Due poesie contro
Angelo
Poliziano [ca. 1491-1494] [1]
-
Ad
Jacobum [2]. |
A
Giacomo |
Cure quot
mihi sint Iacobe quaeris. |
Chiedi, Giacomo,
quante preoccupazioni io abbia. |
Ipsum
tot quot habet caput capillos,
quot fluctus
mare turbidum procellis,
quot bruma
pluvjis humus madescit,
quot pisces
pelago natant in alto,
et quot
littora possident harenae,
quot sylvae
folijs teguntur altae
et quot
ver violas habet rosasque,
quot fruges
rapido metuntur aestu
quot nigris
habitantur orchus umbris,
quot caelo
volucres volant aperto
et quot
fixa polo putantur astra |
Ne
ho tante quanti capelli ha la testa,
quante onde
ha il mare agitato dalla tempesta,
quante piogge
bagnano la terra d'inverno,
quanti pesci
nuotano nel mare profondo
e quanti granelli
di sabbia hanno le spiagge,
quante le foglie
di cui si coprono le alte selve
e quante viole
e rose ha la primavera,
quante messi
si mietono con l'ardente calore,
quante nere
ombre abitano l'aldilà,
quanti uccelli
volano nel cielo aperto,
e quante stelle
fisse si contano in cielo, |
et ne te
teneam diutius? quot
paedicat
pueros Politianus. |
e per non fartela
più lunga, tante
quanti ragazzi
incula il Poliziano.. |
.
|
.
|
Ad Ang<elum>
Politianum [3] |
Ad Angelo
Poliziano |
Si
Ganimede deum maior fit Iuppiter, ipso |
Se
Giove è reso più grande dall'avere Ganimede,
allora tu |
Angele
tu liquido tu Iove maior eris. |
Angelo
sarai superiore al serenissimo Giove stesso. |
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Note
[1]
Testo copiato da: Andrea Dazzi (Andrea Dactius), Poemata, Torrentino,
Firenze 1549. Non ho modernizzato l'ortografia del testo latino. Traduzione
mia.
Il bersaglio
è l'umanista rivale Angelo
Poliziano.
[2]-Ibidem,
pp. 36-37.
[3]-Ibidem,
p. 40. |