Con
il titolo: Polemica in Francia sul Mussolini di Pierre Milza, l'agenzia
di stampa Ansa ha dato notizia
d'un nuovo libro sul periodo fascista in Italia.
Quando a scrivere è uno storico straniero sono lecite libertà non concesse a un "indigeno", ed ecco che (cito dal comunicato dell'Ansa): "Nel libro, Milza descrive cosa aveva in tasca il "Duce" quando il suo cadavere fu esposto a piazzale Loreto: 'Oltre a documenti attestanti l'omosessualità del principe Umberto, il dittatore aveva con sé parte della corrispondenza con Churchill, fra cui due lettere particolarmente compromettenti per l'uomo di stato britannico".Dunque gli storici cominciano infine a parlare dell'omosessualità di colui che fu l'ultimo re d'Italia: un tema finora confinato nel campo del pettegolezzo o in quello della lotta politica, come ci ha ricordato lo scorso settembre [1999, NdR] un documentario trasmesso da Rai Uno. Era una biografia del regista Luchino Visconti, del regista Carlo Lizzani, nel quale Lizzani stesso ha raccontato di avere assistito nel 1946 assieme a Visconti (che ci restò male) a un comizio repubblicano, dove il socialista Pietro Nenni arringò la folla urlando: "Volete forse voi un re pederasta?". Come si vede, Milza non ha detto nulla che non fosse già noto (anche le "misteriose" lettere di Churchill sono note da decenni), ma almeno ha segnato il salto dal pettegolezzo di piazza allo studio di storia serio. A chi obbietta che di certe cose intime lo storico non dovrebbe occuparsi è facile ribattere che in questo caso l'omosessualità del principe ereditario ebbe un'importanza enorme, perché fu il "tallone d'Achille" che fece di lui quel personaggio indeciso ed esitante noto alla storia... con tutte le conseguenze e i disastri che ciò causò all'Italia. Mussolini
infatti iniziò già alla
fine degli anni Venti a raccogliere sul principe ereditario
un dossier da usare per ricattarlo.
Ma vediamo in dettaglio chi fu Umberto II e cosa sappiamo della sua "diversità". Umberto
II di Savoia (1904-1983), ultimo re d'Italia, era figlio di Vittorio
Emanuele III di Savoia.
Quando però i Savoia permisero la caduta di Mussolini e si schierarono con gli Alleati (1943), questi ultimi posero il veto sulla loro pretesa di mettere Umberto alla guida del corpo italiano di liberazione. Nel frattempo
Mussolini, liberato
dalle truppe naziste, aveva proclamato la Repubblica
di Salò (con se stesso come presidente) nella parte
settentrionale d'Italia, ancora sotto il controllo delle truppe nazifasciste.
I Savoia furono attaccati dalla stampa fascista, ed iniziarono ad apparire
le prime accuse d'omosessualità contro Umberto, soprannominato
"Stellassa" [1].
Nel 1944, dopo
la liberazione
di Roma, Umberto sostituì il padre, con il ruolo di luogotenente:
tale mossa cercava di salvare la monarchia, compromessa da vent'anni
di complicità col fascismo.
Umberto partì dall'Italia il 13 giugno, senza avere abdicato, sperando in una rivincita: per questa ragione una disposizione transitoria" della Costituzione della Repubblica italiana (abolita solo nel 2002) proibì ai maschi primogeniti della ex-casa regnante di tornare in Italia. Umberto visse così il resto della vita in esilio a Cascais (Portogallo), e a Ginevra, dove morì. È sepolto nelle tombe dei Savoia di Hautecombe in Savoia (Francia). Sin dal 1946 si era separato apertamente dalla moglie Maria José: i re, si sa, non divorziano.
Umberto II s'è trovato, per la mediocrità della dinastia a cui appartenne, nella rara posizione d'essere odiato contemporaneamente dalla destra (che accusò i Savoia di tradimento) e dalla sinistra (che rimproverò loro la lunga e colpevole complicità col nazifascismo). Per questo non ha goduto dell'omertà che solitamente il potere garantisce: l'accusa di omosessualità fu persino sfruttata, come abbiamo visto, nei comizi antimonarchici precedenti il referendum del 1946 [2]. Caduti in disgrazia i Savoia, nessuno (a parte i monarchici, sempre di meno) si preoccupò del fatto che nel dopoguerra l'ex partigiano Enrico Montanari pubblicasse un libro di memorie in cui raccontava come nel 1927, quando era giovane tenente a Torino, fosse stato insistentemente corteggiato dal principe Umberto, che gli aveva perfino donato un accendisigari d'argento con incisa la scritta: "Dimmi di sì!" [3]. Né suscitò scandalo il fatto che le biografie del regista (e duca) Luchino Visconti accennassero, in modo più meno esplicito, alla relazione che costui ebbe da giovane con il principe Umberto, all'epoca considerato uno dei più avvenenti scapoli delle case regnanti d'Europa [4]. Umberto aveva sì sposato nel 1930 Maria José del Belgio, da cui ebbe quattro figli (fra i quali Vittorio Emanuele, attuale pretendente al trono italiano). Tuttavia il
fatto che i figli fossero arrivati solo dopo quattro anni scatenò
una ridda di pettegolezzi, che sostennero che essi fossero stati
concepiti solo grazie all'inseminazione artificiale [5];
altri invece sostennero che fossero figli di vari padri, tra cui il gerarca
fascista Italo
Balbo [6].
Del resto Umberto
non fece nulla per evitare di meritarsi tale fama: basterà dire
che la prima notte di nozze, e l'intera "luna di miele", a Courmayeur,
furono da lui trascorsi non con la moglie, ma con gli "amici" ufficiali
torinesi, che si fregiavano di un gioiello a forma di "U" in brillanti,
donato loro dal principe [8].
Fu perciò facile alla polizia segreta fascista raccogliere informazioni sulla "pederastia" dell'erede al trono, come sempre Italo Balbo rivelò una volta al re, per contrastare le voci di una sua relazione con Maria José messe in giro dai suoi nemici [10]. Inoltre
Umberto e Maria José condussero vite praticamente separate
(se non per il minimo necessario a salvare le apparenze): appartamenti
separati, letti separati, frequentazioni separate [11].
Eppure Umberto II fu, contrariamente alla tradizione dei Savoia, molto cattolico: le sue trasgressioni sessuali furono perciò vissute, secondo i suoi biografi, come "raptus erotici" che scatenavano poi sensi di colpa: "Il principe era profondamente credente e praticante, al limite della bigotteria. Tanto più per lui il richiamo dei sensi aveva un'origine diabolica, senza però sapervi resistere. Sicché le conseguenze del peccato assumevano un peso devastante. Di qual genere fosse quel peccato, si poteva soltanto sussurrare" [12].Umberto scelse di preferenza i suoi partner fra i militari, privilegiando gli ufficiali (qual era anche Visconti al momento della loro liason): persino in esilio a Cascais (dove, per dirla eufemisticamente con Bartoli [13], "non gli si conoscevano distrazioni femminili"), sceglieva i suoi amici fra gli ufficiali della guarnigione, "specie fra i giovani" [14]. E prima del
matrimonio, a Torino era divenuta celebre la sua abitudine di donare un
fiordaliso (il fiore di Casa Savoia) ornato di pietre preziose ai
giovani ufficiali/amanti del suo seguito, che lo ostentavano in pubblico.
Ai curiosi che chiedevano perché Umberto lo avesse voluto conoscere e ricevere in privato, quest'ultimo confessò soltanto che:
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Note
[1] Silvio Bertoldi, L'ultimo re. L'ultima regina, Rizzoli, Milano 1992, pp. 57-58. [2] Domenico Bartoli, La fine della monarchia, Mondadori, Milano 1946, p. 303. [3] Enrico Montanari, La lotta di liberazione, citato in: Silvio Rossi, Il vizio segreto di Umberto di Savoia, "Extra", I 1971 n. 4 (25 marzo), pp. 1-4. [4] Vedi per un esempio: Gaia Servadio, Luchino Visconti, Milano 1980, p. 99. [5]-Arrigo Petacco, Regina. La vita e i segreti di Maria José, Mondadori, Milano 1997, pp. 89-90. [6] Ibidem, pp. 90-91 e 97-100. [7] Ibidem, p. 89; Domenico Bartoli, Op. cit., p. 309. [8] Arrigo Petacco, Op. cit., p. 84. [10] Domenico Bartoli, Op. cit., p. 303; Silvio Bertoldi, Op. cit., pp. 57-58, 67. [11] Domenico Bartoli, Op. cit., p. 272; Silvio Bertoldi, Op. cit., pp. 65-66. [12] Silvio Bertoldi, Op. cit., p. 57. [13 Domenico Bartoli, Op. cit., p. 247. [14 Silvio Bertoldi, Op. cit., p. 246. |