|
|
Giovanni
Della Casa fu ecclesiastico (arcivescovo di Benevento nel 1544,
nunzio papale a Venezia [1544-49], segretario di stato papale sotto papa
Paolo IV [1555-56]) e scrittore,
oggi noto soprattutto come autore del manuale di belle maniere Il
Galateo ovvero de' costumi (1558, postumo), che fin dalla pubblicazione
godette di grande successo. Non fu omosessuale.
Prima di abbracciare, nel 1537, la carriera ecclesiastica, aveva scritto varie composizioni poetiche di tipo bernesco, come al solito ricche di doppi sensi equivoci. Fra queste opere di gioventù viene ancor oggi elencato uno scritto in prosa latina intitolato In laudem pederastiae seu sodomiae o De laudibus sodomiae. Si tratta in
realtà di un'opera che non è mai esistita, come dimostrò
convincentemente nel 1682 Gilles
Ménage (1613-1692), che nel suo
Anti-Baillet [1]
seguì a ritroso le testimonianza sull'esistenza dello scritto.
In particolare l'accusa originaria risale a Pier Paolo Vergerio "il giovane" (alto esponente ecclesiastico "eretico", a carico del quale Della Casa istruì un processo) che dopo una clamorosa adesione al protestantesimo scrisse contro il suo persecutore un pesante (e meritato) libello. In realtà Della Casa aveva scritto in gioventù solo un'operetta burlesca, il "Capitolo del forno", in cui fingeva di lodare, secondo i moduli della poesia bernesca, il pane ed il forno, mentre per mezzo di doppi sensi lodava l'atto sessuale. Benché
la composizione sia di tono eterosessuale, alcune stanze parlano
in effetti di sodomia: è da queste poche righe che nacque la
leggenda dell'In laudem sodomiae.
I cattolici
reagirono, da parte loro, rinfacciando per tutta la vita al leader
calvinista Théodore
de Bèze (1519-1605) d'aver pubblicato nel 1548, nei suoi
Juvenilia,
una
composizione latina in cui menziona il proprio amore per un Audebert.
Altri accenni al comportamento omosessuale che compaiono qua e là anche nello stesso Galateo, confermano però che, come gran parte della generazione di intellettuali formatasi prima della Controriforma, Della Casa condivideva un atteggiamento distaccato e tollerante nei confronti dell'amore fra persone dello stesso sesso. Tale atteggiamento non fu comunque peculiare di questo solo autore, ma fu caratteristico di un'intera generazione: l'attacco dei protestanti contro Della Casa fu quindi in realtà anche e soprattutto un attacco a una classe d'intellettuali di formazione italiana e rinascimentale, giudicati (a ragione) tolleranti nei confronti del comportamento omosessuale . L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina. |
Note
[1]
Gilles Ménage, Anti-Baillet, Foulque
et Van Dole, La Haye, 1688 e Charpentier, Paris 1730.
Sulla questione si consulterà con profitto anche: Nicolaus Hieronymus Gundling, "Ioannes Casa an paiderastìas crimen defenderit", in: Observationes selectae ad rem litterariam spectantes, Renger, Halae 1707, vol. 1, pp. 120-136. Sulla questione non sono stati aggiunti fino ad oggi documenti nuovi rispetto a quelli di questi due autori. L'inesistenza dell'In laudem sodomiae può quindi considerarsi ormai provata. [2] In un'edizione settecentesca da me consultata la frase imbarazzante era stata modificata in "haud mores laudavimus": "non abbiamo approvato i costumi"... Sulla vicenda
si consulti anche l'apocrifa autodifesa nella Dissertatio
Joannis Casae archiep. Beneventani adversus Paulum Vergerium,
in: Giovanni Della Casa, Opere, Pisanello, Venezia, 5 tomi, tomo
4°, pp. 225-240, alle pp. 231-232.
|