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Se ti chiamano "frocio".
Come difendersi dagli insulti.
[da "Babilonia" n. 88, aprile 1991, pp. 52-53]

di: Giovanni Dall'Orto

Se sei gay t'insultano e ti sottopongono a mobbing? Niente paura: esiste una specie di "judo verbale" per difendersi dalle ingiurie. Ecco un piccolo manuale per chi non lo conosce ancora.


Succede con una certa frequenza di sentirsi chiedere da giovani gay: "Come fare a difendersi quando qualcuno ti sfotte?". Segno che la beffa e l'insulto ai danni dell'omosessuale restano una  gloriosa tradizione che non accenna a sparire.
Vignetta di Sergio Perini: un uomo spara lettere da un fucile
Disegno di Sergio Perini (con pseudonimo "Caruso") che accompagnava l'articolo. Per gentile concessione dell'autore.

La beffa e l'insulto non sono semplici manifestazione di cattiveria gratuita. Sono, in ogni società, uno strumento che serve a mantenere in riga la gente. Lo scherno mostra a tutti in modo chiaro che chi ha un certo comportamento deve essere condannato.

Fino a qualche secolo fa lo scherno pubblico faceva parte delle punizioni che la giustizia comminava ai colpevoli di certi reati. Oggi diciamo: "mettere alla berlina qualcuno" per dire "prenderlo in giro", ma in passato la frase significava condannare qualcuno all'effettiva esposizione al disprezzo pubblico, alla gogna.

Oggi siamo più "civili", e la berlina è solo metaforica, ma non per questo ha cessato di avere un potente effetto di dissuasione.
Ancor oggi lo scherno è l'arma con cui ci difendiamo da tutto ciò che essendo sconosciuto e diverso da noi ci crea angoscia. Al tempo stesso lo scherno è un modo in cui la società ci permette di sentirci superiori a chi si comporta in modo diverso da noi.

Ovvio che gli omosessuali, "diversi" per antonomasia, siano bersagli designati delle beffe altrui.


Come difendersi
Esiste un modo per difendersi dallo scherno? Sì, esiste, ma esclusivamente a patto che l'omosessuale che lo usa sia sicuro delle sue scelte e che non si vergogni di quel che è.
Se si ribatterà con intelligenza alle prese in giro, il problema delle prese in giro si risolverà nel giro di un paio di mesi senza lasciare strascichi. Se gli altri ti temeranno per la tua lingua affilata come un rasoio, ti lasceranno in pace.

Questa strategia consiste nel confondere le attese di chi ti prende in giro.
Lo scherno, proprio perché è un comportamento sociale ritualizzato, si basa su alcune aspettative e su regole precise.

Se io ti prendo in giro accusandoti di essere un ladro, mi aspetto che tu ti vergogni e che tu neghi di essere un ladro. Ma se tu mi rispondi di essere effettivamente un ladro e mi prendi in giro a tua volta perché sono tanto stupido da non sapere che sono  anche un assassino, avrai ribaltato i ruoli inziali. Se tu che ora sfotti me.
Certo, io cercherò di sfotterti a mia volta per queste due accuse. Però se tu ribatterai che non solo sei ladro e assassino, ma anche stupratore, e cannibale, e contrabbandiere, comincerò a sospettare che tu stia riuscendo a prendermi in giro.

Il tuo non è infatti l'atteggiamento di chi si sente colpevole: è l'atteggiamento di chi ha la coscienza a posto e quindi mi giudica così goffo e stupido da non rendersi conto che l'accusa di furto nei miei confronti è talmente ridicola da non meritare nemmeno di essere presa sul serio.


Un esempio
Qui di seguito ecco un dialogo simulato in cui si fa uso delle tecniche che ho suggerito. E scusami se per verosimiglianza ho usato parolacce molto volgari, ma di scambi d'insulti educati e raffinati devo ancora vederne...

Immaginiamo che tu entri in classe a scuola (o in ufficio o in fabbrica) e che un collega o compagno ti accolga dicendo: "Guarda chi c'è qui! Il frocio di merda!"

Ecco lo svolgimento di un botta-e-risposta immaginario:

Tu:"Di merda sarai tu".

L'altro: "Ah, allora sei frocio?".

Tu:"Ah, allora tu sei di merda?".

L'altro: "Di merda sei tu, che ti piace il cazzo".

Tu:"E a te no? Credi che non so che mi hai fermato perché vuoi il mio?".

L'altro: "Che ti credi, mica sono frocio come te, io".

Tu:"Non è colpa mia se sei nato malato".

L'altro: "Malato sei tu, che lo pigli nel culo".

Tu:"Come lo sai? Frequenti certi ambienti? Magari ti fai chiamare "Samantha"?".

L'altro: "Sìì: Samantha sei tu! (Scheccando): Uuuh! Samanthaaa!".

Tu:(Mimando il modo di parlare di un travestito) "Uuuh, ciao Ursula, scusa se non ti avevo riconosciuta! Ma sai, così, travestita da maschia non sembri tu! Allora, com'è andata ieri sera con quell'arabo? Chissà se riesci a sederti stamattina?".

L'altro: "Oh, cazzo, per chi mi hai preso?".

Tu:"E tu, da chi l'hai preso?".

L'altro: (Allarmato: le cose non vanno come aveva previsto): "Oh, ma che cazzo vuoi da me?".

Tu:"Non il tuo: dicono che è piccolo. E tu invece perché mi hai rivolto la parola? Vuoi qualcosa da me?".

L'altro: (Rassicurato: questo è familiare): "Sì, il tuo culo, Samanthaaa!".

Tu:"Perché, ti piacciono gli uomini?".

L'altro: (Ridendo): "'Sto cazzo, tu sei donna e ti chiamano Samantha".

Tu:"No, mi chiamano Sabrina, e poi vedo che alla tua età non sei ancora riuscito a vedere com'è fatta sotto una donna se fai questi sbagli!".

L'altro: "Io le donne me le fotto tutte: a me piace la figa, capito? La figa!" (fa con le mani il gesto della figa).

Tu:"E allora purtroppo non ho nulla da offrirti perché sotto ho solo il pesce". (Parlando come un travestito) "E adesso scusami Ursula perché ho dei clienti che mi aspettano di là: sai, mezzo milione a botta, non so se mi spiego. Sono uomini sposati: a tutti gli sposati piace farselo mettere.. Ah questi normali! ... (Allontanandoti) Ciao, Ursula, a domani!".

L'altro: (Mentre ti allontani) "Frocio! Rotto in culo!".

Tu:(Girandoti) "Piacere, io invece mi chiamo... [qui il tuo nome e cognome, come se fosse una presentazione]. Ciao Uuuuursula!".
 

Striscia del fumetto ''Lupo Alberto'': Enrico la tapa scandalizza la moglie col suo linguaggio
Ancora Enrico la talpa, che non ha palesemente bisogno di consigli sull'autodifesa verbale... La serie di strisce su "Enrico la talpa" in versione gay è apparsa in: Silver, Il grande Lupo Alberto, Rizzoli Bur, 1991 (in edizione economica).


Commento
Avrai notato due elementi in questi colloquio fittizio: il primo è che qui do per scontato che l'interlocutore non ricorrerà subito alla violenza (cioè che siamo di fronte al mobbing, non alla pure e semplice aggressione per strada). Ciò significa che egli è un compagno di scuola, un collega di lavoro, insomma qualcuno tenuto a non provocare risse nell'ambiente in cui vi incontrate.
(Se invece il tuo avversario è uno sconosciuto in una città sconosciuta che cerca la rissa, non stare a discutere: è più prudente far finta di non sentirlo e tagliare la corda!).

Il secondo elemento è che sei tenuto a rispondere secondo i più scontati cliché maschilisti ("tengo il pesce" "ce l'hai piccolo" eccetera), anche se non ci credi affatto, perché questa è la regola del gioco. Tuttavia tu puoi barare, ammettendo di avere comportamenti contrari agli stereotipi maschilisti, cosa che il tuo avversario non può fare, e ciò ti dà il vantaggio decisivo.

Non è necessario inventare battute nuove per ognuno (molti si lamentano: "Le risposte mi vengono in mente solo dopo"): usa pure sempre le stesse: (tipo: "Che cazzo vuoi?" "Non il tuo" eccetera). Ciò renderà ancora più scontato, banale e privo d'interesse il flusso d'ingiurie che viene dai tuoi avversari.

Potrai sfruttare con enorme vantaggio la presunzione del tuo avversario: tutti gli eterosessuali danno per scontato che nessun "frocio" riuscirà a resistere di fronte al loro meraviglioso batacchio e alla loro bellezza. Tu invece fa' capire che sei sì frocio, ma piuttosto che andare a letto con un rospo come lui preferisci "farti monaca". Lo prenderai di contropiede perché questa è l'ultima cosa che si aspetterebbe da te.

Inoltre il segreto per non farti mai prendere in contropiede è semplice: parla dando sempre per scontato che il tuo avversario è un omosessuale represso, che ti aggredisce perché non osa farti apertamente la proposta, che ti desidera follemente, che non ha alcuna vita sessuale, che nessuno lo vuole e per questo invidia la tua vita sessuale... e rispondi di conseguenza.

Tra l'altro non sarai lontano dal vero perché chi vive serenamente la propria sessualità non sente il bisogno di andare a sfottere gli altri per la loro.

E a volte succede che la si imbrocchi a tal punto che una serie di ingiurie inizia in un corridoio e finisce nella camera da letto.

A patto che l'avversario sia meritevole di tale onore, va da sé!



Edito originariamente come: La lingua che uccide, con lo pseudonimo "Virginio Mazzelli", in "Babilonia" n. 88, aprile 1991, pp. 52-53.
Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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