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Bacco [1593/1594 o 1596/1597]

Michelangelo da Caravaggio, Bacco, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Secondo Posner,
 

"i giovani del Caravaggio non si limitano a rivolgersi allo spettatore: lo adescano. 
Il Bacco agli Uffizi lo fa con disinibita chiarezza e intenti inequivocabili. Catturando lo spettatore con il suo sguardo languido, gli offre un bicchiere di vino. In primo piano è un canestro di frutti appetitosi.

Bacco è già semisvestito, e con la mano destra inizia a sciogliere il nodo della fascia che ha intorno alla vita. L'immagine chiede di arrendersi orgiasticamente alle delizie dei sensi. 

L'immaginario bacchico è ovviamente del tutto appropriato per un invito generale al piacere sensuale, e ci si immagina che coloro che per primi apprezzarono il quadro trovarono  particolarmente appropriato che questo linguaggio figurato si applicasse ad un più ristretto punto di vista omosessuale[1].

Si suppone che questo quadro sia stato commissionato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, colto mecenate e omosessuale, per offrirlo al Granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici.

L'ipotesi secondo cui questo sarebbe un autoritratto idealizzato di Caravaggio è ormai abbandonata; Frommer [2] vi vede semmai un ritratto del giovane Mario Minniti (1577-1640), che convisse col Caravaggio (e veriosimilente ne fu amante) dal 1594 al 1600.



Quanto l'erotismo omosessuale di questo quadro (e delle opere d'arte in genere) turbi oggi gli eterosessuali lo mostrano due citazioni che desidero presentare, perché illustrano le due strategie che da sempre la critica d'arte utilizza per cancellare la presenza omosessuale dall'arte e dalla storia.

La prima strategia, scelta da un critico italiano cattolico, Maurizio Calvesi, consiste banalmente nel negare l'evidenza negando il contenuto omoerotico dell'opera, punto e basta. E di fronte al problema del "vero" significato, Calvesi non si scompone: per lui il tema è addirittura religioso: Bacco è in realtà Gesù, e il calice di vino che offre è l'Eucarestia, cioè il suo sangue redentore. 
L'assieme allude perciò all'"ubriachezza spirituale", l'uva ha in Caravaggio "valenza cristologica", e via delirando [3]. (Sono sicuro che mostrando i disegni porno di Tom of Finlanda Calvesi, costui "scoprirebbe" che "in realtà" rappresentano... l'Unione Mistica...).

La seconda strategia consiste invece nel rinunciare a negare l'innegabile carattere omoerotico del quadro, ma solo per screditare l'opera come snervata, effeminata, sgradevole: insomma tutto ciò che il preconcetto omofobo pensa che siano i gay: 
 

"Il personaggio di Bacco è in sé sgradevole, e ancor più quando lo si osservi da vicino. In effetti non è un dio, ma un adolescente un po' pingue e dallo sguardo femmineo, un ragazzo del popolo travestito. Con la sua parrucca, questo giovane assomiglia un po' a una geisha(...)
Questa tela, si dirà, contiene qualcosa di erotico. Prima il vino, sembra dire l'adolescente, poi forse qualche frutto, e finalmente me[4].

Per Calvesi il quadro è un capolavoro, "quindi" non può avere carattere omosessuale; invece per Wigny il quadro ha carattere omosessuale, "quindi" non può essere un capolavoro.

Per entrambi il presupposto implicito è: "ciò che ha carattere omosessuale non potrà mai essere un capolavoro". 

Opere come questa, che sono sia a carattere omosessuale sia capolavori, mostrano ovviamente quanto siano patetici (anzi, pericolosi per la libertà dell'Arte) i bacchettoni come Calvesi e Wigny.

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note
[1]Donald Posner, Caravaggio's homo-erotic early works, "Art quarterly", XXXIV 1971, pp. 301-324. Poi in: Wayne R. Dynes e Stephen Donaldson (a cura di), Homosexuality and homosexuals in the arts, Garland publishing, New York & London 1992, pp. 111-134. Citazione mia da p. 302.

[2] Christoph Frommer, Caravaggios Frühwerk und der Kardinal Francesco Maria del Monte, "Storia dell'arte", nn. 9/10, 1971, pp. 5-29, a p. 51.

[3]Maurizio Calvesi, Caravaggio, "Art e dossier", n. 1,  Giunti, Firenze, aprile 1986, pp. 28-30.
Queste esilaranti tesi erano state già enunciate in: Maurizio Calvesi, Caravaggio o la ricerca della salvazione, "Storia dell'arte", 9/10 1971, pp. 93-143 + tavole 1-51.

[4] Damien Wigny, Firenze, Electa, Milano 1991, p. 542.



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