Il convitato Di Piero.
Le elezioni amministrative e il matrimonio gay.
[Inedito - 15 maggio 2012]
di:
Giovanni Dall'Orto.
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Due notizie di segno opposto in questi giorni mostrano che ancora prima di concludersi nel ballottaggio del prossimo weekend la tornata elettorale del 6 maggio ha iniziato a dare i suoi frutti anche per il mondo gay. E sono frutti non da poco.
La prima notizia è l'intimazione lanciata il 9 maggio 2012 da Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center di Roma, che ha imposto a Beppe Grillo di svelare subito cosa ne pensi dei matrimoni gay: "Visto che punta a far entrare il suo movimento in Parlamento chiediamo a Grillo: cosa pensa dei matrimoni gay o delle unioni civili?".
La seconda notizia è l'adesione
dell'Idv alla posizione di Obama favorevole al matrimonio fra persone dello
stesso sesso. Secondo "l'Espresso" la posizione accomuna
tanto Di Pietro quanto il capogruppo Idv alla Camera, Massimo
Donadi, quindi non propriamente esponenti di seconda fila. Ed è
la prima volta che un partito italiano si esprime a favore del matrimonio
gay.
Qui ci crolla un tabù...
Le due notizie rappresentano perfettamente
il simbolo del "prima" e del "dopo" 6 maggio del panorama politico italiano.
Marrazzo rappresenta la tradizione (frin
troppo ricca!) dei militanti lgbt sdraiati sulla volontà
dei partiti politici, anche a costo di lasciare il mondo lgbt italiano
con un pugno di mosche in mano. E che fedele alla consegna ora si precipita
a stoppare il pericolo-Grillo prima che prenda troppo piede.
La sua domanda è doppiamente ridicola,
uno perché qui stiamo parlando di elezioni amministrative (e quindi
prima di chiedere a Grillo cosa intenda fare in Parlamento occorrerebbe
aspettare che ci sia almeno stata una candidatura in tal senso),
e due perché poche settimane prima il Partito democratico, di cui
Marrazzo è uno dei troppo numerosi portavoce nel mondo gay,
s'era
attivamente e con successo opposto alla discussione del tema del
"matrimonio gay" nell'apposita commissione parlamentare. Logica avrebbe
quindi voluto che Marrazzo semmai interrogasse sulle sue posizioni
il Pd, che in Parlamento c'è già, e non certo Beppe Grillo,
che non c'è proprio.
Oltre tutto Paola Concia aveva
appena calamitato su questa discussione l'attenzione di tutti noi, interpretando
superbamente la sua solita parte ("facite ammuìna") per nascondere
dietro al suo iper-attivismo l'immobilismo del suo partito, sbracciandosi
nel ruolo della Madonna delle Sette Spade e dei Quattordici Dolori che
ha pianto, strillato, lamentato, maledetto, supplicato, intimato, singhiozzato,
ululato perché le strappavano dal core suo quella discussione a
cui lei teneva tanto e tanto!
Poi gliela hanno silurata e affondata,
il pericolo è cessato, lei s'è calmata di botto tacendo e
reclinando il capino esausto, il tema è daccapo sprofondato nel
nulla fra l'indifferenza generale... e tutti lì a stringerle la
mano per la superba interpretazione drammatica che ha impresso nei nostri
cuori il concetto che "c'è un giudice a Berlino" e che "c'è
Paola Concia nel Pd". Peccato che la parte che non ci vien mai detta è
che nel Pd c'è solo lei e poco altro (uno Scalfarotto non
fa primavera...), cioè che è tutta facciata e niente sostanza...
ma non si può avere tutto dalla vita!
A particolare dimostrazione di quanto
poco contino nella realtà gli zelanti servitori lgbt del Pd è
ora arrivata - ciliegina sulla torta - la
dichiarazione del buon Bersani, che ha escluso che il suo partito arrivi
mai a parlare di matrimoni gay, giustificandosi con una
menzogna clamorosa: la Costituzione, a parer suo (ma
non secondo la Corte Costituzionale, interrogata espressamente sulla
questione nel 2010) proibisce i matrimoni gay.
Di fronte a questa netta chiusura, spicca maggiormente l'inattesa dichiarazione dell'Idv, perché costituisce la classica "crepa nella diga". Che può essere sottilissima, ma che una volta formata è destinata prima o poi a far crollare la diga. Il fiume della storia potrà così finalmente ricominciare a scorrere anche in Italia!
Infatti, una delle anomalie più clamorose della realtà politica gay italiana degli ultimi decenni è stata che il movimento lgbt italiano non ha avuto nessun interlocutore politico con cui dialogare. Ovunque ci si girasse, a differenza di quanto avveniva in qualsiasi nazione democratica, l'intero fronte dei partiti era ostile alle nostre istanze. E no, non mi consolava sapere che Ferrero o Vendola (la cui posizione sul tema è del resto netta e priva d'ambiguità: "Non voglio che la mia vita venga allusa attraverso un acronimo"...) "personalmente" fossero favorevoli al matrimonio gay, a me importava sapere se i loro partiti avessero pubblicamente mai inserito la richiesta del matrimonio gay nel loro programma o no (e la risposta era "no").
Quanto abbia pesato negativamente questa serrata lo ha mostrato concretamente il fatto che le sole realtà del nostro mondo che abbiano ottenuto qualcosa, in questi ultimi anni, siano state quelle che non avevano come interlocutore i partiti politici, come per esempio Agedo (che parla con la società civile) o "Rete Lenford" e "Certi diritti" (che si confrontano col potere giudiziario).
Com'è stato possibile tutto ciò?
Io una spiegazione io ce l'avrei. E non tira in ballo la Chiesa cattolica,
che troppe volte m'è sembrata solo il capro espiatorio più
comodo, e non certo il responsabile più reale.
La mia spiegazione (sbaglierò,
ma è la spiegazione che mi do io) è che l'Italia è
stata bloccata per troppi anni dall'immane quantità di sforzi e
intelligenze sprecate inutilmente nel progetto demenziale di creare (all'unico
scopo - riuscito - di ricilcare l'intero gruppo dirigente del Partito
comunista italiano) il Partito democratico, cioè un partito
che fosse al tempo stesso socialdemocratico, "ma anche" neoliberista, "ma
anche" clericale. Un tipo di partito che non esisteva in nessun altro Paese
al mondo... e forse un motivo ci sarà stato.
Grazie a questa chimera, in Italia è
mancato per un quindicennio una forza d'opposizione e rinnovamento, lasciando
campo aperto a clericali, berlusconisti e leghisti di ogni tipo e colore.
Ormai il progetto del Partito democratico
è palesemente fallito, vista l'impossibilità di
quel partito di trovare un accordo interno su qualsiasi argomento,
però nessuno ha il coraggio di essere il primo a dirlo, e quindi
saremo costretti a continuare a lodare i bellissimi vestiti nuovi dell'imperatore
fino alle prossime elezioni, mentre sappiamo tutti che il re è nudo,
e che Rosi Bindi e Cristiana Alicata, Pietro Ichino o Gabriele Scalfarotto
e i sindacalisti Cgil non possono convivere, dato che la loro collocazione
naturale è ovvia: su fronti contrapposti, e non certo assieme.
In questo scenario mi spuntano i "grillini"
che si comportano come il bambino che grida che il re è nudo? E
ben vengano allora i grillini!
Specie ora che la stella polare di Uòlter
(ve lo ricordate, Uòlter? Quello che credeva che per sconfiggere
Berlusconi fosse sufficiente che lui non lo nominasse?), cioè
il Partito democratico statunitense, ha un presidente in campagna elettorale
che
ha appena detto di essere favorevole al matrimonio gay.
Ma voi v'immaginate Bersani che dice una
roba del genere? Sarebbe come pretendere che lo facesse Littorio Feltri!
Anzi
no: Feltri lo ha appena fatto! E invece Bersani ha appena fatto
l'opposto! (Poi uno dice che gli elettori
hanno le idee confuse, hanno...)
Ecco i motivi per cui io dico che stiamo
assistendo in diretta al primo scricchiolio che segnala il prossimo crollo
d'una diga.
Una volta che anche un solo partito è
sfuggito alla consegna per cui "sul matrimonio gay non è concesso
discutere", va a pezzi il fronte, perché a questo punto i cittadini
potranno di nuovo scegliere, cosa che nell'Italia del Pensiero Unico
era impossibile.
Certo, c'è chi dice che Di Pietro
ha fatto questa mossa perché ha una tremenda urgenza di "caratterizzarsi"
rispetto ai "grillini" (specie dopo le figuracce di merda con gli
Scilipoti)
con prese di posizione di portata nazionale e non locale, prima che i grillini
gli sifonino via tutto l'elettorato.
E fra i miei amici non è mancato
chi ha commentato la mossa come un furbesco suggerimento proveniente da
Franco Grillini, abile nel fiutare l'aria e voltarsi nella direzione verso
cui tira il vento.
Ebbene, la sapete una cosa? Anche se
fosse così, embé?
A me non interessa se il gatto sia rosso
o nero, a me basta che prenda i topi. A me non importa se l'Idv stia facendo
una mossa furbetta o no, importa solo che l'abbia fatta, e che da questo
istante in poi ricoprirà il ruolo del "convitato... di pietro" nel
dibattito sul matrimonio gay.
E anche se Franco Grillini fosse solo
abile nell'annusare il vento... un embé? doppio. Sarebbe
proprio ora che i politici lgbt imparassero tutti a sentire
il vento che viene dal mondo lgbt e ad orientarsi secondo quel che esso
chiede (si chiama: "democrazia"), invece di dedicare tutto il loro tempo
a cercare di orientare il mondo lgbt secondo le direttive del vento che
soffia dal loro partito, come han fatto fin qui.
Ho un ricordo da incubo d'un incontro,
un annetto fa, in cui cinque politici gay (di Pd, Idv, Sel, e Verdi), cercavano
di convincermi del fatto che il matrimonio no, il matrimonio era troppo,
meglio chiedere i Pacs perché "la classe politica italiana non
è pronta al matrimonio".
Ebbene: la mossa dell'Idv - strumentale
o no che sia, furbetta o no che sia, opportunistica o no che sia - da oggi
rende inutilizzabile questo argomento cretino. Da ora in poi si può
rispondere "Non è la classe politica italiana a non essere pronta:
è la classe politica del tuo partito, a non esserlo. Ma c'è
rimedio: se non lo è nel tuo partito, allora la cercheremo in un
altro".
Voi pensate che un ragionamento del genere possa infine mettere un pochino di pepe al culo ai nostri politici? Io ho come la sensazione che la risposta sia "sì"...