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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Per
chi avesse letto biografie più dettagliate su Rimbaud, come
quella ponderosa (del 1937!) di Enid Starkie, quest'agile sintesi
di 186 pagine potrà sembrare un po' striminzita.
In
realtà, Edmund White è solo riuscito nel difficile compito
d'essere essenziale, strizzando la fluviale letteratura (biografica
e un po' anche critica) su Rimbaud nello spazio d'un libriccino destinato
a una collana dal numero di pagine contenuto.
La
differenza principale rispetto ad altre biografie è che White è
gay dichiarato, e finalmente non esita a prendere di petto l'omosessualità
di Rimbaud, che misteriosamente continua ad essere il boccone amaro
che i suoi estimatori, critici e studiosi non riescono in nessun modo a
mandar giù.
Ora,
nutrire questo prurito censorio e zitellesco è semplicemente
idiota quando si parla d'un poeta che racchiuse la totalità della
sua produzione in un brevissimo giro d'anni, che sono poi gli stessi anni
della sua relazione con Paul
Verlaine e della maturazione del distacco da lui.
E non fu una coincidenza.
La
relazione è qui descritta nei suoi anni a Parigi, a Bruxelles e
a Londra, accanto a qualche raro accenno ad altre frequentazioni omosessuali
di Rimbaud (Charles Bretagne, Germain Nouveau, Djami), su cui però
White non ha lo spazio o la voglia per approfondire.
Infatti,
contrariamente a quanto si potrebbe temere, l'aspetto omosessuale della
vita di Rimbaud è sì discusso apertamente, ma sempre mantenendo
una sorta di educato pudore, senza mai entrare nei gorghi psicoanalitici
dei biografi precedenti.
E
va bene così, è così che dovrebbe sempre essere. L'omosessualità
è un dato, solo questo, non è da censurare e non è
da esaltare per un malinteso senso di "maledettismo".
Al
tempo stesso White è molto pragmatico, e scrosta la patina di maledettismo
costruita attorno al personaggio (a partire dal diretto interessato, che
fu il primo a "posare" a maledetto), mostrando quanto conformismo ci
fosse in realtà nella sua ribellione (a iniziare dal rapporto da
"bamboccione" con la madre, da cui tornò sempre, dopo ogni colpo
di testa).
Quanto
a Verlaine, esce da queste pagine come un omosessuale pieno di contraddizioni,
che fecero del male a lui stesso, alla moglie e alla madre, ma che paradossalmente
riuscì nello sforzo d'essere il migliore poeta cattolico dell'Ottocento
francese.
Il
vantaggio di White è che a differenza dei suoi predecessori non
è morbosamente attratto dalla relazione omosessuale tra Verlaine
e Rimbaud. Per lui questa è solo una relazione delle tante che ha
conosciuto – e vissuto. Un dato di fatto, ma nulla di più.
Finalmente
scompare quindi la puzza di zolfo, la trasfigurazione in demonio
di Rimbaud, l'evocazione del Male ogni volta che si parla di lui e dei
suoi amori.
Rimbaud
ne esce come un ragazzo nevrotico, ma precocissimamente capace d'intuizioni
artistiche in grado di sovvertire la concezione che della poesia ha la
sua epoca.
La
sua parabola artistica si conclude molto precocemente non solo perché
la società non è in grado di capirlo, ma anche e soprattutto
per il suo gusto infantile di insultare, offendere, umiliare tutti coloro
che avrebbero potuto aiutarlo a farsi conoscere.
Nel
giro di pochi mesi Rimbaud si fa "terra bruciata" attorno, e non perché
sia omosessuale, non perché la sua poesia sia troppo audace, ma
perché ha confuso troppo la letteratura e la vita, senza
capire che atteggiamenti e pose affascinanti in un testo letterario, nella
vita reale costituiscono solo sintomi di pazzia. O almeno, vengono interpretati
come tali.
Conclusa
la "stagione all'Inferno", lui stesso intese rinnegare quei comportamenti,
nello sforzo di costruirsi una vita degna di questo nome.
Ed
è particolarmente divertente osservare assieme a White come
l'omosessualità, vissuta con tanta sfacciataggine, nella sua poesia
venga poi camuffata, nascosta, discussa solo attraverso immagini "in codice".
In
effetti, negli anni successivi Rimbaud farà di tutto per scrollarsi
di dosso la nomea di omosessuale, tanto nei comportamenti pubblici
quanto nelle dichiarazioni.
Non ho trovato elementi nuovi sulla vita di Rimbaud in questa biografia, ma vi ho trovato un approccio radicalmente nuovo, e per questo interessante.
Vi ho trovato un Rimbaud più umano e meno satanico, scrittore e non Vate, un essere umano che