Tommaso Campanella ritratto da Francesco Cozza, circa 1630. (Roma, Collezione Caetani).
Scrittore e filosofo italiano.
Nato a Stilo, vicino a Reggio Calabria, da un ciabattino analfabeta, entrò a tredici anni nell'Ordine domenicano per compiere gli studi grammaticali e filosofici. Elaborò ben presto una filosofia anti-Scolastica che gli valse, fin dalla pubblicazione della prima opera (Philosophia sensibus demonstrata, 1591) una condanna da parte dell'Inquisizione. Campanella non si sottomise e, disobbedendo all'ordine di tornare in Calabria, fu in varie città italiane, fino a quando nel 1597 un nuova condanna dell'Inquisizione, per eresia ed infrazioni disciplinari, lo costrinse a tornare nella regione d'origine. Qui egli si fece portavoce del malcontento contro le ingiustizie sociali, lo strapotere della Chiesa, il dominio spagnolo, e fu tra gli organizzatori d'una vasta sollevazione popolare.
Frontespizio di alcune delle numerose opere filofiche di Campanella. Liberato nel 1626, fu subito chiamato a rendere conto dei suoi trascorsi e delle sue idee dal Sant'Uffizio di Roma, e qui rimase in carcere per altri due anni. Una volta libero riprese le sue battaglie politiche e religiose, battendosi per l'eguaglianza sociale e per azioni missionarie, concependo il cristianesimo come religione perfettamente razionale, derivando da Cristo, Prima Ragione assoluta... Nel 1634 seppe in tempo che il governo di Napoli l'accusava d'essere il mandante di un'altra congiura e riuscì così a fuggire a Parigi, dove trascorse gli ultimi anni e dove morì.
Tommaso Campanella in un'incisione coeva La scoperta di tendenze omosessuali in Campanella è recentissima, non essendoci fin qui note testimonianze in tal senso da parte dei suoi contemporanei.
Oltre a ciò, nelle Orazioni tre, Campanella descrivendo i peccati in cui sono immersi gli esseri umani esecra coloro che:
Dopo la pubblicazione del documento sopra citato assume però un nuovo significato la presenza, nel pregevole canzoniere poetico (eterosessuale) di Campanella, di due sonetti d'amore del luglio 1601 (Sonetto fatto al signor Petrillo, e Sonetto fatto al medesimo) [5], scritti in carcere a Napoli per Petrillo Cesarano, adolescente nipote del medico che curò Campanella dopo la tortura. Nel primo Campanella loda la bellezza del "bellissmo" ragazzo e così lo apostrofa:
Nel secondo ricorda che la bellezza fisica è destinata a svanire in poco tempo, oppure, s'è espressione di bellezza interiore, a tornare a Dio che l'ha prodotta, invitando perciò a concederla a chi può dare, in contraccambio, virtù e bontà, e non solo frivole parole:
Nonostante questi documenti, la questione delle preferenze sessuali di Campanella va attualmente considerata aperta.
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Note
[1] Luigi Firpo (a cura di), Il supplizio di Tommaso Campanella, Salerno, Roma, 1985, p. 178. [2] "Se si trovano in sodomia, sono vituperati, e li fan portare due giorni legata al collo una scarpa, significando che pervertiro l'ordine e posero li piedi in testa, e la seconda volta crescen la pena finché diventa capitale".
[3] "E tutti son maledici li poeti d'ogge per Marte; e per Venere e per la Luna parlano di bardascismo e puttanesmo.
[4] Tommaso Campanella, Orazioni tre in salmodia metafisicale congiunte insieme, dalla Scelta d'alcune poesie filosofiche [1621]. In: Tutte le opere, Mondadori, Milano 1954, vol. I, pp. 145-150, a p. 147. [5] In: Tommaso Campanella, Tutte le opere, Mondadori,Milano 1954, vol. I, pp. 261-262.
[6] Ibidem, p. 261. [7] Ibidem, p. 262. |