La nuova sede di rappresentanza di Arcigay nazionale a Roma
[Da "Facebook" - 22 febbraio 2011]
di:
Giovanni Dall'Orto.
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Vorrei
chiarire (a titolo personale: non sono il portavoce di nessuno) un piccolo
equivoco relativo alla notizia secondo cui Arcigay
avrebbe aperto una nuova sede a Roma.
Ebbene,
ovviamente a Roma il comitato provinciale Arcigay-Roma una sede ce l'ha
già, quindi non occorreva aprire nulla di "nuovo".
Chi
ha aperto un ufficio è stata in effetti l'Arcigay
nazionale.
Che
però mantiene la propria sede nazionale a Bologna, com'è
stato sin dalla fondazione.
E
allora di cosa si tratta? Di un ufficio di rappresentanza, da usare per
il lavoro, ormai sempre più fitto, di lobbying presso il
mondo politico, che com'è noto ha sede a Roma. Città che
fino a prova contraria è la capitale d'Italia, piaccia o no a Bossi
& c.
La
decisione è stata presa nel corso del passato Congresso nazionale
a Perugia, nel 2010.
Si
può discutere - e infatti io ne sto discutendo esattamente ora -
sull'opportunità d'investire una somma notevole di denaro in un
ufficio di rappresentanza.
E
in effetti, qualche dubbio lo nutro pure io.
Non
conosco la cifra dell'affitto, ma trattandosi d'un appartamentino a due
passi dal Colosseo, non possiamo aspettarci nulla di meno d'una ventina
di migliaia di euro, se i prezzi delle case di Roma sono paragonabili a
quelli di Milano (dove vivo io).
Per
me che vengo dalla fase "pauperistica" del movimento, sentir nominare "20.000
euro" vuol dire iniziare a fantasticare su quante altre cose si potrebbero
fare con quei soldi: bollette del telefono da pagare, affitti di realtà
piccole e "sfigate" da integrare, rimborsi spese...
Epperò,
almeno per questa volta non me la sento di dar retta ai miei istinti. Perché
era arrivato il momento di affrontare il problema costante costituito
dal rapporto fra Roma e il resto del movimento lgbt.
Sarebbe,
oltre che falso, anche scemo dare la colpa al movimento lgbt romano della
situazione di stallo in cui noi ci troviamo in Italia. Le responsabilità
sono molte, ed equamente distribuite, dentro e fuori il movimento stesso.
Epperò
non posso dimenticare che - per fare solo un esempio - per anni ed anni
ed anni i gruppi gay romani sono stati alla testa dell'opposizione
alle proposte di legge per la regolamentazione delle coppie di fatto. Nel
nome d'un ideologico rifiuto del "matrimonio borghese", che a loro dire
andava abbattuto, e non certo esteso alle coppie dello stesso sesso.
E
visto che i politici vivono a Roma e se ne fregano di qualsiasi cosa che
avvenga al di là del Raccordo Anulare, è indubbio che tale
atteggiamento non ha certo favorito le richieste del movimento lgbt nazionale.
Per
fortuna questa "fase del no" fa ormai parte del passato, tant'è
che ormai si esagera in senso opposto e si fa fatica a distinguere qualsiasi
differenza di teoria e prassi politica fra un gruppo come il Mieli
e l'Arcigay.
Ma
quel che è stato fatto è stato fatto, e quindi è opportuno
rimediare, ora.
Troppo spesso i circoli di Roma hanno parlato a nome di tutto il movimento lgbt nazionale, senza chiedere né permessi né deleghe: lo hanno fatto, e basta. Far sentire anche la voce degli "altri" non è quindi inopportuno.
I problemi
del movimento lgbt nazionale con questa categoria di residenti a Roma sono
quindi solo una conseguenza indiretta d'un problema ben più
ampio.
Il
che non toglie però che siano problemi reali e urgenti.
Sorvegliare
più da vicino il mondo politico, incluso quello gaylesbico che
ha
il vizietto di parlare sempre a nome nostro senza mai consultarci,
era da molti anni una necessità.
Per
questi motivi, ho concluso che l'idea d'una sede di rappresentanza costaggiù
non è sbagliata, nonostante mi pianga il cuore all'idea del costo.
Ma
di sicuro costerebbe di più passare altri dieci anni lasciando fare
ai politici tutte le cazzate che vogliono senza mai andarci almeno a parlare
per dire che non siamo d'accordo.
Certo,
come no! A Roma i gruppi gay hanno
in ballo processi di fronte al Tar l'uno contro l'altro.
Farsi
ospitare da uno qualsiasi di loro - ivi incluso il comitato provinciale
Arcigay - implicava per l'associazione nazionale venir risucchiata nel
vortice
delle accuse reciproche, dei boicottaggi, delle scomuniche che agitano
ormai da moltissimi anni il mondo dell'associazionismo lgbt romano.
L'associazionismo
tutto: non "solo" l'Arcigay o il Mieli o Di'Gay project o Whad. Tutto.
Non ci vuole molto a immaginare che, in cambio dell'ospitalità, sarebbe stata chiesta una "piccola" solidarietà contro gli altri gruppi con i quali l'associazione ospitante, qualunque essa fosse, comunica ormai solo tramite avvocati...
Era il caso di farlo? La risposta la dia chi mi legge...
Per tutti questi motivi, un ufficio di rappresentanza di Arcigay nazionale, indipendente e separato da quelli della galassia di gruppi e gruppetti romani, era secondo il mio punto di vista più che mai necessario.
Vedremo ora se ne varrà il costo.