Finalmente abbiamo perso!
[Versione
originale. Una
versione abbreviata è apparsa su "Gay.it" il 16 aprile 2008]
di: Giovanni Dall'Orto
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Finalmente
abbiamo perso. Adesso si può tornare a fare politica.
Non
ne potevo più di votare a sinistra per avere al governo una "sinistra"
che votava per gli sgravi fiscali ai ricchi senza l'eliminazione del fiscal
drag ai meno ricchi, che non faceva leggi contro il conflitto d'interessi,
che moltiplicava le missioni militari all'estero, che incentivava la precarietà,
e tutto il resto del programma tipico delle destre. E che soprattutto,
unendo la beffa al danno, non era neppure capace di darci almeno il contentino
di quelle riforme nel campo della vita privata che sono ormai la
norma in tutto il resto d'Europa.
Perché
se si guarda la politica sociale del tanto demonizzato Zapatero,
ci si accorge del fatto che anche lui ha votato leggi sulla precarizzazione,
anche lui ha mandato missioni militari all'estero, anche lui fa parte del
Washington
consensus... Ma almeno, in cambio, ha dato al suo elettorato leggi
avanzate sui diritti delle donne, dei gay, sulle pari opportunità,
insomma ha "fatto qualcosa di sinistra" almeno in quelle aree su cui i
poteri forti della globalizzazione sono neutrali. Ottenendone, in cambio,
la riconferma.
In
Italia, invece, niente: neppure questo. Ma allora a che (e a chi) serviva
avere la sinistra al governo?
Quando
l'onorevole Vladimir Luxuria ha votato a favore dell'esenzione dall'Ici
per la Chiesa cattolica, mi sono chiesto che senso avesse votarla, questa
sinistra, e a che servano gli eletti lgbt se poi votano in questo modo.
E
a quanto pare se lo sono chiesto anche milioni di altri elettori... Il
risultato lo abbiamo visto.
Meglio
così, e non sto ironizzando. Perché per avere una sinistra
parlamentare che fa politica in questo modo, tanto vale non averla. Almeno
così si esce dall'errore che fa pensare a molti, specie ai più
giovani, che la politica sia quella cosa che si fa in Parlamento, e che
ci chiede un impegno una volta ogni cinque anni e poi più.
Ma
la politica, come dice il suo nome (da polis, "la città")
è
tutto quanto riguarda la vita dei cittadini. Anche se a molti non
piace ammetterlo, la politica si fa tutti i giorni. Quando si sceglie
di pagare senza ricevuta fiscale si è fatta una scelta politica.
Quando si cerca un posto di lavoro con una raccomandazione si è
fatta politica. E quando non ci si ribella se sono altri a fare queste
cose, si fa politica. Lo ripeto: non si vota una volta ogni cinque anni,
si vota tutti i giorni.
La
destra non lo ha mai dimenticato (le destre sono in campagna elettorale
permanente),
la sinistra un tempo lo ha saputo, ma aveva trovato comodo dimenticarlo.
Ed è stata punita: la realtà ha il vizio di ricaderti in
testa come un mattone, se la getti via.
Meglio
così. Si ricordano più i ceffoni delle carezze.
Alcuni
commentatori "moderati" ieri hanno gioito perché questo è
il primo Parlamento italiano dal quale, dopo un secolo, sono "finalmente"
assenti socialisti e comunisti di qualsiasi sorta. A dire il vero la cosa
è inesatta, dato che sotto Benito Mussolini questa felice
situazione si era già verificata... (ma solo per vedere, dopo questa
"felice" pausa, la più forte presenza parlamentare comunista
del mondo occidentale). Ma anche se non fosse come dico io, resta il fatto
che è un errore credere che questo sia un avvenimento positivo
per le destre, perché non è vero che la politica si fa
in Parlamento. In Parlamento si approvano le leggi. Ma la politica si fa
nel Paese, tutti i giorni.
Un
pensatore che è tanto attento quanto è nemico giurato della
sinistra, Massimo
Cacciari, lo aveva presente quando dichiarava a "Repubblica" del 15
aprile:
"In democrazia si parla in Parlamento. Ci troviamo di fronte a un problema reale. Penso a un antagonismo che si può esasperare. Penso a una grande storia come quella socialista che scompare. È pericoloso, perché non esiste che una storia politica così importante scompaia dalle scene parlamentari".Corretto. Perché i bisogni e le idee che scompaiono dal Parlamento riappaiono sempre altrove. Nelle lotte sociali, nella vita reale, fuori dai salottini parlamentari e dalla loro appendice televisiva. Evviva.
Tutto
questo vale ovviamente anche per il mondo lgbt. Finalmente la foglia di
fico dei parlamentari gay, lesbo e transgender è finita. Queste
elezioni hanno sancito la liquidazione fisica della rappresentanza lgbt
nelle istituzioni parlamentari. E questo sancisce anche la fine della
subordinazione del movimento lgbt alle segreterie dei partiti, sotto la
guida di leader che incarnavano molto più il desiderio di riuscire
a posare il culo su uno scranno dimostrandosi "moderati" che di fare gli
interessi della comunità lgbt.
Li
ho battezzati "la castina". Di loro ne salvo diciamo tre, massimo
quattro; tutti gli altri, e le altre, hanno dimostrato di scegliere sempre,
quando c'è conflitto fra gli interessi del mondo lgbt e gli interessi
del partito a cui fanno capo, in base agli interessi del partito. Gli appelli
pro-Rutelli e pro-Ruini da parte loro ormai si sprecano.
E
siccome le strategie si giudicano in base ai risultati, il fatto oggettivo
che l'Italia sia il fanalino di coda dei diritti lgbt permette un giudizio
secco e netto sul valore della loro strategia: zero.
La
battaglia inizia quindi oggi, e senza più la zavorra
della "castina". Chi crede in quel che fa, continuerà a lottare.
Chi era qui solo per carriera, ora che la carriera è preclusa sarà
costretto o a scendere finalmente in piazza, o a perdere definitivamente
la faccia col mondo lgbt. Come peraltro durante la campagna elettorale
ha già fatto un sacco di loro.
Foto di Giovanni Dall'Orto. |
Ai miei amici (specie i più giovani) che mi esprimono il loro sconforto, non avendo mai vissuto (a differenza di me) l'esperienza del fare politica da "extraparlamentare", obbietto che la battaglia non è finita: semmai inizia ora.
Ci sono infatti diversi spunti da tenere presenti.
Foto di Giovanni Dall'Orto. |
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