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Recensione di Giovanni Dall'Orto
La bambina che non fu mai una bambina
Quando
lessi il lavoro di John
Money e Patricia Tucker, Essere uomo, essere donna. Uno studio sull'identità
di genere (Feltrinelli, Milano 1980) lo giudicai un testo "fondamentale",
perché mi chiarì una volta per tutte la differenza tra orientamento
sessuale ("quale sesso preferisco?") e identità di genere ("a quale
sesso sento di appartenere?"). E dopo trent'anni ricordo ancora un dettaglio
di quel libro: il caso, discusso approfonditamente, d'un neonato che aveva
perso il pene durante un incidente chirurgico ed era stato allevato con
successo come bambina, un fenomeno che dimostrava l'innata e infinita plasticità
della sessualità umana.
Quel
caso mi rimase scolpito perché implicava che l'orientamento sessuale
non è "innato", come mi aveva insegnato l'esperienza quando avevo
sperato invano di "cambiarlo", ma è frutto del condizionamento sociale,
come affermato dagli psicoanalisti ieri, e dai sostenitori delle "terapie
riparative" e della "teoria
queer" oggi.
Per molti anni quel caso è rimasto in un cassetto della mia memoria assieme agli altri che potenzialmente smentivano l'idea che "omosessuali si nasce", fino a quando sono inciampato per caso nel volume di John Colapinto, Bruce Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza (San Paolo, Cinisello Balsamo 2014, € 20), una biografia di David Reimer, la "bambina" canadese di cui parlava Money.
Parlo
di "inciampare", perché il libro non proviene da un editore gay-friendly
ma anzi dall'editore cattolico bastione delle "teorie riparative", quello
che pubblica Joseph
Nicolosi o Chiara
Atzori.
Mi
sfugge perciò se si tratti d'una pubblicazione che puntava a ribadire
i dogmi cattolici ma non si è accorta di aver realizzato un "epic
fail", o se al contrario sia un tentativo di riequilibrare con un po'
di buonsenso un catalogo troppo sbilanciato verso i "riparatori".
Questo
libro è infatti un durissimo colpo all'ideologia che sta
alla base sia delle teorie riparative sia della teoria queer, e un pezzo
da novanta a favore dell'innatismo dell'orientamento sessuale ("gay, etero
o bi si nasce, non si diventa"). La biografia è infatti la dimostrazione
del fatto che la narrazione di Money, "il" caso supremo usato per decenni
da chiunque voleva dimostrare che l'orientamento sessuale umano è
socialmente determinato, era una pura e semplice menzogna.
Infatti
la bambina non accettò mai il suo nuovo sesso, crebbe come un "maschiaccio"
sempre più disturbato (perché oggetto d'un bullismo incessante),
finché ad otto anni rifiutò cocciutamente d'essere sottoposta
a interventi chirurgici per darle un aspetto genitale femminile.
Non basta: raggiunta l'età della pubertà scoprì d'essere sessualmente attratta dalle donne. In altre parole, non solo la sua identità di genere era rimasta impermeabile all'educazione e al condizionamento sociale, ma anche il suo orientamento sessuale se ne era dimostrato indipendente, con tanti saluti ai sostenitori delle "terapie riparative" e della "teoria queer"... e a chiunque altro sostiene che l'orientamento sessuale sia una "scelta". Il caso di David prova invece che è l'orientamento a scegliere noi, e non il contrario.
Come avviene anche nel caso della teoria sulla presunta "fluidità" della sessualità umana, teorizzata su nessuna base scientifica dalla teoria queer, che qui trova una chiara smentita nel "nudo fatto" d'una bambina di otto anni che tiene testa da sola a un vero e proprio complotto sociale fra establishment medico, famiglia, assistenti sociali, scuola, coetanei, che vogliono "costruirla" come lei "sente" di non essere. Evidentemente no, la sessualità umana non è fluida. Può essere elastica e infinitamente adattabile, ma possiede caratteristiche che hanno – anche – basi rigide e innate. Le quali influiscono inevitabilmente su identità di genere e orientamento sessuale, facendosi beffe di qualsiasi "costruzione sociale" o "terapia riparativa".
Purtroppo il finale di questo libro non è lieto. Come informa un post scriptum, anni dopo la pubblicazione (avvenuta nel 2000) David, che non era mai riuscito a superare i traumi di un'infanzia "sbagliata" e vissuta in solitudine, cadde vittima d'una delle sue crisi depressive durante una crisi coniugale e si suicidò. Dimostrando in questo modo drammatico quanto il rispetto per l'identità di genere sia essenziale per l'equilibrio interiore d'un essere umano, e quanto disastroso sia interferire con essa.
Consiglio
questo libro come strumento di grande utilità nel dibattito contro
le bufale medievali delle "sentinelle in piedi" e i deliri lisercici della
"teoria queer".
Non
c'è nulla di ideologicamente sbagliato nell'essere "semplicemente,
froci".
A
me piace pure...
(Edito originariamente su "Pride", dicembre 2014).