Il gay canzonato.
Un elenco di canzonette
a tema l, g, b & t:
di: Giovanni Dall'Orto
2008
<--- 2007
- vai al - 2009
--->
Saggio
sull'omosessualità nella canzonetta (prima metà).
Saggio
sull'omosessualità nella canzonetta (seconda metà).
Schede
di canzonette italiane - 1920-1976.
Schede
di canzonette italiane - 1977-presente:
2008
2008 -
Aggettivo Sette - Hitler was nigga. Cd
autoprodotto, scaricabile gratuitamente
dal sito dell'autore.
Cd
di freestyle. Volgare, maschilista, stupido, questo rapper
è però anche efficacemente ironico, autoironico, anzi caustico,
e sotto l'aria da tamarro alcolizzato (di rigore per fare il rapper) spunta
una cultura e una sensibilità decisamente lontane dalla zarraggine
dei suoi insipidi "colleghi".
C'è in lui un vena demenziale e
surreale, e una voglia di prendere in giro tutto e tutti, che permette
di sopportare la volgarità programmatica e sistematica scelta come
"marchio di fabbrica". Aggettivo Sette
(alias "Mortecattiva") è infatti capace di scrivere un'autoironica
canzone ("Santa Sede") per descrivre quanto frocio lo facciano sembrare
le sue scarpe fuori moda... La volgarità rimane, ma
il bersaglio della sua satira è lui stesso.
E
se è vero che con noi froci questo tizio ci va giù
decisamente duro, è anche vero che va giù altrettanto
duro con chiunque altro (è un autentico misantropo),
a tratti in modo assolutamente esilarante.
Come
laddove ("Montessori") si scaglia contro la maleducazione dei bambini viziati,
ai quali auspica vengano "spezzate le gambe", visto che la soluzione migliore,
evitare che nascessero, non è più praticabile.
O
come laddove demolisce l'immagine della "gioventù dorata" della
sua città, Trento, ritratta come una manica di figli di papà
buoni solo a lamentarsi di tutto e tutti... ma che si guardano bene dall'allontanarsi
dall'ala protettiva dei genitori.
Diciamo
insomma che il lavoro di questo odiatore della razza umana può essere
qualificato come "satira".
In
questa raccolta, sul nostro tema si vedano in particolare le canzoni:
-
06 - "Santa
Sede". Questo brano è stato scritto contro le lamentele cattoliche
relative alla decadenza dei costumi, prendendo spunto da un paio di scarpe
da tennis a fiorellini rosa dell'autore, definite in un suo post "the
gayest shoes ever" (le scarpe più
gay
finocchie della storia). E qui apriti cielo, è
tutto un calcare la mano in una serie di autosfottute esilaranti (anche
se non proprio rispettose dei gay) che riescono a mettere in ridicolo
l'idea che possano esistere scarpe "da omosessuale", immaginando in termini
molto espliciti (ed ovviamente paradossali) cosa succederebbe se davvero
ci fossero:
"Neanche
quelle grasse come balene vogliono provare il mio arpione: / mi hanno detto
che ho le scarpe da ricchione, /
per
questo non sono adatto a donar loro un erede; / gliel ho pure confermato
a Santa Sede. //
Mi
hanno detto che ho le scarpe da culo, ed oramai / il solo evento a cui
mi invitan su Facebook è il Gay Pride. /
Col
cazzo che ci vado, no, non potrei mai / portare il mio piffero in mezzo
a quei pifferai" (...)
In
discoteca trovo sempre un ricchione che me lo tasta, / e se mi siedo sul
divano, questo viene e si siede / sulle mie gambe, creando imbarazzo a
Santa Sede
/ (...)
Mi
sussurra: "Che belle scarpe, te lo smanetto", / mi chiede per favore se
può dargli un bacetto, / leva i jeans, mi mostra il buco del cu*o,
e se lo imburra".
Anche
se è molto volgare, a me ha fatto ridere...
-
10 - "To',
nino, il carotone"
Caustico commento
(dal linguaggio a tratti piuttosto crudo) sui religiosi fustigatori della
morale altrui che vengono pizzicati in scandali sessuali, soprattutto di
tipo pedofilo. L'io narante finge d'essere stato illuminato da Dio, che
gli ha concesso la pace dei sensi e la redenzione da tutti i suoi vizi:
dalla lussuria all'uso di droga:
"'Ti reprimo
la libido, / grazie a questo ti redimo'. / Accidenti, che contento, / finalmente
son redento: / per esempio nella mente / se mi sforzo non mi viene più
un pensiero empio".
Le donne ormai non lo
turbano più, tanto che la sua indifferenza ha innescato voci sul
fatto che sia gay, e per strada lo segnano a dito.
Purtroppo nella
nuova condizione virtuosa esiste una controindicazione non prevista:
"Ho notato che
più su questa strada t'incammini / più ogni giorno ti piacciono
i bambini. / 'Vieni a catechesi, che son momenti spesi / bene'. / (...)
/
Nel Cristo ho
trovato la strada, / e dal peccato adesso disto un sacco di strada, / e
mostro il carotone ai ragazzini di strada / ...ma faccio sempre ritornelli
di merda".
2008 - Annie - "What's the matter with your
hearts" - Single autoprodotto.
Questa canzone fu prodotta dalla cantante
e donata per raccogliere fondi all'associazione delle "Famiglie
arcobaleno", le famiglie lesbiche e gay con bambini (e chi avesse difficoltà
a rintracciare il brano, lo può ascoltare senza problemi sul loro
sito).
Il pezzo, musicalmente piuttosto semplice,
ha il tono della classica "ballata di protesta", con un testo - in inglese
- di rivendicazione:
"Anche noi siamo famiglie: / non riesco
a capire tutto questo / rumore per nulla: / non vedo le differenze fra
me e te. /
Farvi capire il nostro cuore / è
un'impresa, / come camminare in mezzo alla giungla".
Messaggio giusto ed opportuno.
Ma allora perché scrivere il
testo in inglese? Proprio così: in inglese. A mio parere di
giornalista, far capire il proprio cuore sarebbe meno faticoso esprimendosi
nella lingua che parlano quanti vivono attorno a noi, anziché in
quella che parlano i produttori musicali della West Coast...
Peccato, perché il testo è
significativo, e non credo che nessuno avrebbe da obiettare a chi gli/le
fa notare, sia pure in musica, che
"i nostri bambini non sono diversi
dai tuoi. / (...) / I bambini devono amare liberamente, / come me
e te".
E il coretto dei bambini delle Famiglie Arcobaleno
(che, mi fu rivelato da chi mi vendette il Cd, s'erano divertiti pazzamente
a partecipare all'incisione) è un piccolo colpo di genio, perché
porta nel reale quel che altrimenti sarebbe solo un concetto astratto.
Stiamo infatti parlando di bambini che già esistono, e non di bambini
che forse, un domani, chissà, potrebbero esistere.
Quando pensiamo alle coppie omosessuali,
non solo i bambini sono l'ultima cosa a cui pensiamo, ma l'argomento clericofascista
per cui l'omosessualità è sbagliata perché le coppie
omosessuali "non possono avere figli" si presenta come un dato di fatto
autoevidente, che non ha bisogno di prove. Quindi ben venga tutto ciò
che serve ad aprire gli occhi ai nostri concittadini su una realtà
che sta cambiando, senza che loro se ne rendano conto.
Peccato insomma per l'incidente della lingua:
dal punto di vista comunicativo è un auto-affondamento.
E speriamo in nuove prove, create con
un atteggiamento più attento alla comunicazione.
2008 - Antibiotico trash - "Coprofagia remix"
- da - I tombini, vol. 1 (ascoltabile
gratuitamente online).
Ancora un freestyler che ritiene
gli insulti a carattere omofobico la "carta d'identità" richiesta
al rapper che si rispetti, "perché forse è vero
che l'abito non fa il monaco, ma l'omofobia fa il rapper", come puntualizzano
icasticamente a "Le introvabili":
"Frocetto dal Ponente torno sul concetto:
/ benvenuti nel banchetto del cassonetto. / (...) /
Mi sono rotto il ca**o di voi stronzi
frocetti, / no, non mi interessa chi ascolti o chi rispetti"...
Patetico (e a leggere il testo, pure sgrammaticato!).
2008 -
Bassi Maestro - "No homo" (autoprodotto, già su Myspace).
Freestyle,
di qualità drasticamente bassa. L'autore rappa producendo una serie
di rime a casaccio, in genere stupidine, accozzando un testo privo di qualsiasi
significato, e concludendo con lo slogan "No homo!". Irrilevante
per il tema di questa bibliografia.
2008
- Betobahia - "La danza dei froci" - da - Youtube.
Mettermi a monitorare il tema lgbt nelle
canzonette m'è servito a portare alla luce l'enorme massa
di testi omofobici, che hanno il solo scopo di ribadire, puntellare e confermare
un'immagine insultante delle persone omosessuali.
Molti oggigiorno amano rassicurarsi sul
fatto "che certe cose si facevano in passato, ma oggi no". Poi si vanno
ad elencare le canzoni che "certe cose" le fanno e le dicono, si guardano
le date, e si vede che "certe cose" si fanno anche oggi, e si fanno
molto!
Questa canzoncina da animazione da villaggio
turistico su ritmo "latino" dovrebbe servire a far divertire i residenti
col gioco di "fare i froci" tutti quanti.
Ovviamente "fare i froci" significa lanciare
urletti, vestirsi da donna e sculettare. L'omosessualità è
una carnevalata, è ridicola, è degna d'essere usata come
insulto e motivo di ridicolizzazione.
Prevedibilmente, il testo è tutto
fuorché innocuo. Il concetto che esprime è che se si diventa
impotenti, e non si riesce più a provare l'erezione, c'è
un rimedio: diventare froci.
Daccapo, questa curiosa equiparazione
fra impotenza e omosessualità continua a riaffiorare nella
produzione "popolare" (l'avevamo giù visto in "Lu
frocio" del 1963, e rieccola ora nel 2008... 45 anni passati per niente!
Davvero, certe cose non succedono più... ma solo nella fantasia
di chi vuole occultare i problemi piuttosto che risolverli!):
"Froooci! Siete dei froci! / Tutti
i froci in pista: sta per cominciare la sfilata!" / Avanti, c'è
posto! /
Se la donna non ti piace, / non ti
devi preoccupare / c'è un rimedio eccezionale / che ti farà
sognar. / (...) /
Se il "fratello" non risponde / non
ti devi preoccupare / c'è un rimedio eccezionale / che ti farà
sognar. /
È la danza del più frocio:
/ tu sei, sei frocio! / (...) /
La manina va di qua / la manina va
di là, / adesso muovi il sederino sederino, sem parar". ["Senza
smettere", NdR].
"Frooci! Frooci! / Frooci! Frooci!
/ Siete dei frooci!".
Qualcuno ha commenti da fare, prego?
2008 -
Caparezza - "Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti" - da - Le
dimensioni del mio caos.
Satira contro la mentalità maschilistico-delinquenziale,
che nell'elencare tutti i luoghi comuni propone anche il verso:
"Non sei un uomo sei gay, se ti metti
a piangere. / Non sei un uomo e farai una brutta fine".
La risposta del cantante è:
"Non ascoltare questi maldicenti. /
Non si va avanti con la forza, / ma con la forza degli argomenti. //
Non ascoltare questi mentecatti. /
Un vero uomo si dovrebbe alzare per lavare i piatti. / Un vero uomo dovrebbe
lavare i piatti".
2008
- Caparezza - "Bonobo power" - da - Le
dimensioni del mio caos.
La canzone (o meglio, brano rap)
prende a spunto le scoperte relative a una delle specie di scimpanzé,
i
bonobo appunto, che furono ben pubblicizzate alcuni anni fa, per argomentare
la radice sociale e non "naturale" del pregiudizio sessuale e dell'aggressività
umana:
"Per il bonobo il sesso è alla
base dei rapporti sociali,
si accoppia sia con etero che con omosessuali
/ (...) /
Il bonobo non è aggressivo,
è sessualmente appagato,
non discrimina il diverso non va al
family
day...
La scimmia è l'evoluzione
dell'uomo".
e ancora:
"Il bonobo è una pericolosa
alternativa sociale:
dimostra che in natura esiste l'omosessualità
e che l'uomo è aggressivo perché
sessualmente represso".
Deliberatamente paradossale, ma divertente
nonché decisamente azzeccato, come modo d'argomentare.
2008
- Casto, Immanuel - ''Battito anale'' - da - Battito anale (anche
come singolo);
Riedizione del brano già edito
nel
2007 in - Io batto.
2008 - 110 Stelle - "Sono come te" - da -
Infinita (scaricabile
gratuitamente qui)
Nella loro ricerca di temi "sociali" i
rapper stanno incrociando sempre più spesso la tematica lgbt,
e non potrebbe essere altrimenti, dato che il mondo del rap è uno
dei peggiori focolai d'infezione dell'omofobia e del maschilismo. I danni
fatti dai loro "colleghi" sono quindi sotto gli occhi di tutti, e prima
o poi qualcuno non può fare a meno di accorgersene, come è
stato il caso di questo gruppo, che dà voce a un ragazzo omosessuale
che denuncia l'omofobia e i danni che combina:
"Sono Diego e ho vent'anni, e alle
spalle c'ho i rimpianti, / sono solo ormai da tempo perché
dicono è illegale /
amare un altro uomo: sono un omosessuale,
/ ma per gli altri son diverso, non gli importa del mio cuore. /
Identità di genere, o forse
sessuale? (sic!) / Cosa importa! L'omofobia nel mondo esalta (sic!).
/ Mi chiedo quanto duri questa vita da infelice".
Ebbene, fin qui il testo sembrava decente,
a parte gli insulti alla lingua italiana. Ma l'ultima frase spalanca la
porta su un pericoloso baratro, che rivela i limiti d'una generazione cresciuta
mentre attorno a sé tutti celebravano il tramonto delle idee in
grado di spiegare il mondo e di progettare il futuro.
Dunque i 110 stelle vedono il male, ma
non riescono proprio a vedere non dico il bene, ma più banalmente
semplici soluzioni, o rimedi: il loro testo liquida come inutili e vani
tutti gli atti di reazione che sono a disposizione d'una persona omosessuale
in questa società. La lotta contro il male per loro è esclusa
in partenza, prima ancora di iniziare a ragionarci su.
E può essere, mi si perdoni il sospetto,
che anche questo sia un portato dell'omofobia che respirano, nel mondo
da cui provengono, come i pesci del mare respirano l'acqua salata. Perché
il messaggio che conclude la perorazione che nelle loro intenzioni doveva
essere pro-gay è agghiacciante: la sola scelta che ha
un omosessuale in questa società riguarda il metodo di suicidio
da usare per farla finita.
Purtroppo non sto né scherzando
né esagerando: leggete da soli:
"Mi chiedo se è vietato anche
sceglierlo da solo / il modo con cui andare via da questo mondo
vuoto (...) /
I vostri sguardi mi hanno dato voglia
di cambiare, / ed ora me ne vado perché ho smesso di soffrire
(ho smesso di soffrire)".
In altre parole, il solo cambiamento possibile
per un omosessuale è la morte.
Un concetto che non fatico a veder sottoscritto
da Himmler in persona, e che quindi mi lascia particolarmente agghiacciato
quando a pronunciarlo è qualcuno che nelle intenzioni voleva
scrivere una canzone contro quelli che la pensano come Himmler e
a favore delle persone omosessuali.
Io credo che l'omofobia più pericolosa
sia proprio questa: quella benintenzionata, che non si rende neppure conto
del male che fa.
Il nazista che dice che quando prenderà
il potere ammazzerà tutti i froci, sa di cosa sta parlando: di morte.
Il rapper che dice che il solo rimedio all'infelicità per
un "frocio" consiste nella morte, invece, non lo sa, e non si rende conto
di quel che sta dicendo. Ma sta dicendo la stessa cosa del suo collega
rapper dichiaratamente omofobo, solo, in modo diverso.
Questa generazione, a quanto pare, non
riesce più a concepire l'idea stessa di cambiamento della società.
A questi ragazzi non passa neppure per la testa l'idea che il modo per
far star bene la gente che soffre per il pregiudizio della società
sia cambiare la società: per loro l'idea di cambiamento è
ridicola.
Un po' è lo Zeitgeist, vero,
ma un po' dipenderà anche dal fatto che noi del movimento lgbt abbiamo
perso troppo tempo a star dietro ai politici della Casta, e troppo poco
a rispondere a questi tamarrazzi delle periferie urbane e alla loro scombinata
visione del mondo.
I rapper, con il loro italiano scombinato
da italofoni di prima generazione malamente alfabetizzati e i loro ragionamenti
che contraddicono alla fine quel che intendevano dire all'inizio, sono
uno spiraglio su un mondo abbandonato a se stesso, col quale è urgente
colloquiare - anche, se necessario, per dirgliene quattro, ed otto! - prima
che la situazione degeneri.
Di questo passo, per pietà verso
di noi, i rapper nostri "amici" proporranno l'eutanasia, in modo
che possiamo infine smettere di soffrire... Mille grazie, "amici"...
2008 -
Contadino, Letizia - "Segreto" - (Demo inedito, disponibile su "Youtube").
L'incisione penalizza questa canzone,
dato che la musica risuona un po' troppo forte rispetto alla voce, che
per sovrastarla tende a sfiorare tonalità stridule. Ma questo fatto
è dovuto anche a una tendenza, forse inconscia, a seguire la scia
della Nannini, mentre di per sé per affermarsi Letizia Contadino
non avrebbe bisogno di farlo...
Il testo non nasconde dettagli tali da
far pensare a una donna come destinatario della canzone:
"Tu, che non cammini mai nel vento,
/ che sai fermare ogni momento / per me.
Tu, che sai amarmi in ogni senso, /
che sai tradire anche il tempo, / per me".
Alla rivelazione pensa però, a sorpresa,
il
videoclip (da cui ho tratto l'immagine qui sopra), alla cui recensione
rimando.
(E questo è un fenomeno che a partire
da questo periodo inizia a diventare sempre più comune nelle canzoni
italiane: testi non espressamente lgbt, ma leggibili in questo senso a
partire dal modo in cui il clip di accompagnamento ne visualizza le vicende).
In conclusione: siamo di fronte a un prodotto
un poco acerbo, e penalizzato da un investimento promozionale alquanto
risicato (anche il video stesso - pur dignitoso e professionale - ne risente,
nella sua impronta decisamente spartana).
Di sicuro questa è una cantante
da cui ci si può attendere di più negli anni a venire, ma
che in questa incisione arruffata non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità.
2008 - De Blasi, Chiara - "Regine della notte"
- da - Regine della notte.
Canzonetta dance, dalla melodia
gradevole, estremamente spartana nella strumentazione (la tastiera
elettrica suona un po' come una pianola per bambini) ma più che
dignitosamente eseguita e cantata.
La propone un/a
trasformista siciliana, residente a Novi Ligure.
Il tema è chiaramente quello delle
drag queens / travestite / transessuali, ma se si parla del testo
la cantante sembra avere una notevole confusione in testa, dato che non
vede alcuna differenza fra travestiti, drag queens e gay, che a
sentire le parole della canzone sarebbero la stessa cosa:
"Siamo noi / le regine della notte,
/ siamo gay, / trasformisti direi. /
Segui il mio / movimento delle mani.
/ Guarda me, / ancheggio anche meglio di lei! / (...) /
Uomo di giorno e poi, / di notte donna
dei tuoi sogni. /
Chi sono per te: / un uomo o una donna?
/ Difficile è / distinguerlo, sai!".
Mi permetto di eccepire. Non è affatto
difficile distinguerlo. Anzi, i gay sono ossessionati proprio da
tale distinzione, al punto che il minimo accenno di "effeminatezza" in
un potenziale partner lo condanna immediatamente e spietatamente al...
ehm, diciamo "conferimento alla discarica".
Questa cantante ha insomma confuso il suo
desiderio personale, o magari anche la sua condizione umana, con una presunta
realtà di fatto valida anche per chi non si trovi nella sua stessa
condizione mentale.
È suo pieno diritto dire di sé
quanto ha detto. Ed è mio pieno diritto rifiutare la descrizione
che Ms De Blasi propone di me e di quello che sono.
In parole povere: trasformista
sarà lei, gentile signorina...
2008 -
Di Lernia, Leone - "Uè ricchiò fai squich" - da - Leone
best 2008.
Testo
d'insulti pesantissimi contro un "ricchione", tanto per smentire coloro
che insistono a dire che l'omofobia, in Italia, è un falso problema
inventato dai gay.
Qui
siamo al puro odio, non giustificato da nulla che il "ricchione"
possa avere detto o fatto: lo si odia perché è lui. Questo
è il razzismo, ovvero l'omofobia:
"Ué
ricchione, fai schifo / e poi scorreggi come n'animale. / (...) /
Ué
ricchion, fai schifo, / abbasse sempe 'sti pantalone. / (...) /
Fatte
curare, tu fa' schifo, / tu cache sempe ppe due: / fai schifo! / .
Ma
le mutande tue sono piene di squich!"
Occorre
altro?
2008 -
Egokid - Minima
storia curativa.
Primo
Cd
in lingua italiana (finalmente!) per questa band milanese
di indie-rock, che affronta il tema gay con suprema nonchalance
e tranquillità.
La
cosa che mi ha colpito ascoltando questo lavoro è che vi appaiono
molte canzoni che affrontano la realtà gay da angolature tali da
essere state affrontate per la prima volta in musica solo qui. Da questo
punto il lavoro degli Egokid è opera di avanguardia e ricerca, con
tutti gli svantaggi che si corrono quando si percorrono strade mai battute,
compreso il rischio di sbagliare strada.
E
qualche errore, qualche canzone un po' "stanca" in mezzo al mucchio, ebbene
sì, la si trova. Ma ciò è ampiamente compensato dal
fatto che quello degli Egokid è un lavoro in evoluzione continua,
sempre in esplorazione, sicuramente stimolante. Di loro tutto si può
dire, ma non certo che propongano "la solita roba".
Anche
se il complesso non ha ancora raggiunto, a questa data, la creazione di
un "suono Egokid", tale da far dire: "questi sono loro" fin dal primo ascolto,
si stanno comunque caratterizzando come presenza estremamente originale,
nel panorama della canzone italiana.
Forse
fin troppo originale, perfino per il mondo gay, lamentava nel 2008 in
una recensione Renzo Stefanel:
"Ma
il problema non è quanto gli etero capiscano, ma proprio quanto
il mondo gay possa recepire, come meriterebbero, gli Egokid quali portabandiera:
il gay medio italiano, infatti, è un tamarro come l'etero
medio. Al Gay Pride in Versilia ci vanno Paola e Chiara e Paolo Meneguzzi;
la canzone gay 2007 è stata "E Raffaella è mia" di Tizianona
Ferro. Insomma, Egokid forse troppo radical chic. Ma vorrei che
fosse chiaro: questo rimane un gran disco, per tutti, perché l'amore
è amore in qualsiasi salsa, il disagio esistenziale pure, le canzoni
belle anche. E qui ce n'è in abbondanza".
In questo
Cd si vedano quindi le canzoni:
-
01 - La
nostra via
Dopo
una storia di coppia, vacanze insieme, il sentimento si raffredda, lo stare
insieme diventa "dovere" più che piacere, e a questo punto l'io
narrante sogna la libertà:
"La
nostra via, è importante che ci sia, / ma dal momento che non ho
più centro / voglio la libertà. /
La
nostra via, è importante che ci sia, / ma dal momento che non stai
attento / sogno la libertà. /
Perché
lo stare insieme / non ha senso se conviene / più per paura o senso
di risponsabilità. /
Potrei anche
sfogarmi: / ho un amante di trent'anni... / mi stai a sentire o senti che
non me ne andrò?".
Parlando
di questa canzone, Andrea
Bordoni ha giustamente osservato:
"Anche
quando si accenna alla tematica <gay>, gli Egokid riescono a
dare un loro tocco.
Le
unioni gay sono come quelle di tutti: se è importante che le coppie
siano riconosciute, anche legalmente, che possano mettere su casa insieme,
è altrettanto possibile che si sfaldino e che la presa di coscienza
della crisi sia struggente, rimpiangendo un’estate a Capri "rinchiusi in
una camera con vista su di noi" e immaginando di invecchiare senza il compagno
("E scenderò le scale senza il tuo braccio, amore")".
Anche
la musica del brano è azzeccata.
-
02 - "Arbasino".
Canzone d'amore alquanto cerebrale, perché
costellata d'allusioni alle opere, a loro volta ricche d'allusioni gay,
del romanziere Alberto
Arbasino.
Si tratta d'un esercizio intellettuale
tutto sommato frigido, e che difficilmente entusiasmerà coloro che
non conoscono questo scrittore, anche se potrebbe divertire chi invece
lo conosce. Lo ha notato anche la
già citata recensione di Renzo Stefanel:
"C'è però un'altra pecca,
in questo disco notevole e bello: una certa cripticità. Uno dei
pezzi più belli del disco è "Arbasino": splendido. Ma quanti
sanno che 1. Arbasino è uno scrittore 2. Che è gay 3. Quanti
di questi ascoltano gli Egokid? 4. Quanti colgono i riferimenti alle sue
opere disseminati nel testo?".
-
03 - "Anaffettivo".
Trovo interessante il testo di questa
canzone, molto più della musica, che mi pare invece abbastanza di
routine.
L'io narrante affronta la difficoltà
d'esprimere l'affettività con il suo partner, giustificandola come
un meccanismo di difesa (a suo dire condiviso da molte altre persone) contro
l'abbraccio soffocante con il quale il partner lo stringe quando l'io narrante
cerca di sfuggirgli:
"La verità è che non
credo di essere così appetibile / per un uomo migliore. //
A volte sono anaffettivo, ma non è
un caso isolato: / sono sicuro di essere in buona compagnia. / (...) /
Per cui prendeteci o lasciateci: è
lo stesso, / ma non crediate che sia garantito il successo. /
Perché se sono anaffettivo è
per il modo disumano / che hai di prendermi, di stringermi quando ti sfuggo".
-
06 - "Milioni".
Il
tema di "Milioni" è apparentemente intrattabile: si parla
infatti del congedo a un amante risentito perché si credeva privilegiato
dall'io narrante, che invece è promiscuo e non vuole legarsi a nessuno.
Eppure, a sorpresa, ecco un bel testo, ben calibrato, che arriva a dare
il tocco delicato necessario a renderla una canzone insolita e poetica.
Il solo limite del brano è purtroppo la musica, che non è
una fra le più ispirate di questa band.
"Sì,
sei solo uno dei tanti / perché ho milioni
di amanti / milioni e diamanti / per
guardare solo avanti. /
Ti
ringrazio per i fiori / ma ho già milioni di
cuori / milioni e più cuori per / innamorarmi.
/
Hai
ragione: sei tradito / ma era scritto nell'invito
/ che non sarebbe mai stato / un amore".
-
07
- "La donna scherno".
Canzone
piuttosto cinica, ma proprio per questo potente, dedicata a una ragazza
da sogno, Mary Lou, che è un fiore, ma "che, lo so, alla fine
dovrò calpestare" perché è una donna usata per
nascondere la propria omosessualità o addirittura per curarla: una
donna-schermo.
Alla
quale l'io narrante, stanco della commedia, dichiara senza mezzi termini:
"Donna schermo, io ti spengo: devo andare; / mi dispiace, ma la cura
qui dovrà finire".
Che
si tratti d'un gay, lo svela anche un'allusione alle teorie psicoanalitiche
sulle "cause" dell'omosessualità (padre assente, madre castrante
eccetera):
"Ma
se il padre che io cerco in chi mi saprà amare, / se per colpa di
mio padre o di mia madre, / l'uno assente, l'altra non ti può soffrire...
/
Ma
lo sai che non sei più un luogo comune, / e per questo al mio risveglio
ti dovrò lasciare, / senza troppe storie, con molto poco stile
/ (...) /
Mary
Lou / non sei più... / non sei il padre...".
Sicuramente
un testo originale: non mi viene in mente infatti nessun'altra canzone
italiana precedente (solo nel
2010 trovo "E vai via") che tratti di questo stesso tema, ovvero del
cinismo di chi usa una donna per nascondere la propria omosessualità,
calpestandone sentimenti e aspirazioni. (Tutti coloro che vogliono "curare"
i gay, "per il loro bene", spingendoli fra le braccia d'una donna, "stranamente"
al bene di questa donna non pensano mai!).
Di
questa canzone segnalo anche la musica, un bel motivo accattivante, ben
riuscito.
-
08 - "E".
Canzone d'amore, molto semplice (fondamentalmente
voce e chitarra acustica, con sottofondo di organo elettrico), dalla melodia
straniante, ricca di dissonanze, per esprimere la perdita dell'uomo amato:
"Amore mio, / mi manca l'aria. / E
mi manchi tu, / (...) / i bar, i motel, / il sesso tra noi /
(...)
A modo tuo mi hai amato, / so che potrai
avere molto di più. / Emanuele, / mi manca l'anima / e mi manchi
tu".
Si tratta d'una canzone sperimentale, a tratti
un po' strana, ma che è riuscita a trasmettere perfettamente il
disagio e la malinconia della perdita amorosa.
-
09
- "L'orso".
Ovviamente
se pensate che questa canzone parli degli animali, sbagliate. Gli orsi
a
cui pensano gli autori della canzone vivono in comunità, portano
la barba e sono gay.
La
canzone, pur affermando che l'orso è l'animale preferito dall'io
narante, lo prende poi in giro, soprattutto per la sua indolenza:
Una canzone
divertente, con una musica graziosa.
-
12 - "Imprevisti".
Ancora
un intervento sulla labilità delle cose: la vita cambia, gli amori
passano, i nostri fidanzati di un tempo ci dimenticano:
"Imprevisti della
vita: / lui ti guarda e tu che tremi, / scriverete dei poemi... / sopra
ciò che è stato!
Ora m'hai dimenticato,
/ come cambiano i pensieri: sogni contro desideri! / Quello ch'eri non
sei più".
Anche
qui spicca la musica.
2008 -
Elio e le Storie Tese - "Il mio amico". (Inedita, disponibile su
"Youtube").
Cover
parodistica, anzi sarcastica (calca la mano facendone un can-can
arrangiato come musica da circo!) di "Il mio amico",
di Anna Tatangelo, con inserti comici da altre canzoni.
Pur senza cambiarne le parole, mette efficacemente alla berlina la melensaggine
"buonista" del brano originale.
Non mi risulta per ora che sia stata incisa:
pare sia stata solo eseguita dal vivo. La si può però ascoltare
in più versioni su "Youtube".
2008 -
Faber70 - "Il papa innamorato" - (Promo autoprodotto, inedito, disponibile
su
Youtube).
Brevissimo limerick in musica (23
secondi), un poco nonsense ma scanzonato:
"Il papa è innamorato / Luxuria
l'ha stregato / non c'ero preparato / tanti auguri santità. /
Per me non c'è peccato /
(...) / L'amore è libertà".
2008 -
Fratelli Calafuria - "Riccardo" - da - Senza titolo. Del fregarsene
di tutto e del non fregarsene di niente.
Motivo rock, con molte chitarre
elettriche troppo invadenti (la voce del cantante si sente a malapena)
ma piuttosto inusuale sia per la musica un po' dissonante che per le parole,
che tratteggiano il mix di paura e attrazione che prova verso l'omosessualità
un ragazzo gay che fatica ad accettarsi.
Passeggiando con l'amico Riccardo l'io
narrante scopre per caso che Riccardo è gay. La sua reazione è
inconsulta, ma ha la peggio e finisce all'ospedale. E l'io narranrte commenta:
"Se devo essere sincero non lo rifarei".
(anche se poi, ripetendo per tre volte la
frase, alla terza omette il "non").
Poi una domenica ecco che Riccardo telefona.
La reazione? Inattesa:
"Se devo fare un passo falso è
meglio farlo adesso.
Ho perso un treno a 15 anni e mi ritrovo
ad inseguire l'autista".
(e confesso che trovo graziosa e divertente
questa metafora).
A mio parere la canzone merita l'ascolto:
potrebbe non piacere a tutti, ma sicuramente non
può essere definita banale.
2008 - Garrota - "Queer bashing" - da - Fuori
dai nostri quartieri.
Brano del sedicente "rock
alternativo" di estrema destra, che invita all'aggressione fisica degli
omosessuali (traduzione del titolo inglese: "Pestaggio dei froci"):
"Il mondo sta cambiando sotto i nostri
occhi, / pietosa tolleranza alle coppie di finocchi. / (...)
Questa non è famiglia e non
è certo amore, / ma solo l'egoismo della vostra deviazione! /
Violenza! Oi! Oi! Oi! / Bastardi! Oi!
Oi! Oi! / Disgusto, queer bashing!"
In nome dell'amore dei bambini vengono quindi
predicati esplicitamente l'odio e la violenza:
"Manifestano orgoglio sfilando nelle
piazze / pretendono dei figli come fossero gadget / e c'è chi li
sostiene e c'è chi li supporta / perché di quei bambini di
certo non gli importa! /
Violenza! Oi! Oi! Oi! / Bastardi! Oi!
Oi! Oi! / Disgusto, queer bashing!"
Resto come minimo perplesso di fronte a questa
canzone, e non solo per la "musica" composta in tutto da tre accordi e
basta ("cultura di destra" è notoriamente un ossimoro), ma se non
altro apprezzo il fatto che questi qua almeno dicono chiaramente cosa pensano
di noi, a differenza di tanti nostri "amici" del "centrosinistra", ad esempio
il Partito democratico che
escluse deliberatamente l'omosessualità dalla "Legge Mancino sui
crimini d'odio", e che poi oggi strilla che sono i partiti di destra
a a non volere leggi
antiomofobia.
2008 -
Giambrone, Giuseppe - "Devi tornare di meee" - da - AttaccaBastiano!
Se
ne veda la
mia recensione al video.
2008
- Novena - "Io
piaccio a Luca" - da - Naif [demo].
L'autore
del testo, nonché vocalist del gruppo, ha
raccontato ad Arcigay che questa canzone è nata da un incontro fortuito,
in metropolitana, con un ragazzo che s'era messo a guardarlo, chiaramente
attratto da lui. E quando non aveva ricevuto una risposta positiva al suo
interessamento, in lui s'erano palesati abbattimento e frustrazione, attribuiti
dal cantante all'impossibilità di vivere la propria omosessualità
in modo aperto.
Da
qui il ritornello di questa canzone:
"Io
piaccio a Luca: / non so perché / ma guarda me! /
Io
piaccio a Luca / e il suo interesse fragile /
vive
di sogni che / mai nessuno potrà vedere. /
Mi
piace Luca così com'è".
Purtroppo,
come in molti "demo", anche in questo il bilanciamento tra voce e strumenti
è un problema. Le chitarre elettriche sono troppo fracassone, spesso
soffocano del tutto le parole del cantante, che da parte sua è costretto
a sgolarsi per farsi sentire, con effetto non gradevolissimo.
Peccato, perché le intenzioni,
ed anche il motivetto della canzone, avrebbero meritato di più.
Merita comunque la lettura anche la
bella dichiarazione che i Novena hanno rilasciato l'anno successivo,
quando la sorte ha voluto che un'altra
canzone dedicata a un Luca, quella di Povia, facesse parlare tutti
i giornali.
Galeotto fu il demo...
2008 -
Perfette imperfezioni - "Puttane e froci". (Autoprodotto, su
Youtube).
Una
sorte di "lamento der coatto" in chiave rap.
Questa
non è però una canzone di protesta, nonostante le intenzioni
dei rappatori, ma un banalissimo sfogo isterico: il testo non propone infatti
la minima analisi del perché le cose non vadano bene:
"Intorno
ammè, solo mignotte e gay, / e mme rode troppo il culo / perché
nun è / la vita che vorrei. / (...)
Puttane
e froci come sfondo, / ne ho piene le palle, zì, / Roma, 2008.
/ (...)
Puttane
e gay, fuori dai coglioni: / dimme se questo mondo può anna' bbene,
/ pieno de sofferenze: conviene / voltare paggina e ricominciare per bene!
/
Intorno
a me è tutto marcio e so' ssicuro: / ragazzetto a sedici anni, fatte
sotto cassa e dà via er culo!".
Alla fine
tutto si riduce a una sequela di lamentele da "donna qualunque" al mercato:
"Signora mia, non ci sono più le mezze stagioni", "Signora
mia è tutto uno schifo, è tutto un magna-magna".
L'unica
soluzione proposta? Addossare la colpa a "mignotte e gay", ovviamente!
Confermando
una volta di più l'aforisma che dice che "il razzismo è
il socialismo degli imbecilli", troppo stupidi per capire chi stia
causando i disagi - reali, per carità - che sperimentano. Ma se
possono cavarsela con una ronda (padana o ciociara, fa lo stesso) contro
"puttane e froci", i veri responsabili del degrado ci mettono la firma
e applaudono!
Complimenti
quindi agli autori di questo rap per l'acuta analisi sociopolitica
e la bellissima canzone. Aò, è proprio intelliggente 'na
cifra!
2008 - Pietrangeli, Paolo - "Teresa" - da
- Carmela (con affetto).
L'omicidio di una transessuale visto attraverso
gli occhi (simpatetici) della portinaia del condominio.
(Recensione ancora
da scrivere).
2008 -
Posi - "Voglio farmi la dj" - da - I like Posi.
Se
ne veda la
mia recensione al video.
2008 -
Prophilax - "Vivo col gay "- da - Coito ergo sum.
Autoprodotto. Scaricabile
gratuitamente dal sito del complesso.
La canzone, che all'inizio allude sarcasticamente
a "Sulla
porta" di Federico Salvatore (1996), propone un demenziale duetto
fra un uomo che confessa alla sua donna d'essere gay, e la donna stessa.
La situazione è descritta, com'è
la norma per le canzoni di questo complesso, in termini estremamente espliciti
e crudi, ma se non altro la vena umoristica s'è qui sgrezzata, al
punto che al di là del maschilismo e del turpiloquio che sono il
"marchio di fabbrica" del complesso, qualche battuta azzeccata la si trova:
[Lui] "Ma perché fai così?
Se me piace pijallo lì... / Non ti chiavo da quel dì: lo
dovevi capi'!"
[Lei] "Preferisci lui a me, ma perché?
/ Io ho la fi*a e lui no!" / (...)
[Lui] "Ce lo so! //
Vivo col gay / e non sono ca**i tuoi
/ se io vado con lui: / non ero io l'omo per te! / (...) /
Vivo col gay / ne pijo cinque, a vorte
sei: / son felice, lo sai!"
Alla fine, dopo qualche rimbrotto della donna,
la situazione si rappattuma all'italiana e "lui" prospetta a "lei" (ed
anche questa uscita è un segno dei tempi che sono cambiati, dato
che ciò dimostra quanto gli stereotipi sociali sui gay siano
nel frattempo cambiati) che se ora frequenta gay lei potrà godere
d'una compagnia di persone "divertenti":
"E dai, vieni insieme a noi / che te
divertirai: / porta un par d'amici tuoi!".
E la "lei" concorda su questo punto, anche
se non rinuncia a lanciare una volgarità finale:
"Vivi col gay: / ora sì, siete
amici miei, / ma non capirò mai / pe' sedétte come fai".
Divertente nel brano anche l'assolo di chitarra
elettrica su un motivo de Le quattro stagioni di Vivaldi.
2008 - Punkreas - "Family gay" - da - Futuro
imperfetto.
I Punkreas hanno avuto il coraggio di
prendere di petto un tema
rovente del dibattito politico relativo al mondo lgbt: le adozioni.
Un tema
talmente bollente che lo stesso movimento ne parla con cautela e di
rado.
Io narrante della canzone è un
bambino rimasto solo, rinchiuso in un istituto, che aspetta un'adozione:
"E dopo molte sere / passate
a dir preghiere / arriva il grande giorno: / qualcuno che mi adotterà!
/
La direttrice attende, / la coppia
che mi salverà: / di mamme non ne vedo / però ci sono due
papà".
Al bambino la cosa non importa: importa solo
che finalmente andrà via di lì. Purtroppo però verrà
deluso: non è previsto che due uomini possano adottare, quindi
"La suora mi bisbiglia: Che orribile
peccato / torna a pregare, sarai più fortunato".
Il bambino torna nella sua cameretta grigia
e anonima, e conclude:
"Anche per oggi resto qua, / ma nella
mia preghiera / in croce, al posto di Gesù, / ci metterò
la suora".
Il mio giudizio su questa canzone ha due piani:
uno artistico ed uno politico.
Sul piano artistico, il complesso ha "sceneggiato"
un'ipotesi in modo tale da renderla chiara e comprensibile a tutti, riuscendo
a rendere ben chiare le ragioni del punto che voleva sostenere. La canzone
è dunque azzeccata e perfettamente riuscita nel suo scopo.
Tuttavia, per raggiungere questo scopo,
il testo ha dovuto far uso di una serie di forzature retoriche,
che aiutano a scolpire bene in mente i concetti ma (e qui entriamo nel
giudizio politico) al costo di presentare avvenimenti semplicemente
assurdi: una coppia dello stesso sesso non arriverebbe mai al colloquio
con i gestori della comunità, gli "istituti" ottocenteschi con greggi
di orfani pascolati da suore hanno ceduto il posto da decenni alle case-famiglia
di piccole dimensioni, non ci sono direttrici di istituto a cui parlare
per l'adozione (non stiamo parlando di canili!) ma semmai giudici minorili
e assistenti sociali. Eccetera.
Complessivamente, il quadro presentato
dalla canzone è quello esistente alcuni decenni fa, ed è
interessante notare come nell'immaginario collettivo il quadro di riferimento
sia rimasto ancora quello, e non solo per i Punkreas ma anche per gli oppositori
dell'adozione ai gay.
D'altro canto il complesso ha capito
il punto fondamentale: l'adozione è un diritto del bambino
e non degli adulti (ricordate gli
orribili manifesti di Berlusconi che prometteva "adozioni più
semplici", come se si trattasse di procurare un barboncino ad ogni famiglia
che ne fosse ancora sprovvista?). Raccontare la vicenda dalla prospettiva
del bambino è stata un'idea corretta, anche se rischiosa, dato che
anche i peggiori attacchi omofobici in questo istante vengono giustificati
con la scusa d'essere fatti "nel nome dei bambini". I quali rischiano,
a furia di avere adulti che parlano "a nome loro", di non riuscire
a far sentire più la loro voce.
Il giudizio politico si conclude notando
come, oggi, il fronte più scottante nel campo dell'adozione da parte
di persone omosessuali sia semmai quello delle famiglie in cui i bambini
crescono con due genitori uno/a dei quali almeno è, per la legge,
un totale estraneo. Rischiando di vedere calpestati diritti e affetti nel
caso un incidente li privasse del genitore biologico.
Dopodiché una nota semplice ma
decisiva: il crollo verticale della natalità in Italia fa sì
che ci sia un bambino adottabile ogni trenta coppie che si
candidano all'adozione: la situazione presentata dai Punkreas è
quindi semplicemente marziana. Non mancano affatto le coppie, per i minori
in stato di adottabilità: al contrario ce n'è sovrabbondanza!
Tutto ciò considerato, mi resta
solo da aggiungere che i poveri Punkreas non erano tenuti a stilare un
trattato giuridico sull'adozione, come quasi quasi stavo per mettermi a
fare io: la loro era solo una canzonetta su un tema che prima di loro nessuno
aveva mai trattato nella canzone.
All'estero
ci sono già da molti anni canzoni che parlano del tema in modo anche
toccante, in Italia invece fino ad oggi questo era rimasto un tema
tabù. Il merito di averlo infranto va quindi riconosciuto
a questo complesso, che ha saputo osare più e prima di altri.
2008
- Radici nel Cemento - "Siamo tutti omosessuali" - da - Il
paese di Pulcinella.
Le difese dei gay proposte dagli eterosessuali
di solito fanno rizzare le orecchie, e spesso anche i capelli, per gli
stereotipi che riescono a infilarci senza neppure accorgersene (si veda
solo, in questo stesso anno, la canzone della Tatangelo,
che pure credo fosse in buona fede). Peggio mi sento, poi, se alla seconda
parola ho già udito "frocio".
E invece no. Perché questa canzone
è un ottimo esempio di discorso intelligente, che parte non da un
vissuto personale da difendere, ma da un ragionamento "di sinistra" sul
diritto al rispetto delle diversità:
"So' frocio, embe', perché ci
hai da ridi'? / Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
/
so' frocio, embe', perché non
se po' fa'? / Non è un problema mio se temi la diversità.
/
Diciamo che a 'sto mondo ognuno è
libero di fare / della propria vita tutto quello che gli pare, /
e se non sei d'accordo, caro mio sono
spiacente, / ma non cambia proprio niente".
Citando lo slogan sessantottino "siamo
tutti ebrei tedeschi" la canzone si spinge a dire "siamo tutti omosessuali":
"Siamo tutti omosessuali, / siamo tutti
diversi, siamo tutti uguali, /
siamo tutti uguali anche nella diversità,
/ e poi... si può guarire anche dalla normalità!".
La canzone critica le posizioni della Chiesa,
l'uso di termini ingiuriosi, il culto della virilità, l'omofobia,
e si permette persino una trasgressione erotica da far balzare sulla sedia
gli ascoltatori omofobi (a mio parere, qui c'è il solo scivolone
nella mentalità da eterosessuale: "Sono gay in quanto mi piace
il ca**o"... Ma lasciamo correre):
"Mi piace l'odore che hanno i maschi
tra le gambe, / mi piace tutto quello che hanno dentro le mutande, /
mi piacciono le spalle muscolose e
i fianchi stretti, / le forme spigolose dei maschietti!".
Al di là di questo scivolone, comunque,
ritengo che questo pezzo sia uno dei più riusciti (se non il più
riuscito) ragionamentio politico in forma di canzonetta mai pubblicato
in italiano sul tema dell'omosessualità.
Purtroppo la musica, un ritmo reggae,
non spicca in modo altrettanto netto, limitandosi a collocarsi sul livello
del gradevole e del piacevole, ma senza "spaccare", anche se va detto che
è arrangiata ed eseguita con cura e diligenza. E poi, dopo
i danni combinati dai cantanti reggae omofobi, è sempre
piacevole ascoltare un reggae contro l'omofobia.
2008 -
Rez, Emilio - "Tremenda"
(singolo). Poi nel Cd - Premessa
(2011). (In realtà il
download digitale gratuito era disponibile già a fine 2007).
Emilio
Rez è un altro dei gay, caratterizzati da un vestiario che farebbe
sembrare sobrio un pagliaccio, lanciati dal Maurizio Costanzo
Show, che
s'era specializzato in questo tipo d'operazione. E risultando abilissimo
nel fare apparire "casi umani" le persone che presentava, suadente e sornione,
incoraggiandole a mostrarsi quanto più freak riuscivano ad
essere.
Le
sue vittime stavano al gioco, nella speranza d'una celebrità che
però, nella maggioranza dei casi, s'è rivelata illusoria
(e quando non lo è stata, è stato ancora peggio, consacrando
persone del tutto prive di talento).
Il
problema di Rez è che se da un lato col mascheramento ci gioca a
fini promozionali, dall'altro sembrerebbe convinto di stare facendo
qualcosa d'importante, girando vestito da clown. La sua insistenza sull'importanza
di "esprimere se stesso" dimostra una certa coerenza che talvolta gli
crea più danni che vantaggi.
"Tremenda"
è il brano che l'ha imposto all'attenzione della tv e gli ha concesso
una breve fiammata di notorietà.
Direi
che il pregio e al tempo stesso il limite di Rez sia il fatto d'essere
un "personaggio mediatico" e non un cantante, ragione per cui le sue canzoni
funzionano quando sono puntellate dalla sua presenza scenica, in assenza
della quale perdono interesse.
Anche
"Tremenda", di per sé, non ha nulla che faccia gridare al capolavoro.
Musicalmente è al minimo sindacale: vagamente dance (tumpa-tumpa-tumpa-tumpa-tump...)
non ha praticamente melodia, salvo un guizzo nel ritornello. Il canto,
poi è incerto, con una messa di voce che va e viene. Fortunatamente
almeno le "stecche" risultano di numero contenuto e sopportabile.
Il
punto è che è proprio il modo di cantare di Rez ad essere
fondamentalmente monocorde: su Youtube ci sono esempi dei suoi Cd,
e vi sfido ad ascoltare in sequenza le sue canzoni senza cadere preda
della noia cosmica!
Insomma,
privata del palcoscenico e lasciata a se stessa, questa canzone fatica
ad attrarre l'attenzione.
Se
si eccettua il testo -- che in effetti non è irrilevante per questa
mia "discografia".
Rez
ha infatto scritto in "Tremenda" una protesta contro una società
che da un lato lo respinge come freak, ma dall'altra spinge una
certa categoria di maschi a cercarlo poi in segreto per la notte.
Non
avendo io mai incontrato nessun esponente di tale categoria, gli credo
sulla parola (e del resto è
noto che gli omofobi più accaniti sono gli omosessuali repressi
o velati):
"Mi ritieni essere un mostro, / un
animale da circo, / un personaggio del trash /
perché indosso la tutina, /
il trucco a mascherina, / i boa e mille paillettes. //
E se mi vedi andare in giro / è
perché proprio non ce n'è, /
così continui a starmi dietro,
/ mi fai l'occhiolino, / mandi pure il bacino: /
dimmi allora perché?"
E a un certo punto Rez parte addirittura con
un ragionamento che lo eleva al di sopra del livello della "sfranta" media,
di cui è apparentemente un archetipo, dimostrando di avere anche
del sale in zucca:
"Non mi interessa / se ti chiami Marco,
/ o per gli amici Sogno / oppure a letto Lulù...//
Devi esprimere te stesso, / e giammai
il represso (sic) / al costo di rischiare tutto!"
Insomma, a quanto pare non è tutto
ottone quel che luccica...
2008 - Le sorelle Marinetti - Non ce ne
importa niente.
Trio
maschile che canta in abiti femminili canzoni degli anni Trenta, con
arrangiamenti e armonizzazioni tipiche di quell'epoca.
Nonostante il costante ammiccamento all'estetica
camp/gay dell'operazione, il trio non ha mai cantato nessuna
canzone a tematica lgbt. Lo segnalo quindi per mero desiderio di completezza.
2008 -
Superzoo - "Leila" - da - Soldi
e farfalle.
Ci si stupisce del fatto che sia lo stesso
Paese quell'Italia che per un pelo nel 2009 non fa vincere
Sanremo a "Luca era gay", e nel contempo sa produrre nel 2008 canzoni
come questa.
Che affronta un problema che è tuttora
sottovalutato e del quale si parla pochissimo: le violenze esercitate dalle
famiglie, fino al vero e proprio sequestro di persona, contro gli e le
adolescenti omosessuali, allo scopo di costringerli a "cambiare" il loro
orientamento sessuale. Violenze gratuite in quanto inutili, dato che nessuno
può "cambiare" il proprio orientamento, né in un senso né
nell'altro.
In qualche modo, purtroppo, questi abusi
vengono ancora considerati come facenti parte dei diritti (se non dei doveri)
educativi dei genitori.
Anche se i casi estremi sono, per fortuna,
molto più rari di quanto si pensi, sono viceversa comuni gli scontri
più o meno prolungati, accompagnati dalla limitazione della libertà
personale, che ragazzi e ragazze gay devono sperimentare nel
loro processo di coming out verso la famiglia.
Il testo di questa canzone affronta il
tema raccontando d'una ragazza, Leila, che ha un "problema": ama la sua
migliore amica:
"Dubbi non ne ha, neanche certezze,
in fondo. / Sa come si fa, nessuno gliel ha detto: /
bacia, bacia, bacia a labbra strette,
/ nuda, nuda ed abbracciata a Claudia".
Purtroppo i genitori di Leila una volta tornano
a casa prima del previsto, e la sorprendono a letto con Claudia.
E non la prendono bene: se Leila vuole
restare nella loro casa deve "cambiare". Perciò la tengono chiusa
a chiave, le impediscono di vedere gente e soprattutto Claudia, la quale
da parte sua ha fatto una fine ancora peggiore.
"Leila ora capisce cosa fare: / nega
nega qualsiasi relazione; /
già le credono: serve a dimenticare.
/ Gli fa comodo credere sia normale. /
Sogna, Leila, la sua realtà
speciale, / fuori, fuori, dalla festa parrocchiale. /
Molto meglio di essere in ospedale,
/ come Claudia, che non riesce a salutare".
A Leila resta solo il sogno del giorno in
cui potrà fuggire dal paese, e questa è la malinconica
conclusione della canzone.
Se al testo semplice, diretto ed efficace,
aggiungiamo una musica gradevole, nel solco della tradizione melodica italiana,
e una cantante decisamente brava, direi che il giudizio sul risultato
complessivo non possa che essere nettamente positivo.
"Leila" è una bella canzone e merita
senz'altro l'ascolto. La consiglio.
2008 -
Tatangelo, Anna - "Il
mio amico" - da - Mai
dire mai. [Anche come "single". Il Cd era uscito inizialmente nel
2007 senza questo brano, aggiunto solo nella riedizione del 2008].
Questo brano, classificatosi al secondo
posto al Festival di Sanremo di quell'anno, conta ben due prese in giro:
la parodia realizzata da Checco Zalone e la
cover satirica degli Elio e le storie tese.
Ciò è apparentemente strano, e non può essere imputato
alla sua tematica, dato che canzoni molto più audaci di questa,
in quello stesso anno, non si sono meritate tanto dubbio "onore".
Il
fastidio alla base degli attacchi satirici fu probabilmente dovuto all'esagerata
promozione di cui godette il brano, sicuramente grazie a conoscenze
e favori nel mondo giornalistico (quelle apportate da Gigi
D'Alessio, autore recidivo della canzone e produttore della Tatangelo,
e anche qualcosa di più). Il brano fu "pompato" come una sorta di
Messaggio Definitivo sulla tematica dell'omosessualità, e addirittura
come la prima canzone di Sanremo che "davvero" parlava di gay in modo simpatetico.
Dopodiché, arrivato il momento dell'ascolto, ci si trovava di fronte
a una melensaggine e a un livello d'elaborazione del problema che era fondamentalmente
quello di "Pierre"
dei Pooh, con il non trascurabile dettaglio che "Pierre" era apparsa
nel 1976, e qui eravamo nel 2008.
In
altre parola, questa canzone non marca affatto la consacrazione della tematica
gay a Sanremo, come si disse (già nel lontano 1996 c'era stata la
mediocrissima "Sulla
porta" di Federico Salvatore, e ancora prima, addirittura nel
1991, la bella "Sorelle d'Italia" di Dario Gay). Ciò che il
brano marca e permette di quantificare, semmai, è il ritardo
accumulato da chi gestisce Sanremo rispetto al livello dell'industria musicale
italiana: trent'anni, anzi, trentadue!
Da
qui, credo, vennero il fastidio e la facile ironia verso un pezzo che in
sé e per sé non è affatto peggiore di tanti altri
che abbiamo visto nella presente bibliografia.
La
musica in quanto tale non ha nulla di particolare: è il classico
motivetto sanremese, destinato al rapido consumo, ma arrangiato in maniera
piaciona per essere gradevole fin dal primo ascolto. L'esecuzione
è curata e l'incisione pulitina e patinatina, senza sbavature di
sorta. Insomma, è un prodotto confezionato con professionalità,
che non commette alcun reato di "lesa musicalità".
Il
problema, insisto, sta nella discrepanza fra la mentalità espressa
nel testo (quella che Checco
Zalone l'anno successivo avrebbe preso efficacemente in giro nel brano
"I uomini sessuali") e i presunti e inesistenti meriti filosofici del
testo (Mario
Luzzatto Fegiz sul "Corriere della Sera", 26/2/2008: "Testo bellissimo
di Gigi D'Alessio, tematica attuale ma senza toni provocatori, melodia
decisamente orecchiabile, lei fascinosa, con il dramma di un gay"),
su cui la promozione strombazzò in modo asfissiante. Al punto da
riuscire a far passare quasi totalmente inosservata la presenza, al medesimo
festival, di un'altra canzone, a tematica lesbica, di qualità decisamente
superiore, vale a dire "Ore e ore" di Valeria
Vaglio.
Cinemagay.it
raccolse un florilegio di pareri che vale la pena di leggere; fra essi
citerò solo quelli di Lucia Ocone ("Bel pezzo, quello sugli omosessuali
sensibili: io ne potrei fare uno sui negri che hanno il ritmo nel sangue,
oppure uno sul latte che è pieno di calcio: l'album si chiamerà
Mina canta i luoghi comuni") e di Platinette ("Raccontando la storia
di un 'amico gay', Gigi D'Alessio e Anna raggiungono punte di involontaria
comicità. È il trionfo della retorica").
La chiave di tutto il dibattito sta in
una parole dell'immeritato elogio di Luzzatto Fegiz: "dramma di
un gay".
Perché la Tatangelo accetta di
parlarci di un gay, sì, ma solo per reiterare il concetto per cui
la vita di un gay è infelice, priva di amore, e condannata allo
stereotipo. E se quando dico "stereotipo" vi viene in mente che il gay
in questione faccia il parrucchiere, ebbene, sbagliate di grosso. Fa il
truccatore...
(A dire il vero non è neppure molto
gay, visto che va a dormire truccato e macchia di trucco il cuscino: più
che altro si direbbe un transessuale che non s'accetta come tale).
La sua sorte, in effetti, non è
invidiabile, visto che ogni frase lascia capire che è condannato
alla solitudine, alla mancanza di amore, al tradimento da parte dei partner,
all'infelicità, all'amarezza, a... (Minchia, ma questa sarebbe una
canzone a favore dei gay!? Non oso pensare a cosa avrebbe detto
se fosse stata contro!)
"Il mio amico avvolto dentro l'amarezza
/ mi fa tanta tenerezza. /
Anche quando nasce l'alba più
sicura / poi di notte gli regala la paura. / (...)
Se il cuore batte forte / dà
la vita a quella morte che vive dentro te...
(sic!!!) /
Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
/ perché l'altro già da un pezzo l'ha tradito, /
dorme spesso accanto a me dentro al
mio letto / e si lascia accarezzare come un gatto. / (...)
Poi mi guarda mentre spegne il suo
sorriso: / spera sempre in quell'amore che non ha".
Visto il quadretto, il blog "Voglio sposare
Tiziano Ferro", parlando
di questa canzone, commenta sarcastico:
"Non a caso sul 'Tv Sorrisi e Canzoni'
che presentava la canzone si leggeva: 'Anna ha davvero un amico gay, si
chiama Claudio e quando Anna gli ha fatto sentire il brano è scoppiato
in lacrime'. Appunto".
E se giunti qui non vi siete ancora tagliati
le vene per la depressione, leggete anche l'appello alla pari dignità
contenuto in questo meraviglioso testo:
"E a chi dice che non sei normale
/ tu non piangere su quello che non sei: /
lui non sa che pure tu sei uguale a
noi / e che siamo figli dello stesso Dio".
Non una gran consolazione, a ben guardare...
tanto più che è stata prontamente smentita da un autoproclamato
rappresentante del suddetto Dio, il
cardinale Ersilio Tonini, che ha dissentito senza mezzi termini:
"Trovo particolarmente di cattivo gusto
la presenza a Sanremo della canzone 'Il mio amico', che tratta una storia
tra omosessuali: penso che neppure ai gay piacerebbe, e comunque non è
plausibile trasmetterla in un orario nel quale anche i bambini possono
essere davanti alla tv.
Ritengo che un tema così scottante,
così delicato e tanto controverso come l'omosessualità non
possa essere oggetto di una canzonetta".
Come si vede, con tutti questi palloni d'aria
calda a dire la loro, c'è da sorprendersi che le prese per i fondelli
di questa canzonetta tanto sopravvalutata siano state soltanto due,
alla fine...
2008 -
Trash, Sabryna - "Maciste"
- da - Grazie a Dio sono atea, poi come Ep in Maciste.
Anche come singolo. (Autoprodotto, scaricabile
gratuitamente dal suo sito).
Senza speranza - al solito - di riuscire
ad azzeccare una nota o un ritmo, Sabryna trasforma questa canzone in una
specie di vudù canoro contro la moglie del tabaccaio di cui s'è
innamorata e che "somiglia a Maciste, ti assicuro".
Secondo il racconto (per nulla obiettivo
e tantomeno disinteressato) di Sabryna, la moglie ha la colpa gravissima
di tenere legato a sé il marito facendosi mettere incinta a ripetizione
("E insiste a mettere al mondo figli / e terrà suo marito con
gli artigli: / con quella troia sco*erà come i conigli!").
Per questi motivi, contro di lei si aprono
le cataratte degli insulti e delle maledizioni:
"Mi sveglio la mattina pensando "Che
vita indegna, / vendendo sigarette accanto a quella pregna!" /
Mi reco subito a comprar le mia "Futura"
/ sperando che non ci sia quella bruttura. /
Quella racchia della moglie, che gli
colga un accidente! / Ficcargli un trapano in cu*o sarà sufficiente
/ (...) /
così impara a chiamare il mio
amore "deficiente"".
2008 -
Trash, Sabryna - "Mio
marito" - da - Grazie
a Dio sono atea. Anche come
single. (Autoprodotto, scaricabile
gratuitamente dal suo sito).
Cover
di "Maracaibo" di Lou Colombo.
La
perfida Sabryna al suo peggio, cioè meglio, si lancia a descrivere
(o demolire) Gaetano, il suo partner, e la sua relazione.
È
un quadretto satirico che non risparmia neppure se stessa, e che parla
della realtà senza abbellimenti.
Sabryna,
pazza pericolosa, arriva ad infilare nell'incisione anche la voce di Gaetano
che le dice "mignotta!" e "bella mignotta!", o che sbadiglia:
"Mio
marito / di nome fa Gaertano / ed è siciliano. /
Parte
alle 5 col Tir / e lo trovi ai cessi dell'Autogrill / (...)
Gli
piaccion le pu**ane... / quelle nigeriane, / con il culo sodo! / Ma speriamo
becchi lo scolo! /
In***a
anche i ricchioni: / speriamo becchi i condilomi! / (...)
Un
monolocale abbiamo comprato: / uno scannatoio è diventato, /
con
cani e gatti: / urliamo sempre come matti!".
(C'è
anche dell'altro, ma visto che Sabryna entra un po' troppo nei dettagli
intimi preferisco sorvolare).
Il
risultato finale è delirante, ma al tempo stesso simpatico e divertente.
Sabryna
canta con una vocina distorta, da bambina terribile, che accresce il tasso
di delirio.
E
nonostante il fatto che l'arte del canto e Sabryna Trash abbiano sempre
marciato in direzioni opposte, nel 2008 c'è ormai chi effettua un
lavoro di "ripulitura" in postproduzione, rendendo meno dolorosa (e a tratti
dignitosa) l'esperienza dell'ascolto di questa improbabile "diva".
2008 -
Trash, Sabryna - "Stuprami
l'ano". (Singolo autoprodotto, poi nel Cd - Sabryna hard, scaricabile
gratuitamente dal suo sito).
Uno
dei brani più assurdi di questa cantante giù assurda
di suo, che qui immagina d'essere aggredita da una banda che la vuole stuprare.
L'effetto
delirante nasce dal fatto che la vittima non solo asseconda fin troppo
mansuetamente gli aggressori ("Non ti ribella', troia!" "E chi
si ribella?". "Non ti ribellare!" "Fossi scemaa!") ma
addirittura li incita (come da titolo) su una surreale base dance
elettronica.
L'esito
è assoluamente folle: non so neppure come possa essere venuto
in mente a qualcuno di creare una canzone su questo tema pazzesco. E peggio
ancora, come sia passato per la testa di farne un brano umoristico.
Io mi sento in colpa a ridere su un tema tanto drammatico. Va bene ridere
di se stessa, ma davvero Sabryna non ha limiti? O usa l'auto-sarcasmo come
vaccino? Mah!
Sia
chiaro che questo brano si basa su una fantasia sessuale e non sulla realtà:
in altre canzoni Sabryna Trash ne dice di tutti i colori contro i clienti
che non vogliono pagare per "adoperarla", quindi non penso proprio che
qui intendesse incoraggiarli a far proprio questo.
E
infatti lo stesso sito di Sabryna, pur in un contesto per metà serio
e per metà sarcastico, specifica che "Come ben sa chi ama la
maestra del trash, l'orgasmo vince sulla logica, le suggestioni su una
storia inventata... ma tanto desiderata".
Siamo
insomma di fronte a una fantasia erotica, che a quanto si dice è
anche abbastanza comune. La differenza rispetto alle altre persone è
che Sabryna, invece di limitarsi a fantasticare, ha sceneggiato (follemente,
come suo solito) e pubblicato l'intera scena.
Ultimo
appunto: questo brano si basa su un dialogo (fra Sabryna e gli aggressori)
e quindi ci risparmia di sentir "cantare" la Trash. Il che migliora drasticamente
la qualità dell'ascolto...
2008 -
Tuccitto, Pia - "Buongiorno a te" - da - Urlo.
Cover
di canzone scritta da Pia
Tuccitto per Patty Pravo, che
l'aveva cantata nel 2000.
2008 -
Vaglio, Valeria
- Stato innaturale.
In
un'intervista a Renato Tartarolo per il "Secolo XIX", (Sanremo:
il coraggio di cantare l'amore, 28 febbraio 2008) la Vaglio, dopo
aver assicurato di non aver messo nulla di autobiografico nelle proprie
canzoni lesbiche, aggiungeva:
"Però
ci tengo che l'amore fra donne emerga, perché è sempre rimasto
nascosto. L'unica immagine che è venuta fuori, sino ad oggi, è
quella gay maschile, ma purtroppo con un'accezione perversa. È venuto
il momento di abbattere queste ipocrisie, anche se non mi sento certamente
una Giovanna d'Arco".
Al che
Tartarolo chiedeva, e Vaglio rispondeva:
"Ipocrisie
come quelle di tante popstar bisessuali per fare scandalo, ma rigide sulla
propria privacy?"
"Non
giudico nessuno, nella propria camera da letto ciascuno è libero
e solo".
Non male,
per una cantante che nel suo primo Cd infila ben tre canzoni a tematica
lesbica (e che nel
secondo riesce nell'impresa di non citare mai una sola volta,
in nessuna delle sue canzoni, un solo aggettivo che permetta di capire
di che sesso sia la persona di cui sta parlando), e cioè:
-
"Fotografia".
Canzone d'addio
per la fine di una relazione con una donna che ha raccontato una bugia
di troppo (secondo
LesWiki, l'allusione alla fede implica che si tratti d'un matrimonio
eterosessuale).
Il testo utilizza
un linguaggio volutamente poetico, con un'abbondanza di metafore che però,
più che abbellire il discorso, lo appesantiscono un po'.
"Le parole sono
vili accorgimenti / che non possono lenire i miei tormenti. /
Come curve di
colore in piena scia / sul tracciato dell'ennesima bugia /
hai segnato il
tuo monologo dimesso / sulla tela di un dolore mai espresso. / (...)
/
Metti la fede
al dito / a un'altra tua bugia: / di noi non può restare / che una
fotografia".
La musica è un
po' il tallone d'Achille di questa cantante: qui la melodia, un lento eseguito
con inappuntabile diligenza, manca spesso della cantabilità che
di solito contribuisce a rendere celebre una canzone.
Ciò detto,
questo e i successivi sono brani incisi con molta professionalità
e cura, e meritano senz'altro un ascolto non distratto. Forse non sono
destinati a diventare dei classici, ma garantiscono comunque un ascolto
piacevole. E forse anche qualcosina di più.
-
"Le carezze
e la ferita".
Promessa d'amore
fatta a un'altra donna.
Il testo è
spigliato e simpatico, oltre che esplicito, ma anche meno articolato e
fluido del molto migliore "Ore ed ore", che fu il
brano che trainò questo Cd.
L'io narrante promette
la fine della solitudine ad una ragazza che fino a quel momento aveva "nascosto
nel cassetto" le sue "abitudini del letto":
"E non sarai
più sola / sotto le tue lenzuola: / le abitudini del letto / le
nascondi nel cassetto, /
tra le fotografie,
/ i libri e le tue bugie. /
Lo sento anche
da lontano / che scendi con la tua mano. / (...) /
E sentirti respirare,
/ rannicchiarti e naufragare: / le carezze e la ferita, / la gioia infinita".
La musica è solo
un rock-and-roll senza infamia e senza lode, ma è eseguita con diligenza.
Il brano non spicca
per qualità particolari (a parte il coraggio con cui affronta l'argomento
lesbico), ma è ben eseguito, ed è romantico quel tanto
che basta per piacere di sicuro ad almeno una parte del gentile pubblico.
Merita un ascolto.
-
"Ore
ed ore".
Questa
canzone (dalla musica un po' banalotta ma dal testo d'ottima qualità)
racconta con toni molto delicati e quasi pudichi la fine d'un rapporto
fra donne, causato dal matrimonio di una delle due.
L'io
narrante ripercorre con la memoria la relazione, chiedendosi come avesse
fatto a non accorgersi del tradimento che stava consumandosi a sua insaputa:
"Le
interferenze fan rumore, / e non si può cambiar canale / o spegnere
il televisore / durante ogni temporale.
Ma
come ho fatto a non capire? / E far l'amore ore ed ore... / e già
iniziava a nevicare! /
E
il nostro letto all'improvviso / si trasformò in altare".
Ma l'io
narrante ama ancora la donna che l'ha lasciata per un uomo, ed è
intenzionata ad aspettarla, anche per vent'anni, se necessario:
"Ma
ti amo ancora, sai: / lascerò la porta aperta / fosse anche per
vent’anni, / o per un'eternità. /
Tradire
è una follia; / io non ne avevo idea, / ma le scuse son parole /
che offendono l'amore".
Questo
brano, insolitamente esplicito sul tema lesbico, fu presentata a Sanremo,
attirando le prevedibili ire dei bigotti che non potendo fare la figura
dei censori prendendosela con il tema lesbico in quanto tale (altrimenti
avrebbero dovuto criticare anche la sponsorizzatissima Anna
Tatangelo), si attaccarono a due versi giudicati blasfemi: "e
già iniziava a nevicare, / e il nostro letto all'improvviso si trasformò
in altare" e "Dio, fa che ritorni il sole, / che senza lei non so
più stare".
La cantante rispose rilasciando, il 28/2/2008,
queste dichiarazioni per il sopra citato articolo di Renato
Tortarolo del "Secolo XIX":
"La
mia è una storia d'amore universale, solo che dove ci si aspetta
un lui c'è una lei: quel verso è l'unico momento in cui si
capisce di cosa si parla. E sono felice così: ci sono argomenti
che rimangono confinati nel silenzio, tutti lo sanno ma voltano la testa
dall'altra parte. Fra l'altro "Ore ed ore" non è nemmeno autobiografica:
quando l'ho scritta mi sono accorta che "lei" suonava meglio di "lui" e
ho scoperto che poterlo dire mi piaceva, che mi dava un brivido lungo la
schiena. Che poi il tema sia anche il motivo per cui è stata scelta
non mi sorprende: credo che il Festival sia lo specchio di una società
che cambia". (...)
Però
il verso del letto paragonato all'altare può scandalizzare, no?
"Me
l'hanno detto, ma se è per questo mi hanno fatto notare che la canzone
può essere letta in difesa di Pacs
o Dico. Mi limito a rispondere che nei sentimenti qualsiasi contratto
mi pare inadeguato".
2008 -
Zalone, Checco - "Il mio amico gay". (Inedito, ma su
Youtube sono presenti numerose versioni, tutte registrate dal vivo).
Parodia
de "Il mio amico" di Anna Tatangelo,
che vanta una parodia anche da "Elio e le storie tese".
Zalone è un comico specializzato
in interventi sempre sul limite dell'osceno, ma non tanto da non poter
essere trasmessi dalle Tv pecorecce di casa nostra.
Qui la storia narrata dalla Tatangelo
è ri-raccontata dal punto di vista dell'amico gay, che ha una rivelazione
da fare: lui non è affatto gay, s'è solo finto tale per sviare
i sospetti di Gigi, il fidanzato immaginario della cantante. Nonché
suo datore di lavoro che minacciava di licenziarlo, geloso dell'eccessiva
familiarità della fidanzata con lui. "Sono quello di cui Anna Tatangelo
parla nella canzone", dichiara l'io narrante:
"sono quello che, senza fare troppi
giri di parole... / Il ricchione! / (...) /
Cara Anna mi vergogno, / e per questo
te lo dico un po' a fatica /
però io, come del resto il tuo
combagno, / sono molto appassionato della ... /
Ma la cosa assai più brutta
te la dico mo': / Giggi sospetta sempre un po' /
e siccome lui vuole essere sicuro,
/ qualche volta viene a casa e me lo ...".
Ovviamente, raggiunto questo punto di volgarità,
resta solo da rassegnarsi.
Il clou è raggiunto nelle
parole del ritornello:
"Non sai che male fa / quando
Giggi viene qua!"
E dopo essersi chiesto "Ch'aggio a ffa'
ppe' campa'", l'io narrante conclude supplicando Gigi: almeno diamoci
i turni coi ruoli sessuali, e facciamo un po' per uno!
Credo che questa breve parodia illumini
molti aspetti oscuri della mentalità del nostro Paese.
Infatti, al di là del fatto che,
come sempre nell'umorismo, il ribaltamento della situazione risulta oggettivamente
comico, ciò che dovrebbe farci ridere è un atto che
è né più né meno che uno stupro, dato
che il consenso è ottenuto per mezzo della minaccia di licenziamento.
E perché mai uno stupro
(dichiaratamente doloroso, e noi giù a ridere all'idea!)
dovrebbe sembrare "divertente" è domanda che a 'sto punto rientra
più nel campo della sociologia che in quello della psicologia. Se
immaginassimo una suora al posto d'un parrucchiere, credo che pochi si
divertirebbero.
Incidentalmente, è proprio perché
s'insiste a trovare "comica" anziché "grave" questa situazione,
che nella nostra società si stenta a prendere sul serio la gravità
dello stupro
compiuto ai danni di un maschio.
Un tempo, quando una donna denunciava
uno stupro, si rideva di lei; oggi questa infamia sta venendo meno. Spiace
perciò vedere il racconto dello stupro d'un uomo presentato a milioni
di spettatori come un "divertente" siparietto comico.
Ma questa è l'Italia - per lo meno,
quella del bunga-bunga.
<--- 2007
- vai al - 2009
--->
Inedito.
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