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[Foto Dall'Orto]. |
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L'omosessualità
fu di casa fra gli ultimi Medici, ed ha lasciato traccia di sé
nelle pettegole memorie di un cortigiano del XVIII secolo, la Storia
della nobile e reale famiglia de' Medici.[2].
L'opera fu (ri)pubblicata nel 1965 come Vita dei medici sodomiti, con l'attribuzione a un oscuro avvocato, Luca Ombrosi. Giuseppe Conti [3] ha però rivelato che è in realtà opera di Luigi Gualtieri, staffiere del granduca. Il titolo con cui è stata pubblicata l'edizione moderna è fuorviante, e non solo perché fra gli ultimi granduchi della casa de' Medici gli omosessuali non sono in realtà che due, ma anche perché Gualtieri non scrisse con lo scopo di raccogliere pettegolezzi "scabrosi" di tipo sessuale.
Il primo "sodomita" di cui parla Gualtieri è Ferdinando II (1610-1670), quinto granduca di Toscana.
Dal punto di vista sessuale questo sovrano fece il suo dovere: sposò nel 1635 la cugina Vittoria della Rovere e "produsse" due figli maschi che gli sopravvissero.
Luigi Gualtieri ci ha tramandato sulla questione diversi aneddoti rivelatori. *** Donna di poche parole, Sua Altezza attaccò discorso riferendo di aver scoperto che molti personaggi importanti si davano ad "abusi della carne" (cioè ad atti sessuali scandalosi): era necessario per il bene dello Stato che i colpevoli, i cui nomi aveva scritto su una lunga lista, fossero puniti. Guardata la lista il granduca rispose che non era stata informata a sufficienza, perché mancavano personaggi della stessa levatura, che egli voleva aggiungere. E presa la penna scrisse in cima all'elenco, a lettere maiuscole, il proprio nome. La grannduchessa obiettò che il gesto era dettato dal desiderio di "coprire" i personaggi scandalosi, ma che lei esigeva comunque una punizione. "Le domandò il Granduca", racconta Gualtieri, "a quali pene condannar li voleva, ed ella rispose: farli arder vivi. Allora il Granduca gettando la lista sul fuoco disse: eccoli puniti come li avete condannati" [4].Quanto alla moglie, i rapporti con lei s'interruppero quando Vittoria, entrata all'improvviso nella sua camera, lo trovò che faceva l'amore con il suo paggio Bruto Della Molara: "accadde un giorno che essendo il Granduca in camera, si trastullava con un suo bel paggio quando, ad un tratto, sopraggiunse inaspettatamente la Granduchessa, e trovò il Granduca in tale atto" [5].La povera Vittoria uscì senza dire niente, e mise un broncio stratosferico al marito. Ferdinando, lungi dall'essere imbarazzato, si risentì per il broncio della consorte. Unendo l'utile al dilettevole, si prese anzi una rivincita passando diciotto anni senza avere più rapporti sessuali con la moglie, "e si diede a divertirsi per altri modi" [6].
Il predicatore obbedì e il granduca, tornato a palazzo dopo la lavata di capo, chiamò il suo bel paggio e gli disse: "Hai inteso per chi è stata fatta stamani la predica? Èstata fatta per noi".Deciso a vendicarsi, Ferdinando (che evidentemente sapeva del predicatore qualcosa che la moglie ignorava!) incaricò il paggio di andare al convento con la scusa di recapitare al frate un dono da parte del padrone, ma in realtà con l'ordine di fare tutto il possibile per sedurlo. E in effetti la bellezza del ragazzo e le sue arti ottennero il risultato sperato. Quando il giorno dopo il frate andò a ringraziare Ferdinando, il granduca ripose che "gli aveva fatto quel regalo in premio della bella predica da lui recitata il giorno avanti sopra la sodomia, ma che di maggior frutto era stato l'esempio che dato aveva dopo pranzo al suo paggio" [7].Ciò detto, con faccia irata, se ne andò. Il povero predicatore, vittima di uno dei primi casi di outing della storia, mezzo morto di paura, fuggì da Firenze, e di lui non si seppe più nulla [8]. Si noti che quella tra Ferdinando II e Bruto della Molara fu una vera relazione di lunga durata, al punto che solo a 36 anni Bruto cessò infine di essere paggio del granduca. *** Ferdinando non era l'unico amatore della bellezza maschile a Corte. Fra gli altri anche due paggi, oltre tutto i più belli, avevano scoperto le gioie dell'omosessualità, e teneramente passavano le notti facendo l'amore.
A questo punto Zetti si rivolse a Ferdinando. Il granduca dimostrò la massima incredulità di fronte all'accusa, ma poiché Zetti insisteva, gli domandò di chiamarlo a verificare non appena avesse colto sul fatto i due ragazzi. Passa solo una notte ed ecco che i paggi recidivano. Zetti, lieto di mostrare di non aver raccontato bugie, corre dal granduca che afferra una candela, e via a cogliere sul fatto i ragazzi! "Entrato in camera trovò i due paggi abbracciati",specifica Gualtieri, ma se i due furono comprensibilmente spaventati dall'apparizione del granduca, non tardarono a capire che se la sarebbero cavata con poco. Infatti Ferdinando, "dato il candeliere in mano allo Zetti (...) si coricò in mezzo a quei due e si trastullò per qualche ora con i medesimi, facendogli lume lo Zetti; il quale si può credere che si trovasse mortificato e pien di rossore.Ferdinando II è sepolto nella monumentale Cappella dei Prìncipinella chiesa di San Lorenzo a Firenze.
Se Ferdinando II si divertì a farsi beffe degli scandalizzati contemporanei, suo nipote Giovanni Gastone (Gian Gastone) de' Medici (1671-1737), ultimo sovrano della casata de' Medici [1723-1737] fu ancora peggiore, e visse nell'ostentazione pubblica dei suoi gusti, mantenendo alla luce del sole ragazzacci che erano stati "gentili" con lui [11]. Come secondogenito maschio non fu considerato erede al trono se non quando, nel 1713, il primogenito Ferdinando morì senza eredi. C'è da aggiungere che Gualtieri segnala che egli approfittò dell'attività del fratello Ferdinando, raffinatissimo mecenate musicale, per avere rapporti non solo artistici con i musicisti (ad esempio Baldassarre Galuppi detto "il Buranello", 1706-1785) e i cantanti (come il celeberrimo castrato Gaetano Majorano, "il Caffarelli", 1710-1783). Il suo matrimonio, per motivi di alleanze dinastiche, con una principessa tedesco-boema (Anna Maria di Saxe-Lauenburg, 1672-1741), nel 1697, non produsse prole, e già nel 1699 Gian Gastone prese l'abitudine di trascorrere scandalosamente gran parte del tempo lontano dalla moglie, a Praga, dove il suo lacché Giuliano Dami.[12] gli procurava, fra gli studenti e i lacché, sempre nuovi amanti. Infine, nel 1705 Gian Gastone abbandonò la consorte e tornò a Firenze.
Dami, anch'egli omosessuale (come rivela il fatto che amava "assaggiare" lui stesso alcune nuove conquiste prima di portarle al sovrano), era nato nel 1683 ed era figlio di contadini. Gian Gastone l'aveva notato per la sua eccezionale bellezza al seguito del marchese Ferdinando Capponi, che aveva acconsentito a "cedergli" il paggio [13]. Nel 1723, alla morte del padre Cosimo III, Gian Gastone divenne granduca di Toscana ma, non avendo eredi, vide le Potenze europee spartire la successione al suo trono con lui ancora vivo. Così, pur essendosi dimostrato nella prima parte del suo regno capace di decisioni audaci, come l'abolizione delle esecuzioni capitali pubbliche, la soppressione della polizia politica e la cacciata dei gesuiti dallo Stato, dopo qualche tempo si lasciò prendere dallo scoramento e dalla depressione, finendo per passare gli ultimi anni sopravvivendo a se stesso e abbandonandosi ad eccentricità, soprattutto di tipo sessuale, poco o nulla preoccupandosi di governare. In questi anni ebbe come complice e factotum il Dami, che approfittò della sua posizione a corte per costruirsi una notevole ricchezza personale.
Dami era sempre alla ricerca di nuovi amanti per Gian Gastone; coloro che piacevano particolarmente al granduca ricevevano un vitalizio ed erano soprannominati "ruspanti" (dal nome di una moneta dell'epoca, il "ruspo"). Alla sua morte erano oltre 350 [14]! I ragazzi arrivavano al granduca per molte strade. In parte gli venivano portati, come detto, dal Dami: erano studenti spiantati, garzoni di bottega, "ragazzi di vita" senza arte né parte raccattati dovunque un viso bello ed un corpo eccitante facessero mostra di sé. In parte venivano da sé, attratti dalla fama di generosità del sovrano con chi fosse largo di... pantalone, e potevano essere ragazzi di classe sociale più alta, piccoli nobili entrati al servizio del principe come paggi o musicisti, come il già citato Caffarelli che, si lamenta lo scandalizzato Gualtieri, "in un caffè detto di Panone, ove si aduna gran nobiltà e cittadinanza, racconta e ha raccontato tutte le scene che passano dal Gran Duca in camera la sera, e sera per sera" [15].In parte infine arrivavano a corte per tutt'altri motivi e venivano prestamenete accalappiati dal granduca, come l'orfano quattordicenne giunto con la madre vedova e due sorelle a invocare una piccola pensione. Ottenuto un po' di denaro in elemosina, nell'andarsene s'era messo per la contentezza a suonare un flautino; essendo notte Gian Gastone lo udì, lo fece richiamare, si trattenne a "discutere" con lui... e gli fece ottenere anche più di quel che aveva chiesto [16]. Quale che fosse la strada per cui era arrivato a lui, nella seduzione del ragazzo il granduca seguiva un rituale preciso: "Come era introdotto il novizio gli dava del signore, lo lodava, gli guardava i denti se erano bianchi, che così gli piacevano, se era biondo, se aveva buon fiato, e se camminava disinvolto; poi lo faceva sedere sul letto e l'invitava a bere il rosolio, lo visitava se era di buon nerbo [membro virile] e se subito s'adirava [rizzava], che se non aveva queste due qualità non era di suo gusto".Dopo di che passava a dare del tu al ragazzo, si faceva baciare e infine, secondo Gualtieri, "vicendevolmente si mastupravano [masturbavano] o colle mani, o talora con la bocca, o in altro modo ecc" [17].Dopo l'atto il ragazzo veniva pagato e, se il Granduca era soddisfatto, veniva premiato con l'inserimento nella lista dei "ruspanti". Questo dei "ruspanti" era l'aspetto più clamoroso dei capricci amatori del granduca. Secondo Gualtieri, essendo i ruspanti "oltre centosessanta per ognuno dei due giorni destinati alla loro paga, essendo in tutto oltre 350 di numero, ogni volta che si introducevano per la paga vi era un frastuono e bordello sotto il loggiato e cortile dei Pitti fra loro" [18].Tanta bailamme non passava ovviamente inosservata. In particolare la sorella di Giangastone, comprensibilmente, "aveva in odio i ruspanti e non poteva soffrirli, e il Gran Duca, per farle dispetto, sapendo che il martedì e il sabato, giorni della paga, ella se ne stava ad un balcone da una finestra remota a vederli, ve li fa apposta trattenere tre o quattro ore" [19].Una volta, essendo saltato un giorno di paga, arrivò in un colpo solo "tutto l'esercito che furono circa 350, e sapendo l'odio che porta loro la Principessa, e ciò che di lei con loro dice il Gran Duca, la disprezzavano né la stimavano nulla" [20].I ragazzi "ruspanti" erano di solito tali di fatto oltre che di nome, e questo non faceva certo bene alla fama di Gian Gastone, dato che i ragazzacci non avevano ritegno di vantarsi con gli amici di essere andati "a menar l'assiuolo [uccello] al gran Duca, e dopo averglielo menato, <ha> dato dodici ruspi" [21].Ma tant'è: reputazione o no Sua Altezza Reale aveva gusti, per così dire, pasoliniani. Nel sesso lo eccitavano le situazioni "forti", degne di una dark-room S/M, con una sfumatura forse più masochista che sadica. Amava un po' di sudiciume: se dopo esser stato spinto a bere e fumare il ragazzo stava male e vomitava, Gian Gastone si divertiva un mondo. Amava la parole sporche, "farsi dare del coglione, e del viso di cazzo, e becco fottuto, e per forza voleva che così lo trattassero" [22].I ragazzi venivano addirittura istruiti su come insultarlo. Fra gli epiteti con cui gli piaceva farsi chiamare il più divertente è "realona", una presa in giro del titolo di "Altezza Reale", accresciuto certo in allusione alla corpulenza del granduca.
A proposito d'intemperanze verbali, Gualtieri racconta che una volta un giovanottone invaghito d'una prostituta chiamata Danzica, che era nelle simpatie del granduca, gli si presentò dicendo di essere il marito di Danzica. "Gli domandò il Gran Duca come avesse grosso e lungo cazzo, e che a una puttanaccia com'era la Danzica, ci voleva un fusto [un tronco] di pino.Il granduca, comunque, non si accontentava d'intemperanze verbali, e non disdegnava, per esempio, le ammucchiate: riferisce Gualtieri come certe sere Gian Gastone radunasse dieci o dodici "ruspanti" e poi desse il "via"; "volendo toccare e sentire quanto era entrata la lancia, e sembrandogli poco penetrare diceva, pigiate, pigiate" [24].A volte aggiungeva le donne al divertimento e avevano luogo penetrazioni davanti e dietro, "come quando si ficca nel legno un chiodo, ch'un altro lo ribadisce" [25]. Alla morte di Gian Gastone il Granducato di Toscana passò agli Asburgo-Lorena, a cui era stato assegnato. Costoro, allo scopo di presentarsi come dinastia che avrebbe governato meglio dei predecessori, fecero di tutto per mettere in cattiva luce l'ultimo sovrano de' Medici. Il quale, trattato come personaggio di cattiva memoria, è sepolto in un angolo nascosto (dietro ad un altrare) nella cripta delle "Tombe Medicee" di San Lorenzo a Firenze, e non ebbe diritto, come invece gli altri ultimi sovrani della casa de' Medici, a un sepolcro monumentale nella sovrastante Cappella dei prìncipi. Questa è la descrizione del tramonto di casa de' Medici, una stirpe che aveva dato personaggi come Lorenzo il Magnifico e addirittura due papi. Gualtieri è il mediocre cantore d'un tramonto senza gloria. Se rinascesse oggi cosa farebbe l'oscuro staffiere? Cosa direbbe di fronte a una pullulante vita gay che non è più privilegio di casta? Forse nulla. Da bravo cortigiano mangerebbe la foglia, e inizierebbe, chissà, a scrivere una Vita dei parlamentari sodomiti... L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina. |
Note
[1] Questo brano ingloba, ampliandoli, un articolo apparso su "Babilonia" n. 100, maggio 1992, pp. 65-67, col titolo I medici visti da dietro, e due voci su Ferdinando II de' Medici e Giovan Gastone de' Medici apparse in traduzione inglese sul Who's who in gay and lesbian history (a cura di Robert Aldrich e Garry Wotherspoon), vol. 1. [2].<Luigi Gualtieri>, Storia della nobile e reale famiglia de' Medici.
[3].Giuseppe Conti, Firenze, dai Medici ai Lorena, Bemporad, Firenze 1909. Ristampa anastatica: Giunti-Marzocco, Firenze 1987. Ringrazio Davide Daolmi per avermi segnalato l'attribuzione. [4].Luigi Gualtieri, Op. cit., p. 32. [5].Ibidem, p. 32. [6].Ibidem, p. 33. [7].Ibidem, p. 34. [8].Per tutto l'aneddoto: Ibidem, pp. 33-34. [9] Gioco di parole sul doppio significato di bardassa: "sodomita passivo" e "ragazzaccio". [10].Gioco
di parole sul doppio significato di nervo: "frustino" e "membro
virile"].
[11] Alberto Bruschi, Gian Gastone. Un trono di solitudine nella caligine di un crepuscolo, SP, Firenze 1995. Molto citato, ma invecchiato, Harold Acton, The last Medicis [Orioli, Firenze 1930 e Barnes & Noble, New York 1973], audace per l'epoca, ma che sull'omosessualità non dice nulla di più di quanto già detto nel testo di Gualtieri. Sulla vicenda di Gian Gastone, nel 2004 è stata anche messo in scena a Firenze uno spettacolo: L'ultimo dei Medici. [12] Sul Dami vedi: Luigi Gualtieri, Op. cit., pp. 128-145,
[13] Luigi Gualtieri, Op. cit., p. 130. [14] L'elenco completo dei "ruspanti" si trova nella prima edizione a stampa dell'opera, Luca Ombrosi (sic), Vita di Gio. Gastone 1., settimo ed ultimo granduca della R. Casa de' Medici: con la lista dei Provvisionati di Camera, dal volgo detti i Ruspanti, "Il giornale di erudizione", Firenze 1886. Ristampa anastatica: Forni, Bologna 1967.
[15] Luigi Gualtieri, Op. cit., pp. 163-164. [16].Ibidem, pp. 154-155. [17].Ibidem, p. 148. [18].Ibidem, p. 167. [19].Ibidem, p. 168. [20].Ibidem, p. 168. [21].Ibidem, p. 162. [22].Ibidem, p. 149. [23].Ibidem, p. 172. [24].Ibidem, p. 149. [25].Ibidem, p. 149. |