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Arthur Clarke & Frederik Pohl, L'ultimo teorema, "Urania" n. 1587, ottobre 2012 [2008].
 
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[Narrativa a tematiche lgbt]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


L'omosessualità è come l'acne giovanile: va via da sola con l'età.

Ecco un altro romanzo di fantascienza che non sa cosa vuole né dove andare a parare. Scritto in gran parte da Clarke, è stato completato da Pohl per il peggioramento della salute di Clarke, del quale è in effetti l'ultimo romanzo scritto prima della morte (2008).

Per qualche motivo Clarke aveva deciso di narrare una vicenda dedicata al Paese in cui si era trasferito a vivere, lo Sri Lanka (che però vi è delineato in modo superficiale, quasi da "visita turistica", con sgradevoli cadute nel paternalismo colonialistico), concentrandosi sulla sua elite ricca, che è descritta con toni idilliaci (i ricchi sono tutti colti, benevoli, gentili e aperti d'idee. Si noti: Clarke era ricco, e faceva parte di questa elite... Ma che fosse anche benevolo, gentile e aperto d'idee lo implica lui, mica io).

Protagonista un adolescente, Ranjit Subramanian, che ha la passione divorante per la matematica, e che desidera realizzare la dimostrazione del Terzo teorema di Fermat.
A un certo punto della sua adolescenza Ranjit, che è indù ed appartiene alla minoranza tamil, s'innamora corrisposto di un compagno di scuola buddista e inizia una relazione con lui (pp. 18-22, p. 38).
Il padre, per quanto persona tollerante e aperta, è un sacerdote induista, e non può accettare la cosa, e non per il suo carattere omosessuale (sono sciocchezze da adolescenti, destinate a passare con la maturità: "Pensi che non sappia come ai giovani piaccia sperimentare comportamenti del genere?", p. 22) ma per la rivalità esistente fra i tamil e la maggioranza cingalese buddista, e rifiuta di vedere ancora il figlio.
Poi però, senza alcun motivo, dopo che l'amico è andato a studiare in Europa (da dove comunica con l'amico non via facebook o email ma con lettere... di carta!), Ranjit scopre che davvero con l'età adulta se ne vanno via i brufoli e il desiderio omosessuale, cosicché concupisce una donna e finisce per sposarla. Ah, e già che c'è, anche per risolvere il terzo teorema di Fermat.

Il padre perdona al figlio, e un gruppo di alieni decide di sterminare la razza umana perché pericolosa. Sì, così, con la stessa coerenza logica che ho appena descritto.
Nel corso della vicenda successiva ogni tanto una mezza pagina ricorda che l'armata di sterminio è in marcia, dopodiché si procede con la vita di Ranjit. Solo alla fine, quando l'armata aliena arriva infine sulla Terra (uff! alla buon'ora!), sapremo qualcosina di più sugli alieni, giusto in tempo per vederli sbalordire di fronte alla saggezza innata della razza umana e decidere di non sterminarla, ma anzi di affidarsi alla sua guida. Patetico.


Spiace dirlo, ma questo romanzo è fallito. Troppo lento e noioso, nonché superficiale (i personaggi sono tutti bidimensionali), per essere un romanzo dedicato allo Sri Lanka ed all'insegnamento della matematica (sic), e troppo disinteressato alla vicenda "altra" per essere un romanzo di fantascienza, genere che qui  ha un ruolo minimale ed è appiccicato con la violenza ad un romanzo che voleva parlare di tutt'altro.

Questo è il guaio del mercato editoriale: quando un autore diventa troppo celebre, gli si pubblica qualsiasi cosa per quanto cattiva sia, perché tanto il nome "tira". Un esordiente non sarebbe mai riuscito a pubblicare un simile pastone tanto farraginoso, inconcludente, e privo di un punto centrale.
Non si capisce cosa volesse dimostrare qui Clarke: forse voleva solo parlare della propria vita per tramite altrui, ma ciò che della sua vita traspare è trasfigurato da un ego talmente megalomaniaco da lasciare lievemente nauseati (a un certo punto si afferma che lo Sri Lanka non ha personalità note internazionalmente, salvo "lo scrittore" -- modestamente).

Quanto alla trattazione dell'omosessualità, l'impressione è che dopo le pesantissime critiche ricevute per la sua passione per gli indigeni molto giovani, Clarke fosse più che altro alla ricerca di alibi sul fatto che l'omosessualità è "solo una fase transitoria di gioco", normale per tutti gli adolescenti, che però poi passa, eh? Un po' come per i ragazzi di von Gloeden nella Taormina di inizio Novecento...
Sono lieto del fatto che sir Clarke riuscisse a trovarsi alibi che gli zittivano la coscienza (la mia, invece, è un attimo più esigente), ma non per questo sono stato convinto dalla sua trattazione della cosa, e trovo che la parentesi omosessuale sia del tutto irrilevante ai fini della vicenda, ed appiccicata lì in qualche modo per esigenze extranarrative, al punto che la storia avrebbe avuto una maggiore coerenza e credibilità se la vicenda omosessuale fosse stata del tutto assente.


Nel complesso il libro si lascia leggere (il mestiere, Clarke, lo aveva), e qualche sprazzo dell'antica fiamma lo si vede, nonostante il ricorso a vicende totalmente assurde (il protagonista viene fra le altre cose pure rapito dai pirati, e poi scambiato per uno di loro e torturato come sospetto terrorista  islamico.. ma per favore!).
Ciò detto, questo non è un libro di cui consiglierei la lettura.

Da riservare ai soli fans di Clarke, ed anche a loro con l'avviso che dispiacerà loro vedere come il genio narrativo venga colpito negativamente dall'età e dalla malattia.

P.S. Chi fosse interessato alla vera dimostrazione del terzo teorema di Fermat, può leggere semmai questo volume.


 
 
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