Il gay canzonato.
Un elenco di canzonette
a tema l, g, b & t:
di: Giovanni Dall'Orto
1998
<--- 1997
- vai al - 1999
--->
Saggio
sull'omosessualità nella canzonetta (prima metà).
Saggio
sull'omosessualità nella canzonetta (seconda metà).
Schede
di canzonette italiane - 1920-1976.
Schede
di canzonette italiane - 1977-presente:
1998
1998 -
Billy Boy e la sua banda - "Il nano sodomita" - da - Morte e chupa-chups.
Visto
che il protagonista di questa canzonaccia ("Sono il nano sodomita
/ sono il nano tatuato: / non ce n'è più per nessuno!")
si vanta del fatto che "le donne sono mie!" è
palese che nonostante il titolo essa non rientra nel tema della presente
bibliografia.
Falso
allarme.
1998 -
Botero - "...E adesso fallo". - Demo - Poi in - Siamo treni,
2002.
Quando
uscì questa raffinata canzone, dall'interpretazione elegante, con
gradevoli intarsi in falsetto, uno dei componenti della band venne
a portarne una copia per recensione alla rivista che dirigevo al tempo,
assicurandomi che l'ambiguità del testo (che incita: "E adesso
fallo! / Smetti e rifallo!", senza specificare cosa) era del tutto
voluta, in modo da lasciare aperte tutte le interpretazioni. E sottolineava
il tutte.
Io
a quella data ero già stanco dei messaggi "ambigui", un gioco che
aveva magari avuto un senso negli anni Ottanta, quando la censura su certi
temi era forte e picchiava duro, e quindi occorreva trovare un modo per
aggirarla. Ma secondo me, ormai, serviva unicamente a rendere confusa una
canzone, e basta.
Immagino
che i Botero siano arrivati a loro volta a questa stessa conclusione perché
nel 2002 la ripresa in Siamo treni ha fatto sparire del tutto l'ambiguità,
dato che il testo è cantato in duetto da un uomo e una donna.
Ehm,
non è esattamente quel che intendevo dire io, comunque sì,
anche eterosessualizzare esplicitamente il testo era pur sempre
un modo di uscire dall'ambiguità...
1998 -
Consoli, Carmen - "Anello mancante" - da - Mediamente
isterica.
Ancora
una volta una cantante italiana introduce una relazione fra due persone
dello stesso sesso con la massima discrezione, affidando a un unico aggettivo
al femminile ("Ti ho anche seguita con lo sguardo") la segnalazione
di questa "anomalia".
Tutto
sommato, in sé la cosa è positiva, dato che la qualità
della relazione omosessuale in nulla si differenzia da quella eterosessuale,
però in un contesto in cui si dà per scontato che di default
le canzoni siano tutte eterosessuali (quali sono del resto tutte le altre
della Consoli), sono certo che la gran parte di coloro che conoscono questo
brano non abbiano mai neppure percepito il fatto che sta parlando di
due donne.
Il
testo si basa fondamentalmente sulla richiesta di spiegazione d'un comportamento
furtivo, che la cantante sospetta nasconda qualcosa d'inconfessabile (come
un tradimento):
"Mentre
accarezzavo l'idea delle coincidenze, raccoglievo segnali. /
Spiegami
cosa ho tralasciato: / è quell'anello mancante la fonte di ogni
incertezza":
Secondo
LesWiki, l'anello mancante, in questo caso, sarebbe la fede nuziale,
ossia l'impossibilità per le coppie dello stesso sesso di accedere
al matrimonio e alle garanzie che esso fornisce.
Molto
raffinata la musica e la realizzazione, quasi minimalista e adeguatamente
melanconica. Una canzone decisamente molto ben riuscita.
1998 -
D'Alessio, Gigi - "Siamo tutti diversi" - da - È stato un piacere.
Quante cose bizzarre
su questa nostra Italia s'imparano dedicandosi a una bibliografia come
questa!
Del tipo: ma chi
avrebbe immaginato d'inciampare un giorno su una canzone neomelodica
in napoletano sul tema dell'omosessualità? Voglio dire: ma davvero
il mercato ne avvertiva l'impellente urgenza? C'erano davvero le file a
Spaccanapoli davanti ai negozi di dischi in attesa che uscisse una canzone
sul tema? Ebbene: visto che è uscita, apparentemente c'erano...
Mentre quindi aspettiamo
che arrivino, a ruota, le versioni in grecanico, in arbëreshë
o in walser sui ricchioni o comunque li si chiami (e non sto scherzando:
presto o tardi arriveranno) vediamo allora cosa comunica al mondo questa
imprescindibile proposta canora.
Tanto per iniziare,
considerato il contesto in cui è nato, cosa ci aspettiamo (prima
ancora di avere ascoltato una sola nota) che possa dire della condizione
lgbt un cantante neomelodico napoletano? Forse che un uomo che desidera
un altro uomo è una femmina mancata?
Ma ragazzi, ma come
avrete mai fatto ad azzeccarci?! Io da solo non ci sarei mai arrivato!:
"Già piccerille
/ (...) / pigliano e panne d' 'e sore e se sentono femmene /
ma che dice 'a
mamma quanno all'improvviso / sape a verità /
ca nu guaglienciello
'e po' fa' nnammurà / e regalano 'o core a chi sulo mezz'ora / cu
lloro vo stà?".
Dunque, correggiamo
il tiro: qui si sta parlando di transessuali e non di gay. E fin
qui va anche bene, perché anche i e le transessuali esistono.
Vediamo allora in
quale modo se ne parla. Quale pensiamo che possa essere il destino d'una
persona che scopre di essere trans?
Come dite?
"Mettersi a battere il marciapiede"? Ma voi siete autentici indovini!
È proprio così:
"E vanno a nata
città, / venneno ammore pe sta 'nzieme a chille che vattene, / e
sulamente accussì po' se sentono femmene".
Notate: se non
battono il marciapiede, allora non riescono a sentirsi donne. Il
che ci ha finalmente fatto capire in cosa consista il fatto di essere donna
e in che cosa consista il fatto di essere trans: o si è madonne,
o si è puttane. E visto che i trans madonne non possono essere...
Quanto al dato caratteriale,
come saranno queste persone che, dopo tutto, devono sopravvivere alla giungla
dei marciapiedi? Come minimo sufficientemente temprate e sicure di sé?
Come? Dite di no? Tombola!
"Comme se sentono
male si a gente po' 'e sfòttene: / so troppo fragili e po' nun se
sanno difendere".
E a 'sto punto vi risparmio
il resto perché tanto non c'è gusto, visto che indovinate
da soli tutto...
La cosa più
buffa è divertente di questa spaventosa collezione di triti luoghi
comuni è che il cantante avrebbe pure, lui pensa, 'o messaggio
sociale, come chiarisce in calce alla canzone:
"Un messaggio
per tutta la società in cui viviamo: superiamo le sovrastrutture,
il provincialismo, le discriminazioni: nel mondo, siamo tutti uguali e
tutti diversi allo stesso tempo. Siamo tutti diversi, non dimenticatelo:
tutti!".
Ora, ricordando che
D'Alessio è l'efferato colpevole di aver scritto "Il mio amico",
la
canzone perpetrata a Sanremo nel 2008 con 'o messaggio sociale
sul tema dei "gay", presentati come mezzefemmene parrucchiere, tante
cose diventano chiare.
Saremo anche tutti
diversi, ma per D'Alessio i gay sono tutti uguali, tutti fatti con lo stampino,
e un gay "maschio" semplicemente non rientra nella sua cultura e nella
sua esperienza di vita.
E non per un limite
mentale: è proprio la
cultura (in senso antropologico) di cui D'Alessio è l'espressione
a non avere spazio filosofico per un gay che non sia una femmenella.
Anche qui, esattamente come nei paesi del Maghreb, o in varie altre realtà
del Terzo Mondo, alle soglie del Duemila omosessualità e Terzo Sesso
continuano ancora a identificarsi.
Fa piacere sapere
che questa visione possa essere considerata un "superamento delle sovrastrutture
e del provincialismo": non fatico infatti a immaginare cosa sarebbe
successo se non le avesse superate.
Come minimo, i roghi
in piazza. Come massimo... preferisco non pensarci neppure.
1998 -
Di Lernia, Leone - "Son partito dal Brasile" - da - Leonestate.
Di
Lernia ha costruito una carriera canora sul cattivo gusto, con parodie
che mettono il dito nell'occhio alla creanza e alla sensibilità
umana. Arrabbiarsi per una sua canzone significa quindi dargli corda e
fargli solo pubblicità.
Per
queste ragioni qui mi limiterò a registrare il fatto che questo
brano è il lamento d'un uomo venuto dal Brasile in Italia per prostituirsi,
travestito da donna, per mettere da parte i soldi per assicurarsi un futuro.
Volendo
trovarci a tutti i costi una sensibilità sociale (che peraltro Di
Lernia non ha mai dimostrato di avere) possiamo ammettere che la canzone
dimostra un minimo di simpatia umana laddove ricorda come la prostituzione
non sia affatto "divertente", per chi vende il proprio corpo:
"Son
partito dal Brasile / per fare il travestito. /
La
minigonna mi va stretta già / le scarpette mi fan male /
sulla
strada a camminare / i calli a me mi fanno male".
Anche
le natiche dolgono:
"le
metto nell'acqua calda / ma poi... in strada tornerò".
Oltre
tutto la situazione, sul campo, non si è rivelata rosea come sognato
prima di partire:
"Ci
vogliono troppi soldi! / Quando, io li farò?".
Eppure,
nonostante questi spiragli di vaga simpatia umana, resta il fatto che Di
Lernia, incapace di smentirsi, quando stavamo quasi per dare un giudizio
indulgente ci ficca il coretto che in dialetto pugliese reitera: "Tu
ssi finocchie! / Finocchie! / Tu ssi finocchie!".
E va
be'. Chi nasce asino non può certo morire destriero...
1998 - Gnometto band
- "Ostia non è Rio" - da - The worst of Gnometto band. Scaricabile
gratuitamente qui.
Brano di un gruppo
di comici cabarettisti, specializzato in cover.
Il testo descrive,
con tono fra il satirico e lo sconsolato, il vago squallore che caratterizza
i wekeend di massa, ad Ostia che (ammette l'io narrante) "Non è
Rio" (e la musica, ammiccante, si muove su un ritmo latino). L'io narrante
invece sogna di andare in Brasile, meglio se per "rimorchia'", ma...
E allora cerca di
consolarsi pensando al fatto che a Ostia lui ha una ragazza che vuole solo
lui. Certo, è "cozza", ma "de mejo non ce n'è"...
E con questo ragionamento
si consola, ed accontenta.
Alle cinque, però,
l'io narrante prende la macchina, comportandosi come un pilota da corsa,
ma si sente un crac e l'auto si blocca in panne sul Raccordo anulare. (E
qui il cantante infila un doppiosenso sessuale:
"Ma dimme tu,
/ e porco Giuda!, / quando sto con lei / 'sto pistone me dà guai!").
Ed ecco l'imprevisto:
"So' le sei,
e guarda un po' il destino: / se ferma un motorino / mentre sto a fa' pipì.
/
Due occhi blu,
capelli biondi ar vento, / un corpo che è uno schianto, / e viene
dal Brasil. /
Ma che sarà
'st'anomalia? / È un uomo come me! / Ma poi che vuoi che sia?! /
"Non se po'."
Seh!... Mo' decido io: / e io ve dico addio! / Da Ostia me ne vado a Rio!".
Insomma, l'avvenenza
del travestito (o trans) brasiliano crea nell'io narrante il desiderio
di mollare tutto per andare a cercare tali meraviglie nel Paese di "produzione".
Contento lui...
1998 -
Masini, Marco - "Togliti la voglia" - da - Scimmie.
Canzone
squalliduccia in cui l'io narrante sfida la sua ragazza a "togliersi la
voglia" (evidentemente carezzata a lungo) di tradirlo con un'altra donna.
E un po' fa la vittima, un po' vuole fare il guardone… Mah.
"Togliti
la voglia di lei / è troppo tempo che mi tormenti / vai che ci siamo
voglio proprio vederti. / (...) /
A
meno che poi non ti senta ridicola / dimostrami se puoi fare a meno di
me / togliti la voglia di lei. / (...) /
E
quando hai fatto i tuoi esperimenti / dammi la gioia di venire a guardarti!".
1998 -
Nicolosi, Salvo - "Ragazza gay" - da - Dispettosa.
Dopo King Kong contro Godzilla
e dopo Alien contro Predator, ecco ora finalmente "Tarzanielli
contro lesbiche".
Il
contesto socioculturale a cui fa riferimento questa canzone sembra
tale che tutto quanto è stato detto, scritto, discusso, argomentato
intorno al tema del lesbismo, dal 1869 in poi, non abbia ancora neppure
scalfito modi di ragionare risalenti al Paleolitico superiore.
Forte di tale bagaglio, ecco dunque l'io
narrante della canzone interrogarsi sul Mistero della vita: come è
concepibile che la sua ex ragazza, per giunta una bella ragazza, sia indifferente
agli uomini e preferisca le donne a lui?
Adesso costei, dopo aver notato quanto
poco piacere ricavasse facendo "'o ammore" coi ragazzi, s'è
decisa a mettere un annuncio sul giornale (nel 1998 Internet era ancora
agli inizi...) per cercare un'altra ragazza e per cambiare una vita monotona:
"Telefoni al giornale, / per rimettere
un annuncio: / stai cercando un ammore / ca nun è normale! /
"Doce e libbera di cuore, / cerca amica
sui vent'anni / per cambiare questa vita / un po' monotona". /
Ragazza cerca ragazza: / tu non ami
gli uomini! / Fai 'o ammore ma / nun pruove niente, tu".
A quanto pare l'ex ragazzo vive la decisione
della sua ex come uno smacco personale (e lamenta le ferite lasciate al
suo cuore dalla partenza della ragazza), tanto che le spara addosso l'accusa
"tu non sei normale" (e già un cantante neomelodico che dà
lezioni di normalità fa, ehm, un effetto lievemente
surreale), e le rinfaccia tutto il bene che lui le ha voluto, incurante
di sapere se lei abbia potuto volergli bene o no:
"Ragazza gay tenesse 'o core: / quanno
cce penso, t'o ggiuro, more: / tu ssi 'nu cielo c'ha perduto 'o sole
/ (...). /
M'hai fatto male, ma te penzo angora,
/ vulesse a tté, però nun ssi' nurmale: / t'aggio vuluto
bbene, / e mo' nun m'annamori cchiù!".
Eppure è una bella ragazza, tanto che
i pretendenti non le mancano! Però lei no, niente, caparbia: lei
preferisce "l'altro sesso" - e questa frase mostra quanto sia incapace
l'io narrante di mettersi nei panni della ragazza, per la quale le donne
non sono certo l"'altro" sesso, bensì lo "stesso" sesso. Ma per
uno per il quale i maschi sono il centro dell'universo, è spontaneo
pensare alle donne sempre e comunque come il sesso "altro": sempre
il secondo, mai il primo:
"Bell'o bbrutte nun te piace / preferisci
l'altro sesso / è 'nu segreto ca tu tiene rint'all'anema".
Oltre che per la psicologia su cui si basa,
la canzone risulta curiosa anche per la commistione da cui nasce: sia per
la lingua (italiano, napoletano italianizzato e napoletano più stretto,
alla rinfusa) e per il cozzo fra tematica nuova (definita addirittura col
neologismo "gay") e approccio tradizionale.
L'accompagnamento melodico e i melismi
tipici della canzone napoletana fanno un effetto sicuramente insolito,
addosso a un tema così poco tradizionale.
Direi che nel complesso questa sia una
canzone più che altro curiosa, fotografia d'una mentalità
sorpresa "in mezzo al guado" (non più tradizionale e non ancora
moderna), che giustamente esprime sconcerto di fronte a ciò che
la cultura tradizionale non permette di comprendere.
Da questo punto di vista, se non altro,
è un documento interessante.
1998 -
Poltronieri, Andrea - "Zinc putan e un gay" - da
- Cuore peloso.
Parodia di "Think
about the way", di Ice MC.
Il testo, in dialetto
ferrarese, descrive la fauna della stazione alle dieci e mezza: c'è
una gran folla, c'è una calca tale che pare di essere al mercato,
ma alla fine chi c'è di disponibile? Cinque puttane e un gay. Piuttosto
che andare con "quelle là" vado a casa e mi masturbo:
"Dà vsìn
a la stazion, / a dies e mezz ong'or. / A gh'è 'n laor da màt,
/ a par d'esar al marcà. / (...)
Mi piùtost
che andar con chié lì / a vàg a cà e a fàg
da pàr mi. / Zinc putan e un gay".
1998 - Poltronieri, Andrea - "Don Mario l'è
un gay" - da - Cuore peloso.
Parodia di "Don't leave me this way" di
Harold Melvin & The blue notes, anche in questo caso in dialetto ferrarese.
Una volta di più (e per i miei
gusti è una volta di troppo), per mettere in scena un sacerdote
omosessuale (tema che non mi risulta altre canzoni abbiano osato trattare)
se ne fa un pedofilo:
"Don Mario l'è un gay, / ag
pias i putin, / che il fa i ciarghìn". ("Don
Mario è un gay, / gli piacciono i bambini, / che fanno i chierichetti").
Palesemente il testo ha una venatura anticlericale,
che però si limita a mettere in rilievo la contraddizione (che tante
volte abbiamo riscontrato nei sacerdoti cattolici che frequentavano il
mondo gay) fra quel che viene predicato e quel che viene poi praticato:
"Agnello / che togli i peccati / dal
so usèl, / perdona Don Mario, / c'lè un purzel ["porcello"]
/
Ag pias brisa il don ["non gli
piacciono affatto le donne"] / ma ag pias al tarel: / ag pias più
un bel om, / più che andar in dom. /
Al dis "vibrador" / invezi ad ["invece
di"] "mio signor", / l'usel l'è il so credo... / ma al va ben
acsì!" ["ma va bene così!"]
Ovviamente, come molte canzoni di questo genere
(goliardico-dialettale) l'omosessualità è identificata con
l'ossessione fallica e nient'altro. Ma queste canzoni sono così:
prendere o lasciare.
1998 -
Zero, Renato - "Pericolosamente amici" - da - Amore dopo amore.
Canzone di congedo da un amico schiavo
dell'eroina e del mondo che le gira attorno (che non è difficile
immaginare possa essere un marchettaro).
L'io narrante dichiara che non sarebbe
stato un amico se non avesse cercato di tirarlo fuori ("Io non ti appenderei
/ a quel laccio emostatico") ma che arriva il momento di dire basta:
"Ho assecondato tutti i voli tuoi /
ma non ti basta mai".
Le sue frequentazioni, i suoi carnefici,
gli offrono solo "lunghe trattative, / un destino breve, / niente da
imparare".
L'io narrante giustifica quindi la propria
decisione di rompere i ponti, pur con rimpianto per questa persona che
sapeva "dargli un brivido" e che "era vita" in ogni centimetro
di sé:
"Che amico è / chi vuole illuderti
/ (...) /
Certo ricorderò / quel volto
pallido, / e provo un brivido / pensando a te. /
Pericolosamente amici noi / senza sincerità
/ (...) / eppure ogni centimetro di te / era vita".
Di passata appare un piccolo cenno, facilmente
trascurabile, al fatto che questa amicizia fosse in realtà un amore:
"Certe compagnie ci cambiano, / c'influenzano.
Ci costano. /
Io mi fermo qui, in quest'angolo /
dove tutto avviene / in tempo reale, / amore dopo amore".
Nonostante la musica sia piuttosto ordinaria,
a me piace questo brano che presenta un Renato Zero in versione depurata
dalla "gasataggine" delle sue prove iniziali. Questa è infatti una
canzone di sconfitta, ma proprio per questo è molto più "vera"
e significativa dei deliri nei quali Zero credeva di poter "dare le ali"
ai suoi ascoltatori, e di cambiare la vita altrui con una canzonetta.
<--- 1997
- vai al - 1999
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