Notizie dal fronte (buon Natale... se ci riuscite).
[Da Facebook, 21/12/2016]
di:
Giovanni Dall'Orto.
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(Il mio
regalo di Natale: un po’ di link a notizie che fanno pensare, e che
quindi sui giornali non troverete. Se a Natale siamo tutti più buoni,
chiediamoci come contribuire a fare finire le guerre a cui il nostro
governo partecipa IN NOME NOSTRO, senza neppure preoccuparsi di
dircelo).
La polizia egiziana, comunica il quotidiano inglese anti-Assad “The independent”,
ha arrestato cinque persone per avere girato un video sul sito
(egiziano) della demolizione d’un edificio per mostrare una bambina “di
Aleppo” estratta dalle macerie dagli eroici soccorritori anti-Assad,
coperta di liquido rosso che simulava il sangue, dopo un disastroso
bombardamento indiscriminato del “regime di Assad”.
Quel che non dice il pezzo ma che è implicito è che chi ha girato quei
video è certamente un sostenitore dei terroristi islamici, come minimo
dei “Fratelli Mussulmani”, verso le cui attività il regime militare
egiziano è tutto fuorché che tenero. Ciò spiega tanta insolita passione
per la verità dell’informazione e la battaglia contro le “fake news” da
parte d’un regime militare che la verità nell’informazione a casa
propria la combatte con tutti mezzi. Ma siamo in guerra, e la verità
dell’informazione è solo una fra le molteplici vittime delle logiche
della guerra, anche se è “la prima vittima di qualsiasi guerra”.
Siamo reduci da due attentati islamisti, quello di Berlino col camion e quello turco con l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara da parte d’un poliziotto turco delle forze speciali (prontamente, ma falsamente, qualificato come “ex poliziotto”), oltre alla sparatoria nella moschea di Zurigo
di cui nel momento in cui scrivo non è chiaro chi sia l’autore (che
potrebbe essere un neonazista, ma anche no). E questo sono solo gli
ultimi attentati d’una catena organizzata da individui che per cinque e
più anni sono stati addestrati, armati, protetti e coperti da quegli
stessi Stati occidentali che sotto George Bush avevano dichiarato la
farlocca “Guerra al terrorismo”.
Che come tutte le guerre, non viene combattuta per i motivi dichiarati ma per ben altri motivi, fra i quali non è ultimo è il controllo dei flussi di petrolio dal Medio Oriente.
Il che spiega, a chi abbia un animo un po’ meno credulone degli altri,
perché da quindici anni quell’area sia costantemente in guerra.
Si deve decidere se costruire un gasdotto che vada dal Qatar (che
condivide con l’Iran i più grandi giacimenti di gas del mondo) e
l’Arabia saudita, attraverso l’Iraq (già occupato dagli Usa) e la
Siria, fino alla Turchia e al mercato europeo, oppure se favorire, come
aveva deciso di fare Assad pochi giorni prima che per una strana
coincidenza scoppiasse la rivolta armata, un gasdotto/oleodotto che
dall’Iran attraversasse l’Iraq sciita e la Siria. Duecentocinquantamila siriani sono morti per decidere quali compagnie petrolifere debbano guadagnare dai nostri acquisti di gas [il riassunto in italiano dell’articolo di Robert Kennedy jr citato nel link è qui] ed altre ancora moriranno.
Del resto, il sostegno militare iraniano ad Assad si spiega esattamente
con la stessa logica, ma rovesciata: ovviamente l’Iran combatte per il proprio oleodotto,
anche se per non perdere troppe vite iraniane paga povericristi sciiti
afghani perché combattano “per procura” una guerra che non è la loro.
Nella società in cui il denaro vale più della vita umana, ovviamente il petrolio vale di più del sangue.
Ieri l’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite ha letto l’elenco dei militari di nazioni straniere
(quasi tutti sauditi, e qui ci siamo, un qatariota, ed anche qui ci
siamo, ma anche un inglese, un israeliano, e un americano, guarda tu il
caso) intrappolati fino a ieri nell’ultima ridotta di al Qaeda ad
Aleppo. Cosa che, ha aggiunto, spiega la frenesia “isterica” del
Consiglio di sicurezza dell’Onu nell’esigere di supervisionare (come ha ottenuto di poter fare) lo sgombero dei jihadisti che si sono arresi, e la loro deportazione nelle aree che ancora controllano.
Curiosamente però, questa ricostruzione degli eventi, che scarica il
grosso della colpa sui sauditi, è un tantino selettiva, almeno se
corrispondono al vero le voci sulla sessantina di militari turchi e la ventina di militari statunitensi rilasciati alla chetichella dai siriani, in contrasto con l’intransigente posa propagandistica di Assad del “nessun accordo coi perfidi nemici, giammai”. La propaganda è sempre e solo uno schermo di nebbia, e questo vale per entrambe le parti in guerra.
Ciononostante
colpisce la sollecitudine con cui il Consiglio di Sicurezza dell’Onu
(che non è “l’Onu”, come hanno scritto i giornali, è solo il club delle
potenze che hanno vinto la seconda guerra mondiale) ha ritenuto di
avere il dovere nonché il diritto di proteggere i combattenti di al
Qaeda. Stranamente non aveva mai dimostrato pari interesse nei
confronti dei civili siriani, in particolare quelli della sacca in cui
un gruppo della minoranza religiosa sciita siriana è assediato da anni
dai fanatici islamisti sunniti, ad al Fu’ah.
Assad ha preteso di poter scambiare bambini e feriti della sacca con i
combattenti di al Qaeda liberati, l’accordo è stato concluso, peccato
che i soliti estremisti degli estremisti moderatamente moderati abbiano
bruciato i bus mandati a prenderli, ed abbiano ucciso i guidatori,
in un palese tentativo (fortunatamente mandato a monte dai turchi, che
hanno alzato la voce con le milizie da loro protette) di far saltare in
aria l’accordo già concluso.
Piuttosto che permettere agli eretici sciiti di farla franca, gli
estremisti degli estremisti moderatamente moderati avrebbero preferito
che i loro compagni intrappolati ad Aleppo fossero massacrati. Se non
chiamate “folli fanatici” costoro, non so chi definiate con tale nome.
[Nota: in realtà la mossa potrebbe essere stata semplicemente ispirata dalla Cia per alzare il prezzo
nella trattativa per “estrarre” i suoi operativi da Aleppo, ma
preferire questa versione richiede un tasso di complottismo troppo
elevato per me: in base al rasoio di Occam l’accaduto si spiega già a
sufficienza col fanatismo religioso. Che qualcuno finisca sempre per
manipolare per i suoi fini la profonda ottusità dei fanatici è un dato
di fatto, per carità, tuttavia la la visione d’un mondo in cui tutto è “colpa” o della Cia o di Putin mi pare, come dire, lievemente semplicistica.].
Eppure gli autori di questi atti di terrorismo sono coloro che noi stiamo difendendo, e dico “noi” perché la Nato è dietro a questa guerra per procura, ed anche noi italiani non solo abbiamo truppe in Iraq, ma partecipiamo all’embargo contro la popolazione siriana.
Una deputata
statunitense, Tulsi Gabbard, ex militare (e che quindi sa cosa
significhi la guerra, a differenza dei guerrafondai da tastiera che
hanno tutti, tutti, tutti evitato il servizio militare e soprattutto il servizio al fronte), ha presentato una proposta di legge dal titolo significativo: “Cessazione del finanziamento del terrorismo”, notando che il governo statunitense è implicato
in attività che, in base alla legge statunitense, costerebbero la
galera a qualsiasi cittadino che si azzardasse a ripeterle.
Gabbard chiede “solo” che al governo statunitense non sia consentito
agire in violazione delle leggi statunitensi allo scopo di favorire il
terrorismo islamico.
Perché è un dato di fatto che una parte dell’elite politica americana (il cosiddetto deep state), utilizza da decenni il terrorismo islamico come strumento per la propria politica, ossia fin dai tempi in cui finanziava i mujaeddin islamisti per combattere i sovietici (salvo poi invadere a sua volta l’Afghanistan per punire i talebani, gli islamisti succeduti ai mujaeddin, per il presunto supporto dato ad al Qaeda nell’attentato dell’11 settembre). E prima di loro lo avevano fatto gli inglesi, fin dai primi decenni del XX secolo: il potere adora i fanatici religiosi.
Nel momento in cui proclama la guerra al terrorismo, una parte della
società americana (che ha la sua punta di diamante nella Cia, che ormai
è accusata di essere “completamente fuori controllo”
e di non rispondere più a nessuna autorità politica) considera
strumenti del proprio gioco i terroristi islamici, giudicando un
semplice “danno collaterale” le schegge delle loro esplosioni che
partite (fra la nostra indifferenza generale) da Baghdad, Damasco o
Ankara ieri sono arrivate fino a Parigi, Nizza, Bruxelles o Berlino
oggi, e sono destinate ad arrivare a Milano, Roma e Napoli, domani.
Questa è la guerra, cosa ci si vuole fare, i “danni collaterali” (che
sarebbero quelli inflitti a noi) vengono messi in conto fin
dall’inizio... no?
Gli oleodotti attraverso la Siria vengono prima di qualsiasi considerazione, e non solo quelli in Siria: la morte di Tullio Regeni in Egitto è avvenuta il giorno prima della visita del nostro ministro degli esteri per la firma relativa allo sfruttamento dell’enorme giacimento che l’Eni ha scoperto di fronte alle coste egiziane. Il ministro non ha potuto fare altro che tornare a casa a mani vuote per protestare, e a tutt’oggi il contratto non è stato firmato. Coloro che fecero fuori Enrico Mattei non si fermano certo di fronte a un povero studentello senza potere, forse solo ingenuo ma forse anche informatore dell’M16 inglese, o forse nessuna delle due cose, ma comunque incastrato, in un gioco troppo grande per lui, dalla sua università. La quale a tutt’oggi ha rifiutato qualsiasi collaborazione con le autorità inquirenti, segno del fatto che la coscienza pulitissima non ce l’ha.
Ecco, queste sono le notizie che s’intravedono a lampi nella fitta nebbia di propaganda di guerra in cui l’intero establishment dell’informazione e della politica ci ha immersi. Siamo in guerra (in Siria agiscono gli eserciti di 14 nazioni, perfino il papa ha parlato di Terza guerra mondiale già iniziata e combattuta “a pezzi”: un pezzo in Siria, uno in Ucraina...), ma nessuno vuole che se ne parli in questi termini. Sono solo “guerre civili”, nient’altro.
Ma se davvero lo fossero, non si capirebbe per quale ragioni abbiamo
innescato un embargo contro il popolo siriano, che non ci ha mai fatto
nulla, e questo includa le esportazioni di medicinali o di cibo. La
notizia della fornitura da parte di Cuba d’una partita di vaccini pentavalenti contro
la meningite è passata inosservata, perché per spiegare come mai sia
stata necessaria questa bizzarra mossa si sarebbe dovuto spiegare ai
lettori italiani, che non lo sanno, che il nostro governo impedisce di
vendere medicine ai celebri “bambini siriani” per i quali piangono ogni
sera i telegiornalisti grazie ai filmati girati... in Egitto.
O nel Regno Unito, stato nel quale era registrato l’account twitter della celebre Bana, “la bambina di sette anni che ha commosso il mondo”
coi sui tweets in perfetto inglese spediti da una città priva di
connessione internet e di elettricità (e da una bambina che l’inglese
non lo parla).
A quanto pare fra i
milioni di bambini vittime di questa guerra ci è lecito interessarsi
solo quelli che nessuno ha mai toccato, o che non esistono. Delle scuole bombardate dai “ribelli moderatamente moderati”, invece, nessuno ha sentito parlare, in Italia: i nostri giornalisti erano troppo occupati a parlare per la dodicesima volta in sei mesi della distruzione dell’“ultimo ospedale di Aleppo”,
mai avvenuta.
In questo modo la propaganda spudorata prende il posto del reportage,
del racconto dei fatti, che non hanno più diritto di cittadinanza nel
mondo dell’informazione, complice
anche la liquidazione fisica dei giornalisti, sostituiti dagli uffici
di propaganda e disinformazione degli eserciti in campo. Siamo oltre all’embedment dei giornalismi, siamo alla loro eliminazione pura e semplice.
Tutto questo è finalizzata a mobilitarci nella guerra che in teoria non
è in corso, e senza che che ne rendiamo neppure conto. Rendendoci
complici nei fatti di quelle atrocità per cui nella teoria
raccapricciamo.
Siamo in guerra e
nessuno ce lo dice, visto che per dircelo dovrebbero spiegarci perché.
Perché non lo stiamo neppure facendo per i nostri interessi, il che non
sarebbe certo più morale, ma se non altro sarebbe almeno più
comprensibile.
L’aviazione italiana ha bombardato per mesi la Libia senza che gli italiani lo sapessero lasciandola infine in mano alle milizie islamiche (in primis al Qaeda)
solo perché poi le compagnie petrolifere inglesi e francesi potessero
lanciarsi all’arrembaggio per scippare i contratti all’Eni, e qui non
occorre essere pacifisti come me per trovarlo demenziale, basta essere almeno logici...
Certo, quando
si è schiavi della logica di fare qualsiasi cosa chieda il grande
capitale senza neppure chiedersi il motivo, anche essere abili politici
come frau Merkel
non serve più a nulla: fai entrare un milione di stranieri per poter
abbassare i salari degli operai tedeschi, e solo troppo tardi ti
accorgi che questo ti costerà le prossime elezioni, e non perché fra
loro si può nascondere anche qualche terrorista (ci sono ben altri modi
per passare una frontiera...), ma molto più banalmente perché gli
operai tedeschi votano, mentre il milione che hai fatto entrare, no.
Come ci ripetevano le nostre nonne, “I mulini della storia macinano
lentamente”, è vero, però “I fatti sono testardi”. Molto testardi.