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Questioni di etichette
[Babilonia"
n. 114, luglio-agosto 1993, pp. 70-71]
di: Giovanni Dall'Orto.
Che posto da dare all'omosessualità nell'insieme della nostra personalità e della nostra vita?
La domanda sorge da una lettera diRosaria di Messina, pubblicata nel numero di giugno, che esprime tutto il suo fastidio per l'affermazione (anzi, lei la definisce "banalità veterosessantottina"): "l'omosessuale è omosessuale ventiquattro ore al giorno, anche quando dorme", che era stata da me pronunciata durante la trasmissione TV ("Senza scrupoli", 6 febbraio 1993) a cui avevo partecipato assieme ad Aldo Busi (la seconda parte della frase che mi attribuisce: "ed è omosessuale prima di essere una persona qualsiasi", se l'è però inventata Rosaria, come il resto di questo articolo dimostrerà oltre ogni dubbio).
Rosaria
commenta: "Queste posizioni sono pericolosamente tendenti ad una ghettizzazione
che non giova a nessuno".
E'
davvero così? Sono divenuto senza accorgermene un paladino della
discriminazione e della ghettizzazione delle persone omosessuali?
Per rispondere a queste domande partirò dagli argomenti sedicenti "anti-ghettizzanti" che oramai sono una moda nel mondo omosessuale. Così come una volta ogni gruppo di omosessuali aveva il fanatico della Patty Pravo e della Mina, nello stesso modo oggi gruppo di omosessuali ha in dotazione quello che, se appena appena ti azzardi a dire di essere gay, ti aggredisce: "Che senso ha usare queste etichette? Basta con le etichette! Sono stufo di farmi etichettare. Io non sono un "gay": sono una persona. L'etichetta di "gay" è limitante e ghettizzante. Io sono una persona che va a lavorare, suona il violoncello, va allo stadio: e cosa c'entra tutto questo con l'omosessualità?".
Queste
affermazioni sono, anche se nessuno osa mai dirlo, contraddittorie e
superficiali. Tanto per cambiare.
Esiste
infatti un aspetto buffo e paradossale nelle persone che propongono
questi argomenti: la loro affermazione presuppone un modo di ragionare
che è tipico delle persone omosessuali. Dunque, mentre afferma,
nega ciò che afferma, perché "etichetta" chi ne fa uso!
Nella
società, infatti, sono solo gli omosessuali a credere che sia
possibile indossare e togliere l'identità sessuale come se fosse
una maschera, a seconda delle occasioni sociali.
Solo
gli e le omosessuali credono possibile non essere se stessi o se stesse
in ogni momento della propria vita, e credono possibile essere "qualcosa
d'altro" al di fuori del proprio letto.
Tutto
questo le persone eterosessuali non se lo sono mai nemmeno sognato.
Se
voi diceste ad una persona "normale" che quando va alla partita di calcio
smette per questo solo fatto di essere "normale", come minimo vi
darebbe un pugno in faccia.
Se
voi le diceste che quando entra in fabbrica smette di essere "normale",
scatenereste la rissa.
Ecco
perché la pretesa di avere una sessualità "affettabile" svela
a colpo sicuro l'omosessuale. L'eterosessuale rimane eterosessuale
anche quando entra in fabbrica o va allo stadio, ed ha la coscienza di
rimanere tale: basti vedere gli armadietti delle fabbriche o delle caserme
costellati di foto di donne nude.
Ed
anche senza arrivare a tanto, l'eterosessuale che va allo stadio o in fabbrica
ostenta la propria eterosessualità tenendo in tasca "Famiglia
cristiana" o esibendo al dito la fede, che svela la sua partecipazione
ad un rito di accoppiamento eterosessuale definito "matrimonio".
Dunque
c'è qualcosa di "anormale" nell'omosessuale che strilla di essere
"solo una persona": anormale perché esprime un'esigenza che rivela
in lei o lui l'omosessuale.
Perché
ciò accada, del resto, lo si capisce subito: mentre dice di "non
essere omosessuale bensì persona", questa persona omosessuale nega
esplicitamente che le persone omosessuali siano persone, cioè che
si possa essere persona umana ed omosessuale al tempo stesso e indistricabilmente.
Anche
lui o lei ritiene che "froci" e "lesbiche" non siano esseri umani. Ed anziché
rifiutare questo orrendo concetto razzista, trova più comodo rifiutare
la propria omosessualità.
In
realtà, se io dico "omosessuale", il concetto di "persona" è
già compreso nella parola. Tutti gli e le omosessuali, nessuno escluso,
sono esseri umani, ed hanno i diritti, le aspirazioni, i sentimenti di
tutti quanti gli altri esseri umani.
Negare
questo dato di fatto fondamentale è razzista anzi nazista: il primo
passo verso i lager fu negare che ebrei e omosessuali fossero persone,
per l'appunto.
Il
ragionamento corretto è dunque: "Io sono omosessuale, quindi io
sono una persona". Peccato che di solito il ragionamento che mi viene proposto
dai dis-etichettatori sia: "Io sono una persona, dunque non sono un/a omosessuale".
Il
bello è che chi fa quest'ultimo ragionamento degno di Hitler
tende poi a presentarsi come un "progressista" (persino in "Rifondazione
comunista" allignano checche omofobe che sventolano spudoratamente ragionamenti
di tal fatta).
Non
c'è nessun motivo per essere indulgenti con questo comportamento
e con questa mentalità. La persona omosessuale non nevrotica e non
nazista non è infastidita dalla coscienza di essere omosessuale
in ogni momento del giorno e della notte (mentre dorme è una persona
omosessuale che dorme, mentre mangia è una persona omosessuale che
mangia e soprattutto mentre fa l'amore è una persona omosessuale
che fa l'amore) esattamente come non è infastidita dal fatto di
essere una persona italiana che dorme, un metalmeccanico che dorme, una
donna che dorme eccetera.
Anche
qui, del resto, un/a eterosessuale guarderebbe come un matto chi sventolasse
sotto il naso l'idea che mentre mangia non è più un "normale",
o che mentre dorme smette di essere tale eccetera. Per quanto lo riguarda
il "Maschio etero", persino quando si concede l'avventura omosessuale,
pensa di essere un eterosessuale che se lo sta facendo succhiare da un
"frocio": non pensa certo di essere diventato qualcos'altro, men che mai
"una persona" o, dio ne scampi, "un omosessuale".
Bisogna
perciò proprio essere un "frocio" per credere che una persona omosessuale
che si sposa o ha un rapporto con una persone del sesso opposto possa "diventare"
per questo diversa da quel che già è: le persone eterosessuali
infatti questa idea non si sono mai sognati di averla.
Così,
gira e rigira, viene fuori che certi modi di pensare che, a sentire coloro
che li propongono, rappresentano un'"alternativa" alla mentalità
dei "froci", sono in realtà il prodotto riconoscibilissimo e assai
"etichettante" di questa mentalità. Nascono infatti da una certa
cultura omosessuale, cosicché marchiano coloro che li propongono
con un "marchio di fabbrica" più indelebile e rivelatore di quello
da cui cercano disperatamente di sfuggire.
La
mentalità alla base di questo ragionamento è la tipica mentalità
del "ghetto" omosessuale. Da anni è stato notato come questa mentalità
abbia creato un tipo particolare di sensibilità, che è stata
definita del camp: quella che nasce dall'atteggiamento di chi vive l'intera
vita come una recita, in cui "tutto appare e nulla riesce mai ad essere".
(1) L'idea stessa di mettere e togliere a nostro piacimento le etichette
con cui gli altri ci giudicano, fa parte del più puro e tipico delirio
camp.
Infine,
un'ultima contraddizione. Nessuno dei dis-etichettatori si è mai
accorto, proprio per colpa della sua mentalità da omosessuale e
della sua sensibilità camp, di un fatto inquietante.
Esistono
due modi per etichettare un barattolo: o scrivendoci sopra cosa contiene,
oppure etichettando tutti gli altri e lasciandone uno solo senza etichetta.
In entrambi i casi sapremo distinguere a colpo d'occhio il barattolo che
ci interessa.
Nello
stesso modo noi sappiamo che l'omosessuale può essere o una persona
che ha tale "etichetta", oppure una "Persona-senza-etichette" (nel linguaggio
corrente si dice "ambiguo", come scrivono anche i settimanali scandalistici
per dare del frocio a qualcuno senza beccare querele). Infatti, dal momento
che gli eterosessuali non solo non trovano motivi per rifiutare la loro
etichetta, ma addirittura ne menano vanto, una persona-senza-etichetta
("ambigua") non potrà essere altro che omosessuale.
E se
ciò non bastasse ancora noterò come anche le persone omosessuali
apprezzino le etichette, per tutto ciò che non riguarda l'omosessualità!
Immaginate
voi la scena di una persona omosessuale al ristorante che chiede una pastasciutta
e si vede portare una minestra dal cameriere che afferma: "Che importanza
ha? Non stiamo ad etichettare a tutti i costi: è sempre cibo, no?".
Oppure,
la stessa persona al momento di prendere lo stipendio, trovandosi in mano
una banconota da dieci al posto di una da cento, di fronte al padrone che
dice: "Che bisogno hai di stare ad etichettare sempre tutto? Dieci o
cento è pur sempre denaro".
Questi due ragionamenti sono esatti tanto quanto quello di chi dice che non ha senso "etichettare" le persone come omosessuali ed eterosessuali, perché siamo tutti "esseri umani". Sì, è vero, siamo tutti esseri umani, ...poi però ci sono esseri umani omosessuali ed esseri umani eterosessuali, proprio come il denaro è sempre denaro, ma poi esistono banconote da dieci (gli etero) e da cento (i gay).
Da
tutte queste considerazioni credo sia lecito concludere che rifiutare
l'"etichetta" di omosessuale ha un unico scopo: rifiutare una cosa di cui
si ha vergogna e paura, l'omosessualità, e non certo a migliorare
i nostri rapporti con gli altri.
L'omosessuale
può illudersi che la sua omosessualità inizi e finisca
nella camera da letto, e che non sia affatto una condizione che l'accompagna
dappertutto (sul lavoro, allo stadio eccetera).
Si
illuda se crede: resta il fatto che, come ho detto, questo è un
punto di vista tipicamente da omosessuali, che non è condiviso dagli
eterosessuali.
Ecco
un esempio. Sabato sera Tizio è andato a "battere" (e almeno in
quel momento, si spera, sarà stato lecito "etichettarlo" come omosessuale,
no?). Sul luogo di battuage c'è stata una razzia di skinheads.
Tizio è stato visto, ma è riuscito a scappare senza un graffio.
Ancora scosso dall'esperienza, domenica va alla partita. Qui, dice Tizio,
lui è solo una persona, al più un "tifoso":
la sua omosessualità non c'entra nulla.
Ma
ecco che uno degli skinheads della sera precedente, anche lui tifoso
della sua squadra, lo riconosce nella folla e chiama gli amici: "Ehi,
c'è qui il frocio di ieri sera!", e Tizio prende una manica
di botte. Ma come, oggi che Tizio non è più omosessuale (è
solo "uno che va a vedere la partita") lo si tratta da omosessuale?
Ma
no, ma no, forse lo si è picchiato come "persona che va a vedere
la partita", no? E a picchiarlo, sia chiaro, non sono stati gli skinheads
della sera prima: sono state altre "persone che vanno a vedere la partita".
Non
so se detto così le botte facciano meno male (temo proprio di
no...), ma so di certo che sarà questa la versione che Tizio
racconterà alla polizia (mentendo pur di non ammettere l'evidenza):
lui è un tifoso, e tifosi della parte avversa (bugìa!) lo
hanno aggredito.
Qui
c'è un vortichìo di etichette cambiate, ma la sostanza
non è cambiata di una virgola!
Spero che da questo esempio emerga chiaramente come i giochini di prestigio con le "etichette" non abbiano la minima utilità pratica, se non quella di rendere esteticamente più grazioso l'odio di sé che molte persone omosessuali nutrono.
Le etichette, nella vita, esistono per fare chiarezza, sono utili anzi indispensabili. Rifiutare l'etichetta serve solo a chi vuole fare confusione, perché desidera servire la minestra al posto della pastasciutta, o cerca di pagare dieci al posto di cento. Il rifiuto dell'etichetta di "omosessuale" serve solo a chi disprezza e odia le e gli omosessuali, e nient'altro. Per questo tale rifiuto è inaccettabile.
Ma,
mi si dirà, l'etichetta di omosessuale è scomoda.
Certo
che lo è: non sono mica cieco. Ma è proprio per questo che
bisogna insegnare alla gente (iniziando da lesbiche e gay) che l'etichetta
"zucchero" non indica un veleno, ma una cosa dolce, cioè che l'etichetta
"omosessuale" non indica nulla di turpe e vergognoso. Tutto qui.
Rifiutare
l'etichetta solo perché è scomoda non è una soluzione.
Chi
rifiuta di scegliere l'etichetta con cui far conoscere il proprio barattolo
agli altri, andrà in giro con l'etichetta che comunque appiccicheranno
gli altri, oppure proprio per la sua mancanza di etichette squillerà
fra le altre persone come "uno di quelli senza etichetta". Giunti a questo
punto l'essere "senza etichetta" costituirà un nuovo tipo di
etichetta!
Tanto
vale, visto che così stan le cose, darci da fare per cambiare la
testa della gente in modo che l'etichetta di "omosessuale" diventi tanto
positiva quanto quella di "eterosessuale", invece di perdere tempo con
patetici giochi di prestigio verbali.
Insomma: gli e le omosessuali sono comunque e sempre persone, dato che il concetto di "omosessuale" contiene già di per sé quello di "persona umana", come del resto lo contiene quello di "cattolico", di "ebreo", di "otorinolaringoiatra" o di "donna".
Quando io dico che una persona è "omosessuale" (o "donna", "cattolica" o "ebrea") io non implico affatto che questa persona cessi di essere persona umana. Questo perché ciò che si è lo si è sempre, tutto insieme e contemporaneamente, e manifestare un aspetto della propria Umanità non significa che gli altri aspetti siano stati "annullati" da quella manifestazione.
In parole povere: ogni essere umano è sempre, in ogni istante della sua esistenza, un essere umano, e non cessa mai di esserlo per nessuna ragione. Anche l'assassino, anche Adolf Hitler, non hanno mai smesso di essere "esseri umani" in nessun istante della loro esistenza. Ecco il banale motivo per cui le parole "omosessuale" o "lesbica" o "gay" contengono già automaticamente il concetto di "persona", che invece viene disolito contrapposto a quello di "omosessuale" quasi ne fosse l'antitesi ("Non siamo omosessuali bensì persone"... sbagliato: "Siamo persone omosessuali, quindi siamo persone")..
Eppure
c'è chi trova "particolarmente progressista" l'affermazione secondo
cui noi siamo prima esseri umani e poi omosessuali.
Questa
non solo è follia: è l'anticamera del nazismo. Porre gerarchie
nell'essere può servire ad un'unica cosa: a negare ad
altri esseri umani il diritto ad essere tutto, e tutto assieme. Perché
delle due l'una: o si afferma, come affermo io, che non è possibile
stabilire un "prima" e un "dopo" nell'essere umano, che quando è,
è tutto insieme e contemporaneamente e in ogni istante della sua
esistenza, oppure si afferma che ogni essere umano è "prima", e
"innanzi tutto" alcune cose, e "poi" altre cose. Ad esempio è "prima"
persona, e "poi" ebreo o extracomunitario o gay eccetera.
Il problema gravissimo è che l'ideologia che accetta di porre gerarchie nell'essere, è esattamente quella che afferma (come teme, e a ragione, Rosaria) che si possa essere prima omosessuali, o extracomunitari, o ebrei, e solo poi, solo in seconda tornata, anche (bontà loro) esseri umani. E quindi trova che non sia illecito privarci dei diritti umani, perché noi non siamo esseri umani, ma innanzi tutto froci, ebrei eccetera.
Nella
Germania nazista la soppressione della vita di un essere umano non fu mai
legale: anzi era punibile anche con la morte. Ciò non toglie che
la Germania nazista abbia ucciso otto milioni di esseri umani: ebrei, zingari,
omosessuali, oppositori politici, slavi.
Come
fu possibile? Semplice: fu sufficiente stabilire che queste persone, prima
di essere persone, erano ebrei od omosessuali, e che questo fatto esecrabile
annullasse o comunque facesse passare in secondo piano il loro essere "esseri
umani", il loro essere "persone".
Al contrario, se si segue il punto di vista a cui io aderisco, persino nel momento in cui affermo che una persona è un assassino, io non posso affatto affermare che per questo fatto smetta di essere una "persona". Persino il concetto ripugnante di "assassino" contiene in sé, in quanto tale, il concetto di "persona".
Il concetto fondante di secoli di battaglie per i diritti umani è proprio questo: anche il mio nemico, persino colui o colei che si è reso colpevole di un delitto, non cessa comunque di essere contemporaneamente una persona, un essere umano, e quindi non cessa di avere "diritti umani".
E invece
cosa hanno affermano le gerarchie cattoliche? Hanno affermato, nel
recente documento ai vescovi italiani, che
l'omosessuale, in quanto tale, non è portatore di diritti umani.
E
invece sì che lo è: perché l'omosessuale, in quanto
essere umano, non può cessare di avere quei diritti umani che sono
riconosciuti a tutti gli altri esseri umani.
Insomma: se io comincio a fare a fette i diversi livelli nell'essere "persona", a questo punto nulla più mi impedisce di stabilire che a certi livelli dell'essere si collegano certe caratteristiche e certi diritti, e ad altri no. Si può così affermare che l'omosessuale, in quanto tale, non è portatore di diritti umani, così come ieri Hitler sosteneva che gli ebrei, in quanto tali, non sono portatori di diritti umani, e domani si dirà che gli extracomunitari, in quanto tali, non sono portatori di diritti umani... (nota: nel 2008 ci siamo arrivati. Io lo scrivevo come paradosso e minaccia, e invece oggi è una realtà)
Come si vede la logica è sempre la stessa; negare l'inscindibilità di ogni essere umano porta, e in effetti serve solo, a negare agli altri esseri umani il diritto ad essere o alcune cose che sono, o addirittura a negare il fatto che sono esseri umani tout-court.
Insomma, con questo modo di ragionare si sa dove si comincia, ma purtroppo si sa fin troppo bene anche dove si va a finire. E sinceramente se la scelta che mi viene proposta è solo fra ghetto e lager, io non ho dubbi. E voi?
Nota:
1)
Non a caso, secondo il celeberrimo saggio di Susanm Sontag ("Note su camp",
in: Contro l'interpretazione, Einaudi, Torino 19__, pp. __-__) questa
è l'essenza della sensibilità ed estetica "camp", tipicamente
omosessuale.
sto cella parziale (il testo ci gira attorno |
testo dida |
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