La canzone dell'uomo-donna
[1947/49] [1]
.
A Venezia un uomo-donna
- parabòn zibòn zibòn -
ha gettato via la gonna
- parabòn zibòn zibòn -
Si è messa i pantaloni
ma gli mancano i bottoni
- dàghela ben biondina
daghela ben biondà. - |
Il suo nome
dell'infanzia
rinnegava lei con ansia:
per non chiamarsi Carolina
gettò via la sottanina. |
Aveva allor
quattordici anni
quando da uomo indossò i panni
per cambiare il traguardo
si fà chiamare Edoardo. |
E così
si dà al mestiere
vero e bravo cameriere,
sapeva bene ingannare
la Barista per sposare. |
La prima notte con premura
la sua sposa con sverzura.[2]
lei cercava tutto.[3]
invano
non ci rimase gnente in mano. |
Incomincia il battibecco
ma si accordano sul letto:
l'uomo-donna autorizzava,
per lei un amico gli trovava. |
Avenne la combinazione,
con un bell'uomo fè relazione
e così questa sposina
dà alla luce una bambina. |
L'uomo-donna è felice
la bambina è sua, a tutti dice,
nessuno può più sospettare
perché papà si fa chiamare. |
Se non si ammala da morire
non potevano scoprire.[4].
Il Dottore senza sbaglio
al centro ha visto che c'è il
taglio.[5]. |
È una donna battezzata
con un'altra donna s'è sposata:
quando arrivava quell'amico
accontentava moglie e marito.[6]. |
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Il foglio volante della
collezione Luca Locati Luciani che contiene la canzone.
Facendo clic sull'immagine
apparirà un ingrandimento del solo testo della "canzone dell'uomo-donna".
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L'autore ringrazia fin d'ora
chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone,
luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Il testo viene da un foglio volante di cantastorie, dallo stesso titolo,
stampato a Bologna nell'immediato dopoguerra. Non è datato, ma contiene
la canzone "W il 29 classe atomica", che celebra una classe di coscritti
diciottenni, quindi scritta nel 1947, mentre un'altra canzone che celebra
la terza vittoria di Fausto Coppi nella Milano-Sanremo ci colloca esattamente
nel 1949.
Il testo è firmato
da un certo "N. Bardelle", sul quale non ho trovato alcuna notizia.
La musica è quella
di "Osteria
numero uno", come rivela il ritornello della prima strofa (non ripetuto
nelle strofe seguenti).
La lingua è un italiano
popolare con frequenti cadute nei calchi dialettali (bolognesi, come dimostra
il termine "sverzura").
Il foglio è nella
collezione di Luca
Locati Luciani, che ringrazio per l'invio della scansione.
Visto che metto
online la scansione del testo non ho fatto una trascrizione "diplomatica",
aggiungendo un po' punteggiatura e correggendo un paio di errorini. Ho
però mantenuto gli idiotismi del testo.
Non ci è per ora noto
il caso di cronaca veneziana che ha dato origine alla canzone.
Si tratta comunque d'un
caso di quelle che sono state definite passing
women, donne che si sono vestite da uomo, vivendo come uomini.
Non tutte furono lesbiche,
ma la protagonista della canzone chiaramente lo fu, visto che si premurò
di sposare un'altra donna. Anche se a rigor di logica sarebbe più
corretto definirla una "transessuale
f-t-m".
Ho proposto nel
mio sito la cronaca di un altro caso simile.
[2]
Un "dizionario
bolognese" online così definisce la parola "sverzura":
Stato mentale che comporta una particolare carica o spinta a compiere
determinate azioni. La "sverzura" in campo sessuale è un classico,
ma può essere associato ad una giornata particolarmente dinamica:
"Oggi sono in sverzura, vado via come un treno".
[3]
Eufemismo per indicare il membro virile.
[4]
"Se Carolina non si fosse ammalata di una malattia che l'avrebbe portata
alla morte, nessuno avrebbe potuto scoprire il suo vero sesso".
[5]
"Ha verificato che in mezzo alle gambe aveva un sesso femminile".
[6]
La frase conclusiva è forse la nota più interessante di tutto
il documento.
L'autore non riesce a concepire
l'idea di una lesbica, al punto da farne una donna che s'è
vestita da uomo (per godere dei privilegi maschili) ma senza rinunciare
a godersi un bel maschio.
Questa strana conclusione
mostra con chiarezza a che livelli arrivassero il tabù e
la rimozione dell'omosessualità in quegli anni. |