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Gay Pride e uso della violenza
Scambio di "lettere aperte" in occasione del "Gay Pride" di Padova (8/6/2002)

di: Giovanni Dall'Orto

_No alla pedopornografia - L'Italia ha bisogno di figli, non di omosessuali_

Padova, 8-6-2002: i cartelli della manifestazione (autorizzata!) di Forza Nuova.


Comunicato stampa dei "disobbedienti Nordest".
[6 giugno 2002]

Per conoscenza a: Vi scriviamo a 48 ore dalla giornata di mobilitazione ed iniziativa di sabato 8 giugno.

Vi scriviamo perché possiate valutare bene le motivazioni che ci hanno spinto ad intervenire sulla questione dei nazisti e della loro presenza in città. Non è questione da poco e ciò che accadrà dipenderà esclusivamente dalla politica e dal buon senso di alcuni di voi, dalla determinazione e dalla voglia di non rassegnarsi all'ingiustizia di moltissimi.
La nostra presenza e il nostro sostegno al Pride non sono mai stati messi in discussione. Pur se alcuni di noi lo stesso giorno saranno a Roma per la grande manifestazione globale Terra e dignità in occasione del summit Fao, abbiamo scelto di condividere un percorso importante di affermazione e lotta per i diritti civili che farà tappa a Padova.

Per il rispetto che abbiamo dell'autonomia di questo percorso, perché sappiamo quanto sia delicato e difficile mantenerlo in piedi sotto i colpi vergognosi della disinformazione e diffamazione, non siamo mai intervenuti direttamente sulla solita, fastidiosa ed inutile contrapposizione messa in atto dalle squadre neonaziste.
Questo è sempre accaduto in ogni città in cui il Pride si è manifestato, ma qui a Padova è accaduto qualcosa di diverso, inquietante, pericoloso.
I nazisti, che già operano in aperto spregio non solo della costituzione di questo Paese ma soprattutto delle regole più elementari di civiltà, hanno ottenuto per la prima volta l'autorizzazione di Comune e Questura per effettuare una contromanifestazione nello stesso giorno e al centro della città.

Non solo. È stato autorizzato un corteo che utilizzerà come palcoscenico la basilica del Santo e che fa dichiarare al capetto locale dei picchiatori che "saremo l'esempio della difesa della cristianità violata dai pedo-pornografi".

Ora, un conto è relegare una presenza fisiologica e pericolosa nell'angolo che merita, per motivi di ordine pubblico e pubblica decenza. Un altro è proteggere e favorire un corteo di quel tipo con tanto di comizio finale del noto Fiore, già latitante per strage.
E tutto questo mentre si negano ad altri diritti fondamentali come l'accesso a spazi pubblici normalmente garantiti per il diritto di espressione.

Di fronte a tutto questo, che è ovvio non riguarda solo una singola manifestazione, ma la democrazia in generale, noi abbiamo deciso, nostro malgrado, di agire. L'obiettivo è impedire una violazione grave dei diritti e che pericolosi esperimenti sul terreno della legittimazione dei rigurgiti nazisti ed antisemiti possano aver luogo.
  

Bambino nero con in mano un MITRAGLIATORE
"Dai armi ai tuoi diritti". Dal sito di "antagonismo giovanile" Mw4k crew. Sarebbe questo l'"altro mondo" possibile? Bambini con le armi? Ma questo è GIA' il mondo in cui viviamo ORA...
Formalizzeremo oggi una richiesta di corteo che interessa le stesse zone concesse ai nazisti. Vedremo se dovremo noi affrontare cariche e scontri che non cerchiamo e non vogliamo e gli apologeti di Le Pen ed Hitler invece sfileranno protetti e coccolati.La scelta è tutta della politica e del buonsenso. La nostra non riguarda propositi violenti ma la necessità di combattere per difendere la democrazia. Sarà Scajola, ancora una volta a decidere. Per quanto ci riguarda invitiamo tutti, dopo il Gay Pride, ad essere presenti a Pontecorvo, luogo in cui ci concentreremo. Questa è la questione e di questo sono informati tutti.

Si può evitare un pomeriggio di incidenti e scontri, se si vuole.

Basterebbe che quella Carta su cui graduati e soldati semplici che si preparano a farci violenza hanno giurato, fosse fatta rispettare, almeno un minimo.

Disobbediremo se bisogna disobbedire.

Non a un semplice divieto, ma ad una grande ingiustizia.

Movimento dei disobbedienti nordest - 6 giugno 2002 Padova, Pianeta Terra

M21 - Comitato 21 Marzo - Treviso - m.21@libero.it


Contro i gay, "sinistra" e destra unite nella lotta.
Di: Giovanni Dall'Orto
[7-6-2002]

Disobbedire è giusto, è importante, ogni volta che la giustizia e l'umanità vengono calpestate.

Ma disobbedire diventa ancora più giusto e importante quando qualcuno, a nome nostro, esige d'imporci una visione aberrante e violenta della giustizia, che ci piaccia o no, che noi vogliamo o no: tanto lui sa meglio di noi cosa vada bene per noi...

Gay č bello! - Partecipanti al PadovaPride - Foto di Giovanni Dall'OrtoDa troppi secoli noi omosessuali subiamo la condiscendenza paternalistica con cui gli altri, i "normali", ci spiegano cosa dobbiamo o non dobbiamo fare, il modo in cui dobbiamo o non dobbiamo amare, il modo in cui dobbiamo o non dobbiamo lottare pretendendo di dettarci il dove, il come, il quando (anche quest'anno a Padova!)... Oggi la loro arroganza s'è spinta al punto inaudito di prescriverci chi e come dobbiamo odiare!
Sempre a nome nostro, sempre senza chiedere cosa ne pensiamo, sempre per il nostro bene, sempre dando per scontato che loro sanno, loro capiscono, noi invece, povere checche, andiamo bene solo per fare gli spettacolini en travesti nelle bettole o le patetiche foche ammaestrate al "Costanzo Show".

Ebbene no: il movimento gay esiste da trent'anni (prima che di loro si sentisse lontanamente parlare), e da trent'anni persegue scientemente una linea di lotta nonviolenta: per convinzione, non per debolezza. La violenza è l'arma di lotta di chi sa di non avere la forza della ragione dalla sua parte, e questo non è il caso di gay e lesbiche e transessuali.

Coloro che oggi pretendono di parlare a nome nostro e al posto nostro sono gli stessi celoduristi patriarcali già sconfitti prima dal pensiero femminista e poi dagli anni del Terrorismo, che fu qualcosa di più che immorale: fu una catastrofe politica che spezzò le gambe a un decennio di conquiste della sinistra, fu il più grande regalo che sia mai stato fatto alla Reazione, alle destre, agli apparati repressivi.

Oggi che si delinea una nuova vittoria del movimento gay, ecco che "misteriosamente" questo genere di persone (così "comode" per la destra e i suoi disegni di repressione) riappare, in due versioni, celuduristi di forzanuova e celoduristi "disobbedienti nordest". Apparentemente divise dal nome del Fuehrer a cui inneggiare, ma del tutto concordi nel ritenere la violenza il metodo più adeguato - il solo - di lotta politica.
Ne loro comunicato mafioso e ricattatorio serpeggia l'accusa di ignavia per avere optato per la scelta nonviolenta, e serpeggia la promessa di portare la giusta e necessaria dose di violenza ("un pomeriggio di incidenti e scontri", che però sarà colpa altrui, promettono) al PadovaPride.

Adesso basta. La scelta nonviolenta del movimento gay è tale: una scelta. Una scelta che ha pagato e che paga: 300.000 persone in piazza al World Pride del 2000, e non il più piccolo atto di violenza. Una società cambiata, un dibattito in crescita, una conquista costante di nuovi spazi per la realtà omosessuale italiana, e senza il minimo atto di violenza.

È una scelta per cui abbiamo pagato, fino ad oggi, in prima persona. Senza bisogno degli arrivati delle ultime 48 ore a spiegarci cosa averemmo dovuto fare.
Questo perché la violenza è da sempre l'arma dei nostri nemici, del maschio fallocratico, dell'esercito, della polizia... e delle squadracce che picchiano i froci, che assassinano i finocchi e trans, che violentano le lesbiche, che...
Non potremo vincere se diventeremo, come ci si chiede di fare, come i nostri oppressori: noi infatti vinceremo perché siamo migliori di loro. E perché l'Italia se ne sta rendendo conto, a poco a poco ma in modo irresistibile.

Voi non siete i fratelli che proclamante untuosamente di essere: voi siete i nostri carnefici: da sempre, voi, e i vostri fratelli (quelli sì!) di Forza Nuova. Siete i ragazzi e gli uomini che ci assassinano alla notte, che ci picchiano per strada alla sera, che fanno mobbing sul luogo di lavoro, che ci violentano nei vicoli, perché voi siete i sacerdoti del celodurismo, della supremazia del maschio, della superiorità del più forte, gli adoratori della forza, i sacerdoti della violenza, i corifei della sopraffazione.
E non c'interessa sapere in nome di quale santa e giusta causa le pratichiate: c'è sempre una buona causa per "dare una lezione ai froci". La vostra, oggi, è la giustizia e l'antifascismo. Domani, indifferentemente, potrebbe essere la difesa della famiglia proletaria, o della morale superiore, o del volere di Dio... I pretesti per dare una bella lezione ai froci, a quelli come voi non mancheranno mai.

Donne al PadovaPride - Foto G. Dall'OrtoOggi voi sentite che la vostra ripugnante stretta sul nostro mondo e sulla nostra vita si sta allentando, sentite che vi stiamo scappando dalle mani, che la vostra violenza non fa più paura a froci e lesbiche, che le vostre minacce non ci spaventano più, ed allora provvedete a rincarare la dose. Venire a promettere scontri e violenze al Gay Pride, "vostro malgrado" (poverini), in modo da tenere lontana quanta più gente possibile dalla manifestazione, e se possibile farla fallire.
La vostra unità d'azione con Forza Nuova, Forza Italia, la Curia e il sindaco non poterebbe essere più chiara e limpida di così... Siete l'altra faccia, ma la moneta è la stessa. Gettate pure la maschera, vi abbiamo riconosciuto.

Voi non ci fate più paura. Quello che voi sacerdoti della violenza fallocratica non avete capito è che è finita un'epoca. Non ci fate più paura, né voi né i vostri cloni di Forza Nuova ("una faccia, una razza"). Ora siamo noi che facciamo paura a voi, perché voi sapete e vedete che noi siamo l'alternativa al vostro modo di essere e pensare. Noi siamo l'altro mondo che è già possibile. Un altro mondo in cui non sarà più la violenza a dettare legge, ma la nonviolenza, la ragione, e le ragioni degli esseri umani.

Voi avete paura del potere che viene dal basso, perché impedirebbe a voi di farlo calare dall'alto. Con voi al vertice della piramide, ovviamente, a spiegare a culattoni e lesbiche cosa devono e non devono fare.

Noi faremo la manifestazione, senza di voi, e soprattutto contro di voi e i vostri gemelli di Forza Nuova.

E adesso che finalmente avete gettato la maschera, il giorno dopo la manifestazione inizieremo a chiedere conto a voi, e a chi vi appoggia, delle vostre intimidazioni, delle vostre minacce, delle vostre corse a difendere il Potere traballante, del vostro servilismo verso la cultura della violenza (quella che ha mandato le truppe in Afghanistan: cioè la vostra cultura), della vostra cultura della fallocrazia, del diritto del più forte, della ragione del più violento.

Voi siete usciti dalle fogne della storia. Ci tornerete.

"Un altro mondo è possibile". Ma non è il vostro.

Giovanni Dall'Orto (militante gay dal 1976)
 
 

Padova, due giovani manifestanti - Foto G. Dall'Orto
Coppia di ragazzi al PadovaPride (foto Dall'Orto)


Lettera aperta a Giovanni Dall’Orto
da un gruppo di disobbedienti gay e lesbiche
[13-6-2002]

Caro Giovanni, abbiamo letto con amarezza e rabbia il tuo messaggio su queer-it, «Contro i gay, sinistra e destra unite nella lotta». Le parole durissime, i toni apocalittici, l’umore furibondo e vendicativo, le ingiurie gratuite non ci hanno solo colpito, ma ferito profondamente.
Lo diciamo, perché ci sentiamo parte di quei «disobbedienti» che tu descrivi come ombre del terrorismo, tutti «normali», etero, picchiatori, violenti, a cui «il giorno dopo la manifestazioni» vorresti «chiedere conto, a voi e a chi vi appoggia, delle intimidazioni, delle minacce, delle corse a difendere il Potere traballante».
Siamo tra quelli che – secondo voi – sono «usciti dalle fogne della storia».

Come si può replicare a cose simili? Con altri, che pure hanno detto cose simili – e ti assicuriamo che non erano di Forza Nuova – non ci abbiamo neppure tentato. Con te è diverso, o almeno speriamo che sia così. E allora proviamo.

Vedi, il fatto è che non solo non ci sono state le violenze, il ferro e il fuoco a cui sembrava condannata Padova, come in molti minacciavano.
Ma soprattutto nel lungo serpentone del corteo pacifico e allegro di Padova, c’era uno spezzone enorme, di centinaia e centinaia di persone – come chiunque ha potuto vedere, nonostante certe cronache da caricatura – ragazzi e ragazze, etero e gay, italiani e stranieri, dietro un sound system con i dj di Radio Sherwood.
Il camion portava gli striscioni delle nostre associazioni (Pink di Verona, Drasticamente e Glo di Padova, Dedalo di Venezia), un lenzuolone contro Forza Nuova e una scritta «Per i diritti di cittadinanza per tutti/e».

PadovaPride, lo spezzone dei centri sociali (e non solo loro) - Foto G. Dall'Orto
PadovaPride, lo spezzone dei centri sociali (e non solo loro) - Foto G. Dall'Orto.

Se tu ti fossi inoltrato dentro quello spezzone, Giovanni, ci avresti visto. Avresti visto centinaia di ragazzi e di ragazze che negli anni del Terrorismo – che tu racconti – non erano neppure nati; avresti visto un melting pot di colori e di balli; ci avresti visto arrampicati in azioni teatrali a cambiare i nomi delle vie e delle piazze.
Uno spezzone davvero grande, che noi – assieme ad altre associazioni per i diritti di cittadinanza, associazioni di immigrati, social forum e centri sociali del nordest – abbiamo contribuito a portare al Pride di Padova. Uno spezzone disobbediente. Ne siamo responsabili. Per questo ti scriviamo.

Non siamo stati tra gli organizzatori del Pride – per motivi che non ripetiamo – eppure c’eravamo in tanti.
Non abbiamo condiviso il percorso che ha portato a Padova, ma non lo abbiamo boicottato.
Non sempre – e lo diciamo molto laicamente – si deve condividere tutto. Le reti sono queste, perché ci si può allontanare e reincontrare, magari nemmeno gli stessi; perché nessuno ci obbliga a condividere tutto; perché ognuno ha i suoi percorsi, le sue biografie, le sue aspirazioni, i suoi desideri, le sue battaglie. Ci si confronta e ci si scontra, nessuno dovrebbe aver paura di questo. A meno che qualcuno pensi che il movimento gay e lesbico debba tacere ed ubbidire, e intrupparsi, magari per essere una lobby forte e univoca. Ma come sai, non solo non ci interessa, ma – giusto o sbagliato che sia - lo avversiamo a viso aperto.

Stiamo percorrendo altre strade da quelle che noi consideriamo innocue, insipide e sottovuoto di una parte del movimento gay. Lavoriamo duramente nelle nostre città, a favore dei diritti di cittadinanza; per la libertà di essere se stessi, gay, lesbiche e trans; per promuovere culture, servizi, spazi di libertà e di espressione per tutti.
Ci piace contaminare e farci contaminare. Chi ha paura dell’altro è perdente. Non il contrario, Giovanni, ce lo hai insegnato tu.

PadovaPride, mamma e bimbo - Foto Mauro TerziCi piace lavorare nel territorio con tutti quelli che condividono questi terreni di libertà. A cominciare dai centri sociali, dove troviamo spazi e comunità di «fratelli e sorelle» che condividono con noi iniziative, eventi culturali, battaglie sociali. Il 31 maggio scorso il Dedalo ha fatto un festone al Centro Sociale Rivolta a Marghera e assieme sono scesi in piazza contro la Lega e contro Haider mostrando, tutti, i triangoli rosa; il circolo Pink è diventato – persino fisicamente - il centro laico e antirazzista per l’intera città di Verona; al festival di Radio Sherwood un intero spazio è gestito dal Drasticamente; l’anno scorso – lo può raccontare il portavoce del PadovaPride – una tre-giorni di eventi, spettacoli e workshop gay e lesbici si è tenuta al Centro Sociale Pedro di Padova.
C’è chi lavora nella Cgil – come i ragazzi del Glo, e chi è impegnato nei social forum locali. Te ne potremmo raccontare tante di storie così. E per questo per noi era davvero «naturale» costruire questo spezzone di «disobbedienti» al Pride di Padova.

Così come lavoriamo a fianco di immigrati e immigrate, a cui viene chiesto di essere perbene, silenziosi e clandestini, che si vorrebbero operai e badanti indefessi e senza diritti, da liberarsene quando non servono e invisibili fuori dalla fabbrica o dalle case dove lavorano. Esclusione, silenzio, clandestinità, discriminazione, emarginazione: sono parole familiari per noi gay e lesbiche, vero Giovanni? Ce lo dovresti ricordare tu, Giovanni, che militi dal 1976.
 
 
Neofascista ferito dai _compagni_ e sanguinante - da un sito antifascista
Quest'immagine (dettaglio), didascalia compresa, viene dal sito "antagonista" ed "antifascista" Mw4k crew, sezione Antifa kids. Una cultura che mena vanto delle ferite d'un essere umano e ne esibisce il sangue e il dolore come un trionfo, davvero convince gli estensori di questa lettera aperta? Era  questo ciò di cui noi omosessuali avremmo avuto bisogno a Padova? Non posso crederlo.
È facile parlare di mostri. Senza nemmeno avere la curiosità di vedere, di capire, di ascoltare. Se a Padova qualcuno ha ricordato a 48 ore dal Pride, che la Costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista, che è intollerabile in una società civile dare spazi e alibi e legittimità a chi ci massacra – loro sì – o vorrebbe farlo e pure lo rivendica con l’autorizzazione della Questura; beh, meglio che qualcuno lo abbia fatto, piuttosto che far finta di niente per non rovinare lo show educato e perbene, nel salotto patavino.

Vedi Giovanni, dovevi persino fare la manifestazione senza di noi e soprattutto contro di noi. Non ci sei riuscito, perché eravamo centinaia, tutti usciti dalle «fogne della storia». Plebi visibili e maleodoranti, così poco normali e perbene come invece voleva il Padova Pride. Allora, ci hai detto: «Gettate pure la maschera, vi abbiamo riconosciuto»: ma non ti eri accorto che non era una maschera, né un lifting mal riuscito. È il nostro volto. È la nostra voce. Siamo così: brutti, sporchi e soprattutto cattivi. Non ti restava che «chieder conto» di tutte le nostre violenze, della nostra «ripugnante stretta sul mondo»: ma come vedi, ti abbiamo preceduto.

Con affetto,

Dedalo gay e lesbica – Arcigay Venezia
Circolo Pink – Verona
Drasticamente – Padova
Glo – Padova


Lettera aperta di Giovanni Dall'Orto in risposta
a "un gruppo di disobbedienti gay e lesbiche"
[15-6-2002]

Due ragazzi si baciano - PadovaPride, 8-6-2002 - Foto di GiovanBattista Brambilla
Foto di GiovanBattista Brambilla.

Cari compagni,

Leggendo le parole che mi avete indirizzato il primo sentimento che ho avuto è la perplessità. Era davvero a me che si stava rispondendo o ero di fronte a un caso di omonimia? Perché io ho scritto una lettera aperta di condanna rispetto all'ipotesi (per fortuna non verificatasi, anche grazie a una giornata di pressioni e richiami - ed anche qualche minaccia - da parte degli organizzatori) dell'intervento di un gruppo di "disobbedienti" (non gay) che alla vigilia del gay Pride di Padova aveva minacciato d'intervenire "sia pure con molta reticenza", a impedire fisicamente la manifestazione di Forza Nuova, preannunciando inoltre che se ci fosse stata violenza la responsabilità sarebbe ricaduta sulla Questura che aveva autorizzato la manifestazione di Forza Nuova, e non su di loro.

Nella mia lettera aperta ho ricordato, con parole aspre quanto la gravità del caso meritava, che il movimento gay non impedisce con la forza nessuna manifestazione altrui non per ignavia, ma per precisa scelta d'azione politica nonviolenta.
Al contrario, la scelta violenta, quella del maschio cazzuto con la spranga in mano e con al piede la donna "angelo-del-focolare" "riposo del guerriero" o "angelo del ciclostile", è un'opzione celodurista sconfitta sia dalla storia del trentennio passato, sia dalla cultura da cui nasce il movimento di liberazione omosessuale, che è quella femminista. Tutto qui.

Padova, lo striscione della rivista _Pride_ - Foto G. Dall'Orto
Lo striscione della rivista "Pride" al PadovaPride (foto Dall'Orto).

A tutto questo spataffione mio mi vedo ora ribattere che io avrei attaccato la presenza pacifica, colorata e nonviolenta di centinaia di giovani "dietro a un sound system" con quel che segue.
Scusate, ma qui o c'è uno sfasamento di linguaggio, o c'è una deliberata deformazione caricaturale di quel che ho detto. E ultimamente succede sempre più spesso che mi capiti di ricevere risposte non su quel che ho detto, non sulle questioni che ho posto, non sulle domande che faccio, bensì su altre domande, su altre questioni, che non ho posto, e che non rappresentano affatto il mio pensiero. È questa la vostra capacità di dialogo?
E se questo accade con me, cosa succede delle domande che la società complessa di oggi vi/ci pone, se voi non rispondete alle domande che la realtà vi/ci pone, bensì ad altre, suggerite dalla vostra fervida fantasia? È questo il modo migliore per incidere sul sociale, concentrandosi su domande e problemi di fantasia anziché sui quelli che la realtà vi pone? La risposta è implicita.

Vi invito allora a setacciare parola per parola la mia lettera aperta per verificare - e citarmi - dove io dica mai che i "disobbedienti" decisi a manifestare, come noi, in modo colorato e pacifico, non dovessero prendere parte alla manifestazione.
Vi sfido apertamente, visto che voi affermate che io avrei condannato tale partecipazione, a citare le esatte parole con cui l'avrei - a vostro, e solo vostro, dire - fatto.

Al contrario, ciò che affermavo io (e come me gli organizzatori) è che se i disobbedienti volevano partecipare alle nostre manifestazioni dovevano accettare la tradizione e la cultura politica del movimento gay, che da trent'anni esiste e da trent'anni non ha mai compiuto un solo gesto di violenza, pur avendone subiti a bizzeffe. Vi sfido a dimostrare che io abbia detto qualcosa di diverso.

Quel che è poi accaduto è che i giovani suddetti hanno partecipato nel modo suddetto, nessuno ha impedito fisicamente la manifestazione di Forza Nuova, che ha dato oscena prova di chi siano quei personaggi, la cittadinanza è stata tutta compatta dalla nostra parte, Forza Nuova è stata isolata e sconfitta... e di tutto questo io do un giudizio positivo.
Nel prossimo numero di "Pride" sosterrò anzi che la crescente presenza di eterosessuali (disobbedienti o meno) alle manifestazioni gay è un dato positivo, che mostra che la battaglia gay è ormai identificata come uno dei "punti forti" di resistenza verso il potere dominante.
Infatti io penso (come, a quanto scrivete voi stessi, anche voi pensate) che noi froci siamo in questo istante simboli e attori (assieme alla Cgil, ai girotondisti, ai no global...) di un altro mondo possibile, in cui la dittatura dei più forti non deve avere cittadinanza. Siamo espressione di un'Italia che non è clericale, pur essendo guidata da politici compattamente clericali. Eccetera.

Partecipante al PadovaPride - Foto G. Dall'OrtoMa è proprio per questo motivo che noi froci siamo diventati bersaglio appetibile per tutta una schiera di personaggi ambigui, da Forza Nuova in giù, che nell'attacco al nostro movimento e alla sua cultura di lotta (nonviolenta!) vedono l'unico modo per attrarre un'attenzione che l'insipienza o la franca assurdità delle loro posizioni politiche impedisce loro di ottenere altrimenti.
Il fatto che sia Forza Nuova che Casarini si fossero buttati davanti alle telecamere in nome del/contro/per/sul/a proposito del Gay Pride (tema di cui, fino al World Pride, non è mai fregata una mazza a nessuno), indica che ormai noi froci siamo un soggetto politico riconosciuto come tale da ampi settori della società, e che soprattutto "fa audience", cosa essenziale nella "Società dello spettacolo".
Inter nos, posso aggiungere che la cultura politica diffusa nel nostro mondo gay (la vostra inclusa -- e questa è un'accusa, ovviamente) è carente e inadeguata a questo ruolo, che il dibattito al nostro interno è troppo primitivo e rudimentale per darci la capacità di reggere una sfida di questa portata, che il mondo politico gay è frammentato all'assurdo... ma che se vogliamo un futuro per il movimento gay occorre accettare e vincere queste sfide: non ci sono alternative. Abbiamo alzato noi la posta, e dobbiamo essere all'altezza della nostra sfida, o altrimenti scomparire.
Ma qui mi accorgo che sto uscendo dal seminato, e quindi torno a bomba alla vostra lettera aperta e alle vostre affermazioni.

Io alla manifestazione c'ero, e lo spezzone di cui parlate l'ho visto, perché ho fatto avanti-e-indietro per il corteo più volte per vedere chi ci fosse e cosa facesse.
Non ho visto spranghe, o terroristi, o orchi mangia-bambini. Devo dichiararmi, quindi, secondo voi, scontento?
Proprio l'opposto. La manifestazione è stata un successo (e lo riconoscete perfino voi che vi siete opposti alla sua organizzazione) proprio perché non c'è stata traccia di queste cose. Ci fosse stata, sarebbe finito come a Genova, dove un gruppetto al soldo della polizia ha trasformato una delle più grandi manifestazioni popolari mai avvenute in Italia in una macellazione rituale. Libero il movimento no global di suicidarsi (non condannando nettamente) sull'altare del culto della violenza, del maschio celodurista e quel che segue, libero io di rifiutare fermamente la trasformazione del movimento gay in una succursale e colonia di questa cultura. Potete disapprovarmi, potete dissentire dalle mie idee, ma non potete impedirmi di averle, e di esprimerle.
Anche perché siete voi a scrivere: "Non sempre – e lo diciamo molto laicamente – si deve condividere tutto. Le reti sono queste, perché ci si può allontanare e reincontrare". Esatto. Proprio così. Non potete obbligarmi a mandare già tutto - il veleno della violenza incluso.

Il seguito della vostra mail è pura retorica, che vale quanto vale la retorica: il fiato che serve a pronunciare le parole.
Perché ad esempio farmi dire che io volevo "persino fare la manifestazione senza di noi e soprattutto contro di noi. Non ci sei riuscito"? Ciò non è ridicolo: ciò è patetico. È palese che la mia lettera sia un appello al fare la manifestazione senza e contro i violenti. Se voi ammettete di esserlo, allora questa frase era  stata scritta contro di voi, in caso contrario… fate voi due più due.
Farmi poi dire che io non sono contrario alla ricostituzione del partito fascista non solo è ridicolmente falso, ma è controproducente per voi, perché chiunque mi conosca e chiunque abbia letto la mia lettera si renderà conto del fatto che se dovete ricorrere a bugie patetiche come questa per avere ragione, allora semplicemente non avete argomenti per rispondermi. Punto.
Così è del vostro richiamo alla Cgil, quando è noto - perché sta scritta nero su bianco nella rivista che dirigo - il mio appoggio alla lotta contro l'abolizione dell'articolo 18 (appoggio per il quale vengo attaccato dai miei lettori -- ed è giusto che sia così, per carità, però tale appoggio c'è e resta).
Così è insomma delle vostre affermazioni, che mi dipingono per quel che non sono, che mi attribuiscono intenzioni e idee che non ho mai avuto, per avere ragione delle cose che io dico davvero. È questo che voi chiamate dibattito politico? O non è piuttosto un soliloquio? Io opto per la seconda ipotesi.

Ciò che io ho detto davvero è che la presenza dei "disobbedienti" etero o non etero, è benvenuta (da me, che sono un militante del movimento gay, e non il movimento, sia chiaro) se rispetta il percorso politico e culturale di questo movimento. Se non pretende di imporre un'altra cultura, quella della violenza, che gli è estranea.
Due manifestanti eterosessuali -- be', uno e mezzo (uno č un bebč).Questa presenza rispettosa c'è stata, e quindi è da me giudicata benvenuta, contrariamente a quel che voi scrivete che io avrei dovuto pensare se avessi davvero dovuto pensare ciò che a vostro parere avrei dovuto pensare... (ALT! Siete troppo tortuosi: altro che "dottor sottile"!).
La manifestazione c'è stata, ed anche coloro che come voi non ci hanno creduto incasseranno da domani i dividendi dell'iniziativa. Perché così è, ed è giusto che sia così: il movimento gay ha sempre fatto questo: "quattro pazze isteriche" che ci siamo sputtanate ed abbiamo rinunciato a tante belle scopate per investire tempo a cercare di cambiare il mondo per tutti i gay, anche quelli che alle nostre iniziative non credevano affatto.
Era giusto in passato, ed è giusto anche oggi che da domani voi godiate della vittoria nella battaglia in cui non avete creduto (ma a cui avete comunque, in extremis, partecipato). Questo, vuol dire essere un Movimento. Solo alcuni danno, tutti guadagnano. E a me così va benissimo. E a voi?

Infine un appunto.
La disobbedienza, che voi presentate come un valore in sé, è solo un feticcio.
Disobbedisce il medico che rifiuta di aiutare la donna che ha bisogno di abortire, disobbedisce la Chiesa cattolica alla legge sull'aborto, disobbedisce a quella sul divorzio, disobbedisce alle leggi antidiscriminazione, alle leggi antipedofilia, alle leggi antistupro. Disobbedisce, ha sempre disobbedito, ha sempre reclamato un "Foro Ecclesiastico" per non dovere obbedire alle leggi che valgono per gli altri.
Disobbediscono i ricchi quando non pagano le tasse, e i contributi ai dipendenti, quando fanno lavorare in nero quegli extracomunitari che citate ma anche quei cittadini italiani (come me) che non citate. E questo è un valore, per voi, vero?

Cari compagni, c'è disobbedienza e disobbedienza.
Disobbedire? Dipende a cosa e a chi. Essere "disobbedienti" in sé e per sé non è un merito, come ho già scritto la volta scorsa.
Credo che una cultura incapace di fare questa minima considerazione non sia un cultura politica adeguata alle sfide dei prossimi decenni.
Se questo basta per farmi dare del fiancheggiatore fascista, la cosa non mi turba: un insulto in più è solo uno fra i tanti.

Con ricambiato affetto.

Giovanni Dall'Orto

[Per leggere il delirante comunicato stampa di Forza Nuova dopo il PadovaPride, fare clic qui].


Da "Queer-it" e "Deviazioni". Ripubblicazione consentita solo previo permesso degli autori: scrivere per accordi.

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