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Libro
I, cap. XXXII
[Roma,
circa 1520/21]
[Pentesilea
si vendica "rubando" al Cellini un ragazzo, Luigi Pulci, "amico" anche
di Michelangelo, e poi "marchetta"
del cardinale Girolamo
Balbi].
Se
bene io mi discosterò alquanto dalla mia professione, volendo narrare
alcuni fastidiosi accidenti intervenuti in questa mia travagliata vita;
e perché avendo
narrato per l'adrieto di quella virtuosa compagnia e delle piacevolezze
accadute per conto di quella donna che io dissi, Pantassilea;
la quale mi portava quel falso e fastidioso amore; e isdegnata
grandissimamente meco per conto di quella piacevolezza,
dove era intervenuto a quella cena Diego
spagnuolo di già ditto, lei avendo giurato vendicarsi
meco, nacque una occasione, che io descriverò, dove corse la vita
mia a ripentaglio grandissimo.
E questo
fu che, venendo a Roma un giovanetto chiamato Luigi Pulci, figliuolo
di uno de' Pulci al quale fu mozzato il capo per avere usato [avuto
rapporti sessuali] con la figliuola [2];
questo ditto giovane aveva maravigliosissimo ingegno poetico e cognizione
di buone lettere latine; iscriveva bene; era di grazia e di forma oltramodo
bello.
Erasi
partito da non so che vescovo, ed era tutto pieno di mal franzese [sifilide].
E perché, quando questo giovane era in Firenze, la notte di state
[d'estate] in alcuni luoghi della città si faceva radotti
innelle proprie strade [raduni nelle strade], dove questo giovane
in fra i migliori si trovava a cantare allo inproviso [improvvisando];
era tanto bello udire il suo, che il divino Michelagnolo
Buonaroti, eccellentissimo scultore e pittore, sempre che sapeva
dov'egli era, con grandissimo desiderio e piacere lo andava a udire; e
un certo, chiamato il Piloto, valentissimo uomo, orefice, e io gli
facevomo campagnia.
In
questo modo accadde la cognizione [conoscenza] infra Luigi Pulci
e me; dove, passato di molti anni, in quel modo mal condotto [ridotto
male] mi si scoperse a Roma, pregandomi che io lo dovessi per l'amor
de Dio aiutare.
Mossomi
a compassione per le gran virtù sua, per amor della patria, e per
essere il proprio della natura mia [perché io sono compassionevole
di natura], lo presi in casa e lo feci medicare in modo, che per essere
a quel modo giovane, presto si ridusse [ritornò]
alla
sanità.
In
mentre che costui procacciava per essa sanità [era convalescente],
continuamente studiava, e io lo avevo aiutato provveder di [procurarsi]
molti libri sicondo la mia possibilità; in modo che, cognosciuto
questo Luigi il gran benifizio ricevuto da me, più volte con parole
e con lacrime mi ringraziava, dicendomi che se Idio li mettessi mai inanzi
qualche ventura, mi renderebbe il guidardone [la ricompensa] di
tal benifizio fattoli. Al quale io dissi, che io non avevo fatto allui
quello che io arei voluto, ma sì bene quel che io potevo, e che
il dovere delle creature umane si era sovvenire [aiutare] l'una
l'altra; solo gli ricordavo che questo benifizio, che io gli avevo fatto,
lo rendessi a un altro che avessi bisogno di lui, sì bene come lui
ebbe bisogno di me; e che mi volessi bene da amico, e per tale mi tenessi.
Cominciò
questo giovane a praticare [frequentare] la Corte di Roma, nella
quale presto trovò ricapito, e acconciossi con [si mise a servizio
di] un vescovo, uomo di ottanta anni, ed era chiamato il vescovo
Gurgensis
[Girolamo Balbi, NdR]. Questo vescovo aveva un nipote,
che si domandava [chiamava] misser Giovanni: era gentiluomo
[nobiluomo] veniziano.
Questo
ditto misser Giovanni dimostrava grandemente d'essere innamorato delle
virtù di questo Luigi Pulci, e sotto nome di queste sue virtù
se l'aveva fatto tanto domestico [intimo amico], come se fussi lui
stesso.
Avendo
il detto Luigi ragionato di me e del grande obrigo [obbligo] che
lui mi aveva, con questo misser Giovanni, causò che 'l detto misser
Giovanni mi volse [volle] conoscere. Nella qual cosa accadde, che
avendo io una sera infra l'altre fatto un po' di pasto [preparato da
mangiare] a quella già ditta Pantassilea, alla qual cena
io avevo convitato molti virtuosi amici mia, sopragiuntoci a punto ne l'andare
a tavola il ditto misser Giovanni con il ditto Luigi Pulci,
apresso [dopo] alcuna cirimonia fatta, restorno a cenare con esso
noi.
Veduto
questa isfacciata meritrice il bel giovine, subito gli fece disegno
[gli
mise gli occhi] addosso; per la qual cosa, finito che fu la piacevole
cena, io chiamai da canto il detto Luigi Pulci, dicendogli, per quanto
obrigo lui s'era vantato di avermi, non cercassi in modo alcuno la pratica
[la compagnia] di quella meretrice. Alle qual parole lui mi disse:
- Oimè, Benvenuto mio, voi mi avete dunque per uno insensato? -
Al quale io dissi: - Non per insensato, ma per giovine; e per Dio gli giurai
che di lei io non ho un pensiero al mondo [non m'importa nulla],
ma di voi mi dorrebbe bene, che per lei voi rompessi il collo -.
Alle
qual parole lui giurò che pregava Idio che, se mai e' le parlassi,
subito rompesse il collo. Dovette questo povero giovane fare tal giuro
[questo giuramento] a Dio con tutto il cuore, perché e' roppe
[si ruppe] il collo, come qui appresso si dirà.
Il
detto misser Giovanni si scoprì seco [rivelò di nutrire]
d'amore sporco e non virtuoso; perché si vedeva ogni giorno mutare
veste di velluto e di seta al ditto giovane, e si cognosceva [capiva]
ch'e' s'era dato in tutto alla scelleratezza e aveva dato bando alle
sue belle mirabili virtù, e faceva vista [finta] di non mi
vedere e di non mi cognoscere, perché io lo avevo ripreso [rimproverato],
dicendogli che s'era dato in preda a brutti vizii i quali gli arien [avrebbero]
fatto rompere il collo come disse.
Libro
I, cap. XXXIII
[Benvenuto,
coltello alla mano, fa una scenata di gelosia… a Pentesilea per avergli
portato via Luigi Pulci, e poi sconfigge da solo - dichiara - dodici
poliziotti armati che li volevano proteggere i due amanti!]
Gli
aveva quel suo misser Giovanni compro [comprato] un cavallo morello
bellissimo, in el quale aveva speso centocinquanta scudi.
Questo
cavallo si maneggiava mirabilissimamente, in modo che questo Luigi andava
ogni giorno a saltabeccar con questo cavallo intorno a questa meretrice
Pantassilea.
Io,
avedutomi di tal cosa, non me ne curai punto, dicendo che ogni cosa faceva
secondo la natura sua; e mi attendevo a' mia studi.
Accadde
una domenica sera, che noi fummo invitati da quello scultore Michelagnolo
sanese a cena seco; ed era di state.
A questa
cena ci era il Bachiacca
già ditto, e con esso aveva [portato]
quella ditta Pantassilea, sua prima pratica [amante]. Così
essendo a tavola a cena, lei era a sedere in mezzo fra me e il Bachiacca
ditto: in su il più bello della cena lei si levò da tavola,
dicendo che voleva andare a alcune sue commodità [bisogni],
perché si sentiva dolor di corpo, e che tornerebbe subito.
In
mentre che noi piacevolissimamente ragionavàno e cenavamo, costei
era soprastata [stata via] alquanto più che il dovere [del
necessario]. Accadde che, stando in orecchi [con le orecchie tese],
mi parve sentire isghignazzare così sommissamente nella strada.
Io teneva un coltello in mano, il quale io adoperavo in mio servizio a
tavola. Era la finestra tanto appresso alla tavola, che sollevatomi alquanto,
viddi nella strada quel ditto Luigi Pulci insieme con la ditta Pantassilea,
e senti' di loro Luigi che disse: - Oh se quel diavolo di Benvenuto ci
vedessi, guai a noi! - E lei disse: - Non abiate paura; sentite che romore
e' fanno: pensano a ogni altra cosa che a noi -.
Alle
qual parole io, che gli avevo conosciuti [riconosciuti], mi gittai
da terra la finestra [mi getti a terra dalla finestra], e presi
Luigi per la cappa e col coltello che io avevo in mano certo lo ammazzavo;
ma perché gli era in sun un cavalletto bianco, al quale lui dette
di sprone, lasciandomi la cappa in mano per campar [salvarsi] la
vita.
La
Pantassilea si cacciò a fuggire in una chiesa quivi vicina.
Quelli
che erano a tavola, subito levatisi, tutti vennono [vennero] alla
volta mia, pregandomi che io non volessi disturbate né me né
loro a causa di una puttana; ai quali io dissi, che per lei io non mi
sarei mosso, ma sì bene per quello scellerato giovine, il quale
dimostrava di stimarmi sì poco: e così non mi lasciai
piegare da nessuna di quelle parole di quei virtuosi uomini da bene; anzi
presi la mia spada e da me solo me ne andai in Prati; perché la
casa dove noi cenavamo era vicina alla porta di Castello, che andava in
Prati.
Così
andando alla volta di Prati, non istetti molto che, tramontato il sole,
a lento passo me ne ritornai in Roma. Era già fatto notte e buio,
e le porte di Roma non si serravano [3].
Avvicinatosi a dua ore, passai da casa di quella Pantassilea, con animo,
che, essendovi quel Luigi Pulci, di fare dispiacere a l'uno e l'altro.
Veduto
e sentito che altri non era in casa che una servaccia chiamata la Canida,
andai a posare la cappa e il fodero della spada, e così me ne venni
alla ditta casa, la quali era drieto a Banchi in sul fiume del Tevero.
Al
dirimpetto a questa casa si era un giardino di uno oste, che si domandava
[chiamava] Romolo: questo giardino era chiuso da una folta siepe
di marmerucole [marruche,
arbusti spinosi da siepe], innella quale così ritto mi
nascosi, aspettando che la ditta donna venissi a casa insieme con Luigi.
Alquanto
soprastato [dopo avere atteso per un po'], capitò quivi quel
mio amico detto il Bachiacca, il quale o sì veramente se
l'era immaginato, o gli era stato detto.
Somissamente
mi chiamò compare (che così ci chiamavamo per burla); e mi
pregò per l'amor di Dio, dicendo queste parole quasi che piangendo:
- Compar mio, io vi priego che voi non facciate dispiacere a quella poverina,
perché lei non ha una colpa al mondo -. A il quale io dissi: - Se
a questa prima parola voi non mi vi levate dinanzi, io vi darò di
questa spada in sul capo -.
Spaventato
questo mio povero compare, subito se li mosse il corpo, e poco discosto
possette andare, che bisognò che gli ubbidissi [4].
Gli
era uno stellato, che faceva un chiarore grandissimo: in un tratto io sento
un romore di più cavagli [cavalli] e da l'un canto e dall'altro
venivano inanzi: questi si erano il ditto Luigi e la ditta Pantassilea
accompagnati da un certo misser Benvegnato perugino, cameriere [funzionario]
di papa Clemente, e con loro avevano quattro valorosissimi capitani
perugini, con altri bravissimi giovani soldati: erano in fra tutti più
che dodici spade.
Quando
io viddi questo, considerato che io non sapevo per qual via mi fuggire,
m'attendevo a ficcare [cercavo di ficcarmi] in quella siepe; e perché
quelle pungente marmerucole mi facevano male, e mi aissavo [aizzavano]
come si fa il toro, quasi risolutomi [avevo quasi deciso] di
fare un salto e fuggire; in questo, Luigi aveva il braccio al collo alla
ditta Pantassilea, dicendo: - Io ti bacerò pure un tratto, al dispregio
di quel traditore di Benvenuto -.
A questo,
essendo molestato dalle ditte marmerucole e sforzato dalle ditte parole
del giovine, saltato fuora, alzai la spada, e con gran voce dissi: - Tutti
siate morti -.
In
questo il colpo della spada cadde in su la spalla al detto Luigi: e perché
questo povero giovine que' satiracci l'avevano tutto inferrucciato di giachi
[corsetti di ferro] e d'altre cose tali, il colpo fu grandissimo;
e voltasi la spada, dette in sul naso e in su la bocca alla ditta Pantassilea.
Caduti
tutti a dua in terra, il Bachiacca con le calze [calzoni] a mezza
gamba gridava e fuggiva.
Vòltomi
agli altri arditamente con la spada, quelli valorosi uomini, per sentire
[al sentire] un gran romore che aveva mosso l'osteria, pensando
che quivi fossi l'esercito di cento persone, se bene valorosamente avevano
[nonostante avessero] messo mano alle spade, due cavalletti [cavalli]
infra gli altri ispaventati gli missono in tanto disordine [li misero
in tale scompiglio], che gittando dua di quei migliori sottosopra, gli
altri si missono in fuga: e io veduto uscirne a bene, con velocissimo corso
[fuga] e onore usci' di tale impresa, non volendo tentare più
la fortuna che il dovere.
(...)
[Successivametne
Benvenuto riesce a far pace con il comandante dei poliziotti, comprensibilmente
infuriato].
In
questo mentre guarito il ditto Luigi Pulci, ogni giorno era in quel suo
cavallo morello, che tanto bene si maneggiava.
Un
giorno in fra gli altri, essendo piovegginato, e lui atteggiava [faceva
volteggiare] il cavallo a punto in su la porta di Pantassilea, isdrucciolando
cadde, e il cavallo addòssogli; rottosi la gamba dritta in tronco,
in casa la ditta Pantassilea ivi a pochi giorni morì, e adempié
il giuro [realizzò il giuramento] che di cuore lui a Dio
aveva fatto.
Così
si vede che Idio tien conto de' buoni e de' tristi, e a ciascun dà
il suo merito.
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