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Il cantautore spagnolo Victor
Algora si sforza di produrre canzoni "d'autore" al di fuori della banalità
dei motivetti di consumo, per le quali utilizza testi ricercati e un po'
ermetici che a volte risultano poetici, altre volte invece solo oscuri
(per lo meno per chi, come me, non conosce gli ambienti della movida
e "di tendenza" a cui alludono fittamente).
Per fortuna il testo di questa graziosa
"Mr High Heel" è oscuro solo a tratti, ed anche se sono certo di
non aver percepito un sacco di allusioni a persone e fenomeni della movida
spagnola, almeno il senso generale è chiaro.
Algora canta a nome d'una commessa d'ipermercato
di nome Mari Carmen Lopez (di Guadalajara, proprio come lui...), che racconta
di come al lavoro abbia conosciuto uno strano personaggio: "Io indossavo
la divisa d'ordinanza, / lui alti tacchi a spillo".
Nonostante la stravaganza, "Mister Tacchi
a Spillo", sempre "fedele ai concetti di tendenza kitsch", è
un personaggio introdotto nella moda e nella cultura: "Mi sorprese potergli
parlare / di Vivienne Westwood
o della Dietrich".
Il personaggio è però decisamente strambo:
E questo è tutto: un semplice quadretto per raccontare una persona eccentrica, un travestito decisamente sui generis.
Il risultato è bizzarro, ma originale
e gradevole.
Il video è certamente gay, ma in
un modo non palese, semplicemente allusivo. Per esempio il regista si diverte
a mostrare Algora vestito con una divisa da supermercato proprio mentre
sta cantando: "Mi chiamo Mari Carmen Lopez e lavoro all'ipermercato",
facendoci venire dubbi sul sesso effettivo dell'"io narrante" della canzone:
"donna biologica", trans, o semplice loca?
Divertitevi a deciderlo voi, godendovi questo video essenziale e dalla musica accattivante.
"Questa notte non sono me stessa": quando
si dice un titolo azzeccato!
Se infatti si tolgono da questo video
tutte le idee "prese in prestito" dai video di Madonna e di Lady
Gaga, resta solo una manciata di fotogrammi, insufficienti a dire chi
fosse, nel XXI secolo, la signora Christina
Aguilera.
Mi sfugge il vantaggio che si sperava di
ottenere facendo in modo che qui l'Aguilera non fosse se stessa, bensì
un incrocio fra due cantanti sue rivali. Probabilmente i creatori del video
puntavano a fare di lei una sintesi fra le due concorrenti, ma hanno
fallito l'obiettivo e ne hanno fatto solo un ircocervo, metà dell'una
e metà dell'altra, con nessuna delle due metà riconoscibile
come Aguilera.
Peccato, perché la musica di per
sé è un dignitoso pezzo da ballo, incalzante e avvolgente
quanto basta, e di stile sufficientemente diverso da quelli delle due cantanti
summenzionate.
Nel video, ispirato a un'estetica sadomaso/bondage/fetish/rubber posticcia e tutta esteriore, la signorina Aguilera con addosso la divisa della battaglia di Sade-Masoch si struscia giudiziosamente di tanto in tanto contro un'altra signorina, anch'essa munita di abiti tribali S/M (di colore diverso), mentre canta:
Più che un videoclip, lo spot per un grande magazzino discount di abbigliamento sadomaso "per lui, per lei, per tutta la famiglia"...
2010 - Ardecore - "Per quella lei ci muore". Dal Cd: San Cadoco.
Con un martellante ritmo "ska" e con la voce roca ma piacevole del solista degli Ardecore, ecco la storia d'un delitto passionale.
"Lei" se ne va di casa per un uomo che
ha voluto "prepotentemente", ma "dopo appena un anno" scopre
che lui non era ciò che voleva, al punto che nella famigliola vien
meno persino la voglia di cenare in casa assieme.
Ciò che "lei" vuole davvero, finisce
per trovarlo altrove:
Lei adesso sta al telefono parlando con l'amicaIl problema di questa canzone, che mi ha un poco infastidito, è che è costruita su un frigido gioco di parole: prima dice che chi ha un ideale è disposto a morire per esso, poi presenta la protagonista della canzone mentre è lì che muore dietro alla sua amica, e infine mentre è vittima della gelosia del suo uomo che, scoperta la tresca, l'accoltella a morte. Mi sfugge dove stesse la necessità artistica di creare questo triplice strato di significati mortuari, soprattutto per il fatto che è la presentazione stessa dell'amore lesbico come "ideale" a lasciarmi perplesso. Infatti l'amore passionale è prima d'ogni altra cosa un sentimento, e non certo un'idea fissa che una si ficca in testa per chissà quali motivi, fino al punto di lasciarci stupidamente le penne...
(che non è più amica -- come crede lui)
e sente che l'amore non ha sesso, non si può fermare:
è quello che ti chiama a vivere,
non a morire.
Ma intanto lei non scappa via,
anche se al mondo chi ha un'idea
"per quella, lei ci muore".
Quanto al video in sé, è
professionalmente curato e nitido, con il cantante (di ottima presenza
scenica e bravo a gestire mimicamente la narrazione) che si alterna a due
attrici e un attore che "sceneggiano" (senza nessun colpo d'ala né
alcuna situazione particolarmente esplicita) il testo della canzone.
La resa è volutamente un po' "sporca",
come si addice alla narrazione d'un fattaccio di cronaca nera, con atmosfere
a tratti claustrofobiche e il clou girato in piena notte.
Il clip non dice insomma nulla
di nuovo sulla tematica omosessuale, ed è un peccato, perché
la confezione è gradevole e la musica martellante è molto
adatta al tema scelto.
Per finire, non posso fare a meno di notare
che, assieme ad altri prodotti, anche questo filmato segnala il crollo
(a partire dal 2010) del tabù tutto italiano sulla messa in scena
degli amori omosessuali nei videoclip, dato che anche in canzoni a tematiche
spudoratamente gay (che so: "Gino
e l'alfetta") fino ad ora i registi avevano preferito, terrorizzati,
"parlare d'altro".
Ben venga, allora, questo cambiamento...
anche se avremmo preferito che non fosse inaugurato proprio dall'ammazzamento
d'una lesbica fedifraga nel mezzo d'una strada...
Trascorsi i fasti omosessualmente espliciti, ma decisamente caserecci, di "Drama queen" ("Checca istrionica"), che non gli avevano portato un successo neppure di scandalo, Bimbo Boy ci riprova con un videoclip professionalmente più curato e omosessualmente meno trasgressivo, per vedere se (vedessi tu mai) le Muse gli possono dare una seconda chance sulla strada del successo.
Il video di "Je suis une superstar" presenta quindi, con un nuovo arrangiamento, una canzone del 2003 (dal testo deliberatamente camp-gay-trash):
Da Broadway ad
Hollywood
spero di essere
qui per restarci
penso che Marilyn
sarebbe fiera di me
se mi guardasse
da una nuvola".
Considerata la
sfacciataggine con cui Bimbo Boy ha gestito la propria immagine, accusarlo
di reticenza e velataggine sarebbe ingeneroso (basta ascoltare con attenzione
il testo per non avere il minimo dubbio sulle sue tendenze sessuali!).
Ma è chiaro
che la concezione di questo videoclip è nelle mani di qualcuno che
magari di marketing ne comprende più di lui, ma che ritiene che
la tematica omosessuale non giovi alle fortune del cantante (al punto che
il micragnoso regista non esibisce neppure un banalissimo torso
nudo là dove potrebbe). Dunque il video prende curiosamente le distanze
dal camp per una canzone che invece di camp è intrisa,
cosicché il risultato è a mio parere di routine nonché
decisamente moscio.
Vedremo se questa
pensata dell'"Uomo del marketing" ha compiuto il miracolo e farà
di Bimbo Boy, contro ogni pronostico, una superstar.
Nell'attesa di saperlo,
potete consultare online addirittura
un making of di questo video. Che però non è propriamente
memorabile, esattamente come il video.
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Come ho già detto parlando della canzone, il testo in sé non permette la definizione di "canzone a tematica gay", dato che non specifica l'orientamento dell'io narrante, che è un prostituto che magnifica le proprie doti e promette di far "volare" chi acquisterà le sue prestazioni. Né viene mai specificato il sesso dei/delle clienti, ed anche se in italiano in genere per "gigolò" s'intende il prostituto che si offre a donne, a questo livello potrebbe anche proporsi ad una clientela maschile:
Le scene finali vedono
il complesso trasformato nell'orchestrina che allieta i clienti del locale,
tant'è che il prostituto saluta la cliente e va ad esibirsi sul
palco, riprendendo il suo ruolo di vocalist del gruppo.
Dunque, tutto parrebbe
chiaro e definito.
E invece no.
Perché nel videoclip la presenza gay viene tirata in ballo
da una serie di scritte (ingraziosite da qualche refuso) che verso
la fine intervallano le immagini, affermando che ogni giorno in Italia
persone eterosessuali ed omosessuali ricorrono ai gigolò
perché insoddisfatte del loro uomo. Ed ogni anno ci sono gigolò
che si arricchiscono senza chiasso, senza badare alle caratteristiche fisiche
altrui.
E qui arriva un'affermazione
stranissima: "Se tutti fossimo gigolò saremmo un po' meno ricchi,
ma più etero e omosessuali sarebbero felici". Ah, ecco... Bastava
pensarci...
In conclusione arriva
poi la vera cannonata: dopo che è apparsa la parola "Fine", è
menzionato la manifestazione del Sicilia
Pride del 2010, che si sarebbe tenuta a Palermo il 19 giugno di
quell'anno. E sinceramente mi si scusi se non vedo il rapporto fra la prostituzione
ed un gay pride...
Peraltro la versione pubblicata dal gruppo su Youtube è vistosamente fuori sincrono: immagino sia un'ingenua misura anti-pirateria.
2010 - Elektra - "I don't do boys". [single].
È super-esplicito, questo video lesbico, ma non più della canzone stessa, che fin dal titolo precisa "Non mi faccio mai i ragazzi". E prosegue:
labbra seducenti, occhi seducenti, corpi seducenti, sorrisi seducenti.Come dire: tutto un programma.
Sto per farti impazzire:
non farti i ragazzi, fatti solo ragazze;
io mi faccio solo ragazze, con stile e classe.
Di fronte a un testo
così esplicito il video non poteva spingersi oltre senza
scadere nel porno-lesbo, quindi saggiamente il regista ha mantenuto un
basso profilo, sceneggiando le parole della canzone con prudenza.
L'intero video non
è infatti altro che il racconto per immagini della festa privata
d'un gruppo di ragazze lesbiche nordeuropee (il complesso "Elektra" è
islandese!), iniziata da alcune femmes a forza di atmosfere
ovattate e raffinati calici di vino e proseguita, dopo l'irruzione d'altre
ragazze decisamente più orientate verso il butch, con birre
a go-go, e col classico gioco della bottiglia. (Una curiosità: le
lesbiche butch portano con sé un cartone di birra "Corona",
che ha reso possibile la creazione del clip sponsorizzandolo!).
E qui, baci dapprima timidi, poi sempre più audaci, fino al gran finale, con coppie allacciate per terra che si baciano e pastrugnano, ma senza perdere di vista il "politicamente corretto", e quindi senza mostrare nudità femminea veruna.
Non so quanto sia reale la pratica delle orge collettive fra donne, che non mi risulta essere tanto easy quanto parrebbe da questo video... ma forse sono solo io che ho bisogno d'un corso d'aggiornamento sui costumi sessuali del XXI secolo. O forse no, forse qui siamo solo nel campo delle fantasie erotiche etero, ma tanto la canzoncina è divertente e irriverente e il video lo è altrettanto, e quindi chissenefrega se racconta avvenimenti reali o no.
Il motivetto della canzone è infatti carino ed orecchiabile, il video è esplicito senza mai scadere nella volgarità (salvo che per i più bigottoni), le fanciulle (per chi apprezza il genere) carucce (fin troppo, decisamente al limite della fantasia erotica lesbo-chic). Per queste ragioni, pur trattandosi solo d'un motivetto allegro e senza pretese, direi che il clip sia riuscito e meritevole di visione.
Se poi si leggono i volgarissimi commenti lasciati dai maschi etero su Youtube (che vanno da: "È tutta questione di c.... Lo sappiamo che in fondo lo volete" a: "Lesbismo e femminismo: perché non a tutte è concesso essere belle") emerge pure che perfino video "disimpegnati" come questo sono assolutamente necessari. Ed urgenti.
[recensione da
completare]
Jarvis, Cosmo -
"Gay pirates" - da - Gay pirates.
Non so cosa sia
passato per la testa di questo cantante eterosessuale quando ha creato
questa fantasia d'amore omosessuale fra due... pirati del XVII secolo --
un tema, che come tutti notano, è di bruciante attualità.
So però che
è stata un'ottima idea, perché con l'aria di raccontare una
favoletta con tanto di pirati in costume, può affrontare un tema
che di bruciante attualità lo è sì: l'omofobia.
Sul tema degli amori
fra pirati sono stati scritti libri interi, che da un punto di vista storiografico
sono poco più di fantasie masturbatorie prodotte da quella tipologia
di gay che viene attratto sessualmente dalla violenza e dalla brutalità.
E siccome i pirati erano degli assassini di professione, dovevano essere
molto eccitanti, e "quindi" (?) molto gay.
Jarvis, che non
è uno storico ma un banale canzonettaro, riporta la questione
This water is too
salty,
For me to even drink.
I'd rather walk
the dreaded plank
Than stay another
week.
But it's you my love
You're my land ahoy
And i'm sick of being
beaten
And whipped and
lashed to death,
I want one night
with no gang-rape
But i won't hold
my breath.
But it's you my love
You're my land ahoy
Yeah, you're my
boy
Yo-ho, Sebastian
Let's go far away
Somewhere where
the captain won't be mad.
Yo-ho, Sebastian
I want to love you
good
We deserve much
better than we've had.
They say they're
gonna kill me
If i look at you
once more.
Pissed in my hammock
yesterday,
So I'll sleep on
the floor
I'd be under the
sea,
but you hold me
above.
They put glass on
my sandals,
So my feet would
bleed all day,
And they forced
me to wear them,
Or they said they'd
make you pay
I'd be under the
sea,
but you hold me
above.
'Cos you're the
man i love
(ritornello)
The captain found
out 'bout us,
And ordered them
to throw,
Us both overboard
tonight,
Together we will
go.
But i'm yours you
know
And I'll love you
still in hell
I hope they didn't
tie up,
Your hands as tight
as mine,
I'll see you on
the bed of this
Blue ocean babe,
sometime
But i'm yours you
know
And I'll love you
still in hell
Down we fell
And i'm singing.
(ritornello)
2010 - Gaël - "Point G". Da: Youtube.
Questa volta il nuovo video che Jodel Saint-Marc ha realizzato per Gaël Valot, per la canzone "Point G." (G come Gaël, come punto dell'orgasmo femminile, e come Gay) si rivela per i miei gusti un po' troppo eccessivamente eccessivo.
La vicenda del clip è semplice: un signor G. (il cantante) invita due coppie (etero) di amici a cena. Inizia a cantare per loro, e a un certo punto fa scivolare la performance in un palese tentativo di trasformare la cena in un'orgia a cinque.
Due dei suoi ospiti
(un uomo e una donna) appaiano affascinati dalla prospettiva, mentre i
loro rispetti partner, scandalizzati, abbandonano la casa.
Dopo un congruo
numero di fotogrammi tesi a farci comprendere, senza mostrarcelo, che il
trio sta adempiendo al suo desiderio, inizia ad apparire sangue fra le
mani del signor G., che alla fine sarà ripreso di spalle mentre
osserva i corpi distesi (morti, o solo esausti dal piacere per quanto un
po' strapazzatini?) dei suoi partner.
Ma nel fotogramma
finale la mano della donna che se n'era andata lo afferra con violenza
da dietro. Vendetta, o intimazione a fare a lei quello che era stata fatto
agli altri? Chissà...
A differenza di quanto avviene nel precedente video Jesus is gay, che nonostante la demenzialità del testo ha una sua coerenza narrativa, qui la decisione di scandalizzare per il gusto di scandalizzare è piuttosto scontata, e non costituisce una sorpresa per nessuno. Voglio dire, tutti i video di Saint-Marc si concludono ormai con situazioni sadomaso, quindi era il minimo che potessimo aspettarci. Un artista dovrebbe evitare di ripetersi troppo...
La canzone, come
migliaia di prodotti dello stesso tipo, è decisamente gradevole,
pur senza essere destinata a lasciare una traccia nella storia della musica
occidentale: si ascolta con piacere, e si dimentica senza dispiacere.
Si poteva fare di
più...
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2010 - Kazaky - "In the middle". Da: "Youtube".
Il gruppo ucraino dei Kazaky è il tipico prodotto dell'epoca di Internet, e più specificamente di Youtube. Su Youtube sono stati infatti lanciati con un'operazione di marketing chiaramente pensata per i gusti del mercato occidentale. Cantano in inglese, e solleticano sfacciatamente i gusti del mercato gay.
Una
loro biografia, apparsa sulla versione inglese di Wikipedia (prima
ancora che su quella in ucraino!) con tempestività troppo sospetta
per non essere frutto del loro P.R., specificava che il gruppo era nato
dalla volontà del coreografo Oleh Zhezhel e del suo partner (sic)
Artur Archibaz. La voce di Wikipedia è stata prontamente editata
per far sparire l'aspetto gay del gruppo (se volete divertirvi, leggete
i commenti isterici che chiedono di cancellare del tutto
la pagina!), ma la versione precedente può
essere ancora recuperata nel riepilogo storico.
E l'aspetto gay
emerge comunque da una bizzarra caratteristica pensata per farsi notare:
il fatto che i ballerini danzino indossando vertiginosi tacchi a
spillo.
Oltre a ciò
(ma questa potrebbe essere solo una strategia di marketing) può
mirare soltanto ai gay l'insistenza con cui il regista ritrae il torace
nudo e imperlato di gocce d'acqua degli scultorei ballerini.
In questo primo video del gruppo gli aspetti gay sono perciò decisamente espliciti, e al tempo stesso mitigati da qualche scaltra strategia che permetta, a chi non vuole vedere, di non vedere. In particolare, i tacchi a spillo sono specialmente visibili in una ricorrente figura danzante in silhouette (controluce), che per un riflesso condizionato s'è portati a identificare con una donna, proprio grazie alla presenza dei tacchi a spillo. Solo un esame attento di questa figura rivela che si tratta d'un uomo. E se si arriva a capirlo, a questo punto il gioco diventa fin troppo chiaro.
Il video è assai curato dal punto di vista formale, anche se deve scontare l'handicap d'un testo che è semplicemente inesistente (tre parole ripetute all'infinito!) e di una musica dance che è poco più che rudimentale, ripetitiva all'eccesso. Lo salva solo la bravura dei ballerini, che oltre ad essere carini sanno decisamente muoversi, alternandosi in scene sui tacchi a spillo e scene di break-dance.
Prodotto destinato
a un rapido consumo, un rapido successo e ad un'altrettanto rapida scomparsa,
i Kazaky sono comunque riusciti a proporre qualcosa di diverso dal solito,
in questo videoclip, anche se onestà impone di dire che per un filmato
musicale qui la musica ha un ruolo davvero marginale, rispetto alla
danza e all'esibizione degli addominali torniti.
Ma sempre l'onestà
impone di notare come, sul tema gay, questo gruppo sia esplicito in modo
del tutto inusuale nel Paese d'origine (e non solo).
Forse fra un anno
(passata la novità della "trovata" dei tacchi a spillo e perso l'interesse
per gli addominali esibiti ormai per troppe volte), i Kazaky sembreranno
vecchi e scontati, ma fino ad allora, restano un gruppo simpatico, molto
orientato verso la sensibilità gay, ed anche bravo a ballare.
Il video merita
quindi la visione.
2010 - Lady Gaga - "Alejandro". Dal Cd: The fame monster.
"Lady
Gaga copia Madonna!". "No che non la copia!"....
Ecchissenefrega. Se la copia, è
diventata ormai migliore dell'originale, se non la copia, lo fa per cosa?
Per produrre canzoni che, come questa, per stile e arrangiamenti potrebbero
benissimo stare in un album di Madonna senza che nessuno noti la differenza
-- e questo non è un complimento.
Dunque, rinfoderiamo le pistole ed esaminiamo
questo nuovo video per quel che è e per quel che vale.
Questa "Alejandro" di per sé è
una canzoncina talmente scombinata che meriterebbe il dispetto che fa Paola
Cortellesi alle cantanti superstar straniere, quando traduce alla lettera
il testo e lo canta sulla musica originale: in questo modo la loro stupidità
emerge in modo agghiacciante.
Ed anche qui, l'effetto non è che
sia diverso:
Come per tutti i prodotti camp (quelli di Madonna in modo discreto, allusivo e malizioso, quelli di Lady Gaga in modo plateale, sfacciato, dichiarato ed esasperato) anche questo video non vuol dire assolutamente nulla. Si bea della bellezza dell'immagine in sé, perché il suo messaggio è che non esistono messaggi, e quelli che ci sono, sono falsi. Solo il falso è vero. (E se non avete voglia di rileggervi le "Note su Camp" di Susan Sontag, concedetemelo sulla parola).
Che l'ottica
camp sia la chiave di lettura di quest'orgia visiva d'una decina
di minuti lo dimostra un ballerino nella scena in cui un'ammucchiata di
uomini assatanati e seminudi circonda e adora la cantante che, di spalle,
si denuda. Andate a 8:16 e noterete che, nel momento in cui la nudità
della diva appare ai suoi occhi, lui scoppia a riderle in faccia.
Ora, in un video come questo, in cui sono
curati e controllati anche i riccioli delle ciglia delle formiche che passavano
di lì, è escluso che questo "incidente" non sia stato lasciato
deliberatamente, come strizzata d'occhi. "È tutto falso, è
tutto staging, è tutta recitazione. Per questo lo adoriamo".
In una parola: è camp.
Video e canzonetta non hanno alcun rapporto.
La canzonetta non è stupida: è francamente cretina,
al di sotto del limite dell'incomprensibilità. Lady Gaga ama Alejandro
(che ha una "lei" che lo concupisce), però va a letto con Fernando
e con Roberto, e deve prendere una decisione. Fine della canzone.
Viceversa, il video è una tale
orgia di spunti visivi che la comprensibilità è fuori discussione.
Ma se lo dicessimo al regista probabilmente si offenderebbe:
"E cosa c'è da comprendere?
Non vi bastano i corpi muscolosi dei maschiacci che si agitano, e la vostra
diva preferita che ondeggia come una silfide, sodomizza maschi, ingoia
un rosario e appare vestita (in rosso) da suora? E il costumino bianco
con la freccia rossa la cui punta termina esattamente sulla vagina? Che
altro volete? Anche un significato, adesso?".
No, ovviamente no, non oseremmo
mai fare tale sanguinosa offesa! Anche perché chi ha provato a trarre
un significato se ne è uscito con questa follia esegetica, che
ho trovato su Facebook:
Un bravissimo coreografo, "fuso" di cervello
come tutti i collaboratori della Gaga, ha introdotto vaghi elementi militari
e nazi che non c'entrano una cippa con il testo ma che sono infilati lì
perché sono carini, e questo basta. Se da un lato ci (mi) offende
la scelta politically very uncorrect dei maschioni paranazisti
seminudi che all'inizio trasformano una marcia militare in un balletto,
d'altro canto alla fine si rivedono gli stessi, completamente vestiti in
cuoio, che incedono ai lati della diva in perfetto "catwalk" da
passerella di moda, in modo languido e svenevole... e non credo che questo
farà esultare i paranazisti.
E la bara, e il funerale iniziale sotto
la pioggia? Che c'entravano?
Ripeto, guai a cercare una logica (che
c'azzecca il supermodel Evandro
Soldati in mutande con in testa un casco da poliziotto londinese
borchiato? Nulla, ma era decorativo, quindi ce l'han messo).
La sola logica di questo clip
è l'estetica. Non c'è
un significato, non c'è un messaggio, c'è solo la voglia
di produrre un clip perfettamente patinato e che stupisca. Esteticamente
funziona, nel suo delirio onirico da Pink
Narcissus? Sì. E allora che altro volete ancora?
Ovviamente, e prevedibilmente, data quest'ottica,
era scontato che l'omoerotismo del clip fosse assolutamente sfacciato.
Non tanto nelle scene con ballerini muscolosi
in mutande, o in quelle degli stessi in calze a rete e tacchi a spillo
su un letto (addirittura sodomizzati alla pecorina da Lady Gaga), e neppure
nella fornitura industriale di maschi ignudi in pose plastiche e molto
virili, e nemmeno nella totale assenza di figure femminili eccetto la Divà.
No, tutto questo non era ancora abbastanza!
Forse timorosi d'essere fraintesi
e sospettati di cripto-eterosessualismo, gli autori del clip hanno infilato
anche alcune figure di ballerini che si strusciano e toccacciano sullo
sfondo mentre i loro colleghi sprecano energie in primo piano con la divazza.
Questo dettaglio non si nota immediatamente,
anzi si nota meglio con qualche fermo immagine. Però c'è...
Concludendo. Era difficile stupire
ancora di più che in Telephone, che in pochi minuti ha bruciato
l'intero immaginario di visivo di un David
Lachapelle, di uno James
Bidgood e di venti altri visionari camp.
Qui c'è l'effetto-assuefazione:
ad ogni nuovo clip servono dosi sempre maggiori di camp e
di delirio puro per avere il medesimo flash mentale.
E in effetti, Alejandro non riesce
a stupire di più di Telephone. Però a stupire altrettanto,
probabilmente sì.
Lady Gaga è l'archetipo, l'Idea
platonica, la matrice universale delle fag-hags.
Chinate il capo e il ginocchio, o checche
di tutto il mondo, di fronte alla vostra profetessa e divinità!
E cercate di non scoppiarle a riderle
in faccia almeno voi... diamine!
Pochi video contenenti tematiche/allusioni lgbt si qualificano in pieno, quanto questo, al titolo di peggior video lgbt della storia.
Frastornati dall'escalation d'eccessi
ed esagerazioni camp dei video di Lady Gaga
e compagnia cantante, il regista di
questo clip ha deciso di non volersi far lasciare indietro da nessuno,
e così ha a sua volta premuto sul pedale dell'esagerazione.
Dimostrando, nel caso in cui ce ne fosse
stato bisogno, che quella camp è una vera e propria estetica,
e che per maneggiarla senza scottarsi occorre capirla bene, meglio se
dall'interno. Essendo imitazione della paccottiglia, il camp
non tollera imitazioni che non siano a loro volta camp, sotto pena
di veder sparire la magia e quindi tornare paccottiglia tutto ciò
che luccicava... Il che è esattamente quanto accade qui, avendo
preso troppo sul serio una serie d'esagerazioni, che così
non riescono mai ad essere camp.
Il
testo della canzone spiega che: "Quelli che se ne sono andati prima
/ non sono paragonabili a te / (...) / Non reggono il paragone,
/ tutti gli amanti".
Il video illustra la tesi mostrando uomini
e donne che s'incontrano per strada e si liberano dei vestiti, restando
in biancheria intima (tutta molto alla moda, al punto da far pensare ad
uno spot di underwear), e iniziano ad abbracciarsi, baciarsi eccetera,
uomini con donne, uomini con uomini e donne con donne, con una suddivisione
fra le varie opzioni molto politically correct mirata a "Rendere
omaggio ai miei fans gay", come ha rivelato le cantante in persona.
Nel video si forma presto un crocchio di corpi brulicanti, 'ncoppa al quale sta, come la mozzarella in cima alla pizza, la cantante, anch'essa discintamente vestita, e fatta roteare e sussultare dal carname che brulica sotto di lei.
Sarebbe stato già brutto così,
perché quel brulicare di membra seminude dà l'impressione
d'una scatola di cagnotti
(per chi non fosse del Nord: larve di mosca, usate come esche per pescare)
appena scoperchiata.
Ma lo storyboard si spinge ancora
oltre, e il mucchio d'esseri umani inizia a crescere, a cono (sempre con
la mozzarella che canta in cima alla pizza), e cresce, cresce, cresce,
fino ad eguagliare in altezza i grattacieli.
E qui le immagini che evoca questo carnaio
non sono affatto d'erotismo e sensualità delicata (nonostante un
cavallo bianco che corre al rallentatore, che è alternata a quella
della lievitazione della pizza). Viene in mente semmai, se va bene, un
grappolo d'api pronte a sciamare, e se va male il brulichio di formiche
intente a scarnificare il cadavere d'un topo. O altre cose peggiori, che
preferisco non elencare.
Non so a chi sia venuta in mente l'immagine
demenziale della catasta di corpi, ma il pensiero corre subito a
coloro che stanno alla base, che certamente con quel peso immane addosso
sono morti schiacciati, proprio belli cadaveri e stecchiti... Mooolto erotico...
Niente da fare: l'eccesso va affrontato senza eccedere. E invece qui s'è passato il confine impalpabile e invisibile tra eccesso camp ed eccesso semplicemente di cattivo gusto.
Per carità: per quanto riguarda
il lato formale, il video è fatto con estrema cura, le immagini
sono spazzolate con attenzione una per una, ed è stata spesa una
fortuna in computer-graphic. I critici sono entusiasti del lato
formale, e chi sono io per contraddirli?
Il clip insomma non ha nulla da invidiare,
per cura e confezione, ai filmati girati con tutti i santi crismi. Anche
la canzone non sarà forse nulla di più che gradevole e orecchiabile,
ma è confezionata con estrema cura (perfino eccessiva, risultando
un po' leccatina).
Il punto debole non sta qui, perciò.
È proprio l'idea di base ad essere
cretina. Il clip sembra uno di quegli spot di deodorante che promettono
di diventare irresistibile al punto che chiunque passi a fianco ci zomperà
addosso. Solo che mentre questi spot limitano (giustamente) l'iperbole
al massimo a due o tre esempi di seduzione, qui la metafora s'è
estesa a centinaia, migliaia di corpi, che si montano in groppa l'un l'altro
come animali cosparsi di feromoni
e impazziti per la fregola.
Disgustoso.
Non è vero che Lady Gaga si nasca:
non esiste nulla di più costruito al tavolino di lei. Però
è altrettanto falso che Lady Gaga ci s'improvvisi.
Come questo video ha dimostrato, e a proprie
spese.
Lo sfruttamento del
tema lesbico per fini commerciali è antico quanto il mondo, e non
s'è dovuto certo aspettare Rihanna per vederlo utilizzare
nel campo dei videoclip (Madonna
lo ha fatto a lungo, e molto tempo prima).
Eppure, pochi
altri clips possono vantare
quanto questo
un uso altrettanto esteso e studiato a tavolino del lesbian
chic per titillare e attrarre i consumatori.
A iniziare dal testo,
che affronta apertamente e senza peli sulla lingua il corteggiamento lesbico
d'una donna eterosessuale da parte d'una donna (che sarà spagnola
o ispanica, visto che si esprime in spagnolo) che molto eterosessuale non
pare proprio:
Ma poi lei disse:
"Te amo",
e poi mi mise
le mani intorno alla vita,
io le dissi di
no; lei gridava "te amo":
le dissi che
non sarei fuggita, ma che mi lasciasse andare".
Quanto alle immagini:
come in qualsiasi altro prodotto che usi il lesbian chic per vendere,
anche qui le donne in campo sono belle da mozzare il fiato (la partner
della cantante è la top model francese Laetitia
Casta), giovani da fare invidia, ricche da far spavento
(il clip è ambientato in... un castello francese), ed ovviamente
false come un fiore di plastica.
Le due esibiscono
un guardaroba degno di un defilé di haute couture,
con abbondanza di tacchi a spillo, lingerie di pizzo nero, spacchi
e centimetraggi di pelle nuda atti a rendere dritto ciò che era
molle negli spettatori eterosessuali (maschi) assatanati.
Le fanciulle provvedono
inoltre a strusciarsi di continuo su ogni pezzo d'arredamento a portata
di tiro (con preferenza per mura e divani), e solo chi non abbia mai avuto
una gatta in calore in giro per la casa non comprenderà da cosa
possa essere causato un tale bizzarro comportamento.
Le immagini sono
curate nei dettagli in modo spasmodico, ma è l'ossessione per gli
status symbols a raggiungere livelli addirittura ridicoli (i personaggi
del clip vanno in giro per il parco e per la casa seminudi, poi però
all'improvviso spunta fuori un camino acceso, con fiammate alte a sufficienza
per arrostirci un bue... e questo giusto per creare un poco di atmosfera!).
Per i più
intellettuali fra noi, c'è perfino qualche metafora, come quando
le due donne siedono ai capi opposti d'un lungo tavolo, nel mezzo del quale
arde un fuoco che fa da barriera fra loro.
La canzone è
di per sé riuscita, con un ritornello grazioso che ti rimane impresso,
l'arrangiamento è estremamente curato, il suono è pulito
fino alla leccataggine... E noi che in Italia non riusciamo a vedere trattato
con rispetto il tema lgbt in un videoclip, non possiamo che essere stupiti
per la spensieratezza e la leggerezza con cui Rihanna ha preso di petto
(o di seno) il tema.
Tutti aspetti, questi,
che raccomandano la visione di questo filmato.
Il solo dubbio che
mi rimane è che la leggerezza del video mi pare eccessiva,
come una bella scatola che dentro risulti vuota. Il risultato è
infatti assolutamente indistinguibile da quella d'un filmato pubblicitario
(ok, ok, anche un videoclip è un filmato pubblicitario,
ma io intendevo dire "uno spot televisivo"), che inciampa deliberatamente
in un luogo comune dietro l'altro allo scopo di far arrivare forte e chiaro
un concetto a un pubblico di spettatori non propriamente geniali.
In questo contesto
il lesbismo cos'è? Un altro prodotto fra i tanti? Una spezia per
insaporire un hamburger? O forse una moda per donne ricche, annoiate, e
senza nulla di meglio da fare?
Lo so, forse sono
troppo severo.
Il clip è
gradevole e non fa una grinza da nessuna parte. Ed io ho lottato per decenni
affinché l'omosessualità diventasse un tema come mille altri,
da trattare senza più nessuno scandalo o particolare attenzione,
cioè con leggerezza e quasi spensieratezza.
...Ma allora perché
vederla trattare con tanta leggerezza, e superficialità, come qui,
mi dà così fastidio?
P.S. A dimostrazione del fatto che il lesbian chic non prende mai sul serio il proprio tema, di questa canzone, che è indubitabilmente a tema lesbico, esiste anche un videoclip in versione eterosessuale, con Justin Timberlake a subire le attenzioni erotiche della cantante...
2010 - Promo, parodie e fan-art
Strane cose, ha reso possibili Internet.
Ad esempio questo videoclip, che non
è un videoclip in senso stretto, dato che non è stato
commissionato né dai musicisti (il gruppo da camera rock "The
Irrepressibles", con un vocalist, Jami Mc Dermott, che
ricorda molto da vicino Antony)
né dalla loro casa discografica, bensì (almeno, così
ho letto) come video promozionale da una serata gay di Tel Aviv, PAG.
È infatti opera d'un artista video
israeliano, Roy Raz, che ha utilizzato una canzone preesistente
("In
this shirt") come base per creare un filmato onirico e surreale,
avente per fulcro l'amore omosessuale.
Che Raz abbia fatto centro me lo rivela il numero sorprendente d'amici che me lo stanno segnalando, con una diffusione tipicamente "virale", e questo nonostante il fatto che in Rete non si trovi praticamente nessuna notizia sul regista.
Il video colpisce per due motivi: per l'enorme impatto estetico delle sue immagini, e per la perfetta amalgama fra immagini e musica
Dopo lunghe e "raffinatissime" discussioni
esegetiche coi miei amici, sono giunto alla conclusione che le immagini
non "significano" nulla. Non esiste, in altre parole, una narrazione:
la forza del video si basa interamente sull'impatto estetico e visivo
delle immagini stesse.
Anche l'immagine apparentemente più
"semplice" da decifrare - due donne che giocano a tennis palleggiandosi
un cuore - non è tale: quello che viene palleggiato è semmai
un fegato, come si può notare con un semplice "fermo immagine".
La visione della realtà omosessuale
di questo filmato tende ad essere al tempo stesso lirica e critica.
Per dirne una, l'intero video è
girato con una viratura plumbeo-perlacea che non è certo gioiosa,
ed alcune immagini sono alquanto crude, se non violente (un uomo ha il
capo trasformato in un ammasso di brandelli di carne, che egli strappa,
rimanendo infine senza testa).
D'altro canto un gruppo di tre ragazzi,
non stereotipicamente belli ma decisamente graziosi e ritratti in modo
assai lirico e affettuoso, si denuda al rallentatore e inizia un rapporto
sessuale, che però è simboleggiato da un flusso di liquido
nero volteggiante che parte da uno, attraversa il secondo, e si
salda al pene del terzo.
Oltre a ciò due ragazze quasi identiche (due gemelle?), come detto, giocano a tennis con un fegato, mentre altre due donne si affrontano e si guardano e si toccano: una di loro ha il pube trasformato in un triangolo di perle, e la seconda apparirà poco dopo con la bocca ingemmata di perle.
Tutte le immagini sono riprese al rallentatore, una scelta che conferisce al video un andamento solenne, maestoso, assolutamente adatto alla musica, che è a sua volta solenne e malinconica.
Le parole della canzone commentano un amore impossibile e perduto per un ragazzo di nome Jake, e contribuiscono al video con una vena di malinconia, d'amore intenso e disperato:
Sicuramente è il caso di questo filmato, che pur non avendo un messaggio strutturato cattura lo spettatore con gli elementi sparsi e non strutturati della bellezza, della grazia, della maestosità, e della tristezza. Tocca ad ogni spettatore decidere come mescolarli, nonché quale significato far scaturire dalle immagini.
Mille di questi video, Roy Raz.
2010 - Yezak, Ryan James - "California gays". Da: Youtube. [Parodia del brano "California gurls", di Kate Perry].
Iddio esiste e punisce i malvagi.
Lo si deduce dalla punizione inflitta
alla perfida casa discografica della cantante statunitense Kate Perry,
che quest'estate ha lanciato il motivetto da spiaggia "California
gurls" (riprendendo il titolo di una
canzone da spiaggia dei Beach Boys degli anni Sessanta), accompagnandola
con un videoclip assolutamente vomitevole.
Già la canzone in sé non è altro che un tipico "tormentone" estivo (e come tale ci ha rintronati praticamente ovunque, fino a che è giunto l'autunno a graziarci), ma il clip peggiora le cose, proponendo la cantante come una coniglietta mielosa affogata in una marea di dolciumi e zucchero filato. E visto che il testo parla di quanto siano carine le ragazze della California, per capire cosa "ci azzecchino" i dolciumi del video con le parole della canzone immagino ci voglia la sfera di cristallo... oppure una forte compulsione eterosessuale che spinge a vedere le donne come dolciumi da divorare.
Di fronte a questo filmato svogliato e confuso che, come si suol dire (mi scusino del linguaggio le signore -- di entrambi i sessi) "ha pisciato fuori dal vaso", uno sconosciuto regista gay poco più che ventenne, Ryan Yezak, ha dimostrato una volta di più che la crisi dell'industria musicale nasce molto più dalla carenza d'idee valide che dalla "pirateria" internettiana. Con una manciata di dollari e un gruppo di studentelli universitari gay reclutati tramite la Rete, Yezak ha infatti creato "California gays", una parodia che è decisamente più accattivante e riuscita del video ufficiale.
Insomma, la godibilità del video
nasce tutta da una sfacciata "checcaggine" non solo esibita, ma delibata
ed ostentata, arrivando al punto da riprendere pari pari i passi dei balletti
del primo dopoguerra con procaci ragazze in costume da bagno, fra palloni
da spiaggia ed ombrelloni (qui, ovviamente, rigorosamente rainbow).
La differenza è solo che qui al posto delle conigliette ci sono
graziosi ragazzotti (scelti quasi tutti in base all'avvenenza fisica: notevole)
che mettono in mostra la loro bellezza.
Tutto ciò ha prevedibilmente attratto
le ire dei soliti catoni del mondo gay, che
hanno accusato il video d'essere stereotipato e vacuo...
Critica che dimostra unicamente che al
mondo, di palloni gonfiati che amano prendersi troppo sul serio, ce n'è
dappertutto.
Anche fra i California gays.
P.S. Se interessa il video in cui il regista che spiega perché abbia provato l'irresistibile impulso interiore di girare questo clip, Why I made California gays, lo si trova su Youtube (ovviamente è in inglese).
Dopo l'inatteso successo mondiale del video-parodia di "California gays", il regista gay Ryan Yezak ci riprova con una parodia d'un'altra canzone di Kate Perry, "Peacock" ("Pavone"), motivetto orecchiabile (ma nulla di più) interamente basato sul gioco di parole stupidino fra "peacock" (pavone) e "cock" ("uccello", nel senso di membro virile):
Peccato che la verginità si possa
perdere una volta sola, e l'incosciente spensieratezza del video precedente
(premiato da milioni di visite su Youtube) in questo replay sia
totalmente svanita.
Infatti "Peacock", pur mantenendo l'aria
un po' casereccia di filmato girato alla buona da un gruppo d'amici, questa
volta ha ben presenti (fin troppo!) le potenzialità promozionali
per i giovani artisti che hanno partecipato alla sua realizzazione (molto
divertente l'interminabile lista finale di credits, che stupisce
anche per la quantità di persone coinvolte per un lavoro dall'apparenza
ostentatamente semplice e "alla buona").
Gli aspetti più gustosamente camp
del video precedente (quelle del gruppetto di "pazze" che schecca
sulla spiaggia) sono stati qui mitigati, e l'ambientazione è più
leccata e simil-professionale (appare perfino una "simbolica" e "artistica"
sequenza in cui i ballerini, in una stanza candida, si carezzano sporcandosi
a vicenda di vernice nera: immagino, ehm, questo conferisca lo spessore
d'un vero e proprio "contenuto" intellettuale ad una canzone che parla
di cazzi e cang... ehm ehm, pavoni?). Sembra perfino che i ballerini si
divertano meno... magari per lo stress di dovere a tutti i costi riuscire
a fare il bis del successo di "California gays".
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Ciò detto, sia chiaro, il clip è
godibile ed è sicuramente superiore, come qualità di confezione,
ad un sacco di roba che viene propinata a titolo "ufficiale" dalle case
discografiche.
I ragazzi fanno del loro meglio, e visto
che il progetto non ha alle spalle una struttura di produzione professionale
il risultato del loro lavoro è senz'altro egregio.
Il motivetto musicale è banale
ma carino (e nulla di più) e la sua resa in immagini è adeguata.
Infine i ballerini sono nell'insieme decisamente
boni (chi più, chi meno), il che immagino non dispiacerà
a nessuno.
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A conti fatti, comunque, il risultato è godibile e sono certo che tutti si divertiranno a guardarlo; dubito solo sul fatto che questo filmato "usa-e-getta" rimarrà nella memoria e nell'immaginario collettivo gay negli anni a venire.