Il titolo fa il verso a quello di un famosissimo lavoro di Bruno Bettelheim, in cui questo grandissimo conoscitore della psicologia infantile mette in rilievo che, oltre alla universalmente conosciuta invidia femminile del pene, esiste anche, molto più celata e pur latente, una inconscia invidia del maschio per ciò che è femmina.
E davvero mi sono divertito a rilevare questa secreta invidia eterosessuale verso l'omosessualità, negli pseudo-professoroni della nostra cultura televisivo-giornalistica, che all'indomani dell'infelice battuta del segretario di Alleanza Nazionale l'hanno bollata, pontificando da par loro, con le più incredibili e assurde interpretazioni pseudo-socio-storiche.
Parlo di gente come Biagi, De Crescenzo & company, che sono usciti con risibili panzane sui supposti amasii di Socrate (in particolare Alcibiade; sennonché, stando al Simposio, che evidentemente citano ad orecchio, è proprio il rapporto "consumato" che sarebbe da escludere...), sul valore dell'insegnamento socratico, leonardesco e affini. Mi spiace signori, io, diversamente da voi, mio figlio a scuola da maestri di quel tipo non so se l'avrei mandato. E certo non l'avrei mandato da quel misogino di Michelangiolo, né da quel pazzo di Michelangelo (Merisi). Piuttosto da Raffaello, quello sì che ha sfornato degli allievi in gamba!
Ed era decisamente eterosessuale. Ma soprattutto, era un bravo maestro. Quanti invece di questi liberal-progressisti manderebbero loro figlio a scuola da un travestito? che magari, poi, non necessariamente dovrebbe essere omosessuale! e magari, per competenza e attitudine all'insegnamento, potrebbe essere quanto di meglio c'è sul mercato. Solo che, con la sua "apparenza" - non la sua sostanza, si badi bene! - potrebbe "corrompere i giovani" (che è, per chi non lo sapesse, il motivo per cui Socrate venne accusato condannato e "giustiziato").
Questo è il punto: al solito, l'ipocrisia. Per esempio quella di chi ti bolla uno spinello per guardarti morire di delirium tremens o di cancro ai polmoni. Quella di chi ti obbliga a una cintura di sicurezza solo per rimpinzare ogni tanto le tasche, sue e di chi le fa. Quella di chi ti esclude dalle normali agevolazioni perché sei disoccupato. Ipocrisia veramente sopraffina, che ieri ti bolla con la parola "mostro" un povero pedofilo e oggi ti incensa la cultura grecoclassica e la sua insigne pederastia.
Vi risparmio il resto. La verità, al solito, è che il nostro giornalismo istituzionalizzato, sotto la falsa luce di una falsa obiettività che non fa che trasmettere false informazioni, adempie unicamente a quella tragica funzione, propria di tutte le istituzioni, che è sopravvivere, non importa con quanti scheletruzzi nell'armadio. Quello che importa sono solo le anodine statistiche con relativi gradimenti, o il deficiente intervento volante di quattro deficienti contattati en passant, a mo' di intervista.
Ma in tutto questo, il parere vero e reale degli omosessuali, chi l'ha approfondito? Chi ne ha sentito la voce, a volte dolente, a volte provocatoria, a volte irriverente? Chi ha sentito, nella propria interiorità, quanto ricca sia, tolto tutto che può esservi di esteriore, la loro umanità, e quanto poco essa diverga da quella dei cosiddetti eterosessuali?
La risposta è purtroppo ovvia, scontata. Al massimo si ricorda che il presidente dell'Arcigay ha detto questo e quello. Un "questo e quello" lapidariamente e sommariamente riassunto, travisato, spesso irriso. Non una sola delle sue parole viene riportata testualmente, se non annacquata in una gora di inesattezze. Non invidio davvero i gay: è già difficile dover convivere con il disprezzo di sé, e deve essere ben squallido dover sottostare - solo per un partito preso - anche a quello degli altri.
Ed è per tutto questo che io mi onoro, nel senso più alto e più pieno del termine, di ospitare in queste mie pagine gli scritti di chi, molto meglio di me, può aiutare a comprendere quale veramente sia, anche oggi, la condizione degli omosessuali in Italia. In realtà lo scritto che trovate qui sotto nasce - e infatti mi cita - come risposta alle mie obiezioni, espresse in via privata, allo studio sulla presunta omosessualità di Leopardi, presente altrove in queste stesse pagine (Leopardi: puro, etero, o gay?). Ma la problematica affrontata travalica di gran lunga questo motivo, tutto sommato, esteriore. E soprattutto dimostra, in modo evidente ed inoppugnabile, quale visione superficiale, distorta e, peggio, di maniera, ci venga propinata dell'omosessualità, giorno per giorno, continuamente, dai cosiddetti media. Che nemmeno si sognano di definire omicidio - di Stato o di Chiesa che importa?- quello di un Alfredo Ormando, il cui sacrificio (ricordate quello di Jan Palach?) getta una sinistra luce sul nostro vergognoso perbenismo, che preferisce dimenticare in fretta gli episodi "sgradevoli". Ha ben ragione Gunter Dworek, esponente di quel che potrebbe esser definito l'Arcigay tedesco, a dire che i gay possono anche essere legalmente tollerati, ma quanto a riconoscerne i diritti è tutt'altro discorso. Un discorso che, purtroppo, vale anche per l'Italia.
Per il testo di Bettelheim mi riferisco a Symbolic wounds: puberty rites and the envious male, The free press, Glencoe 1962. La versione italiana, edita da Sansoni, Firenze 1973, ha purtroppo eliminato l'espressione "maschio invidioso": Ferite simboliche. Un'interpretazione psicoanalitica dei riti puberali.
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