La morale non riguarda il sesso
[Da "Pride" n. 29, novembre 2001]
di:
Giovanni Dall'Orto.
Cosa
ce ne facciamo di una morale che oramai non ci guida più in nulla?
Una morale che cambia a secondo delle convenienze? Che nessuno di noi è
più in grado di spiegare? Siete in grado spiegare perché
è morale che gli israeliani facciano saltare in aria le case dei
palestinesi e immorale che i palestinesi facciano saltare in aria le case
degli israeliani? Sapete spiegare perché è morale che gli
americani bombardino gli iracheni, e immorale che gli iracheni (forse)
bombardino gli americani? Perché era ingiusta l'invasione del Kuwait
da parte dell'Iraq, ma giusta quella della Cisgiordania da parte di Israele
o quella di Cipro del Nord da parte della Turchia? Perché i curdi
che combattono l'Iraq per l'indipendenza sono patrioti degni dell'appoggio
militare dell'Occidente ma, varcato il confine con la Turchia, sono terroristi
che meritano la pena di morte (ve lo ricordate voi, Ochalan)? Perché
gli integralisti islamici ceceni sono patrioti che lottano contro l'occupazione
russa (anche mettendo bombe a Mosca), e i gli integralisti islamici sauditi
(come Bin Laden) sono invece terroristi? Perché è "umanitario"
che la Nato tenga truppe in Kossovo per permettere alla minoranza albanese
l'indipendenza ed eventualmente l'unione a un altro Stato (l'Albania),
e al tempo stesso tenga truppe in Bosnia per impedire alla minoranza serba
l'indipendenza ed eventualmente l'unione ad un altro Stato (la Serbia)?
Perché secondo Panebianco sul "Corriere della Sera" è un
"complice" di Bin Laden chiunque critichi i governi che hanno costruito
questo mondo, ma non sono affatto "complici" quegli stessi governi che
hanno costruito Bin laden stesso, finanziandolo e addestrandolo?
Riuscite
voi a spiegare il senso di questo modo di ragionare? Riuscite a trovare
un principio che ci dica cosa sia giusto e cosa sbagliato?
Io
no, con quei criteri incoerenti: come può la morale dire una cosa
o il suo esatto opposto? No: la morale ha bisogno di princìpi certi.
Che valgano per tutti e sempre. Al limite princìpi da contestare
aspramente (nessuna morale ha valore assoluto) e da cambiare, ma che almeno
valgano per ogni essere umano che si trovi nella situazione considerata,
indipendentemente da religione, sesso, razza, status, ricchezza… tendenza
sessuale… eccetera. E soprattutto indipendentemente dal fatto che stia
da una parte o dall’altra della barricata.
Se
la morale è (secondo la definizione sbrigativa di un dizionario)
la "ricerca del sommo bene", può esistere una morale che
nella parola "sommo" non include l'80% dell'umanità? La risposta
è "no"… eppure questa è esattamente la morale in cui e di
cui stiamo vivendo.
Ecco
perché parlare di "fallimento della morale" ha un senso. Perché
è una morale che non si preoccupa di ricercare il "sommo bene" ma
solo quello dei privilegiati, dei ricchi sempre più ricchi,
dei potenti sempre più potenti. È un'oscena caricatura di
morale, eppure è difesa da legioni di filosofi e di moralisti al
soldo dei potenti. È la morale di Pat Robertson, di Osama Bin Laden
(che è un miliardario e un uomo d'affari, proprio come Bush e Berlusconi)
e anche dei Baget Bozzo e dei Panebianco. Ma (per quel che conta!) non
è la mia.
Esiste
una frase che riassume tutta la Torah ebraica: "La Torah è: "Non
fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te". Tutto il resto
è commento". Non sono ebreo, ma a una legge come questa mi sottometto
volentieri.
Eppure
attorno a me ho persone (ebrei inclusi) che non considerano la morale come
uno strumento nella "ricerca del sommo bene", ma al contrario la considerano
come un fine in se stesso. Secondo la mia morale, il matrimonio fra omosessuali
non nuoce a nessun essere umano ma anzi contribuisce ad accrescere la felicità
nel mondo, quindi non può essere immorale, anzi è un bene.
Purtroppo secondo un certo modo di pensare, per esempio quello cristiano
o islamico, il matrimonio gay non nuoce sì a nessuno, però
infrange la morale imposta da Dio, "quindi" è immorale.
Ecco
qui una morale fine a se stessa, che non ricerca il "sommo bene",
ma si sostituisce al sommo bene. E in questo modo può tranquillamente
farsi strumento del sommo male, della somma sofferenza, della somma infelicità.
Tutto quello che fai in nome di quella morale è bene, perché
questa morale non è ricerca del bene ma è il bene.
Quindi puoi fare saltare in aria le twin towers… perché tanto
è "a fin di bene".
Lo
"scontro fra civiltà" che ci viene propinato in questi giorni
dai mass-media e dal nostro presidente del Consiglio (con la sua "cultura"
- absit iniuria verbis - da venditore di patacche) l'alternativa
presentata è fra Cristianesimo e Islam. Dal mio punto di vista di
omosessuale non capisco in cosa consisterebbe l'alternativa. Sia di qua
sia di là trovo culture intolleranti, ferocemente omofobe,
sessuofobe, maschiliste, gerarchiche, ingiuste… dove sarebbe l'alternativa?
Se
Bin Laden mi mettesse le mani addosso mi assassinerebbe immediatamente
per punire la mia "immoralità". Ma lo stesso farebbero i "crociati
di Cristo" che hanno messo la bomba in un pub gay di Londra, che uccidono
i medici abortisti negli Usa e che mandano minacce di morte ai gay di Verona…
(e viceversa: così come molti cristiani non mi vogliono morto, con
molti islamici potrei farci l'amore, altro che la guerra).
Il
"nuovo scontro" fra Cristianesimo e Islam non è uno scontro fra
Cristianesimo e Islam e soprattutto non è nuovo. È il vecchio,
eterno scontro tra pensiero razionale e illuminista e pensiero fanatico-religioso
e totalitario, e si svolge in entrambi i campi: quello cristiano e quello
islamico.
L'importante
è capire che quella tra un fanatismo e un altro non è
una scelta. I nostri alleati naturali nella lotta contro Bin Laden
e quelli come lui (fascisti nostrani inclusi) non sono i cristiani: basti
pensare che fino al 10 settembre il più grave attentato terroristico
della storia statunitense era quello di Oklahoma, opera di un "crociato"
cristiano legato alla destra.
I
nostri alleati sono i popoli che più hanno sofferto per mano del
clericalismo islamico, e questi popoli sono i popoli islamici.
Le 6.000 vittime di New York impallidiscono a fronte delle 150.000 vittime,
sgozzate ad una ad una, nella sola Algeria. Vittime colpevoli di volere
una società più "laica", che dall'Occidente non hanno mai
avuto il minimo aiuto, e i cui fratelli oggi rischiano di essere bombardati
per "punirli" di essere nati in paesi islamici.
L'Occidente,
con la sua morale fallimentare, non ha avuto nulla da ridire contro il
fatto che le donne afgane siano state idotte a bestie, come non trova nulla
da ridire sul fatto che in Arabia Saudita esista la pena di morte per l'omosessualità
(qualcuno l’ha forse inserita in questi giorni nei molti elenchi delle
barbarie islamiche? Neanche per sogno!).
Gli
arabi, è noto, non meritano la democrazia: ce lo ha spiegato anche
Berlusconi. Forse è per questo che l'Occidente in Oriente preferisce
trattare con regimi dittatoriali e allevarli.
Non
è tempo di accorgersi del fatto che i nostri governi hanno sempre
appoggiato i nostri nemici e combattuto i soli amici che possiamo avere
dall'altra parte, cioè coloro che da noi si aspettavano un aiuto
per maggiore giustizia, maggiore equità, maggiore libertà
(anche sessuale, ma non solo)? Non sono questi i valori che noi, "mondo
libero" per antonomasia, predichiamo al mondo? Quei valori per i quali
Berlusconi sta predicando la Crociata?
Ebbene,
chi nei Paesi islamici ha creduto in questi valori negli scorsi decenni
è stato amaramente deluso: erano vuote parole senza nessun fatto
(anzi, se fatti c'erano, andavano contro queste parole). È per
questo che il clericalismo islamico ha cominciato a diventare un'alternativa
attraente. L'Occidente predica valori in cui non crede: perché
dovrebbero crederci gli altri?
Per
dirla con una frase che - sia chiaro – è solo uno slogan usa-e-getta,
la guerra è fra chi vuole i roghi dei libri e chi vi si oppone.
O, per essere più precisi, la guerra è fra chi si richiama
ai valori dell'Illuminismo e ai diritti dell'Uomo e a chi non sa cosa farsene.
E
qui i campi si fanno sfuggenti, attraversano diagonalmente cristianità
e Islam, oriente e occidente, destra e sinistra, credenti e atei. Il mussulmano
Salman Rushdie sta dalla nostra parte, gli integralisti cattolici che ne
hanno giustificato la condanna a morte ("se l'è voluta lui") stanno
contro di noi, assieme agli ayatollah e agli ulema mussulmani. Hamas, Shamir,
Bin Laden e i terroristi ebrei che hanno assassinato Rabin (come ci ha
ricordato Zvi Schuldiner, “il primo terrorista suicida nei Territori
occupati, nel 1994 si chiamava Baruch Goldstein, assassinò 29 palestinesi,
era ebreo e morì "per la causa", cioè evitare "le tragiche
conseguenze degli accordi di Oslo che porteranno a una tragica ritirata
israeliana dai Territori occupati". Goldstein e i suoi simili erano ideologicamente
connessi ai gruppi di Cahana”.) stanno tutti dalla stessa parte, non
su campi opposti.
L'unica
cosa davvero universale che l'Occidente ha dato al mondo è la dichiarazione
dei Diritti dell'Uomo. Imperfetta, decisamente emendabile (la tendenza
sessuale, per dirne una, come anche il diritto a un salario equo,
non vi è compresa), ma universale, perché il principio è
che essa si applica a chiunque sia un essere umano, indipendentemente dai
mille "distinguo" che valgono per ogni altra ideologia. È universale
come non sono invece tutti gli altri frutti dell'Occidente: cristianesimo,
capitalismo, liberismo, comunismo, ecologismo, antiglobalismo...
È
quanto di più vicino alla morale, alla ricerca universale - appunto
- della felicità, l'Occidente abbia saputo produrre. Eppure,
negli ultimi dieci anni questo frutto della nostra civiltà è
stato sempre più ridotto a una sequenza di patetiche e vuote parolone,
tali che nessun politico "serio" si dovrebbe mai preoccupare di applicarle.
La politica ha proclamato come non mai il proprio diritto a lasciare da
parte qualunque considerazione morale sostituendovi la "cura dei propri
interessi" ("Alla fine la Casa Bianca è stata costretta a chiarire
la questione. La politica statunitense, ha spiegato, è "eliminare"
il terrorismo in tutto il mondo, ma solo "quando minaccia gli Stati Uniti"."Los
Angeles Times", citato dall'"Internazionale" del 5/11 ottobre).
La
politica serve solo a fare gli interessi economici, non a perseguire "utopicamente"
o scioccamente un qualunque tentativo di parlare di giustizia, anche se
ciò dovesse giustificare il cinismo più repellente e perfino
controproducente.
Tutto
questo ha funzionato benissimo, per carità. Ma solo fino all'11
settembre. Dopo, il mondo con i suoi diritti umani conculcati e i tentativi
di conculcarli ancora di più, ha rifatto capolino.
Mentre
scrivo queste righe so che i pochi che leggeranno (non si prende “Pride”
per leggere di politica, e così sia) proveranno fastidio all'idea
che, con quel che sta succedendo nel mondo, uno debba anche a stare a badare
ai froci afgani. Ma il punto è proprio qui. "Fallimento morale"
è non essersi resi conto del fatto che cancellare dalla storia e
dalla vita metà della popolazione afgana (le donne) non ci ha fin
qui minimamente preoccupati. E continuerebbe a non preoccuparci affatto,
se non fossero saltati in aria due grattacieli con dentro gli occupanti.
Sarebbe
questa, la "superiorità morale" dell'Occidente? Sarebbe questa la
morale che ci darebbe la certezza di vivere in una società più
giusta di quella dei talebani?
È
una domanda retorica, ovviamente.
PS.
Le crociate sono durate 196 anni e si sono concluse con un vincitore
e un vinto: i mussulmani hanno vinto, i cristiani hanno perso.
Come
precedente a cui ispirarci, non mi pare decisamente granché.
PS Sul terrorismo consiglio l'ottimo sito israeliano, ricco di dati che non troverete altrove: http://www.ict.org.il/
BOX
- Osama bin Falwell
Di:
Lily Ayo
È
l'11 settembre: il mondo è sconvolto dalla tragedia che ha colpito
New York e si stringe attorno alle vittime. In questo silenzio irreale
una voce risuona stridula, quella del reverendo Jerry Falwell che urla:
“È tutta colpa dei gay!” Ecco qualche estratto dei suoi deliri rilasciati
nel corso di un’intervista su un canale televisivo dei fondamentalisti
cristiani al reverendo Pat Robertson:
Falwell:
“Il Signore ci ha protetto per 225 anni. Dal 1812 non siamo mai stati attaccati
sul nostro territorio. Ma io temo che sia solo l’inizio. Con la guerra
batteriologica disponibile nelle mani di questi mostri – gli Hussein, i
bin Laden e gli Arafat – quello che è successo martedì sarà
nulla in confronto a quello che potrebbe succedere se Dio continuerà
a sollevare le tende e permettere ai nemici dell’America di darci quello
che probabilmente ci meritiamo. L'ACLU [Associazione
americana per i diritti civili, NdR] deve prendersi molta responsabilità
per tutto questo!
Robertson:
“Eh sì”.
Falwell:
“So che si faranno sentire per quello che sto dicendo. Questo è
ciò che accade quando elimini Dio dai tribunali, dalle pubbliche
piazze, dalle scuole… gli abortisti hanno colpa di tutto questo, perché
Dio non si fa prendere in giro. Quando distruggiamo 40 milioni di bambini
innocenti, noi facciamo infuriare Dio. Credo che i pagani, gli abortisti,
le femministe e i gay e le lesbiche che cercano attivamente di rendere
la loro vita uno stile alternativo, l'ACLU e tutti quelli che cercano di
rendere l’America laica… io punto l’indice contro la loro faccia e dico
“Tu hai contribuito a far succedere questo!”
Robertson:
“Amen”.
L’intervento
ha suscitato un vespaio. E Falwell? Si è affrettato a smentire il
tutto, dicendo che i suoi commenti allo show cristiano sono stati citati
al di fuori del contesto e quindi… “fraintesi”.