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[Fantascienza con personaggi lgbt]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Guardate che nessuno ha mai stabilito che se si vuole fare Letteratura occorre usare un protagonista psicopatico...
Ok, adesso ci mettiamo bravi bravi attorno a un tavolo, io e voi che nelle vostre recensioni in giro per la Rete avete dato o intendete dare cinque stelle a questa roba qua, e mi raccontate alcune cose della vostra vita.
Intanto, mentre parliamo, gradite una tazza di tè?
Allora.
Una madre fredda e incapace di comprendervi, un padre letteralmente assente,
preti che da ragazzino vi violentano, ragazze una più stronza dell'altra
(l'ultima vi lascia addirittura per una donna!), un mondo che fin da
bambino vi odia e vi perseguita (troppo facile: siete pure ebrei...),
e voi stessi, divorati da tendenze autocommiserative, masochistiche e suicidali,
incapaci di trovare un senso nella vostra esistenza al punto da cercarlo
(invano!) in varie branche della psicoanalisi (preferibilmente junghiana)
o vari culti assortiti.
Questo
sarebbe il quadro della vostra vita.
E
voi come la definite? "Divina"? "Artistica"? "Geniale"?
Ne
dubito fortemente.
E
allora perché se un Moorcock qualunque affida a un cretino
di tal fatta il ruolo di protagonista, il romanzo diventa ex abrupto
un capolavoro letterario? A meno che voi siate sadici, e proviate
piacere nel vedere soffrire un altro essere umano (e a questo punto il
dubbio che possa essere proprio così ce l'ho) non capisco proprio
il sugo di leggere con godimento necrofilo il racconto del tuffo verso
il suicidio ultra-assistito di questo idiota.
Chiariamo subito: io sono "ateo credente e praticante". A me il fatto che questo tizio, questo Glogauer, si offra volontario per collaudare la prima scalcinata macchina del tempo a patto di poter andare a conoscere fra tutti proprio Gesù (per vedere se almeno Lui riesce a salvarlo dalle sue nevrosi), mi fa un baffo. Se si supponeva che io dovessi provare eccitati brividi di trasgressione e magari che fossi perfino épaté, mi spiace: il sentimento prevalente mentre leggevo questo I.N.R.I. era la banalissima noia.
E chi crede di scandalizzare facendo di Maria una prostituta e del Gesù storico un demente, semplicemente non conosce la storia: esiste una tradizione antica (attestata già in Celso) che dice proprio che Gesù era figlio d'una prostituta (o di una donna ripudiata dal marito, il che all'epoca era la stessa cosa) e d'un soldato romano (che non era suo marito), del quale ci tramanda addirittura il nome, Panthera. Quindi, se Moorcock voleva stupirci con la sua trovata, è arrivato un po' in ritardo, diciamo di 1850 anni. Ed anche con meno dettagli piccanti...
Certo, vero, d'accordo, il libro va contestualizzato. È del 1967, quindi risale a prima della grande ondata di letture anti-autoritarie ed anti-conformiste dei testi sacri dei cristianisti, avvenuta dopo il 1968. Quindi, effettivamente, ai lettori originali qualche scandalizzato frisson di scandalo lo avrà anche provocato (non a caso questo romanzetto ha pure vinto un premio Nebula... e magari all'epoca la cosa un suo senso ce l'aveva anche!). Peccato però che oggi siamo nel 2011 e ripubblicando quest'opera l'editore s'è assunto la responsabilità implicita d'affermare che può essere ancora valida nell'anno corrente. E secondo me non lo è.
Perché, e scusate l'apoditticità, secondo me solo un lettore superficiale può trovare "interessante" questo guazzabuglio.
Dal
punto di vista narrativo, ha il ritmo d'un cane zoppo. Ogni volta che la
narrazione inizia ad avere un poco di ritmo, paf!, ecco un'altra endovena
di ansimanti patemi esistenziali del protagonista. Metà del libro
è dedicata ad essi (e considerato che il romanzo è breve
di suo, tolta questa parte illeggibile resta alla fine un racconto, che
era la dimensione giusta per questa narrazione: e in effetti come racconto,
senza i rant esistenziali, questo sarebbe un bel racconto).
Ok,
ok, l'autore desidera ben motivare la volontà suicidale del suo
protagonista (che è talmente bizzarra che anche arrivati alla fine
non la si capisce comunque) e bla bla.
Il
punto è però che non comprendo che bisogno ci fosse di "motivare":
il personaggio è suo, l'ha creato lui, quindi se ci fa sapere in
tre righe all'inizio che si tratta d'un masochista psicopatico, noi gli
crediamo: è il bello della letteratura! Se ci dici che il tuo personaggio
si chiama Harry e frequenta una scuola di magia, noi ti crediamo, anche
se le scuole di magia non esistono, giusto per vedere cosa ci tiri fuori,
da questa premessa. Quindi, se sai scrivere, non hai bisogno di continuare
a infilarci, ogni tre paragrafi, trattati sul senso del sovrannaturale
e sulla possibilità dell'evento magico...
Dal
punto di vista filosofico - tanto lodato nelle recensioni in Rete - poi,
va ancora peggio. La tesi centrale del romanzo è decisamente datata,
e non ha retto agli anni. Moorcock postula infatti che dietro all'evento
religioso esista un non meglio precisato bisogno sociale e collettivo dello
Zeigeist che "crea" per generazione spontanea (?) il "fatto"
religioso, anche in assenza d'un fatto vero e proprio. In altre parole,
è la narrazione (in senso postmodernista) religiosa che genera i
fatti religiosi, e non il contrario.
Ebbene:
a qualcuno questa bizzarra tesi suona anche banalmente fondata? Ogni giorno
viene fondata una nuova religione, e "dietro" non ci sono "narrazioni",
bensì persone (molto) in carne ed ossa con interessi materiali molto
concreti e mire molto precise: altro che "narrazione collettiva" ed anonima!
Fondare una religione è un'operazione di marketing, come dimostrano
smaccatamente realtà come Scientology.
Eppure
qui la mitopoiesi collettiva è tanto potente che Glogauer deve solo
preoccuparsi di non contraddire la narrazione recepta su Gesù, perché
a tutto il resto, a tutti i dettagli (perfino il nome), ha già provveduto
in anticipo la mitopoiesi stessa. Che chiede solo che qualcuno incarni
il tipo di personaggio di cui sente il bisogno, così come perché
un abito d'alta moda possa sfilare in passerella occorre un modello che
lo indossi.
Glogauer
si limita quindi a scivolare nel ruolo che la storia (intesa come fabula,
non come Storia umana) gli ha già predisposto, ed oplà. Postmodernismo
allo stato puro: non esistono fatti, non esistono eventi, esistono solo
narrazioni...
Per
finire, dal punto di vista storico... Anzi no, qui voglio fare il bravo
e non prendere un romanzetto di fantascienza per ciò che non può
essere, ovvero un saggio di storia. Mi limito solo a dire che anche la
visione storica di Moorcock è datata, e che in questo romanzo ci
sono troppi esseni e troppo pochi zeloti, troppo Qumram e troppo poca Masada,
e chi conosce la storia del periodo avrà già capito.
La
sola cosa che ho apprezzato è un Pilato un po' più a tutto
tondo di quanto non sia descritto normalmente, che definirei un personaggio
letterario riuscito. Ma è solo un personaggio fra molti.
Nel
giudicare questo romanzo ho tre termini di paragone, davanti agli occhi:
Il
vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago
(1997); Lo
specchio di Dio (titolo originale: Jesus video) di Andreas Eschbach
(1997); e L'ombra
del nazareno di Gerd Theissen (1986).
Aggiungendo
I.N.R.I. siamo a quattro romanzi sullo stesso personaggio storico,
e solo uno mi ha soddisfatto, quello di Saramago. Che è quello che
si definisce, lui sì, un vero grande scrittore (Premio Nobel).
E allora se mi date cinque stelle al primo Moorcock che passa, cosa facciamo
poi con Saramago: consumiamo una galassia solo per avere stelle a sufficienza
per lui?
Il
romanzo di Eschbach è quello che è più ovvio
confrontare con I.N.R.I.: anche qui fantascienza, anche qui un viaggio
nel tempo verso il Golgota. Ed anche qui un flop: un'idea di partenza
assolutamente geniale (il Codice da Vinci, al confronto, è
roba per educande) e poi uno svolgimento disastroso (corse avanti e indietro
per i deserti, inseguiti da agenti di servizi segreti assortiti: banalissimo
LAPD in salsa desertica...).
Da
parte sua Theissen, un teologo, ha fatto una bella e leggibile opera
di divulgazione narrativa, che si lascia leggere, ma alla fine inciampa
nell'agiografia, e buona notte alla narrativa – ed è un peccato.
Solo
Saramago ci salva, mostrando che è possibile affrontare "letterariamente"
un personaggio come Gesù (storico o mitico che sia, non importa),
essere "blasfemo" giusto quel tanto che basta per evitare di mancare di
rispetto al personaggio stesso, e soprattutto, creare notazioni psicologiche
vere, profonde, vibranti.
Il
Gesù di Moorcock sceglie di farsi crocifiggere per evitare che crolli
la sola speranza di certezza che nella sua nevrosi era riuscito a individuare.
Sceglie di sacrificarsi per evitare che vengano messe in dubbio le speranze
irrazionali, le uniche che abbia mai trovato.
Il
Gesù di Saramago, al contrario, disobbedisce a un Dio pieno di sé
decidendo di farsi crocifiggere come re degli ebrei, cioè come sovversivo
politico, per evitare che qualcuno lo prenda per figlio di quel Dio che
non ama e non rispetta, e fondi una religione che, come tutte le religioni,
sarebbe pazza e ingiusta. Il suo gesto è inutile, ovviamente, ma
almeno lo sforzo di dignità l'ha fatto, ed è questo ad averlo
reso "grande".
Tutto
all'opposto Glogauer, che sacrifica la vita per impedire che il velo di
Maya venga squarciato, che preferisce morire pur di mantenere in piedi
la rete di bugie a cui è affezionato. E sulla croce le sue ultime
parole saranno: "È tutta una bugia, tiratemi giù!"
(ed è per questo, per salvare una bugia, che ha deciso di
morire? Wow!).
Il
Gesù di Saramago si ribella all'Oppio dei popoli, quello di Moorcock
sacrifica la vita affinché essi possano continuare ad avere le loro
dosi.
Il
primo è un uomo che come Giacobbe tiene testa a Dio e combatte contro
di lui pur sapendo che è vano, il secondo è uno squallido
pusher che agli dèi che ha scoperto essere inesistenti offre
con voluttà masochistica tutto, perfino ciò che nessuno s'è
mai sognato di chiedergli, allo scopo d'impedire che gli altri conoscano
la verità.
Il
protagonista della narrazione dei Vangeli dice che "La verità vi
renderà liberi". Il protagonista di I.N.R.I., invece, è
terrorizzato letteralmente a morte dall'idea che la razza umana scopra
la verità e si liberi da bugia plurimillenarie...
Ecco,
adesso me lo spiegate cosa abbia di grandioso questo personaggio, questo
sacerdote della Bugia.
Questo
non è Edipo che lotta eroicamente contro il Fato avverso: questo
è Masoch che non riesce a resistere ad un'occasione troppo ghiotta
per godere a farsi male in modo definitivo.
Oggi
una persona così potrebbe indubbiamente fare carriera come ottuso
portabborze facilmente sacrificabile in un partito politico... meglio
se di destra. Però la vorreste come amica? La vorreste come partner?
Lo vorreste Glogauer a cena a casa vostra?
Siate
sinceri e rispondete... ma davvero vi sembra un personaggio riuscito?
Mentre pensate alla risposta, lo gradite, ancora un po' di tè?
P.S. La solita copertina uraniana coi pupazzetti in computergraphic, questa volta, con un Gesù tutto cromato (che manco sul cofano dell'auto di un narcotrafficante...) ha superato ogni limite d'indecenza.