John Boswell, Same-sex
unions in premodern Europe, Vintage, New York 1995 [1994].
[Saggio
storico con tematiche lgbt]
Recensione di Giovanni
Dall'Orto
Una
riflessione cattolica e gay sugli affratellamenti medievali
Dopo
aver sostenuto nel suo precedente libro Cristianesimo,
tolleranza, omosessualità l'assenza di pregiudizi omofobi
nel cristianesimo prima del XII secolo, John Boswell cercò di dare
una base più solida alla sua visione esemplificando un caso concreto
in cui il cristianesimo delle origini, prima del suo presunto "imbastardimento"
tardomedievale, avrebbe a suo parere tollerato ed anzi accettato le persone
omosessuali.
Pubblicò
perciò un libro (l'ultimo prima che la sua vita, come infinite altre,
fosse troncata prematuramente dalla crisi dell'Aids) dedicato alla benedizione
simil-matrimoniale (anche se Boswell, da cattolico ortodosso, evita sistematicamente
di usare il termine "matrimonio" parlando di queste unioni) delle unioni
fra persone dello stesso sesso nel cristianesimo medievale, cioè
l'adelfopoiesis
(letteralmente: "affratellamento") a suo dire basata sull'esempio di celebri
coppie di santi cristiani, come Sergio
e Bacco.
Il grande merito di Boswell è anche qui aver esplorato e svelato
rituali di benedizione delle amicizie effettivamente praticati per molti
secoli sia (soprattutto) nella Chiesa ortodossa che in quella cattolica,
per mezzo dei quali si creava una parentela (affinitas) spirituale
tra persone dello stesso sesso.
Questo
libro ha messo a disposizione un tesoro di dati e documenti che altrimenti
sarebbe rimasto monopolio di studiosi della religiosità medievale
ben poco entusiasti di renderli pubblici e discuterne. Ciò perché,
esattamente come argomenta Boswell, questi riti richiamano in più
aspetti quelli che oggi sono per noi i riti matrimoniali.
La
somiglianza fra questi riti e il
matrimonio cattolico medievale è accresciuta dal fatto che fu solo
nel 1215 (nel quarto Concilio laterano) che la Chiesa si preoccupò
di prevedere un rito specifico per il matrimonio, fino ad allora considerato
fondamentalmente un contratto fra privati che la Chiesa era restia ad esaltare,
in quanto comportava l'esercizio del (gasp!) s.e.s.s.o. (Una traccia
di tale mentalità è rimasta nel fatto che il matrimonio è
l'unico sacramento in cui i celebranti sono gli sposi stessi, non il prete,
che si limita a benedire e ad registrate l'atto). E fu solo nel 1439, nel
Concilio
di Firenze, che fu sancito una volta per tutte che il matrimonio era
un sacramento.
Al suo
solito, il punto forte di Boswell è la ricchezza dei dati, spesso
inediti, in svariate lingue; il punto debole è l'interpretazione
che ne dà. A ben guardare, infatti, i rituali che egli descrive
sono soltanto rituali di benedizione (cosa che Boswell ovviamente nega)
che non solo non sono affatto ignoti anche oggi, ma che chi ha come me
qualche annetto ricorda di avere visto celebrare da bambino su mucche,
asini, motociclette, appartamenti, barche ed automobili. Benedire, infatti,
non significa unire, ma solo attirare la benevolenza della divinità
sull'oggetto o sulla persona benedetta.
Ovviamente
il mio esempio non è del tutto adeguato in quanto, quando si parla
di due persone, quello che è benedetto non è un oggetto fisico,
bensì una relazione, cioè un'unione, e su questo Boswell
ha ragione. Tuttavia neppure in questo caso ci troviamo in un campo ignoto,
come hanno potuto agevolmente obiettare negli anni i critici di Boswell
. Infatti le benedizioni di legami umani e la creazione di rapporti di
parentela fra persone non congiunte da legami di sangue, non sono affatto
sconosciute nella tradizione cristiana. Ad esempio, ricordo molto bene
da bambino che i miei compagni di scuola siciliani avevano un rapporto
di simil-parentela con il loro patrozzu (padrino) di battesimo,
che si comportava con loro come uno zio. E in effetti, fino a non troppo
tempo fa il padrino d'un battesimo diveniva compadre, e la madrina
diventava commadre (nel linguaggio corrente: "compare" e
"comare"), assumendosi obblighi nei confronti del bambino e diventando
per la Chiesa "parenti spirituali" per i quali valevano gli stessi tabù
dell'incesto esistenti fra i parenti carnali.
Nel medioevo (ma anche in età moderna), il comparatico
e il commaratico sono insomma forme di parentela "artificiale", create
fra due persone che decidono intenzionalmente di agire come parenti l'una
dei confronti dell'altra. In caso di morte del padre naturale, il com-padre
si impegna a mantenere il bambino da lui portato al battesimo, fino all'età
adulta. Sono concetti che nel XXI secolo in Italia sono ormai estranei
alla mentalità corrente, ma che avevano un'enorme importanza in
una società in cui si moriva giovani e con facilità, come
nel medioevo. (Chi fosse interessato al fenomeno può
fare una ricerca in Rete sui
compari e sulle commari e commarelle di San Giovanni o di
Santa Costanza, che in una buona fetta d'Italia e ancora in età
contemporanea hanno permesso la proclamazione pubblica, in chiesa, dei
rapporti d'amicizia intima fra persone dello stesso sesso. Si pensi inoltre
al rito della "fratellanza di sangue", che può essere anche laico
o celebrato con persone non cristiane).
Non
solo non stupisce quindi il fatto che esistessero rituali che sancivano
davanti alla comunità l'esistenza di rapporti di parentela acquisita,
ma al contrario stupirebbe semmai la loro assenza, vista la loro importanza
. Tuttavia tutto questo non implica nessuna volontà di offrire alle
coppie omosessuali uno spazio d'espressione del loro amore, o un riconoscimento
della loro unione, come al contrario avveniva nei matrimoni fra un "maschio"
ed un "due-spiriti" / "berdache"
praticati dagli indigeni americani.
Certo,
Boswell pone una questione interessante. Poiché la società
offriva l'occasione a coppie omosessuali di sancire il loro amore in modo
accettabile, è logico pensabile che alcune, o molte, ne abbiano
approfittato. Questo è un fenomeno che si ripete ogni qualvolta
la società lasci aperta una fessura (amor platonico, amicizia spirituale,
amor socratico, amicizia romantica...) in cui due persone dello stesso
sesso possono condividere un affetto in modo legittimo.
Purtroppo
per essere considerata storicamente attendibile quest'ipotesi avrebbe bisogno
d'essere puntellata con casi concreti ed esempi, laddove la morte di Boswell
ha posto una pietra tombale, letteralmente, sulle ricerche su questo scomodo
argomento, cosicché la sua ipotesi è rimasta fino ad oggi
come l'ha lasciata lui morendo: sospesa e non dimostrata.
Va
inoltre tenuto conto del fatto che (come peraltro Boswell sa bene e riconosce
apertamente) i confini del sentimento fra amicizia e amore erano diversi
nel passato, rispetto ai giorni nostri, e fra due amici erano permesse
manifestazioni di vero e proprio amore, che la società sapeva benissimo
essere amore, solo che a differenza di noi le considerava accettabili nell'amicizia.
Il
trucco stava qui: si trattava d'emozioni, sentimenti, moti dell'animo,
laddove la sodomia riguardava atti, azioni, gesti. Fra i due concetti esisteva
una barriera, che se vogliamo possiamo bollare come costruita a bella posta
dalla società per impedire di mettere in connessione questi due
aspetti d'una esperienza umana unitaria, ma che comunque esisteva e aveva
valore non solo per la società, ma anche per i diretti interessati.
Del resto, se mi è consentito giudicare per analogia a partire dal
modo in cui in Italia oggi la gran maggioranza degli omosessuali rifiuta
di considerarsi omosessuale (i "froci", ècome è noto, sono
sempre "gli altri"), mi permetto di dubitare del fatto che molte di queste
eventuali coppie "sposate" di cui parla Boswell, ammesso che siano esistite,
sapessero d'essere "sodomite" e tanto meno si considerassero tali.
Per
questi motivi la mia conclusione è che non è lecito parlare
d'un rituale in qualsiasi modo assimilabile al riconoscimento religioso
e sociale di una relazione di coppia omosessuale nelle cerimonie religiose
d'affratellamento, quale l'adelfopoiesis studiata da Boswell.
Peccato...
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