Mauro Ferri, Il mistero del pozzo di Afrodite. C.O.D.E., Foschi, Santarcargelo di Romagna 2016 [2006].
[Fantascienza con personaggi lgbt]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Una conferma dell'eccellenza della fantascienza italiana di viaggi nel tempo.
Nel desolato panorama di scrittori italiani di
fantascienza caratterizzato dal problema del "vorrei ma non posso"
(ambizioni smisurate e zero capacità narrativa) di tanto in
tanto emerge inatteso uno scrittore che si legge per il piacere della
narrazione e per l'interesse della vicenda.
Stranamente, in questo mazzetto di scrittori italiani degni di tener testa alla produzione straniera, una percentuale non trascurabile (da Evangelisti a Mongini) s'affolla
in un sottogenere preciso: quello dei viaggi nel tempo, dei passati
alternativi, dei mondi paralleli, insomma delle ucronie. Evidentemente
siamo un popolo che anche quando deve parlare del futuro riesce solo a
ripensare il passato...
Il mistero del pozzo di Afrodite di Mauro Ferri (già edito nel 2006 col titolo: Scambi d'identità) appartiene a entrambe le categorie: sia a questo mazzetto di scrittori degni d'attenzione, sia al sottogenere dei viaggi nel tempo, del quale sa sfruttare in modo convincente tutte le regole, senza mai cadere nel banale e nel già letto. Anzi, fra tutti i racconti di viaggi nel tempo che ho letto finora, solo quelli di Poul Anderson mi sono parsi altrettanto convincenti, grazie alla minuziosa ricostruzione del passato operata dall'autore, che ha curato tutti i dettagli fino al livello del "romanzo storico"... ma con personaggi di oggi.
La vicenda nasce da un felice innesto fra romanzo giallo (una multinazionale svizzera conduce misteriosi esperimenti durante i quali ci scappa il morto: è un importante studioso dell'antica Atene che, impazzito, si getta sotto una macchina fuggendo dai laboratori di ricerca, per motivi che la multinazionale rifiuta di rivelare agli inquirenti) e un romanzo di fantascienza (non ci vorrà molto per apprendere che i misteriosi esperimenti riguardano il viaggio nel tempo). La vicenda decolla dal momento in cui si comprende cosa stesse bollendo in pentola e quindi la parte di thriller diminuisce, facendo aumentare quella, di ottima qualità narrativa, dedicata alla vita nel passato.
Ferri
immagina che sia possibile viaggiare nel tempo (ha anche inventato una
spiegazione scientifica del procedimento) grazie a una sostituzione di
personalità, che implica il vero e proprio furto del corpo d'un
individuo del passato, la cui personalità viene imprigionata nel corpo
presente del viaggiatore, il quale rimane sedato in attesa del ritorno
del suo vero possessore. L'ipotesi è stata costruita con cura, e pur essendo la riproposizione di Scambio mentale
di Robert Sheckley (1966) è sviluppata con esiti assai differenti. I
protagonisti scambiano infatti a casaccio i corpi con persone
dell'Atene del periodo classico, senza poter scegliere in nessun modo
l'identità dell'ospite (e quindi, neppure il suo sesso, che nella metà
dei casi risulta in effetti "sbagliato"!).
L'assenza
di contraddizioni, la congruenza dei concatenamenti narrativi, la
sostanziale credibilità dei comportamenti e delle situazioni (che non
richiedono al lettore "sospensioni d'incredulità" larghe come oceani),
mostrano che dietro al testo c'è un lungo lavoro di levigatura e
riflessione, che ha reso la lettura scorrevole, piacevole e soprattutto
credibile.
Troppe volte abbiamo visto romanzi in cui uomini e donne del XXI
secolo, catapultati in un passato di cui non sapevano nulla, in un
batter d'occhio si facevano nominare capitribù dagli indigeni
ignoranti, nella migliore tradizione razzista di Tarzan secondo cui
l'uomo bianco moderno trionfa sempre sui "primitivi" grazie alla sua intrinseca superiorità.
In
realtà chi ha studiato la storia sa che le società passate erano
altrettanto complesse della nostra (anzi, spesso erano molto più
complicate), e se è vero che un ateniese del V secolo a.C. oggi non
saprebbe neppure immaginare in che modo accendere un fornello piezoelettrico
per scaldare il latte, è altrettanto vero che non saremmo affatto meno
imbarazzati noi di fronte alla necessità d'accendere un fuoco con
l'esca e l'acciarino: non sapremmo neppure indovinare quale aspetto
fisico abbia un acciarino e quale aspetto abbia l'esca!. Figuriamoci
quindi maneggiare le armi, o manovrare la politica, per prendere il
potere in due o tre mosse!
Qui invece la nostra piccola compagnia ha semmai il problema opposto:
quello di non dare troppo nell'occhio per non essere scoperta e
giudicata come una banda di posseduti da spiriti maligni, anche se
l'autore facilita molto le cose immaginando che il cervello del
possessore originale del corpo abbia conservato e quindi trasmesso la
conoscenza della lingua greca.
Una volta montato il palcoscenico, Ferri si diverte a mettere in scena
la ricerca del professore perduto (che forse non è morto, ma solo
imprigionato in un corpo antico da cui non può più far ritorno)
attraverso una serie d'episodi in cui fa uso d'una sottile ironia,
divertendosi alle spalle dei suoi personaggi (delizioso il modo in cui
alla fine i cattivi pagano il fio della loro malvagità).
Per
chi abbia fatto studi classici è magistrale la ricostruzione dell'Atene
classica, nella quale i nostri personaggi ci accompagnano,
letteralmente, a passeggio (e per chi non abbia fatto studi classici,
niente paura, è solo un'ambientazione fra tante, non più esotica di
quella d'una qualsiasi città d'un romanzo di fantascienza). Notevole
anche il modo in cui l'Atene classica è ricostruita non solo attraverso
i ricchi possessori di schiavi che ci hanno lasciato la splendida
letteratura che ancora oggi studiamo, ma anche dei "senza voce", degli schiavi stessi
(uno dei personaggi "atterra" nel corpo d'uno schiavo, un altro in
quello d'una prostituta, un altro ancora in quello d'una moglie vessata
da un marito violento...). Qui non succede come negli altri romanzi, in
cui il protagonista si reincarna immancabilmente
nel corpo del Principe Supremo o della Principessa Suprema, o fa
comunque parte dell'elite socioeconomica: è già tanto se almeno uno dei
"bersagli" della nostra pattuglia si rivela essere la figlia di un
ricco mercante, cosa che aiuta parecchio il gruppo (anche se poi forse
Ferri esagera decisamente nell'immaginare la libertà di movimento e
soprattutto sessuale concessa ad una ragazza nubile nell'Atene
classica).
E pazienza se, come fanno tutti gli autori di fantascienza italiani,
anche a Ferri sembra necessario inserire una fantasia sessuale del
tutto fuori scala, con una sacerdotessa che per guarire l'ospite d'un
componente della nostra pattuglia, non senza ragioni ritenuto posseduto
da uno spirito, ci fa sesso (cosa totalmente al di fuori della
mentalità antica). Evidentemente il mito dell'antichità classica come
immaginaria "patria della libertà sessuale" è duro a morire...
Il "mistero" del titolo, utile a spiegare perché un posato studioso fosse disposto a rischiare la vita in un esperimento mai tentato prima, viene liquidato senza infamia e senza lode in poche pagine di "caccia al tesoro" e sono lieto che sia andata così, perché esso nulla aggiunge e nulla toglie alla narrazione.
Giudizio
complessivo: un romanzo davvero godibile, privo delle goffaggini
tipiche degli autori italiani di fantascienza, anzi in molte occasioni
"con una marcia in più" rispetto alla media della produzione
fantascientifica che ci viene dall'estero. Questo libro l'ho scoperto
per caso ravanando in libreria e per un pelo non l'ho lasciato giù non
trovandone la minima traccia in Rete * (la promozione non è decisamente
il forte di questo editore!), temendo fosse un clone di un clone di un
clone del Codice da Vinci. Per fortuna ho rischiato, e non me ne sono pentito.
Mi sento a cuor leggero di consigliarne la lettura: vale la pena.
Per
finire, l'omosessualità. Ho inserito questa recensione nella sezione
dei "romanzi di fantascienza con personaggi lgbt" perché fra i motivi
di divertimento dell'autore c'è l'atterraggio d'uno dei protagonisti
dentro il corpo d'un attore impegnato in una relazione omosessuale con
un ricco cittadino. La costruzione della situazione pone tutte le
premesse per una trattazione macchiettistica e omofobica, eppure,
misteriosamente, si ferma un millimetro prima della catastrofe, forse
grazie a qualche saggio consiglio in fase di stesura. I personaggi
hanno infatti tutte le caratteristiche necessarie a conformarsi alle
più stereotipate "macchiette" omosessuali dei decenni passati, ivi
inclusa la gelosia nevrotica dell'amante spossessato (peraltro
giustificata, visto che l'amato ha smesso di frequentare la loro casa e
dormire con lui) ma non si comportano in modo eccessivamente "sopra le
righe". Per pagine e pagine sono rimasto in attesa dello scoppio della
"inevitabile" scena isterica di gelosia con i piedini vezzosamente
calzati battuti per terra e strilla isteriche... ma non è arrivata. Chapeau. Ecco finalmente una coppia di checche sfrante sì, ma dotate di self-control.
Anche un altro personaggio, quello della poliziotta, rivela a più
riprese pulsioni lesbiche più o meno esplicite, ma la questione viene
solo posizionata in poco spazio, immagino in attesa d'essere usata più
tardi in quella che l'autore, in retrocopertina, promette sarà una
trilogia. Speriamo che non serva per le solite fantasie masturbatorie
per lettori frustrati...
Chi vivrà vedrà.
* Nota: Il titolo del romanzo è: Il mistero del pozzo di Afrodite, che in copertina figura nella posizione di uno "strillo", e non: C.O.D.E.
(che in copertina figura nella posizione in cui di solito è collocato
il titolo) che invece sarebbe il titolo della trilogia in corso di
pubblicazione. Chi ha impaginato quella copertina è un gegno... oppure uno che in tutta la vita non aveva mai preso in mano un libro stampato...