Gran bella cosa la libertà...
[Pezzo rifiutato dal bollettino "Cassero", febbraio-marzo 2005]
di: Giovanni Dall'Orto
Con una nota sul motivo per cui questo pezzo è stato censurato.
E
così quest'anno sono sessanta. Sessant'anni dalla Liberazione, sessant'anni
di democrazia, più o meno sofferta, ma certo migliore di quanto
c'era "prima".
Il
25 aprile 1945 ci siamo liberati dalla dittatura, e abbiamo inaugurato
le duramente conquistata, e ampiamente meritata, libertà.
Certo,
se chiedessimo ai polacchi, o ai bulgari, se il 1945 abbia davvero sancito
o meno l'inizio della libertà, forse potremmo ottenere qualche rispostina
un pochino discordante.
E
se lo chiedessimo ai vietnamiti, o agli algerini, o ai kenioti, scopriremmo
che per loro il 1945 non è affatto la data dell'ottenimento della
libertà, bensì quella dell'inizio della battaglia
per ottenerla, combattendo contro quei "liberati" che la libertà
non avevano la minima intenzione di darla agli altri.
E
anche contro i "liberatori" che non intendevano che la libertà si
estendesse oltre al minimo indispensabile che faceva comodo a loro...
Ma che importa? La libertà è lo stesso una gran bella cosa. Tutti la vogliono, e tutti ce la offrono. C'è chi mette in piedi anche un'apposita Casa della libertà, per meglio distribuirla al Paese. In modo che ciascuno di noi che possieda sei reti televisive abbia la massima libertà di dire quello che vuole, per esempio. Che bello...
"Libertà":
nessun'altra parola ha mai puntellato quanto questa tirannie e dittature...
In
nome della libertà si approvano leggi "patriottiche" per impedire
di parlare contro il punto di vista dei difensori della libertà
di parola.
In
nome della libertà si aggrediscono nazioni, le si occupano armi
alla mano, e le si costringe ad essere libere di scegliere di essere libere...
In
nome della libertà Israele può tenere cinque milioni di persone
prive di ogni diritto civile, e di assassinare per la strada in modo "mirato"
e senza processo chiunque ritenga opportuno... e
tutto questo perché? Ma perché "è il solo Paese libero
di tutto il Medio Oriente", ovviamente... Infatti i palestinesi possono
anche protestare liberamente, se vogliono... Che protestino, che protestino.
Sono liberissimi di farlo: e chi lo nega? O libertà!
In
nome della libertà noi gay veniamo ammoniti a non chiedere le unioni
civili perché noi, ultimo baluardo della libertà della libera
unione, non dobbiamo rinunciarvi, dando il cattivo esempio... Lo ha scritto
Ida Dominijanni sul "Manifesto".
Io
ho liberamente scritto per comunicare il mio dissenso, dicendo che prima
ci si dia la possibilità di scegliere liberamente se essere anche
noi (proprio come i nostri concittadini eterosessuali) liberi da sanzioni
legali oppure no, poi ne avremmo riparlato... e il "Manifesto" ha liberamente
scelto di censurare la mia lettera... Gran bella cosa la libertà
di parola. Per Ida Dominijanni, ovviamente.
Anche
noi gay, oggi, siamo liberi. Liberi di frequentare locali gay, per esempio.
Che potremmo chiedere di più?
Siamo
liberi di vivere da velati sei giorni alla settimana e poi sfogarci
nel week-end.
Pronti a tornare ai successivi cinque giorni di velataggine e doppia vita
e menzogne e paura.
Detta
così, non è una gran bella cosa, però qualcuno ci
obbliga forse a farlo? No, nessuno ci obbliga. Eppure la gran parte di
noi lo fa. Lo sceglie. Liberamente.
O
libertà!
Siamo
liberi. Talmente liberi da poter scegliere di fregarcene di quelle cretine
esaltate del movimento gay, che più che esagitarsi non fanno, dando
una pessima immagine della categoria con quei Pride lì pieni di
transessuali che si pigliano la libertà di andare in giro vestiti
da trans, no, dico, da trans veri e propri!
(Salvo
accorgerci troppo tardi, se ci aggrediscono o ci licenziano o ci discriminano,
che le esagitate avevano ragione...).
Tutto questo perché siamo anche liberi, se vogliamo, di rifiutarci di capire che la libertà non è un diritto ottenuto una volta per tutte, ma una conquista che va ripetuta anno per anno, volta per volta, scelta per scelta.
Perché la libertà, o ce la si merita, o è solo una vuota parola propagandistica, che accompagna e avvolge gli atti dei tiranni.
Nota. Perché questo pezzo è stato censurato? [6/3/2005]
Questo pezzo m'era stato commissionato per essere pubblicato, assieme a molti altri (che sono effettivamente apparsi) che celebrano i sessant'anni della Liberazione, sul giornalino del circolo Arcigay "il Cassero" di Bologna.
A chi me
lo commissionava prevedevo che difficilmente sarebbe stato pubblicato,
e la previsione s'è avverata. Non ci si aspetta infatti che chi
scrive un pezzo per celebrare la Liberazione ricordi che essa è
pur nata da un'ingiustizia assoluta, quale è la guerra.
Chi ha
combattuto la lotta di Liberazione lo sapeva, ed ha riempito l'Italia
di moniti sulla mostruosità della guerra e ha addirittura scolpito
nella Costituzione italiana l'esplicito ripudio di quel Male
Assoluto che è la guerra come "metodo di risoluzione delle
controversie internazionali".
Ma oggi
coloro che si ammantano nel drappo della Liberazione non amano che si rivanghi
tale scomoda coscienza. O la Liberazione è un bene fast-food
(cioè comodo, veloce da usare e poi far sparire, e a basso prezzo,
anche a costo d'essere di bassa qualità e gusto), oppure non serve
agli scopi a cui la si vuole piegare.
Il mio pezzo
- ne ero e sono vivamente cosciente - non era fatto per piacere agli stalinisti
duri e puri con la loro retorica della Grande Guerra Patriottica del Compagno
Stalin, né ai diessini dalemiani e fassiniani che
hanno provveduto all'invio di truppe italiane in Kossovo e in Afganistan
durante il governo di centro-"sinistra", ai rutelliani assortiti che
considerano follia rinsavire dalla follia
della guerra d'aggressione in Iraq, e in genere a chi considera le
guerre un bene, come tutti coloro che aderiscono alla sedicente Casa delle
cosiddette libertà. Cioè, in sintesi, non era fatto per piacere
alla schiacciante maggioranza dei redattori del bollettino...
Il pezzo era fatto per piacere a coloro che considerano la libertà un valore importante e da difendere sempre, anche quando a minacciarla è il "fuoco amico". E che considerano la dignità umana un valore non rinunciabile, neppure quando essa appartiene al "nemico" (perché, una volta scoppiata la guerra, i nemici ci sono... e sparano pure).
Sono contento
di vedere che, passando gli anni, inevitabilmente invecchio, ma non perdo
la mia nota abilità nel farmi censurare. Anzi, nel 2005 festeggio
anch'io un anniversario: il ventennale della mia prima censura da parte
di questo stesso Cassero.
La prima
volta che fui censurato era infatti il 1985, e mi si chiese un volantino
informativo su una nuova e preoccupante malattia, l'A.I.D.S., dato
che avevo appena pubblicato un libro su quel tema, un paio di mesi prima.
Nel volantino
scrissi allora, in base a quel che sapevo, che l'Aids era un pericolo serio,
da non sottovalutare, per cui nell'attività sessuale era opportuno
usare un preservativo o, se proprio non si voleva farlo (i preservativi
nel 1985 erano una cosa marziana, per i gay!), che almeno si riducesse
il numero di partner. Apriti cielo. Fui tacciato di moralismo cattolico,
d'inimicizia verso la libertà sessuale, di attentato allo stile
di vita conquistato tanto duramente dalla comunità gay, di...
Da me ci
si aspettava un volantino che dicesse di non preoccuparsi, che la situazione
era sotto controllo, che l'Aids era largamente una invenzione propogandistica
dei massmedia omofobi e sessuofobi...
Ma io non
lo scrissi.
E quel volantino
non fu mai stampato.
La censura,
quando non ci si è ancora abituati (cioè le prime volte)
fa male, specie se si sa di aver lavorato per dire la verità (qualunque
cosa essa sia) nel modo più accurato e fedele (tant'è
che alcuni di coloro che osteggiarono il volantino, nel frattempo, sono
morti di Aids...).
Oggi, invece,
la cosa mi diverte molto.
Mi spiace
per la persona che m'ha commissionato l'articolo, dato che l'ho vista imbarazzata
per il comportamento dei suoi colleghi.
Lui però
non ha nessuna colpa.
E in fondo
in fondo neanche coloro che hanno rifiutato l'articoletto ne hanno, da
un certo punto di vista: se avessi avuto in ballo gli interessi economici
e gli inciuci politici che hanno in ballo loro, e se fossi stato come loro
più preoccupato di inseguire finanziamenti e carriere politiche
che di ricercare la verità, avrei agito anche io come loro,
ed avrei anche io cassato il pezzo. Magari mormorando anche
io come loro che all'ultimo momento era venuto a mancare spazio per cui
proprio non ero riuscito, pur volendolo, a pubblicare il mio bellissssimo
pezzo.
Fortunatamente, però, non ho carriere da inseguire (voglio solo fare il giornalista, cioè uno che racconta quello che vede attorno a sé) ed ho vissuto abbastanza a lungo da vedermi censurare nel 1985, nel 2005, ed ora conto, se la sorte me lo permetterà, di essere ancora in giro a farmi censurare nel 2025 e chissà, nel 2045...
Perché
chi pensa di poter combattere per i diritti umani e le libertà e
poi sentirsi pure dire "bravo", o "grazie", e magari pubblicare in prima
pagina, sbaglia di grosso.
Ma a fare
i lodatori e i portatori d'acqua dei tiranni sono capaci tutti.
Sotto con la prossima censura, allora...
G. Dall'Orto
Inedito. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.
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