Caterina Vizzani
(1718-1743), è stata una passing
woman italiana, che visse otto anni della sua breve esistenza in
abiti maschili, sotto il nome di Giovanni Bordoni, essendo ritenuta
di sesso maschile da tutti i suoi contemporanei. In base agli elementi
tramandatici, il suo caso si configura come quello di una persona transessuale
f-t-m.
Vita.
La memoria del suo caso è stata tramandata dal medico Giovanni Bianchi ("Iano Planco", 1693-1775), vivace intellettuale e grande sostenitore dell'osservazione diretta nella ricerca scientifica, che insegnava a Siena quando vi morì, nell'ospedale, Giovanni Bordoni, che Planco aveva avuto modo d'incontrare come servitore d'un suo conoscente. Appreso che Bordoni era in realtà una donna, Bianchi individuò nel comportamento della Vizzani un "problema" bisognoso di spiegazione col solo ausilio dell'indagine scientifica, lasciando completamente da parte le spiegazioni religiose. L'autopsia aveva permesso di escludere che la Vizzani rientrasse nella categoria degli ermafroditi, che era molto di moda evocare, nella prima metà del XVIII secolo, quando si parlava di comportamenti omosessuali e soprattutto (come in questo caso) transessuali. Gli organi sessuali della Vizzani erano infatti risultati perfettamente conformati. Bianchi si rivolse allora a un tentativo di anamnesi (scoprendo che Caterina veniva da una famiglia rispettabile, il che permetteva di scartare anche la "spiegazione" della "dissolutezza"), interrogando i genitori, originari di Milano ma abitanti a Roma, dove Caterina aveva dato segni della sua inclinazione per le donne fin dall'età dei quattordici anni. A quest'età aveva infatti corteggiato, a quanto pare corrisposta, una coetanea, Margherita, iniziando a vestirsi da uomo per potere uscire di notte di casa e andare a trovarla. La cosa era andata avanti per due anni, fino a che il padre di Margherita aveva minacciato Caterina di denunciarla alle autorità (al di là degli atti lesbici, la cui prosecuzione non era peraltro molto frequente, il travestimento era un reato). Ebbe così inizio la
vita vagabonda della Vizzani, che riuscì a mantenersi come servitore,
meritando l'apprezzamento dei suoi datori di lavoro per la sua diligenza
nell'eseguire i propri compiti, ma anche il loro biasimo per il corteggiamento
ossessivo che riservava alle donne, che diede occasione a qualche problema
di convivenza. Stupisce peraltro il fatto che la famiglia, da quanto
è dato a leggere dal resoconto di Bianchi, avesse palesemente accettato
la "stranezza" di Caterina, prendendola come il suo (bizzarro) modo di
essere, non rompendo mai i ponti con lei ed anzi aiutandola ed assistendola
quando la cosa si era rivelata necessaria.
Lo studio di Iano Planco.
Da un punto di vista della storia della scienza la teoria dell'ermafroditismo avrebbe avuto ulteriori sviluppi, grazie al superamento della tesi dell'ermafroditismo fisico (che ripetute osservazioni permisero di smentire), per arrivare a una tesi di un "ermafroditismo della mente" (termine effettivamente attestato nel 1739 parlando dei sodomiti olandesi [1] ) che si sarebbe evoluto di lì a poco nella tesi del "terzo sesso". La novità dell'approccio di Bianchi lo costrinse a stampare "alla macchia" a Firenze (con falsa indicazione di Venezia) dopo che le autorità religiose sia di Firenze che di Venezia gli avevano negato l'imprimatur, ma gli garantì l'attenzione del pubblico straniero (e la messa all'Indice del suo opuscolo). John Cleland tradusse infatti in inglese il suo opuscolo nel 1751, non senza aggiungere commenti moralistici e di condanna che modificavano il tono generale dello scritto. Questa traduzione fu ulteriormente tradotta in tedesco su una rivista accademica nel 1755. Nel 2014 il sociologo Marzio Barbagli ha dedicato una lucida monografia (Storia di Caterina, che per ott'anni vestì abiti da uomo) al caso di Caterina Vizzani, a partire dal quale analizza il modo di operare rigorosamente scientifico e sperimentale di Giovanni Bianchi, nonché l'attenzione scientifica del XVIII secolo ai comportamenti omosessuali e alle loro possibili "cause" (specie di tipo anatomico), e la presenza e visibilità del lesbismo nel XVIII e XIX secolo.
Bibliografia
Link esterni
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Note
[1] Citato da Leo Boon, "Those damned sodomites: public images of sodomy in the eighteenth century Netherlands", in Kent Gerard and Gert Hekma (curr.), The pursuit of sodomy: male homosexuality in Renaissance and Enlightenment Europe, Harrington Park Press, New York 1989, a p. 246. |