il 9 luglio 1550 
Il cadavere fu poi bruciato sul rogo. 
 
Genova in un dipinto del 1481
Genova in un dipinto del 1481.
Egli fu così uno dei pochissimi umanisti processati per sodomia a subire la condanna: le connivenze di personaggi potenti, che in casi simili riuscirono sempre almeno a far fuggire in tempo l'accusato, nel suo caso furono rese vane dall'odio delle famiglie nobili che si ritenevano offese da lui. 

Lo scandalo per la sua condanna a morte fu enorme ed intellettuali di tutta Italia si mobilitarono, invano, per salvargli la vita. 
L'esecuzione capitale di Bonfadio restò nella memoria degli intellettuali italiani come un atto ingiusto [1], al punto che ancora alla fine del Settecento veniva rinfacciata alla Repubblica di Genova! [2] La quale, per salvarsi dall'imbarazzo, fece sparire in data imprecisata gli atti del processo... 

Con la scomparsa delle carte, dal Settecento in poi fu facile per gli studiosi "patriottici" negare che la vera causa della condanna del Bonfadio fosse la sodomia: sull'argomento è apparsa una quantità enorme di scritti, e ancora non troppi anni fa Urbani [3] ha sostenuto che essa occultava in realtà un'accusa d'eresia! Cosa questa che sarebbe comunque senza paralleli, dato che all'epoca nessuno sentiva il bisogno di "occultare" le accuse di eresia. 

In realtà gli studi recenti, specie quello di Giovanni Delfino.[4], mostrano che i documenti antichi concordano sulla verità dell'accusa di sodomia. 
Anche la tesi che lo scandalo sia stato sfruttato, se non addirittura montato, per ragioni politiche, appare sempre più verosimile. 

Bonfadio ci ha lasciato due commoventi "ultime lettere" scritte in attesa dell'arrivo del boia. 
In una egli non si protesta innocente, ma dichiara che non gli pare di meritare una pena così pesante.  
Nell'altra (secondo alcuni studiosi apocrifa) si legge questa profonda considerazione:  

"Di difendermi con tutto quel che puoi contro alle lingue, o all'operazioni de gli uomini non ti affaticare, perché gli è errore manifesto, essendo loro e noi, e la memoria, di chi fu o sarà, dal tempo devorata.  
Circa al corpo mio veramente non pensai mai d'entrare in alcuna sepoltura, né me ne vien voglia. Quella cura che n'ebbe la natura di farlo, quella medesima si compiaccia nel risolverlo. 
Se io moro ora, morranno ancora coloro che mi fanno morire, onde più o manco [meno, NdR] giorni saldano la nostra partita[5].
Parole profetiche: il tempo ha davvero "saldato la partita" e cancellato la memoria dei carnefici di Bonfadio... ma non la sua. 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note 

Una versione molto ampliata della presente voce è stata pubblicata su "Wikipink".

[1] Chi sapesse il latino troverà facendo clic qui il De morte Bonfadii, di Paolo Manuzio, che ha parole di biasimo verso la Repubblica di Genova.

[2] Un'antologia di questi testi si legge nello studio fondamentale sul tema della condanna del Bonfadio, Giovanni Delfino, Dei martirii e delle pene: il caso Bonfadio, "Sodoma", I 1984, n. 1, pp. 81-92 (con ulteriore bibliografia). 

Nel mio sito ho pubblicato: 
-- Aldo Manuzio, De morte Bonfadii, [1550 ca.]; 
-- Giammatteo Toscano (1500-1576), da Peplus Italie [1576]; 
-- Pagano Paganini (sec. XVIII), <Sulla morte del Bonfadio> [sec. XVIII]. 
-- Niccolò Commeno Papadopoli (1655-1740), da: Historia gymnasii patavini / Storia dell'Università di Padova [1726]. 

[3] Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana - Treccani, Roma 1960, vol. XII, ad vocem. 

[4] Gianni Delfino, Op. cit. 

[5] Jacopo Bonfadio, Le lettere e una scrittura burlesca, Bonacci, Roma 1978, pp. 155-156.



Originariamente edito in traduzione inglese sul Who's who in gay and lesbian history (a cura di Robert Aldrich e Garry Wotherspoon), vol. 1, ad vocem. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore:  scrivere per accordi.
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