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"Matrimonio lesbico a Di’Gay Project"? Ma va'!

[Da "Facebook", 29 maggio 2012]

di: Giovanni Dall'Orto.
 

Manifestazione pro matrimonio gay a Milano. Foto Stefano Bolognini (WikiCommons)
 


Interessante il comunicato emesso in data 25 maggio 2012 da Di'Gay Project (dal titolo "Matrimonio lesbico a Di’Gay Project. Imma Battaglia celebrerà lo scambio delle promesse") in quanto mostra come un'ampia parte del movimento lgbt agisca ormai d'istinto (quasi col pilota automatico) per compiacere i politici (e se pensate immediatamente ad Alemanno quando io dico "Imma Battaglia" la colpa non è mia. È sua).


Imma Battaglia è da sempre - e oltre tutto, coerentemente - contraria ai matrimoni gay. Suo diritto: dieci anni fa lo ero anche io, per dire. Quindi che ci siano parti del movimento gay che la pensano oggi come la pensavo io ieri non mi scandalizza affatto: visto che ragionavo come loro, capisco i loro punti di vista.
Quel che mi scandalizza è semmai il modo scorretto in cui si cerca di deviare il discorso verso soluzioni che sono totalmente diverse da quel che il comunicato stampa in questione dichiarano d'essere.

L'idea che una semplice scrittura privata possa avere gli stessi effetti d'un matrimonio, o anche di una unione civile, è infatti semplicemente falsa. Non comprendo come una scrittura privata possa sormontare il codice civile relativamente agli eredi necessari, o alla reversibilità della pensione, o all'eventuale matrimonio (eterosessuale) di uno dei contraenti, o...
Oltre a ciò una scrittura privata, proprio in quanto privata, non ha alcun bisogno di riti o celebranti (un tempo avevamo Consoli che faceva il prete in simili occasioni, adesso abbiamo la Battaglia... e va be', si vede che l'aria del Vaticano ai romani dà queste idee). Ha bisogno semmai, per essere "autenticata", di un pubblico ufficiale, cosa che però non mi risulta Imma Battaglia sia.

Aggiungiamo ancora che se anche il pubblico ufficiale ci fosse (ma qui non c'è) un contratto privato di coppia redatto davanti a un pubblico ufficiale noi lo conosciamo più familiarmente sotto il nome popolare di "Pacs", che è un istituto rispettabile ma che è cosa del tutto diversa da un "matrimonio lesbico". Tanto è vero che alle recenti presidenziali francesi è stato promesso che in Francia sarebbe stato introdotto anche il matrimonio gay oltre al Pacs.


Insomma, qui si sta creando confusione usando a sproposito un termine per un altro, e proprio nei giorni in cui, a raffica, si sono finalmente detti favorevoli al matrimonio gay in senso stretto prima Di Pietro, poi Ferrero, poi (al solito in ritardo) Vendola, nonché Emma Bonino (e siamo già a quattro in pochi giorni).
E forse questo "qualcuno" lo sta facendo esattamente per questo: per cercare di sviare la nostra attenzione verso festicciole private ribattezzate "matrimoni lesbici" ma che matrimoni non sono affatto.

Chiariamo bene: ognuno di noi ha il diritto di celebrare cerimonie private, laiche o religiose (in Italia quelle religiose le celebrano già i valdesi e i veterocattolici) per sé e per i propri amici.
L'importante è avere ben chiaro in mente che si tratta solo di questo: cerimonie private, e non "matrimoni".

Come se non bastasse ancora, c'è il fatto che l'idea di aggirare in qualche modo il (deliberato) vuoto legislativo facendo ricorso a scappatoie o usi creativi delle norme esistenti, è stato sin dal 1981 il cavallo di battaglia di Doriano Galli (non a caso anch'egli romano), che nel 2005 si è però infine scontrato con un rifiuto da parte d'un ufficiale di Stato civile di registrare l'atto notorio.
In altre parole, la strada oggi "inventata" da Di'Gay Project non solo è stata già tentata sin dal lontano 1981, ma si è già rivelata un vicolo cieco.

Sfugge quindi a chi giovi la riproposizione d'una falsa pista come questa, quasi fosse un'alternativa alle battaglie che stiamo conducendo per il matrimonio gay.
O meglio, sfugge se si escludono i politici, che se riuscissero ad evitare con un escamotage come questo di discutere del "perché sì" e "perché no" ai matrimoni gay sarebbero solo felici.


Per concludere noto la riga finale: una delle "matrimoniate" non è "dichiarata", quindi la si potrà riprendere solo di spalle.
Ebbene: se questo fosse un matrimonio vero, andrebbe puntualizzato che un matrimonio è un atto pubblico, tanto che necessita della PUBBLICAZIONE nell'Albo del Comune per essere in regola con la Legge.
Quindi sarebbe assurdo per noi batterci per ottenere un atto pubblico comportandoci poi in modi che spingono a pensare che non siamo pronti a viverlo in quanto atto pubblico.
Tuttavia questo non è un matrimonio, quindi almeno su questo non ho altro da eccepire.


Resta solo da capire perché o per chi si sia voluto, con questo comunicato, dichiarare che si tratta d'un matrimonio.
Ma basta chiedere "cui prodest" per capire tutto. Al solito.


Tratto da: Facebook
 
 
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