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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un Brandstetter ai limiti della pensione, ma sempre in gamba
Questo romanzo (titolo originale: Obedience, 1988) è il decimo della serie dedicata all'investigatore Dave Brandstetter (sul quale si veda quanto ho detto al primo volume del ciclo, Scomparso, che era ambientato nel 1967).
Joseph Hansen gli ha permesso - cosa insolita - d'invecchiare con il passare degli anni, e qui ce lo presenta in procinto di "ritirarsi" (solita traduzione cagnesca di un termine inglese, lingua nella quale to retire vuol dire banalmente "andare in pensione"). Ma un'avvocata lo supplica di aiutarla a risolvere il caso d'omicidio per il quale è stato imputato il fratellastro, ed alla fine, un po' per buon cuore, un po' perché a Brandstetter il suo lavoro piace, rieccolo a caccia dei veri colpevoli. La pensione attenderà.
Come
per tutti i gialli, rivelare qui la trama sarebbe un crimine; basti quindi
sapere che il nostro investigatore si trova sbalzato in un affare immobiliare
relativo alla ristrutturazione d'un porticciolo, nel quale vivono su bagnarole
d'epoca molte famiglie prive di casa e di reddito, disperate perché
non saprebbero dove altro andare.
Anche
l'imputato (veterano e mutilato della guerra del Vietnam, ma decisamente
non-eroe) faceva parte di questo gruppo di disperati, anzi ne era il portavoce,
quindi è "logico" che sia il primo sospettato quando il proprietario
dell'area, un uomo d'affari vietnamita, è trovato assassinato proprio
al porto.
Ma
non sempre le cose sono quel che sembrano a prima vista, e Brandstetter
lo dimostrerà... eccetera eccetera.
Harris
ha molto da dire in questo semplice romanzetto giallo sulla realtà
dei senza-tetto americani, costretti (dopo essersi rovinati per pagare
cure mediche onerosissime, o perché vivono di una pensione minima,
come la simpatica insegnante che per prima aiuterà il Nostro), ma
cerca anche di schizzare un breve ritratto della comunità d'immigranti
vietnamiti, fluita negli Usa alla fine della guerra, ed all'epoca sicuramente
"esotica" e "misteriosa".
In
questo ritratto si distacca poco dal "ritratto di genere" (il titolo originario,
Obbedienza, allude alla prassi dell'obbedienza famigliare spinta
fino all'omertà da parte di questa comunità), ma il fatto
che si sia almeno schizzarlo va a suo merito.
Anche
questo romanzo, come i precedenti, più che di colpi di scena
mozzafiato vive soprattutto di descrizioni di ambienti e realtà
umane.
Sia
chiaro che Hansen il suo mestiere lo conosce (in caso contrario, il mercato
non gli avrebbe mai chiesto dodici libri con questo personaggio) quindi
il giallo possiede la dose canonica di morti ammazzati, rapimenti di testimoni,
minacce di morte eccetera. Contiene perfino il solito poliziotto incapace
e il solito poliziotto sveglio, proprio come l'insalata deve contenere
olio e aceto...
Ciò
detto, l'autore si delizia nella cesellatura dei caratteri dei personaggi,
insolitamente "a tutto tondo" e umani.
Ciò
vale anche per il suo investigatore, di cui è descritta la relazione
praticamente coniugale con il suo partner coabitante Cecil, un giornalista
di colore che lo ama abbastanza da riuscire a far tacere le sue paure per
un'attività che mette di continuo in pericolo la vita della persona
amata (e a volte anche la sua). La relazione è tratteggiata in modo
quotidiano, e senza alcuno squillo di fanfare, come una realtà banale
e quotidiana, come l'autore voleva che fosse considerata.
Nella vicenda è presente anche un altro personaggio gay, il "testimone" di cui parla il titolo: è Carlton "Cotton" Simes, un artista di strada anch'egli di colore, descritto con toni più macchiettistici e a tratti perfino umoristici. Per esempio, a un certo punto, per fargli svelare cosa sapesse del delitto, Brandstetter lo fa intervistare - con successo - da Cecil, essendosi accorto del fatto che Carlton lo concupisce... E come scrittore gay Hansen riesce a dimostrare che è possibile trattare umoristicamente di personaggi gay senza diventare offensivi e stereotipati, tant'è che il suo Cotton non perde mai la dimensione umana e non diventa mai una macchietta.
In conclusione, il libro è un buon prodotto, confezionato con ottimo mestiere e, benché rispetto ad altri volumi della stessa serie appaia più "di routine", resta comunque un romanzo poliziesco ottimamente scritto.
E se mancano i colpi di scena e le scazzottate da scavezzacolli, ciò si deve certo al fatto che, come Brandstatter continua a ripetere, "Ormai non ho più l'età per fare certe cose...".