Il gay canzonato.
Parte 3
Un elenco di canzonette
a tema l, g, b & t (1920-1976).
di: Giovanni Dall'Orto
Prima
parte - Saggio sull'omosessualità nella canzonetta (prima metà).
Seconda
parte - Saggio sull'omosessualità nella canzonetta (seconda metà).
Elenco di titoli
dal 1920 al 1976.
Elenco
di titoli dal 1977 in poi.
Indice
Prima del 1956
1901 - Guerrini, Olindo - "Bel paese l'Italia".
Questo testo è segnalato come
canzone anticlericale dal sito "Ildeposito.org", che la data a prima
del 1870, mentre invece è una poesia del poeta "scapigliato" Olindo
Guerrini e allude a eventi del 1901.
Ignoro dove sia apparsa in origine, ma
online c''è il .pdf de ''L'azione socialista'', che
ne pubblica il testo il 21 febbraio 1904.
Non ho trovato alcuna prova del
fatto che questa "canzone" sia mai stata musicata. [Chi
fosse in grado di fornirmene qualcuna farebbe cosa gradita contattandomi].
Quindi forse questo mio è solo un "falso allarme".
Il testo s'apre con l'accusa scherzosa,
rivolta alla Francia, d'aver riempito l'Italia di preti sodomiti,
in fuga dalle sue nuove leggi anticlericali:
"Il pederasta esercito di frati
che ci mandò la Francia
or s'allarga tra noi,
d'ozi beati, ed allarga la pancia".
Nel testo non appaiono altre allusioni all'omosessualità,
a parte questa.
1907 - Cesare Picchi
- "Un
brutto fatto all'Incisa".
Canzone da cantastorie
su un fatto di cronaca (pedofilia omosessuale).
Finora ne è
riemerso solo il testo, che ho ripubblicato, commentandolo, qui.
192_ e 1972 - Anonimo
- "La cüra del caimacà".
Canzone da café
chantant, anni Venti, parzialmente in milanese, un po' nonsense
e fitta di doppi sensi sessuali. Ripresa nel 1972 da: Magnaghi,
Rodolfo (Rudy) nell'Lp: Rudy fortissimamente Rudy. Il titolo
si spiega quando si sa che:
"el caimacà
l'è 'na roba strana / ch'el g'ha la forma della banana / che si
mette là in quel tuco / che fa l'uso dell'ossobuco".
Descrittene le caratteristiche,
il cantante consiglia:
"Signorine e
giovinotti / se avete dei buchi rotti / andate laggiù in Turchia
/ che la pel d'i man la ve salta via! // Perché là fan tüte
le cüre / de tütt part le impüntadüre [cioè,
fanno ogni tipo di rappezzo e rammendo, NdR] / e a l'estàa,
come se sa, / fan la cüra del caimacà!".
192_ e 1972 - Anonimo
- "La ghiandola". Canzone da café
chantant, incisa nel 1972 da: Magnaghi,
Rodolfo (Rudy) nell'Lp: Rudy fortissimamente Rudy.
Canzone di varietà
degli anni Venti, contemporanea alla scoperta della funzione degli ormoni
sessuali (qui cita la presunta cura-miracolo di Sergej
Voronoff: che a cavallo fra gli anni Venti e Trenta prometteva di ridare
la giovinezza con trapianti di ghiandole animali...).
Il testo racconta
che, dato che è stata scoperta la ghiandola che ridà la virilità,
la moglie esige che il marito se la faccia trapiantare.
Il risultato è
fenomenale; purtroppo però il marito inizia anche ad abbracciare
tutti gli uomini che incontra per la strada....
E si capisce il
motivo quando si scopre che il chirurgo la ghiandola
"com'è
normale e natural / l'aveva presa da un maial"...
1930 - Giuseppina Urridi
- "Rosa amada", 78 giri.
Questa canzone su
78 giri m'è stata segnalata via... facebook da un collezionista,
e non ho nessun'altra informazione in proposito.
Mi è stato
comunicato dal mio informatore che fu "incisa su 78 giri da Gelsomina Urridi,
e il testo (scritto da lei) più o meno diceva:
"Rosa Rosa qualcosa
in me tace davanti ai silenzi del tuo cuore, qualcosa brucia quando ti
stringo tra le braccia, qualcosa esplode quando ho gli occhi pieni di te".
[Chi avesse
copia di, o almeno maggiori notizie su, questa canzone, farebbe
cosa gradita contattandomi].
1947/1949 - N. Bardelle
- "La canzone dell'uomo-donna".
Il testo
ci è stato tramandato in quanto appare su un foglio volante di cantastorie,
stampato a Bologna nell'immediato dopoguerra (contenente la canzone "W
il 29 classe atomica", che celebra una classe di coscritti diciottenni,
quindi scritta nel 1947, mentre una canzone che celebra la terza vittoria
di Fausto Coppi nella Milano-Sanremo ci porta al 1949). La musica su cui
era cantato è quella di "Osteria numero sette".
Non ho idea se sia
mai stata incisa -- probabilmente no, come la massa delle canzoni dei cantastorie
(però... chissà!).
Il testo inizia
con i versi:
"A Venezia un
uomo-donna / ha gettato via la gonna / si è messo i pantaloni /
ma gli mancano i bottoni".
Ho
messo online qui nel mio sito la trascrizione.
1956-1959
Nota: da qui in poi
per le canzoni di cabaret
(le uniche a cui prima del 1969/70 venisse concesso all'epoca di trattare
di o alludere all'omosessualità, in virtù del pubblico estremamente
ristretto), l'anno indicato sarà quello di prima incisione. Ma all'epoca
la logica era invertita rispetto a quella attuale: la canzone veniva
prima eseguita dal vivo, anche per molti anni, per poi
essere incisa su vinile, quando era ormai "collaudata" dal pubblico ed
era ormai entrata nel "repertorio" del cantante. Quindi queste canzoni
possono essere in effetti più vecchie di quanto non appaia dalla
data di prima pubblicazione.
Ciò vale
per le canzoni di Katyna Ranieri, I Gufi, Franco
Nebbia, Gli ombrelli/Didi Martinaz, Milly, Nanni Svampa, Beppe Chierici
ed altri ancora.
1956/1960 - Ghigo
- "Coccinella".
Edita in 45 giri nel 1959, poi riedita (in versione diversa) nel
Cd - AA.VV., Emozioni in musica - De Agostini 1997.
Inoltre si può ascoltare nell'Lp antologico di Ghigo Agosti edito
nel 1995, intitolato Coccinelle,
banane e altre storie.
La canzone, a ritmo
di rock-and-roll, fu scritta nel 1956, incisa nel 1957, commercializzata
nei soli juke-box nel 1959 e infine messa in vendita al pubblico solo nel
1960.
Tanta prudenza
si giustifica col fatto che s'ispira alla transessuale francese Coccinelle
(nata Jacques Charles Dufresnoy), fra le prime persone al mondo a sottoporsi
a un'operazione di riattribuzione di sesso. Il 45 giri vendette oltre un
milione di copie, però Ghigo per punizione fu da quel momento in
poi bandito dalla RAI (che all'epoca aveva il monopolio delle trasmissioni
radiofoniche!) per il testo, che contiene versi come:
"Tu mi piaci
di più / se non ti vesti di blu / e metti quella gonna che ti stava
tanto ben" (...) /
"Tu sei come
il whisky / ed io mi sbronzo di te, / ma togli quel vestito che fa tanto
schifo a me".
Questa canzone ha avuto
una nuova edizione nel 1961 (che immagino sia quella usata per la ristampa
del 1997), poi è
stata reincisa da Ivan Cattaneo, nel 1981, col titolo "Coccinella (il
primo travestito)", nell'Lp 2060 Italian graffiati (Cattaneo ha
però rimaneggiato in parte il testo).
Wikipedia
registra anche una cover di un certo Guidone (1961), una traduzione
spagnola di José de La Vega (1960, col titolo "Que yo te quiero",
lo stesso con cui Ghigo l'aveva proposta in quell'anno in
un suo Ep di versioni spagnole), e un'ulteriore riproposta nel 1990
da parte del gruppo catanese "François e le coccinelle". Delle prime
due versioni non ho per ora trovato traccia, mentre la
terza è ascoltabile su Myspace e non si segnala per nessuna
particolarità rispetto all'originale, di cui è in pratica
una "fotocopia".
1960
1960 - Bindi, Umberto
- "Il nostro concerto" (45 giri, poi nell'Lp - Umberto Bindi, 1961).
Il testo non allude
mai al sesso della persona amata, però dopo aver fatto coming
out Bindi rivelò che la canzone era stata scritta per la morte
dell'uomo da lui amato. A ciò allude il testo quando inizia rivolgendosi
alla persona amata con un: "Ovunque sei":
"Ovunque sei,
se ascolterai / accanto a te mi troverai. / Vedrai lo sguardo che per me
parlò / e la mia mano che la tua cercò. //
Ovunque sei,
se ascolterai / accanto a te mi rivedrai / e troverai un po' di me / in
un concerto dedicato a te".
Questa canzone è
stata reincisa negli anni da molti altri artisti, fra i quali Al
Martino (in inglese, 1960), Franco Simone, Claudio Baglioni e Orietta
Berti (1997), Ivana Spagna (2001), Marco Mengoni (2009), Gigi D'Alessio
e Claudio Baglioni (2010). Non ho incluso in questo mio lavoro le
cover, dato che il significato omoerotico della canzone è
solo implicito, ed ha senso solo se rapportato con l'esperienza personale
di Umberto Bindi, ma non dei cantanti successivi.
1960 - William Galassini
e il duo Fasano - "La dolce vita" - 45 giri.
Canzone del 1960
(su musica di Nino Rota!), dedicata al mondo della "dolce
vita" romana descritta da Federico Fellini nel film omonimo.
Il brano, a differenza
del film, non contiene alcuna allusione all'omosessualità, ma solo
per effetto di una censura, come rivela la reincisione di questo pezzo
fatta nel 1984 nell'Lp
di Katyna Ranieri - Concerto per Fellini.
Nella ristampa riappaiono
infatti quattro versi che raccontano come, tra la fauna corrotta e fatua
della Via Veneto della "dolce vita",
"Il gran sarto
con l'amico / sono pronti a sorseggiar /
una vita dolce
e scialba / fino all'alba".
(Per i più giovani,
specifico che "amico" era un eufemismo molto usato in quegli anni per dire
"amante").
Oggi questi versi
suonano talmente innocui ed eufemistici che sono perfino costretto a spiegare
l'allusione "per i più giovani"; eppure la censura sul tema omosessuale,
in quegli anni, arrivava a questo punto!
Occorre tenerlo
presente, per capire come l'approdo della tematica lgbt sia stata il risultato
di una lotta contro la censura che, nell'immediato dopoguerra, considerava
"oscena" la pura e semplice menzione dell'esistenza di persone omosessuali.
1961
Per ora, nessuna
canzonetta da segnalare.
1962
1962 - Bullo, Fred;
Trama, Mario & gli Sprint boys - "Il terzo sesso" - (45 giri).
Canzoncina rocchenròll
a ritmo di twist che esprime in poche parole tutti i pregiudizi
di un'epoca, lamentando (ipotizzo: come reazione moralistica allo scandalo
dei "Balletti verdi" scoppiato con gran clamore sulla stampa - nonostante
avesse preso le mosse già nel 1960 - esattamente in quell'anno?)
che il "terzo sesso" oggigiorno stia dilagando ovunque. Del fenomeno
viene incolpato, senza tanti giri di parole, "il progresso".
Curiosamente, il
testo sembrerebbe assai più vecchio, per via d'un linguaggio
arcaico da anni Quaranta, con riferimenti ai cinemà (pronunciati
alla francese), o ai bar tabarin (che nel 1962 erano già
un reperto archeologico). Segno questo d'una "vecchia Italia", quella fascista,
che aveva trovato il modo di sopravvivere uguale a se stessa per tutto
il primo dopoguerra, e della quale proprio scandali come quello dei "balletti
verdi" annunciavano la fine ormai prossima.
Ovviamente la sola
omosessualità che qui importi e preoccupi è quella maschile...
ma in ciò, tanto di guadagnato per le donne lesbiche.
Altrettanto ovviamente,
non sorprende minimamente il fatto che la descrizione degli appartenenti
al "terzo sesso" sia quella stereotipata di "affeminati" (altro
termine arcaico!) che "fanno mosse come dive al cinemà":
"È in
aumento in tutto il mondo il terzo sesso / la natura sta compiendo un grande
error! / (...) /
Ai monti e al
mar / nei grand Hotel / si vedon fusti / come le femmine imbellettati.
/
Nei tabarin /
persino al night / certi maschioni del terzo sesso / si dan da far! //
Nei tabarin /
persino al night / è di gran moda / tra maschi e maschi vampirizzarsi.
/
Dal nord al sud
/ dall'Alpi al mar / quanti bei maschi / al chiar di luna si fan cullar!"
Ammetto però
che meriterebbe un premio l'allusione proibitissima al coito
orale contenuta nel doppio senso della frase "è di gran moda
/ tra maschi e maschi vampirizzarsi".
Nota: di questo disco
esiste una nuova versione su 45 giri privo di data, ma dallo stile della
copertina palesemente posteriore, in cui "M. Trama e gli Sprint boys" (per
la voce di "A. Pistone": tutti nomi assolutamente a me ignoti) ri-cantano
"Il terzo sesso", con una variante proprio nei versi:
"Nei tabarin
/ nei zanzibar /
è di gran
moda / fra maschi e maschi scambiare canali",
qualsiasi cosa voglia
dire "scambiare canali".
La modifica fa comunque
pensare che l'esilarante "vampirizzarsi" avesse creato problemi
con la soffocante censura dell'epoca.
1962 - I Peos - "Balletti
Verdi" - (45 giri - lato a, e lato b).
Canzoncina sullo
scandalo
dei "Balletti verdi" a Brescia, che in qualche modo sembra avere "sdoganato"
il tema, almeno nell'àmbito del cabaret, vista la produzione che
improvvisamente fiorì negli anni successivi.
Anche qui, come
nella canzone precedente, predomina lo stereotipo più scontato:
siamo di fronte a una vera e propria aggressione contro un soggetto facile
da colpire perché non osava ancora difendersi:
"Balletti di
verde dipinti / foulard dai colori sgargianti / fanciulli dai volti
affilati / vecchietti dagli occhi truccati / … /
E qualche ragazzo
ambizioso / convinto in un modo morboso / che questa è la sola maniera
/ di fare una vera carriera / … /
Se questo fatto
dilaga / se un giorno diventa una moda / saranno le belle bambine / che
ci perderanno alla fine".
1963
1963 - Negri, Gino
- "Ti ha detto niente la tua mammina?".
Delizioso tango,
cantato al maschile da Negri nel suo spettacolo di cabaret, e inciso da
Milly nell'Lp - Milly 1, del 1965 (e ripubblicato ancora nell'Lp
di Milly - Tante storie d'amore e di follia, nel 1974).
Ovviamente se cantato
da una donna assume una valenza eterosessuale, anche se poi non è
molto verosimile la frequentazione d'un giovane prostituto da parte d'una
signora...
La canzone descrive
maliziosamente la perfetta seduzione d'un ragazzo, finto ingenuo ma non
troppo, che è disponibile ad avventure sessuali, ma solo lasciando
un vuoto nel... portafoglio:
"Dunque bambino
/ ho già capito / ho già capito / sono il tuo tipo. //
Poche parole
/ niente parole / ora l'amore / t'insegnerò. //
Non vuoi venire?
/ Tremi di freddo? / Magari forse / tremi d'amore. //
Vieni tranquillo,
/ dopo il mio bacio / ogni complesso / scomparirà. //
T'ha detto niente
/ la tua mammina? / Non te l'ha detto / cos'è l'amore? //
Se non l'ha detto
/ poco m'importa / chiudi la porta, / vieni un po' qua. //
Esiti ancora?
/ Non ti vergogni? / Sei dolce e caldo / come l'agosto. //
Vieni tranquillo:
/ dopo l'amore / i kraffen caldi / ti servirò".
Non so se esista un
incisione della versione cantata da Gino Negri. [Chi ne avesse
copia è
pregato di contattarmi].
1963 - Perry (Gian Pieretti)
- "Uno
strano ragazzo" - (45 giri). Riedita nel 2011 nel Cd: Se vuoi un
consiglio.
Che il ragazzo di
cui parla questa canzonetta (musicalmente mediocre) sia omosessuale, lo
rivela il fatto che "se gli parli di qualche ragazza / risponde
sempre: "Non fa per me".
L'autore ha usato
tutti gli stereotipi che descrivono la persona omosessuale come una femminuccia,
delicata al punto da non sopportare neppure una stretta di mano un po'
virile. È una specie di bambolina di porcellana:
"Ma quando ti
viene vicino / si vede che è un tipo strano: / ha il viso che sembra
di velluto, / pare quasi che si sia truccato".
Senza volerlo però
la canzone ha anche delineato una realtà costruita attorno all'imperativo
d'una "eterosessualità obbligatoria" nella quale non c'era posto
per qualcuno che avesse sensibilità "diverse" (e dieci anni dopo
Pieretti avrebbe dedicato un intero Lp - primo in
Italia - a descrivere la condizione di solitudine della persona omosessuale
in quel contesto).
Gli amici del ragazzo
osservano che "non viene mai con noi al caffè", però
noi non fatichiamo ad immaginare che razza di spasso sarebbe stata una
serata con loro passata a sentir parlare, nell'ordine, di fi*a, di fi*a,
e di fi*a.
Eppure (proprio
come il
personaggio della "mamma del gay" di Franca Valeri, che risale proprio
a quegli anni),
"La gente dice
che è un bravo ragazzo: / non gioca, non fuma, non beve; / vedendolo
così senza difetto / tutti lo credono un ragazzo perfetto... / MA...
".
Insomma, la canzone
è una specie di variazione più garbata sul tema del ritornello
goliardico "E lui è un bravo ragazzo..." ("...peccato
che sia un culattòn").
1963
- Salvatore, Matteo - "Lu frocio" - da - Storie e melodie d'amore
del Sud. Anche in 45 giri ("Lu litigiu / Lu frociu") edito nel 1964.
La canzone è stata reincisa in una versione diversa (più
veloce), pubblicata postuma nel 2006 nel Cd: La Puglia di Matteo Salvatore.
Saltarello (credo)
in dialetto foggiano. Parla di un uomo, Francesco, che ha sposato una bella
compaesana.
Ma Francesco si
rivela incapace di fare il proprio dovere di maschio, e dopo sette mesi
di matrimonio la moglie si lamenta: "Francisco non è bon'a ffa'
l'inzurete" (non è capace di fare il marito) / "puzz'esse
accise la mamma ca l'ha allevete".
Confidente dello
sfogo è il "cumpariello" del marito, e il risultato è
che quando il marito torna dalla transumanza in Abruzzo la trova "tutta
ingrasseta". Visto che non può essere stato lui a ingravidarla,
chiede chi sia stato e la "poverina" piangendo risponde che è
stato "lu cumpare sbrugugnetu". La canzone termina qui. Riprendo
la traduzione data
da un ascoltatore sul canale "Leintrovabili4" su Youtube:
"E si è
sposato Francesco, al paese / è andato in sposo a una bella paesana.
/ A Francesco gli hanno messo i fiori in mano / di rose e di viole profumava.
/ <Dice l'amante della moglie:> Sta' zitta commare mia, sono
cose di poco conto: / quando arriva domani sera sìsì vengo
a dormire con te. // E sono sette mesi che si è sposato / nemmeno
sette baci mi aveva dato: / Francesco non è buono a fare il marito
/ che morisse la madre che lo ha allevato. / Sta' zitta commare mia, sono
cose di poco conto: / quando arriva domani sera sìsì, un'
altra volta con te. // E tornò Francesco dall'Abruzzo / e
trovo la moglie tutta ingrassata / e ''Oh moglie mia chi è stato??''
/ "E' stato il compare svergognato!" // Piangeva la poverina senza poter
nemmeno parlare / e nemmeno du chiacchiere, no, no, quella sera poteva
fare" (x2).
Mi pare interessante
la confusione, a questa data, tra "l'impotente" e "il frocio", entrambi
appartenenti alla categoria dei "falsi maschi".
Sarebbe interessante
scoprire se e come la cultura popolare e soprattutto contadina, in assenza
di concetti più complessi come quello del "sodomita" o dell'"omosessuale",
abbia categorizzato in passato gli omosessuali come "impotenti" (dov'è
finita l'orda di "impotenti" che bersagliavano le rubriche di sessuologia
nelle riviste per adulti degli anni Sessanta e Settanta? Una parte, gli
anziani, li avrà magari salvati il Viagra, ma i giovani?).
Ma fermo qui le
mie elucubrazioni, dato che non ho la certezza d'aver ben compreso il senso
del testo. [Sarò grato a chi potrà mandarmene
una trascrizione / traduzione].
Nota in margine:
nonostante il carattere innocuo e all'acqua di rose di questa canzone,
l'Lp dovette ricorrere all'autocensura, come mi segnalano i curatori
del canale Youtube "Le introvabili", per poter pubblicare una canzone
con quel titolo. La
quale in effetti sull'elenco dei brani pubblicato in copertina non appare,
puramente e semplicemente. All'epoca la pura menzione della
parola era scandalosa!
1964
1964 - I Gufi - "Ho
preso un granchio" - da - I Gufi. Anche in: Facciamo cabaret
con i Gufi, 1999.
Cabaret.
Piccolo limerick-catalogo
di donne equivoche che non sono ciò che sembrano, per cui succede
che:
"ho preso un
granchio / quando lungo un terrapieno / ho fatto pssst! / a una
bambina senza seno".
1965
1965 - Guidone - "Oh, fattorino" (45 giri).
Sigla della trasmissione Questa sera
parla Mark Twain.
Il testo è mininale:
"Oh fattorino / dal ciuffo nero / fora
il biglietto / al passeggero. / (...) /
Foralo con cortesia / se il passeggero
/ è una vecchia zia".
La lettura gay è ovviamente controversa,
dato che tutto sta nel capire in che misura nel 1965 l'espressione gergale
"vecchia zia" (= anziano omosessuale) fosse già diffusa a
livello di massa.
Tenendo conto del fatto che il francese
tante = "checca" (di cui zia = "checca" è un calco
semantico), è attestato
fin dal 1906, e che questo uso era noto in Italia attraverso le traduzioni
di Jean Genet, disponibili fin dal 1960, e soprattutto che la canzone
fu promossa da una stella dell'avanspettacolo come Paolo
Stoppa e portata in teatro dal maestro assoluto del doppio senso
gay e non, cioè Paolo
Poli, a mio parere il doppiosenso è intenzionale.
Lo rivela il fatto che il doppio senso
dell'espressione "fora il biglietto" è percepito da tutti,
e l'aggiunta del maschile "passeggero" accanto al femminile "vecchia
zia", permette una lettura perfettamente "duplice".
A mio parere Stoppa - e figuriamoci poi
Paolo Poli! - si divertirono un mondo a "farla sotto il naso" agli
italiani, specie poi quando il motivetto fu cantato perfino da un ignaro
bambino (la performance si trova su Youtube).
Approfitto dell'occasione per sottolineare
come l'allusione volutamente maliziosa fosse, in quegli anni, un'arte talmente
sottile che oggi s'è persa la capacità non dico di apprezzarla,
ma di percepirla. Il gioco era infatti riuscire a fare accettare dal grande
pubblico un testo all'apparenza innocente, che solo agli iniziati appariva
nel suo significato "occulto", cioè osceno.
Quanti di voi hanno ascoltato senza trovarci
nulla di sconveniente la
celebre canzone napoletana "Agata" (del
1937), che a un certo punto dice "Agata! Tu mi capisci! /
Agata! Tu mi tradisci! / Agata! Guarda! Stupisci... / Com'è ridotto
quest'uomo per te!"? Io ricordo di averla vista in tv da bambino (con
Gabriella Ferri), in un'epoca in cui qualunque allusione sessuale era esclusa
in partenza dalla tv.
Ora però scrivete la parola "stupisci"
come: 'stu pisci, ricordando che in napoletano il "pesce" è
l'organo genitale maschile, e il senso della canzone cambia. Al punto da
cambiare anche il senso della sconsolata conclusione del cantante, che
dichiara che in assenza dell'amata si consolerà facendo... un solitario.
E cosa diremo di Nilla
Pizzi che nel 1949 cantava: "Cin, cin, che bel, / ueh, ueh, ueh,
/ avanti e indré, / avanti e indré, / che bel divertimento,
/ avanti e indré, / avanti e indré, / la vita è tutta
qua". La cantavo anche io da bambino pensando fosse una filastrocca
per bambini. Ci volle perciò qualche annetto prima che capissi quale
fosse il "bel gioco" dell'avanti-e-indietro: non me lo avevano ancora
spiegato...
Insomma, io credo che il mondo dell'avanspettacolo
abbondi di doppi sensi e allusioni che non solo nessuno ha ancora studiato,
ma neppure cercato. Laddove lo si è fatto, come in Francia, è
stato trovato materiale
sufficiente da farci due Cd...
(Nota conclusiva: il fatto che in Rete
le citazioni di questo testo si fermino di solito, "stranamente", prima
di arrivare alla "vecchia zia" mi conferma nella mia convinzione, e mi
rivela che i miei compatrioti del tutto ciechi non sono).
1965 - Martinaz, Didi,
"El Fidelio", in: Al cabaret con Didi. Reincisa
nel 1973 come "Il Fidelio", da Gli Ombrelli, nell'Lp - Dall'isola
di Wight a Olimpia 2000, nonché in un 45 giri dallo stesso titolo,
1973.
Comica canzone di
cabaret in milanese, in cui una madre ingenua enumera le doti del figlio
omosessuale senza rendersi conto che tutte (per esempio il suo entusiasmo
"patriottico" per i militari) rivelano la sua "diversità".
1965 - Gli ombrelli
- "Un po' per ridere". Canzone di cabaret, del 1965, incisa nell'Lp - Gli
ombrelli, 1971. Reincisa nel 1981 da Didi Martinaz, l'autrice del testo
(su musica di Lino Patruno) nonché vocalist de "Gli ombrelli",
nell'Lp - Didi Martinaz. (Questa edizione, apparsa in: Al cabaret
con Didi (1965) non contiene ancora, prudentemente, l'episodio omosessuale,
che apparirà per la prima volta solo nella versione
incisa da "Gli ombrelli", nel 1971 (vedi)).
1965 - Pisu, Silverio
- Silverio Pisu canta i poeti d'oggi.
In questo Lp Pisu
musicò, incredibilmente, ben quattro poesie omoerotiche di
Sandro
Penna, scelte fra le meno "compromettenti"
ma non fra le meno esplicite. Il risultato è gradevole e interessante,
audace per quegli anni, appena appena offuscato dalla non perfetta capacità
canora di Pisu.
Le quattro poesie
sono:
-
"È pur dolce
il ritrovarsi". È la poesia che inizia con le parole:
"È pur
dolce ritrovarsi / per contrada sconosciuta / un ragazzo con la tuta /
ora passa accanto a te" eccetera.
-
"L'orinatoio". Il testo
è costituito da un assemblaggio di poesie di Penna (addirittura
quattro): "Nel fresco orinatoio alla stazione", "Anonime stazioni, a un
calmo treno", "Un fanciullo correva dietro un treno" e "Amore, gioventù,
liete parole", nessuna delle quali particolarmente esplicita sul tema omosessuale.
-
"Il mio amore è
furtivo". È la composizione, insolitamente lunga ma non del tutto
esplicita, che inizia con i versi:
"Il mio amore
è furtivo / come quello di un povero. / Ognuno può rubarlo.
/ Ed io dovrò lasciarlo".
-
"La taverna". La poesia
di Penna musicata è quella, bellissima, che dice:
"Le nere scale
della mia taverna / tu discendi tutto intriso di vento. / I bei capelli
caduti tu hai / sugli occhi vivi in un mio firmamento / remoto. //
Nella fumosa
taverna / ora è l'ora del porto e del vento. / Libero vento che
modella i corpi / e muove il passo ai bianchi marinai".
1965 - Svampa, Nanni
- "El gorilla"- da - Nanni Svampa canta Brassens.
Cabaret.
Traduzione in milanese
della celeberrima canzone "Le gorille" di Georges Brassens, che
risale al 1952 (!). Fu reincisa anche da De André,
in italiano, nel 1968.
Nella canzone un
gorilla fuggito dallo zoo per la foia, posto di fronte a una vecchietta
ed un giudice per soddisfare la sua libidine, non ha esitazioni: il giudice.
Verso il quale dimostra la mancanza di pietà che il giudice aveva
dimostrato nel condannare a morte un poverocristo.
1966
1966 - Nebbia, Franco
- "Chanson verte" - da - Una sera al Nebbia club. Riedita
come "Canzone verde" nell'Lp - L'amore è una cosa pericolosa,
1973.
Una "canzone d'amore"
(con sorpresa). Il protagonista aspetta con impazienza che la persona da
lui amata termini il lavoro per poterla vedere, e parla con romanticismo
della loro coabitazione.
Con una scheccata
finale ("ohhh, Aaaldoo!") arriva però la "sorpresa": la persona
amata è un uomo.
Perché la
sorpresa funzioni la canzone ha bisogno d'un pubblico particolarmente ingenuo,
dato che la sorpresa è annunciata fin dal titolo (il francese "verte"
è sì allusione colta alla "langue verte", cioè
al linguaggio sboccato, ma negli anni Sessanta "verde" era soprattutto
parola in codice per "omosessuale": si pensi ai celebri "balletti
verdi"). Ed anche nel ritornello: "siamo tipi un po' così"
(e "così" era all'epoca eufemismo per "omosessuale").
Eppure la ripresa
del 1973 suscitò l'entusiasmo della neonata rivista gay "Homo",
secondo cui questa satira/valzer scritta da Enrico Waime
"sfata quella
leggenda secondo cui due uomini non possono convivere perché la
gente pensa, la gente dice".
Morale: ciò che
può sembrare un po' squallido oggi, all'epoca poteva anche apparire
addirittura "rivoluzionario".
1966 - Nebbia, Franco
- "Il successo" e "W la natura"
- da - Una sera al Nebbia club. (Cabaret).
È arrivato
il successo per Nebbia e le malelingue sparlano. Ora che è "arrivato",
a furia di frequentare attori e scenografi, "che sia diventato 'nu poco
recchione?".
La sua risposta
è una serie di cinque canzoni-flash, "W la natura" una della quali
è intitolata "Contronatura":
"Bell'uomo sbarbato
/ t'ho visto nel prato / tu m'hai guardato / ed hai ancheggiato / poi m'hai
chiamato / io son venuto / ...e t'ho picchiato".
Si commenta da sé.
1967
Per ora, nessuna
canzonetta da segnalare.
1968
1968 - De André,
Fabrizio - "Il gorilla" - da - Volume
III.
Traduzione, questa
volta in italiano, della canzone di Georges Brassens.
1968 - I Gufi - "La
mamma del giglio" - da - Il cabaret dei Gufi n. 3.
Canzone umoristica
di cabaret (e mi sfugge il motivo per cui la madre che narra la vicenda
sia stata fatta cantare in romanesco).
Una madre, piuttosto
brava a rimuovere gli aspetti della realtà che non le piacciono,
piange davanti a un commissario di polizia la morte del figlio, ragazzo
senza difetti (un vero giglio!) e con al più qualche hobby,
come quello di... travestirsi da donna e uscire così la sera.
In una di queste
uscite è stato però ucciso da un... "maniaco sexuale".
"Ma era tanto
bono che m'o chiammaveno / "Violetta", quanno er suo nomme, penzi che d'era?
Peppino! /
Doppo sei giorni
passati a scrive li nummeri / - sor commissa': un giglio! - / se divertiva
a indossa' quarche vorta 'na gonna; / sor comissa', me l'aveva da vede!
/
E così
a fa' ddu passi m'ascì iersera, / e ar parco me l'ha acciso un maniaco
sexuale...".
1968 - I Gufi (Nanni
Svampa) - "Si chiamava Ambroeus" - da - Il cabaret dei Gufi n. 3.
Ancora una canzone
umoristica di cabaret.
Racconta di Ambroeus,
travestito sfigatissimo che fa l'entraîneuse per spingere
i clienti a bere in un trani (osteria) miserabile.
Di fronte ai miseri
guadagni della sua percentuale la conclusione sconsolata è:
"Tanto vale,
Ambroeus, far davvero l'entraîneuse, / coi risparmi mi compero un
boa [di struzzo, NdR], / vo al night club e giò a champagne!".
1968 - I Gufi - "El gir del mond" - da - Milano
canta n. 3. Reincisa
anche dal solo Nanni Svampa in - Milanese. Antologia della canzone lombarda.
W L'osteria (1973).
Canzone da osteria, a strofe scollegate
fra loro, che tocca il nostro tema in due punti.
Nel primo un componente del gruppo dice
all'altro che c'è in giro la voce secondo cui l'altro sarebbe un
"cü" (milanese per "frocio").
"gh'è in gir la vos che ti te
see on cü. / (...) /
Sul canale Youtube dei Gufi c'è
un'esibizione, risalente alla reunion degli anni Ottanta, nella
quale la frase è commentata chiassosamente da tutti i componenti,
ma la cosa finisce qui.
Nel secondo punto un altro personaggio
dichiara di essere il boss (ras) della zona milanese della Bovisa, anche
se, per come si veste, quando passa la gente dice che è matto da
legare. Ma loro non sanno, aggiunge, che sono un travestito: da donna la
sera, da uomo il giorno. Ciò avviene per ragioni di "lavoro", dato
che fa il magnaccia e controlla la zona dei bastioni che va dalla Fiera
a piazzale Loreto:
Mi sont el ras, ma de la Bovisa / e
quand la gent la me ved a passà /
me varden i scarp, i calzon, la camisa
/ e disen tücc: a l'è matt de ligà. /
Ma lor el san minga che sont travestì:
/ de dòna la sera, de omen del dì: /
controlli i bastion da la Fera a Lorett".
Il testo ha più che altro intenzioni
umoristiche, e alla fin fine non dice nulla che non sia macchiettistico.
1968 - Jannacci, Enzo - "La disperazione della
pietà" - da - Vengo
anch'io. No, tu no.
Incisione e traduzione (non completa)
di "O desespero
da piedade" (1960), sezione della "Elegia
desesperada" (edita nel 1945) del brasiliano Vinicius
de Moraes. Salvo smentite, sarebbe stata incisa dall'autore in lingua
originale solo l'anno dopo, nell'Lp - Vinicius em Portugal (1969).
Il testo poetico esprime in modo surreale
le contraddizioni della vita, nella quale spesso coloro che più
hanno bisogno di pietà e commiserazione non si rendono conto di
averlo.
Una sola strofa della canzone accenna,
con un'allusione lievissima (siamo nel 1960!) alla condizione umana degli
omosessuali, nominati attraverso colui che secondo il preconcetto popolare
ne è un rappresentante paradigmatico: il parrucchiere. Ma non è
detto, chiosa il poeta, che sia lui ad aver più bisogno di pietà.
Rivolgendosi a Dio, dandogli del "voi"
(come è normale fare in portoghese), l'io narrante gli chiede infatti:
"Abbiate pietà dei barbieri
in genere, e dei parrucchieri, / effeminati dal mestiere, ma umili nelle
carezze; /
ma abbiate maggior pietà di
quelli che si tagliano i capelli / (che attesa, che angoscia, che cosa
avvilente), mio Dio".
(Il testo originale suona così:
"Tende piedade dos barbeiros em geral,
e dos cabeleireiros / que se efeminam por profissão mas que são
humildes nas suas carícias. /
Mas tende mais piedade ainda dos que
cortam o cabelo: / que espera, que angústia, que indigno, meu Deus!").
Dubito che l'allusione sia stata percepita
da qualcuno, allora (la canzone, forse per la sua inquientante complessità,
è stata completamente dimenticata, come dimostra anche la sua assenza
dalla Rete), ma il testo è di stupefacente bellezza, e il brano
merita comunque l'ascolto, nonostante l'unica proposta esistente in Rete,
un recital dal vivo (con testo lievemente diverso), sia di qualità
tecnica piuttosto scadente.
1968 - Pietrangeli,
Paolo - ''Repressione''
(45 giri).
Canzone sulla condanna
di Aldo Braibanti.
(Commento ancora
da scrivere).
[Chi
avesse copia di questa canzone, o informazioni su di essa, è
pregato di contattarmi].
1969
1969 - Chierici,
Beppe - "Le trombe della celebrità" - da - Chierici canta Brassens.
Traduzione
italiana di una canzone di Georges Brassens del 1962 - "Les
trompettes de la renommée".
Presa in giro degli uffici di P.R. delle
case discografiche, a sentire i quali, secondo Brassens/Chierici, varrebbe
la pena di farsi passare per "ricchione" pur di far parlare di sé:
"Avrebbero più fiato le trombe
divine / se alla pederastia io fossi un poco incline, / se come una donzella
volessi sculettare, / se come una gazzella volessi camminare. //
Ma per fortuna so che se fossi ricchione
/ e al gioco dell'amore tendessi all'inversione, / io non ecciterei l'interesse
di nessun, / l'omosessualità non dà più lustro alcun").
Nanni
Svampa ne ha inciso nel 1977 una versione in milanese - "Tromboni della
pubblicità".
1969 - De Luca, Pupo,
"Allucino e il gigante Fottia", in: (AA.VV.) Il cabaret. Canzoni e personaggi
del teatro cabaret di oggi. Anche in: Pupo De Luca, Il frottoliere
di Pupo De Luca, s.d.
Testo di cabaret
(recitato) che ri-racconta la storia di Pollicino usando un grammelot
che deforma l'italiano per mezzo di assonanze e anagrammi.
Il gigante Fottia
è "un orco spaventoso e anche un po' ulattone" che quando
sente odore di Pollicino e dei suoi fratelli dice: "ucci ucci, sento
odor di pistolucci", e quando scopre i bambini dice loro: "Coraggio
triccoli, uscite di lì, che gioegum al dutùr! [giochiamo
al dottore, N.d.R.]".
1969 - Mina - "Un'ombra"
- (45 giri). Poi nell'Lp - Del mio meglio, vol. 1.
Dopo un anno di
separazione una donna torna a cercare l'uomo che aveva lasciato.
Ma ha una sorpresa:
"No, non sei
solo lassù / c'è un'ombra con te / c'è qualcuno che
ti abbraccia, / che ti ruba a me / oh no, oh no".
La chiave di una possibile
lettura gay sta in quel "qualcuno"... Ed essendoci fra gli autori
del testo Paolo
Limiti, l'ambiguità non può che essere voluta.
1969 - Monico, Rita
- "Quelli", 45 giri (editore EUR, Milano).
Questa canzone m'è
stata segnalata, ma non ho mai potuto ascoltarla né vedere di persona
una copia del 45 giri.
M'è stata
descritta come "Un appello a favore delle persone omosessuali, che all'epoca
riuscì ad essere trasmesso anche dalla Rai".
Il canale Youtube
"Le introvabili" mi rivela che dalla registrazione alla Siae risulta che
"gli autori del testo sono Paolo
Limiti (ancora!) e Luigi Corcelli; musica di Umberto
Bindi, Mario Coppola, Corrado Lojacono e Massimo Salerno".
[Chi
avesse copia di questa canzone, o informazioni più esatte, è
pregato di contattarmi].
1969 - Pagani,
Herbert - "Albergo
a ore" - (45 giri).
Traduzione italiana
di "Les amants d'un jour", di Edith Piaf, del 1952, che è
stata successivamente reinterpretata da molti altri cantanti, fra cui Gino
Paoli (come 45 giri già nel 1969, poi nell'Lp Le
due facce dell'amore, 1971, e ancora in Il mio mestiere,
1977), Milva (Finale d'amore (1971), La filanda e altre
storie (1972), Canzoni di Edith Piaf,
1970), Ornella Vanoni (Ah!
L'amore l'amore, quante cose fa fare l'amore! (1971), Malamore
(1976), Oggi le canto così, vol.1, (1979), Ornella Vanoni
Live@RTSI (2001)), Marcella Bella (Tu
non hai la più pallida idea dell'amore, 1972),
Ornella Vanoni e Gino Paoli (Insieme (1985) e VanoniPaoli
Live, (2005)), Paolo Rossi in versione comicotragica
nel programma televisivo Su la testa! (1992), poi in Hammamet
e altre storie (1994), Fabrizio Venturi, Volo libero (2003),
Patrizia Laquidara (2006); ed
altri ancora.
Ricordo bene che
all'epoca si raccontava che la canzone era nata da un fatto di cronaca:
cioè dal tragico destino di due non meglio precisati giovani amanti
omosessuali che si sarebbero uccisi in una stanza d'albergo, per metter
fine alla persecuzione sociale a cui erano sottoposti.
Il
testo italiano, come del resto quello francese, non fa alcun cenno
al sesso dei due amanti, dato che il fatto che si parli al maschile di
entrambi ("Puliti, educati, sembravano finti, / sembravano proprio due
santi dipinti") è normale nella lingua italiana in compresenza
d'un maschio ed una femmina.
L'ambiguità
sembra però assolutamente voluta, vista l'epoca: si pensi che
nonostante l'ambiguità Pagani
ebbe comunque problemi con la censura!
In tempi più
recenti Paolo Rossi, nel presentare questa canzone nei suoi spettacoli,
l'ha fatta precedere da una spiegazione semi-comica in cui rendeva esplicita
l'omosessualità dei due partner (pur facendo di uno dei due un travestito,
il che è del tutto incongruo col tono e il testo della canzone,
che insisteva semmai sulla tranquilla "normalità" dei due amanti
suicidi).
Anch'essa esplicita
sul carattere omosessuale della coppia è la versione di Leopoldo
Mastelloni, "Les amants d'un jour" (nella
raccolta 87 amori, del 2007), che però traduce il testo
in napoletano, riscrivendolo, e non dipende quindi dalla presente versione
di Herbert Pagani.
Per finire, a testimonianza
del successo di questo brano, registro come pura curiosità la versione
parodistico-umoristica (gli amanti - eterosessuali - scappano dalla finestra
senza pagare il conto!), proposta da Rosanna Ruffini, col titolo "Albergo
a ore-Hotel scorretto" nell'Lp - Sono nata con la camicia, del 1976.
1969 - I Ribelli - "Obladì
Obladà" - (45 giri).
Cover italiana
della canzone
"Ob-La-Di, Ob-La-Da" dei Beatles: la segnalo non per quel che contiene
ma al contrario per quel che la traduzione ha fatto sparire: l'ambiguissimo
doppio verso finale, che diceva: Desmond stays at home and does his
pretty face / And in the evening she's a singer with the band. "Desmond
sta a casa e si trucca la faccia / e alla sera lei è la cantante
del complessino" (dove non era chiaro se "lei" si riferisse a Desmond truccato
da donna, o a sua moglie).
La stessa censura
avviene nella cover di una certa Tihm (1969).
(La canzone ebbe
ulteriori cover da parte dei "I nuovi Angeli" e del "Complesso Junior"
con Gionchetta come vocalista, nonché di Danvox, nessuna delle quali
ho finora ascoltato).
1969 - Trincale, Franco
e trio Marino - "Il ragazzo scomparso a Viareggio - I" - (45 giri).
1969 - Trincale,
Franco e trio Marino - "Il ragazzo scomparso a Viareggio - II" - (45 giri).
1969 - Trincale,
Franco e trio Marino - "Il ragazzo scomparso a Viareggio - III" - (45 giri).
Ultima propaggine
della tradizione dei "cantastorie" che commentavano in musica i fatti di
cronaca, questo trittico racconta la scomparsa di Ermanno
Lavorini, un ragazzino ucciso durante un maldestro tentativo di sequestro
di persona per finanziare un gruppuscolo di ultradestra, ma ritenuto a
lungo vittima di un pedofilo omosessuale.
Uno
degli accusati, messo alla gogna da stampa e televisione, si suicidò
prima che emergessero i veri colpevoli.
Su Youtube appare
anche un altro brano sullo stesso tema:
1969 - Montez, Carlo
- "La tragica morte del ragazzo di Viareggio",
ancora una ballata
da cantastorie, che si limita a riassumere i fatti di cronaca come riportati
dalla stampa e dalla Tv.
1969 circa - Trincale, Franco - "Le
donnine di Milano" (45 giri).
Questa canzone m'è stata segnalata
da un curatore del canale Youtube "Le introvabili", che mi specifica:
Si tratta d'una ballata da cantastorie, a
ritmo di mazurca, d'impostazione goliardica, che in un italiano un po'
zoppicante e con rime un po' forzate propone una meticolosa descrizione
delle prostitute di Milano, suddivise per zona (ed è sorprendente
per me scoprire che all'epoca la prostituzione da strada esisteva anche
in pieno centro, per esempio in Via Larga) e per tariffa (ovviamente in
lire).
A un certo punto il cantante registra la
presenza d'un tipo particolare di professioniste:
"In centro puoi pure trovare / quelle
che non si fanno pagare: / con
parrucca e minigonna, / son maschioni vestiti da donna".
A suo modo un documento storico, insomma.
197..?
Qui di seguito elenco
alcune canzoni degli anni Settanta che non riesco a datare.
Se qualcuno sapesse
come colmare la lacuna e fosse così gentile da comunicarmi
i dati mancanti... lo ringrazio fin d'ora.
1969/71 ca. - Miguel
(pseud.) - "Pepito l'envertido" - (45 giri).
Tango che si rifà
alla tradizione goliardica, anche se la scioltezza del cantante mostra
che chi si nascondeva dietro lo pseudonimo di "Miguél" era un professionista.
La canzone data
a poco dopo il 1969 per la presenza sull'altro lato di "Porta Romana 1969"
(aggiornamento della classica canzone della "mala" milanese).
Si tratta d'un prodotto
destinato al "secondo mercato" musicale che trovava smercio soprattutto
sulle bancarelle, che ho fatto in tempo a vedere da ragazzo, sulle quali
si trovavano alla rinfusa canzonette dialettali, discorsi del duce, tanghi
valzer e mazurche suonate da complessini sconosciuti, canzonacce goliardiche
e sessuali in genere, e addirittura registrazioni degli ultimi cantastorie
in attività.
Il
testo è un misto d'italiano e dialetto milanese, distorto in
modo da dargli una vaga apparenza spagnoleggiante.
Si apre citando
la barzelletta del torero che dice al toro toscano "Haha toro!",
sentendosi rispondere "Haha tu, che io ho già hahato!". Questo
dà già un'idea del livello intellettuale del pubblico per
cui scriveva l'autore...
Il resto della canzone
racconta di come il matador spagnolo Pepito venga incornato nell'ano
da un toro, perdendo così la verginità, e diventando "envertido"
per riprovare il godimento procuratogli dal toro. Ovviamente abbandona
la sua amata Carmencita che si dispera, e per consolarsi si butta nel letto
di tutti i toreri di Madrid.
Sono molto incuriosito
da questo tipo di storielle omofobe, che sono al tempo stesso sì
omofobe (l'omosessuale è automaticamente e senza nessun'altra discussione
colui che vuole prenderlo in quel posto) ma anche profondamente fascinate
ed attratte dall'omosessualità.
La teoria su cui
si reggono, infatti, è che una volta provata la sodomia passiva
nessun maschio umano può fare a meno di cercarla nuovamente,
come se si trattasse di una droga che sviluppa immediatamente una forte
tossicodipendenza. O come se l'omosessualità fosse lo stato di default
verso cui gravita la sessualità umana, che solo l'educa(straz)ione
e la repressione possono mantenere nel suo alveo "naturale"...
In parte questa
visione del mondo si spiega col rifiuto (che permane anche oggi fra i cattolici)
di concepire l'orientamento omosessuale come una tendenza a sé,
analoga a quella eterosessuale: eterosessuali si è, per nascita
e natura, mentre invece omosessuali "si diventa". E se omosessuali
"si diventa", occorrono spiegazioni sul modo in cui lo si diventi: fra
le tante c'è la tesi secondo cui chi è stato violentato da
bambino "diventa" frocio (l'ho sentita girare ancora non molti anni fa).
Dall'altro lato
questa strana teoria - è una spiegazione che mi sono dato io - si
basa probabilmente sull'osservazione del rapido crollo di tante eterosessualità
di facciata fra conoscenti ed amici. In un contesto, come quello passato,
di "eterosessualità obbligatoria", la facciata eterosessuale di
chi è omosessuale per suo orientamento naturale resiste solo fino
al giorno in cui un rapporto omosessuale (magari rimandato quanto più
possibile per scrupolo o paura) scatena in un botto solo tutto quanto era
stato represso fino a quel momento. "L'occasione fa l'uomo culattone",
dicevano ai C.O.M....
Ovviamente in questo
modo di ragionare il rapporto di causa-effetto andrà rovesciato:
nella società rigidamente omosociale ed eteronormativa, per la quale
sono state scritte canzoni come questa, saranno stati di preferenza i giovani
"predisposti" a trovarsi "senza volerlo" in situazioni in cui sono stati
"costretti" a "subire" un rapporto omosessuale, uscendo "traviati" dall'esperienza...
al punto da non riuscire più a farne a meno. Ma per l'ideologia
omofoba una spiegazione del genere è inaccettabile, perché
presuppone che la tendenza omosessuale sia un dato autentico, indipendente
da educazione e morale.
Mi scuso se ho tratto
questo riflessione un po' lunga da un testo
di poche righe, ma non avrebbe senso per noi oggi studiare canzonette che
hanno un valore artistico nullo, sia per la musica che per le parole, se
non fosse per quanto hanno da insegnarci sulla mentalità della società
che le ha prodotte.
Che poi sarebbe
la nostra...
1969/71
ca. - Occhio fino (pseud.) - "La ballata del finocchio" - (45 giri).
Canzone goliardica
molto scurrile e molto omofobica, contro gli omosessuali. Ecco un
estratto del testo:
"Son figlio di
puttana e faccio il culattone / giro per il mondo in cerca di un maschione
/ che sappia contentarmi come piace a me / perché di passerotti
ne ho presi ventitré. /
Dopo tanta caccia
mi voglio riposare / da un bel fustone farmi coccolare / in Africa andare
a fare un giro nel tucùl. / (...) /
Son figlio di
puttana e so fare il mio mestiere / faccio tanta grana con l'uso del sedere
/ ad Hollywood son stato ed a Cinecittà / e di passerotti ne ho
presi in quantità. / (...) /
Se voi non ci
credete che sia un bel mestiere / venitemi a trovare che vi farò
vedere. /
Quelle soddisfazioni
che proverete voi / a casa con gli amici le farete prima o poi".
Il cantante è
siciliano e deve qualcosa alla tradizione dei cantastorie, ma i termini
gergali usati (da "culattone" a "péder") come anche l'ambientazione,
sono lombardi.
Il disco può
essere datato approssimativamente per il fatto che nella canzone sul retro
(vedila nella voce successiva) cita come recente il film Bora
Bora, che è del 1968.
1969/71
ca. - Occhio fino e Peder (pseudd.) - "Finocchi e banane" - (45 giri).
È il retro
di "La ballata del finocchio", altrettanto goliardico
e scurrile. Un venditore di banane siciliano subisce le esplicite (e volgari)
avances di un finocchio che vuole la sua "banana". Molte
scheccate e qualche plagio di barzellette contro i "finocchi".
Segue poi una canzoncina
a stornello:
"Ed oggi giorno
i culattoni fan concorrenza alle puttane / con il buchetto fan milioni
alla sera nei vial. /
Si metton la
parrucca e la sottana / che sembran delle pupe belle e bone. / Ti chiedon
cinquemila e la grana / la voglion prima dell'operazione. /
E questi tipi
son fortunati / dovunque vai sono piazzati / anche alla televisioni
(sic) / trovi tanti culatoni. //
E vengono da
noi le svedesine / per andare a letto coi fustoni / ma restano deluse poverine
/ non trovan maschi in mezzo ai culatoni. /
Qui fanno i filmi
(sic) di educazioni (sic) / la "Bora Bora" e "La
volpe e il leoni" (sic) / e i giovani marmocchi poi diventano
finocchi. /
E dài
oggi e dài domani / han perso ormai la fama gli italiani / (...)
/
Le svedesine
per le banane / si forniranno dai negri africani / che l'Italia fra i cocchi
/ è il Paese dei finocchi!".
1967/70 - Anonima - "Su e giù" (45
giri).
Questa canzone, anch'essa non destinata
ai negozi di musica e dischi ma alle bancarelle dei mercati, si può
datare approssimativamente perché è una parodia (anzi, quasi
un plagio) di "Pietre", presentata a Sanremo dal cantante "Antoine" nel
1967. È attribuita a "F. Tincale", ma chi canta non è Franco
Trincale bensì una donna.
Si tratta d'una canzoncina sboccata (le
parolacce abbondano) che parla delle difficoltà di far sesso per
chi è normale, specie se ha pochi soldi.
Contiene un'allusione all'omosessualità
che oggi può sfuggire ai più:
"Se son verdi, non li puoi mica fare,
/ se son rosa, son gatte da pelare, / ma dove deve andar, se uno vuol ballar
/ e il solitario non gli piace far".
"Li" sottintende "balletti": i
"balletti verdi" furono uno scandalo di presunte orge omosessuali scoppiato
sui giornali nel 1962, mentre i "balletti rosa" furono l'antenato dello
scandalo odierno del bunga-bunga, anch'esso relativo a ragazzine
minorenni.
1969/197.. - Bremen
- "Fratelli d'Italia" - da - Barzellette per adulti, vol. 1 (45
giri).
Testo in rima, recitato (non cantato)
con sottofondo musicale. L'autore (che parla con un forte accento piemontese)
è un palese nostalgico del fascismo ("già molti ricordan
/ la Marcia su Roma") ed esprime una visione disastrosa del presente,
in preda al disordine, agli ssiòpperi (il che data il 45
giri a dopo l'ondata dell'"Autunno
Caldo" del 1969) e all'immoralità.
Il tutto paragonato all'"Italia di allora",
dignitosa, ordinata e "con i coglioni".
Nella migliore tradizione fascisticheggiante,
"Bremen" mescola esacrazione per l'immoralità altrui con
linguaggio da casino per sé:
"E sia molto chiaro / checché
se ne dica / ai maschi di un tempo / piaceva la... riga. / (...)
Venite, su, giovani schiere: / il nostro
ideale è solo il sedere! /
Di gran capelloni c'è già
una coorte; / col culo! signori, son pronti alla morte!".
Passano gli anni, ma i fascisti rimangono
piacevolmente prevedibili e uguali a se stessi...
197_ - Clementina Gay
- "Forse
che sì, forse che no, non si sa!" - (45 giri).
Questo 45 giri è
quanto resta d'una spregiudicata, se non demenziale, iniziativa
commerciale dei primissimi anni Settanta: le esibizioni
dal vivo, durate sei mesi, del cantante rock eterosessuale "Clem Sacco",
nei panni d'una drag baracconissima, presso uno dei primi locali
gay italiani.
Sacco è oggi
salutato come un antesignano del "rock demenziale" all'italiana (quello
che ha portato ad "Elio e le storie tese", per intenderci) e la canzone
fa ben poco per smentire questa vena: il testo è praticamente inesistente
("forse che sì, forse che no, non si sa, mi penserai / forse
che sì, forse che no, non si sa, mi telefonerai / forse che sì,
forse che no, non si sa, mi scriverai / forse che sì, forse che
no, non si sa, m'aspetterai"), ed oltre tutto non lascia mai pensare
d'essere indirizzato a un uomo. Quanto all'interpretazione, il falsetto
e la vocina intenzionalmente stridula, e perfino la "stecca" conclusiva,
la buttano sul goliardico-ridanciano.
Diciamo quindi che
la canzone non è affatto la spia d'una qualche forma di "apertura"
del mercato discografico italiano d'allora alle tematiche gay (che erano
al di là dal venire), quanto piuttosto lo sfruttamento del lento
allargamento delle maglie della censura per mettere in scena la macchietta
della "checca", per far ridere gli ascoltatori.
Perché alla
fin fine questa canzone non è altro che una specie di scheccata
carnevalesca, che se può ancora far sorridere per la sua demenzialità,
non va oltre la messa in scena del "gay" da parte dei tamarri eterosessuali
a carnevale.
Dove "gay", ovviamente,
è sinonimo di "travestito", e di "ridicolo". Ahinoi.
197_ - Culattini,
Fiorello - "I frocioni" - Parte I e parte II (45 giri).
Canzonetta a stornello,
debitrice della morente tradizione dei cantastorie di piazza. Nel 45 giri
la canzone è divisa in due parti per distribuirne la durata su entrambi
i lati.
L'ideologia è
la stessa d'altre canzoni dello stesso periodo, come "Il
terzo sesso" di Fred Bullo e le due canzoni di
"Occhio Fino": questi tizi stanno dilagando, ormai sono dappertutto:
brutti tempi, "per i poveri maschietti":
"già si
sentono le voci / che dicono che noi diventeremo tutti froci".
Ovunque ci si giri,
i froci spuntano fuori a insidiare il "maschio vero" che sta cantando:
"Camminavo cco
Ggiggetto / in un posto molto scuro / pure lui ch'era frocetto / lo voleva
tutto in cu*o.
Frocio Gigi,
frocio Armando, / frocio Beppe cco Rolando, / frocio questo, frocio quello;
/ poi seppi che era frocio pure Mario mio fratello. / (...) /
Pe' la strada
e in ogni incrocio / io cce trovo sempre un frocio, / strada a curva o
strada dritta / trovi chi te fa 'na pippa.
Io mi sono premunito
/ per non diventare frocio / e per stare più sicuro / mi sono ricoperto
di lamiera dietro il culo...".
Insomma, gli eterosessuali
sono vittime d'una vera e propria persecuzione da parte dei
"frocioni".
E come al solito,
per la mentalità omofoba, il colpevole è la vittima...
Ho trascritto
qui il testo della canzone.
197_ - (Ignota)
- "Il tango del terzo sesso".
Questa canzone l'ho
registrata per caso al volo alla radio nel 1981 (tenevo sempre una musicassetta
pronta!), ma non ho mai saputo chi la cantasse, né l'anno, né
se il titolo che ho qui dato sia corretto. [Chi avesse copia di questa
canzone, o informazioni più esatte, è
pregato di contattarmi].
È un tango
in piemontese (a tratti annacquato, a tratti stretto) in cui una prostituta
si lamenta della concorrenza ("invasiùn de marciapè")
che "quei del terzo sesso" fanno alla sua professione:
"A i vestun come
noi / a i parlun come noi / a i ciamun quei del "terzo sesso". /
Fenomeno impurtant
/ e tant preoccupant / comincia a diventarlo adesso. /
A s'fan la barba
e poei / a' s' dan al ner agli oei, / a girun in minigonna a seira.
/
Mi sun preoccupaa
/ battendo per la straa / sarà per noi miseria neira".
Concludendo che:
"Se anche i tori
cominciano a far le vacche, / andremo tutte a spasso, e ciao baracche!".
197_ - Mirella - "Il sesso che cambia" (45
giri).
La scelta d'una
tarantella semplice e ripetitiva per la musica, l'italiano
popolare (che si direbbe, dal substrato dialettale, umbro) piuttosto basico
usato nel testo, l'accompagnamento per fisarmonica e chitarra, sono
indizi del fatto che questo è un altro dei dischi nati per il
"secondo mercato" delle bancarelle ambulanti, ultima propaggine della tradizione
dei cantastorie. Che in questo modo faceva l'ultimo disperato tentativo
di "modernizzarsi" poco prima d'essere travolta.
Il testo rientra
nel filone delle canzoni sulla falsariga del tormentone "che tempi,
che tempi, signora mia!" di cui abbiamo appena visto diversi altri
esempi. La cosa più interessante è che anche l'anonimo autore
del testo è stato coinvolto da quel cambiamento che poi esecra,
come dimostra l'invito che rivolge alle ragazzine affinché si assicurino
bene, se s'innamorano, di aver scelto un bravo gallo e non un cappone,
verificando che abbia la cresta ben rossa (ovvero, avendo rapporti prematrimoniali)
per star ben certe che canterà bene.
Dunque, la canzone
fotografa una cultura popolare a metà guado, presa nel mezzo d'un
cambiamento che faticava a comprendere.
Oggigiorno, lamenta
la cantante,
"Le signorine
e i... loci [sic] si fanno concorrenza: / va [= "costoro vanno"]
in cerca di banane come il pesce alla lenza: / povere ragazzine, se
ancora così andrà / sempre di più zitelle vi toccherà
resta'!".
Né è migliore
la situazione dei giovani proletari, che vengono adescati con le lusinghe
economiche da "quelli", magari in un cinema, e corrotti:
"Ti volti e con
sorpresa ne resti sbalordito: / ti accorgi che il vicino ti sta toccando
il dito; / tu pensi nell'istante poterti libera'... / ti mostra il portafogli,
e ti ci fa casca'!
Se anche hai
la ragazza, e sei pien di vigore, / con trentamila lire dimentichi il pudore:
/ quando sei squattrinato, e non sai come fa', / se non ritrovi quello,
un altro vai a trova'!".
Da qui (cioè
dalla corruzione economica) nasce questo vizio, che si sta diffondendo:
"Così
nasce la storia di questi sventurati: / quanto sarebbe meglio non fossero
mai nati! /
Dimolti giovanotti,
quando vanno a sposa' / sono tutti bombardati, non sanno più spara'
".
E io trovo interessante
questa rara attestazione dell'interazione fra "ragazzi di vita" e borghesi
omosessuali, raccontata per una volta non dal punto di vista dei borghesi,
ma da quello dei ragazzi, indotti a fare ciò che tutto sommato trovavano
schifoso e deplorevole, di fronte alla lusinga irresistibile del denaro,
al quale loro, a differenza dei ricchi borghesi, non avevano diritto.
E la tentazione
irresistibile alla marchetta per i ragazzi proletari, quando i soldi mancavano,
è confermata dal
fiorente turismo (omo)sessuale che aveva fino a quel momento scelto
a meta l'Italia proprio per la "disponibilità" (traduzione: povertà)
dei suoi giovani.
Una curiosità:
mi chiedo come abbia fatto la rappresentazione grafica d'una traccia audio
a finire nel bel mezzo della copertina. Visto che non ha alcun senso, mi
chiedo se non sia uno scherzo di qualche tipo, e che se suonandola non
contenga una parola o due...
1970
Per ora, nessuna
canzonetta da segnalare.
1971
1971 - Dalla, Lucio
- "Il colonnello" - da - Storie
di casa mia.
Il colonnello fa
l'elenco delle persone da eliminare per "ripulire" la "barca": "L'elenco
ce l'ho: / i disfattisti, i comunisti e i pederasti".
1971 - Gli ombrelli
- Gli ombrelli.
Lp di canzoni di
cabaret. Contiene:
-
"Ieri e oggi". Una
volta il marito che tornava a casa all'improvviso rischiava di trovare
un elegante signore in un armadio, oggi invece può capitargli di
trovare un'orgia, dove "sette lesbiche stan sotto il letto", "quattro
checche stan dentro a un cassetto", e peggio ancora.
-
"Immacolato". Spassosa
canzone dell'equivoco. Un rigido e religiosissimo ragazzo del Sud, Immacolato,
arrivato a Milano per fare il militare, è scandalizzato dal fatto
che uomini e donne ballino scostumatamente assieme, mentre al suo
paese, per rispetto della decenza, gli uomini ballavano con gli uomini.
Gli si apre il cuore
perciò quando scopre un locale dove la sua tradizione è pudicamente
rispettata, e ne diventa un frequentatore assiduo:
"appena entrato
si sentì felice / i maschi folleggiavano allacciati: / alcuni eran
da donne mascherati / fu invitato da Gianni detto "Bice". / Da allora non
l'han visto mai mancare / gli sembra a casa d'esser ritornato / e non s'accorge
d'esser diventato / il divo di quel bar particolare. / Ormai nessuno più
si sciocca / vedendo un cameriere imbellettato / che balla il tango assieme
ad un soldato / che fa il casqué con una rosa in bocca".
La canzone è
un interessante documento dello scontro avvenuto in Italia negli anni Sessanta
fra due culture diverse, quella del Nord e quella del Sud, con le loro
diverse concezioni dell'"onesto" e "disonesto" in campo sessuale.
Lo scontro qui è
presentato sarcasticamente dal punto di vista del Nord; per il punto di
vista del Sud si veda invece quanto aveva da dire "Occhio
Fino".
-
"Un
po' per ridere". Ripresa della
canzone di Didi Martinaz del 1965, che era una componente del terzetto
de: "Gli ombrelli".
Un amore cominciato
"così per ridere", giunto a un matrimonio che, "un po'
per ridere", finisce in un letto in tre. Peccato che, dice lei al marito,
al terzo "piacevi più di me, / ed un giorno, un po' per ridere,
/ se ne è andato via con te".
Forse tornerai da
me, e poi, tanto per ridere, vorrai far l'amore in ventitré. Io
accetterò, ma sperando che qualcuno, senza ridere, "si innamori
un po' di me"...
1971 - Ortolani, Riz - "I travestiti". Dalla
colonna
sonora del film: Confessione di un commissario di polizia al Procuratore
della Repubblica.
Si tratta d'un brano esclusivamente musicale,
privo di parole. Falso allarme, quindi...
1971 - Franco, Pippo
- "La statistica" - da - Cara-kiri.
Canzone di cabaret
che ironizza sulle medie statistiche, le quali scoprono, fra le altre cose,
che "per un ottavo sono finocchio".
1971 - Il rovescio della
medaglia - "Sodoma e Gomorra" - da - La bibbia (riedito in Cd nel
2003).
"Rock
progressivo". Il titolo sembra sì audace, ma "non a caso" si
tratta solo d'un brano strumentale.
1971 - Vanoni, Ornella - "Canzone
di Leonardo", sigla dello sceneggiato tv Vita di Leonardo da Vinci,
di Renato Castellani, poi in LP con lo stesso titolo.
Parole di Leonardo da Vinci, musica di
Roman Vlad (che nella scelta degli strumenti si dà un'ambientazione
"rinascimentale"). Disponibile su Youtube.
Straordinario il fatto che in quell'anno
si sia scelto di non offuscare (bastava il cambio di due vocali...) il
carattere omosessuale di questa breve componimento sull'amore, laddove
dice che "quando l'amante è giunto all'amato, lì
si riposa".
Intelligenza sottile di uomini di cultura
di allora, che sono stati tutti eliminati dalla tv berlusconiana, becera
e soprattutto più clericale di quella dei tempi della Democrazia
cristiana al potere.
1971 - Svampa, Nanni
- "La vocaziòn" - da - Nanni Svampa canta Brassens (vol. 3).
Poi in - W Brassens!, 1983.
Cabaret.
Cover di
Le mécréant, di Georges Brassens (1960), tradotta
in milanese.
Il cantante immagina
d'essere salvato in extremis dalla castrazione ad opera di un'orda
di bigotte, inferocite dalle sue canzoni blasfeme, con l'argomento che:
"Hinn già
mò tant cuu, / quej bòn lassàli stà"
("ci sono già abbastanza culattoni / i "sani" lasciateli stare!").
In Rete (su Youtube)
se ne trova una (pessima) versione dal vivo in dialetto piemontese, "La
vocasiôn", cantata da Fausto Amodei, sulla quale però non
ho finora rintracciato alcun altro dato. [Ringrazio in anticipo
chi mi scrivesse
per offrirmelo]. Ignoro perfino se sia mai stata effettivamente
pubblicata su disco o no.
1972
1972 - Amodei, Fausto
- "Perché
una guerra" - dall'Lp - Se non li conoscete - Riedito in Cd
nel 1996.
Canzone antimilitarista, che ricorda come
chi
si oppone alla logica guerrafondaia venisse accusato di non essere
un vero maschio, anzi, peggio:
"È tuo sacro dovere, devi esserne
entusiasta
se non ci credi sei castrato, pederasta,
non crederci vuol dire non solo essere
vili
ma inoltre essere privi di organi virili".
1972 - Aznavour, Charles
- "Quello che si dice" - da - Canto
l'amore perché credo che tutto derivi da esso. (Anche
in 45 giri con titolo, lievemente diverso, "Quel che si dice").
Bella e fondamentale
canzone che quando apparve suscitò scandalo (fu persino bandita
dalla Rai!).
È
la storia d'un travestito tranquillo che vive con la madre e si guadagna
la vita facendo lo strip-tease, coltivando un sogno d'amore impossibile
per un uomo eterosessuale, pensando
"a lui che so
soltanto io / e infiamma, bello come un dio / i miei pensieri. /
Parlargli, io,
non oserò / so che non gli rivelerò / la mia condanna, /
se il meglio
della verde età / in letti anonimi lo dà / ad una donna.
/
Però non
mi guardate mai / con aria di severità / giudicatrice. /
Che colpa posso
avere se / Madre Natura fa di me / un uomo o... quello che si dice".
Nonostante la patetica
richiesta di comprensione (ma i tempi erano quello che erano) la canzone
è dolcissima, semplice, umana, piena di simpatia per il personaggio:
merita l'ascolto. Una canzone che è giustamente ormai considerata
un "classico".
1972 - Boom, Peter -
"Fuori!" - (45 giri). Riedita in Cd nel 2002 in - AA.VV., Gay right
compilation.
Il primo 45 giri
militante
e dichiaratamente omosessuale apparso in Italia,
oggi rarissimo perché sequestrato immediatamente dopo l'uscita poiché
il produttore aveva utilizzato abusivamente il nome d'una nota testata
musicale giovanile.
Il testo è
ovviamente esplicito:
"Noi usciamo
fuori / e con orgoglio al mondo / noi diciam così: /
siamo omosessuali
/ e siam contenti / di saper amar così! /
Via l'ipocrisia!
/ E con allegria / noi usciamo fuori / e per l'amore / vogliam
la libertà! /
Gli omosessuali
/ son tanti in tutto il mondo / non li sai contar. /
Siamo rivoluzionari,
/ del corpo nostro / disponiamo solo noi".
1972 - Boom, Peter -
"Lui ama lui (lei ama lei)" - (45 giri). Riedita in Cd nel 2002 in - AA.VV.,
Gay right compilation.
Retro del brano
precedente.
"Io amo lui /
lui ama me. / La società dice di no! /
Ma noi, ce ne
freghiamo, / perché l'amore / è più forte / di ogni
cosa / al mondo. / (...) /
Un puro amore
/ voler bene a lui / con la gioia / nel cuore".
1972 - Franchi Giorgetti
Talamo - "Dove sta
l'amore?" - da - Il
vento ha cantato per ore tra i rami dei versi d'amore. Ristampato
in Cd nel 2011.
Questa canzone,
pur coraggiosa nell'affrontare tanto precocemente il tema omosessuale,
propone la curiosa situazione d'un ragazzo che "diventa" gay perché
nel collegio il prete lo molesta ("e allunga le sue mani sbagliate al
mio viso"), rendendolo una persona troppo timida per avere relazioni
con donne:
"C'è l'amore
dentro di me, ma nessuno di voi / vuole vedere e accettare che per baciare
una donna / ora ho troppe paure ed ho trovato un altro modo, / un altro
modo d'amare".
Quest'idea assurda e
bizzarra era a quanto pare un luogo comune all'epoca, visto che sarebbe
riapparsa pari pari nella canzone "Specchio" dei Jumbo,
l'anno successivo.
1972 - Lauzi, Bruno
- "Maria
dell'11" - da - Il teatro di Bruno Lauzi.
Valzer dal repertorio
di cabaret di Lauzi. Il successo della prostituta Maria provoca eccessivo
assembramento davanti alla casa.
Per tener buoni
i coinquilini, concede loro "un abbonamento" gratuito. Ma l'intero palazzo
ci dà dentro con tale foga da impedire a Maria di lavorare. Adesso
Maria cerca una casa nuova, soleggiata, ampia, e "con inquilini del
terzo sesso".
1972 - Lolli, Claudio
- "Michel" - da - Aspettando Godot. (Anche in 45 giri).
Malinconico e introspettivo,
anzi triste fino al punto da essere a volte vagamente suicidale, Lolli
rappresentò l'anima "intimista" dei cantautori "di sinistra"
degli anni Settanta.
"Michel" fu una
delle sue canzoni di maggior successo, cantata e strimpellata sulla chitarra
da almeno un paio di generazioni di giovani "compagni".
Era una canzone
che celebrava un'amicizia scolastica fra due ragazzini: l'io narrante della
canzone e un suo compagno, Michel, oriundo francese.
Almeno, così
l'avevamo interpretata tutti noi.
E invece no. C'era
qualcosa di più dell'amicizia, come ha rivelato lo stesso Lolli
in
un'intervista concessa nel 1999:
"Michel (...)
era un bellissimo ragazzino francese, mio compagno di scuola alle medie,
di cui ero follemente innamorato, era davvero bello, biondo con gli occhi
azzurri, un principe. Una persona assolutamente affascinante, mi sembrava
davvero l'immagine del "bel giovinetto", ne ero follemente innamorato".
Alla luce di questa
"rivelazione", assumono un senso diverso versi come:
Ti ricordi Michel
come era esclusiva / la tenerezza che ci univa / e accompagnò la
nostra infanzia / fino ai giorni della nuova realtà. (...)
Ti ricordi Michel
di come a me dispiaceva / quando parlavi sempre di ragazze / e delle voglie
che avevi / con due occhi un po' sottili che non conoscevo più.
A rigore, questa potrebbe
insomma candidarsi come una delle primissime canzoni italiane ad affrontare
il tema dell'amore omosessuale.
Peccato però
che nessuno di noi, all'epoca, se ne fosse accorto: si trattava solo d'un'amicizia
scolastica fra bambini, come ce n'erano tante, e del resto nulla nel testo
permetteva di ottenere la chiave concessa dall'intervista del 1999... E
poi, dai, su, Lolli è eterosessuale, è sposato con figli,
"quindi" il tema non poteva essere "quello".
Solo in anni più
recenti ho sentito esprimere il "sospetto" da amici che erano stati ragazzi
assieme a me quando questa canzone era di moda, e questo "sospetto" m'ha
spinto all'approfondimento che m'ha fatto scovare in Rete l'intervista.
In altre parole,
all'epoca questa canzone non era mai entrata a far parte (un po' anche
per la "scabrosità" del tema, dato che parlava di bambini) dell'esiguo
mazzetto di canzoni "nostre" che ci segnalavamo a vicenda fra gay.
La segnalo quindi
ora, sperando che possa piacere alle generazioni più giovani così
come piacque alle nostre.
1972 - Marasco, Riccardo, - "L'alluvione"
- da - Il porcellino.
Ballata d'un cantastorie fiorentino, in
vernacolo, sulla
grande alluvione del 4 novembre 1966.
Su una melodia che riecheggia quella de
"La guerra di Piero" di Fabrizio De André, leggermente modificata
(ed anche l'attacco ne è una palese parodia: "Nuoti sommerso
in un mare di cacca / non sai se d'uomo oppure di vacca"), rievoca
umoristicamente il desolato panorama d'una Firenze interamente ricoperta
da un'alluvione di fango e rane.
Arrivato al parco delle Cascine, da generazioni
luogo di "battuage" omosessuale, l'autore non manca di notare che:
"E via bordeggiando per mille stradine
/ in quattro e quattr'otto sei già'lle Cascine: /
là dove c'erano tanti finocchi
/ adesso ci cantano quattro ranocchi".
1973
1973 - Battisti, Lucio - "Io gli ho detto
no" - da - Il
nostro caro angelo.
Chi, per la giovane età, facesse
fatica a capire con quanta fatica il tema gay arrivò a farsi strada
nella canzonetta italiana, dovrebbe divertirsi a leggere i commenti
attuali pubblicati su "Youtube", al sotto di questa canzone, dai
fans. In pieno XXI secolo...
Il titolo è, credo, esplicito,
e non meno chiaro è il testo: "Ma io gli ho detto no /
e adesso torno a te"... "Gli": dunque è di un uomo che l'io
narrante sta parlando.
Ebbene, no. Ecco una fan, che così
descrive il pezzo: "Stupenda ballata d'amore dove si vede il protagonista
della canzone tornare da lei dopo aver detto no ad un altra donna".
Donnaaa? Ebbene sì, a coloro
che fanno notare che a casa nostra "gli" si riferisce a un maschio e non
a una donna, un altro fan so-tutto-io ribatte: "Mi spiace ma sbagliate
tutti: con "gli" , Mogol si riferisce, volutamente, a una donna. Si
tratta di una licenza poetica". Ommioddio.
Il resto delle cretinate, tutte di questo
livello, divertitevi a leggerlo da soli: io non reggo oltre...
Il testo della canzone si rivolge a una
donna, provvisoriamente trascurata per una sbandata per un lui, a cui l'io
narrante ha ceduto. Ma ora "con orgoglio e poi / vergogna di me stesso"
torna da lei, "scordando il già scordato / color di mille lire".
E cosa voglia dire questo ultimo verso ce lo dice la canzone che Alfredo
Cohen ha dedicato nel 1977 alla prostituzione maschile, intitolata
sinteticamente: "Tremila lire". Punto. E appunto.
Il testo è ambiguo? Ma in quegli
anni l'ambiguità era voluta, ed anche necessaria, se non si voleva
essere messi al bando da radio e Tv...
La situazione non è delineata chiaramente?
Ma ciò è intenzionale...
Il testo dice e non dice, e lascia dubbi
sull'interpretazione da dare ai versi? Ma i dubbi sono stati messi e lasciati
a bella posta...
I fans di Battisti del 2011 si rivelano
ferocemente omofobi, arrivando a negare l'evidenza pur di non ammettere
la presenza di temi non graditi fra le canzoni di un cantante molto amato
dai ragazzi di destra in quegli anni? Ma uffa, non mi state dicendo nulla
di nuovo...
1973 - Jumbo - "Specchio"
- da - Vietato ai minori di 18 anni? (riedito come Cd nel 1995).
Questo
Lp di "rock progressivo" si apre con una denuncia dell'"educastrazione"
subita nell'infanzia dall'io narrante, che spiega il suo carattere introverso
e depresso, e la sua incapacità di avere un rapporto con una donna.
Elencando le vessazioni subite, appare
anche il ricordo di quando:
"In collegio il mio vicino di branda
mi faceva gli occhi dolci / alla sera mi spiava mentre mi infilavo il pigiama
/ avevo dentro tanta paura e non sapevo cosa fare".
Risultato:
"Ed ora non ho il coraggio di cercarmi
una donna mia".
1973 - Jumbo - "Come
vorrei essere uguale a te" - da - Vietato ai minori di 18 anni?
(riedito come Cd nel 1995).
Questa canzone, che nell'Lp viene immediatamente
dopo "Specchio", racconta il desiderio di normalità d'una persona
a cui la nevrosi impedisce d'essere come tutti gli altri.
Ricordo che all'epoca, complice il testo
che non specifica mai di quale tipo di nevrosi si stesse parlando, s'interpretava
questa canzone come riferita all'omosessualità, specie per i versi
che dicono:
"Come vorrei una vita diversa / ho
tanta amarezza nel mio cuore. / Come vorrei essere / uguale a te, avere
anch'io una donna, / correre lungo il fiume / e con gli amici andare ad
un concerto".
Ripeto comunque che il testo non contiene
nulla che alluda esplicitamente a una tematica gay. Ma all'epoca
le canzoni gay erano talmente rare, che tutti eravamo sempre pronti a decifrare
segnali in codice o allusioni, che del resto spesso venivano inserite dai
cantanti proprio per permetterne una decodifica anche in chiave
gay senza essere messi al bando dalla radio.
1973 - Metamorfosi
- "Lussuriosi, avari, violenti" - da - Inferno
(riedito anche in Cd nel 2000 e 2002).
Lp
di "rock progressivo", rivisitazione dell'Inferno dantesco.
Questa canzone contiene
i versi seguenti:
"Siete dannati
insieme / soffrite queste pene / e non ritornerete indietro mai / perversi
e invertiti / amanti proibiti / voi non ritornerete indietro mai".
1973 - Nebbia, Franco
- L'amore è una cosa pericolosa.
Lp di canzoni di
cabaret. Contiene fra le altre canzoni:
-
"Ballata per un maniaco
sessuale". Contiene il verso insulso: "il feticismo e la sodomia / cedono
il passo alla tecnologia / pubblicizzati su tutto il mercato / nelle dispense
col disco allegato".
-
"Canzone
verde". Riproposizione, con titolo lievemente modificato, della "Chanson
verte", del 1963.
-
"Una famiglia rispettata".
Da quando è tornato il marito il ménage a tre con
la sua amante non è più possibile,
"tanto più
che lui mi piace più di te / chiudi la porta dietro le tue spalle
/ e asciuga le tue lacrime, non rompere più".
Ma non basta: "lui"
è il figlio dell'io narrante!
Del resto: "Mai
da nessun altro lui riceverà / amore più sincero che non
dal suo papà".
E per finire, "sai,
anche mia moglie è fuggita con la mamma"...
1973 - Gli ombrelli
- ?????? [titolo a me ignoto].
Lp di canzoni di
cabaret. Contiene anche i brani:
-
"Il
Fidelio". Ri-proposta della canzone di Didi Martinaz
del 1965.
-
"Olimpiadi 2000". Immagina
ironicamente le future Olimpiadi in cui saranno ammesse gare sessuali,
in una delle quali un concorrente, Bubi Finocchioni, è squalificato
per "attrezzo non regolamentare" in una gara di resistenza nel coito.
-
"S come sessocultura".
Annunci umoristici di "sessocultori"; alcuni
sono di tipo omosessuale.
-
"Tim e Titum". Parla,
esagerando, degli scandali "del nostro tempo", fra i quali è un
tizio che in Danimarca è stato assunto per far l'amore in pubblico
con "Miss primavera", che sarebbe "il famoso toro pederasta".
-
"Venancio Sperandio".
Samba satirica sullo "scambio delle mogli".
Il capufficio impone la sua sgradita presenza, e i dipendenti spacciano
allora per loro mogli due "puttanoni", che però si rivelano
due travestiti in fregola che sodomizzano brutalmente il capufficio, con
conseguente catastrofe finale.
1973 - Pieretti,
Gian - Il
vestito rosa del mio amico Piero.
Il primo Lp (successivamente
ristampato in Cd) a tema gay della storia italiana. L'intero disco
è dedicato alla vicenda d'un ragazzo omosessuale, Piero. Poiché
le canzoni seguono una logica consequenziale le elenco nell'ordine che
hanno nel disco, e non in ordine alfabetico.
Come tutti i dischi
"di denuncia" di quel periodo anche questa è una lama a doppio
taglio. Nel denunciare l'infelicità della condizione omosessuale,
bisogna infatti stare attenti a non cadere nel pietismo, e a non
dare l'impressione che la vita dell'omosessuale sia intrinsecamente votata
all'infelicità.
Il che è
proprio quello che accade in questo disco, che avrebbe forse avuto un senso
dieci anni prima, ma che uscì quando ormai era possibile ("e doveroso",
aggiungevano i militanti del movimento gay nato qualche anno prima) parlare
anche delle possibilità di felicità che esistono
nella vita dell'omosessuale.
Non nego che questo
Lp catturi con fedeltà la vita autentica di un "frocio" di provincia
divorato dal senso di colpa, in piena crisi depressiva, sempre sull'orlo
dell'esaurimento nervoso. Ciò non toglie che l'ascolto di queste
canzoni sia dannatamente deprimente e dia una sensazione di claustrofobia:
-
00 - "Colloquio". La
prima traccia esprime in poche battute la preoccupazione dei familiari
per il carattere chiuso e introverso del ragazzo Piero, il personaggio
di cui parla tutto l'Lp.
-
01 - "Meccanica di un'emozione
nuova". Questo pezzo è suddiviso in quattro canzoni e un intermezzo:
-
"La famiglia". La canzone
parla brevemente del problema di rapporto che l'omosessuale sperimenta
con la famiglia.
" Voci / in casa
mia / anche stasera / stanno parlando / solo di me. Io, / non sentirò/
e nella mia stanza / mi chiuderò. / Mamma, / scusami tanto / se
tra i tuoi figli / io sono il solo / da giustificare, / ma / che posso
fare / se nel mio corpo / forza non c'è?".
-
"Riflessione". Brevissimo
"siparietto" fra un brano e l'altro. Le parole dicono soltanto: "Com'è
che in questa casa / non telefona nessuno / nemmeno una ragazza / che chieda
"del mio uomo"? / È l'ora dell'amore / lo sente dentro il cuore
/ oh no".
-
"L'amore". Si rivolge
a una donna che ha creduto che Piero l'amasse, e non ha capito che l'affetto
che costui le aveva dimostrato era solo "una carezza di un ragazzo in
un momento di tristezza".
E aggiunge:
"Tu non ne hai
colpa / tu eri bella / eri tu la verità / io ti ho amata da sorella
/ e tu, non hai capito. / Il profumo sopra la tua pelle / è un profumo
uguale al mio / non esiste amore tra sorelle / perché non vuole
Dio".
-
"Gli amici". Il coro
degli amici afferma, spietato:
"Quello lì
è una pecora nera / ci fa far qualche brutta figura / fa le cose
un po' contro natura, sarà meglio scordarsi di lui. / Quello lì
è una pecora nera / non si può neanche uscire una sera /
con gli amici di sempre non dura / sarà meglio non vederlo mai più".
E il deprimente Piero
constata:
"Avevo degli
amici tanto tempo fa / non hanno capito la mia triste realtà / non
avevamo niente da dividere tra noi / i giochi e le ragazze non li ho amati
mai. / Altri amici so che troverò / e nuovi giochi io dividerò".
-
"Il lavoro". Anche il
lavoro è una catastrofe per Piero:
-
"E come tutti i giorni
della settimana / quando chiameranno la segretaria / ci sarà qualcuno
che mi guarderà e riderà. / Ed incontrandomi nel corridoio
con il direttore / come sempre lui troverà una scusa / e sicuramente
non saluterà".
Fino a quando finalmente
Piero non ne potrà più e accennerà a un timidissimo
gesto di ribellione:
"Ma ieri io non
ne potevo più / e quando il direttore si affacciò: / "La
segretaria venga qui da me" / e sono andato io!".
-
02 - "Come il volo di
un'allodola". Una canzone molto vicina per tono e musica a certe di Renato
Zero.
"La mia vita
è come il volo di un'allodola, / che uno specchio che scintilla
fa cadere giù / le sue ali stanche sono fragili / ninna nanna per
un volo che è finito. // Camminare in questo mondo non è
facile / se tu sei diverso gli altri non capiscono. / Io non so come farò
a difendermi / se è importante dimostrare chi non sei".
-
03 - "A est del sole
e ovest della luna". Pieretti si veste da poeta e crea un guazzabuglio
di parole dove non è chiaro cosa voglia dire:
"Sopporto in
silenzio, io vivo per me / voglio essere quello che sono / a est del sole,
a ovest della luna. // Corpo da uomo cosa farai? / voglia di fare male
non hai. / Giostra nel tempo, gira però / tu stai soffrendo un po'.
// Cuore di donna non scegli mai / senza sentirti dir che non puoi,
/ l'uomo che inventa la civiltà/ uccide la libertà".
-
04 - "Il vestito rosa
del mio amico Piero".
-
"Guardo il mio vestito
rosa / e penso che più tardi/ io me le metterò. / Fuori sta
già venendo buio: / nell'ombra della sera / io mi nasconderò.
/ Sento che forse non è giusto / nascondersi per questo / ma la
gente non saprà mai / com'è grande il dolore che mi dà./
Guardo il mio vestito rosa / (...) / forse nel buio il suo colore
/ non si potrà vedere / e la gente non saprà mai / com'è
grande la mia felicità".
È la prima ed
unica volta che la parola "felicità" è nominata nel disco.
-
05 - "Troppo grande
la fatica". Riflessione sul senso della vita compiuta da un omosessuale
in preda ad autentica paranoia:
"Io lavoro tutti
i giorni in un grande magazzino / ho giocato con le bambole / fin da quando
ero bambino. //
Amo un uomo molto
bello / ma non gliene importa niente / io lo copro di regali / ma lo faccio
inutilmente /. Troppo grande è la fatica / come è stupida
la vita // (...)
Le risate dei
vicini quando scendo per le scale/ io sorrido gentilmente / ma però
mi fanno male. / (...)
E la notte con
il buio / cento facili emozioni // (...) /
Ma che cosa me
ne faccio/ di una vita che è uno sbaglio / se quando morirà
mia madre / non avrò neanche un figlio?".
Dopo una canzone come
questa, che è un tale concentrato di luoghi comuni da costituire
un vero atto di accusa contro l'omosessualità, appare evidente
come l'ambiguità dell'operazione di Pieretti non sia una semplice
"ambiguità". È anche presenza di pregiudizi della più
bell'acqua, e incapacità di difendere una realtà che in fondo
è disprezzata, e non a caso è costantemente sminuita per
tutto l'Lp.
Basterà notare
che Pieretti è riuscito a non prospettare mai l'amore ricambiato
fra le opzioni disponibili alla persona omosessuale, e questo in un Lp
tutto dedicato ai "diversi dell'amore"!
-
06 - "Fine". L'autore
ci tiene a farci sapere (parlando con sottofondo musicale) che
"questo disco
non è un'invenzione. Piero esiste: l'ho conosciuto a otto anni alle
elementari, e l'ho rivisto dopo venti. Mi ha parlato di questo suo problema,
e così, come me ne ha parlato, io ho scritto".
Amen.
1973 - I Pooh - "Lei
e lei" - da - Parsifal.
Questa è
la prima canzone commerciale che io abbia finora rintracciato a nominare,
infine, la tematica del lesbismo (anche se sarebbe più corretto,
in questo caso, parlare di bisessualità).
Lei è amica
di lei ma anche di lui, che un po' la desidera. Ma l'amicizia fra le due
va un po' oltre, e lui perde lei per colpa di lei...
"Sai, fu l'abisso
per me / la sera che dicesti "vattene" / eri calma più che mai.
/
Ma ciò
che poi mi ferì di più / fu quando chiesi: "Ma perché,
per chi?". /
Guardai dietro
a te: in un sorriso c'era lei... / in silenzio vi guardai: / ciò
che vuoi, ma questo, mai".
1973 - Nanni Svampa - "El gir del mond" -
da - Milanese. Antologia della canzone lombarda.
W L'osteria.
Riproposizione da parte del solo Svampa
della canzone già
proposta nel 1968 da I Gufi (dei quali Svampa faceva parte) in - Milano
canta n. 3.
1973 - Zero, Renato
- No! Mamma, no!
Si vedano i brani:
-
"Make-up, make-up,
make-up!".
Apologia dell'uso
del trucco per uomini e donne. Trazgrezzivo 'na cifra, ao'...
-
"No! Mamma, no!". Riedito
nel 1979 anche nell'Lp - Realtà e fantasia.
Lamento di un uomo
rinchiuso in un manicomio (la cosa si capisce per allusioni, come: "Odio
le corsie, / e le suore pallide, mamma! / Cliniche e conforts e le mani
candide, mammà!"). All'epoca, memori delle non poche storie
di omosessuali internati in manicomio dalle loro famiglie per "guarirli",
ci era facilissimo capire il sottotesto "non detto", ossia che questo ricovero
fosse stato causato proprio dalla condizione omosessuale dell'io narrante".
La rivista "Ompo" pubblicò
ancora cinque anni dopo questa canzone la testimonianza d'un ragazzo
che aveva avuto questa sorte.
Tenendo presente
questo contesto si comprende allora anche l'accusa rivolta alla madre:
"Tutta colpa
tua, / per te era tutto favole. / Solo colpa tua, / il latte tuo era sterile!
/ Sempre colpa tua, / se io non sono come vuoi!".
Su queste barbarie si
tende a stendere un velo di oblio, quindi è bene che sia rimasta
una traccia notoria quanto lo è questa canzone, per rammentarci
da dove veniamo.
-
"Sergente, no!".
Il cantante dichiara
al suo sergente di non voler fare il militare perché l'elmetto gli
"sconvolge i capelli", e inoltre non può fare a meno del
suo maquillage, e... della sua donna!
Però quando
se ne va aggiunge: "Sergente, no, / di lei non mi scorderò, /
dei suoi grandi occhi blu".
Prevedo guai per
la "sua donna", nel caso si tratti davvero di una donna biologica...
1974
1974 - Bertè,
Loredana - "S.E.S.S.O." - da - Streaking.
Trasgressiva per
vocazione, la Bertè decise nel 1974 di dare in questa canzone un
fremito ai gentili clienti con un'attrazione lesbica (e una copertina con
lei nuda, che dovette essere ritirata e sostituita per aver deliberatamente
attratto i fulmini della censura).
Si noti che la canzone, incisa per la
prima volta nel 1971 dal complesso "I leoni" nell'Lp - La foresta,
era in origine cantata da un uomo e quindi perfettamente eterosessuale.
La Bertè scelse quindi scientemente di trasformarla in un brano
lesbico, cantandola senza cambiare il sesso della persona desiderata.
L'io narrante intravede
una bella donna su un campo di sci. L'altra le sorride incoraggiante, ma
la timidezza e il timore impediscono all'io narrante di farsi avanti. Eppure
la fanciulla, come si suol dire, "fa sesso" all'io narrante -- che però
prudentemente non dice mai questa frase, perché scandisce lettera
per lettera la parola "sesso". In modo da non offendere le orecchie più
caste.
"Tu mi hai sorriso
a prima vista / come per dirmi "vieni qui"; /
da quel momento
io ti penso, / e ho nel cuore sempre te. /
Non so il tuo
nome, ma è lo stesso: / ti chiamo S.E.S.S.O.".
La musica di questa
canzonetta è poco più che tirata via, e l'interpretazione
non è delle migliori, anzi direi che è piuttosto sgolata
(personalmente, trovo molto migliore l'incisione originale del 1971). Sarà
certo per questo che nella memoria collettiva s'è praticamente persa
traccia di questo brano, che tutti hanno dimenticato. Meritatamente.
1974 - Camisasca, Juri
- "John" - da - La
finestra dentro [riedito in Cd nel 1991].
Canzone
di "rock progressivo".
Sui viali del piacere
il cantante reincontra il suo amico John, travestito, che si prostituisce.
John si scusa prima di salire sulla macchina di un cliente:
"Lui mi disse
carissimo amico / dalla vita non ho avuto niente / non mi rimane che questo...".
Ma il suicidio
(ricordatevelo, bambini!) è sempre in agguato per chi è omosessuale:
"Ora la sua anima
è appesa nel cielo / ma non si sa se è quella di una donna
/ o quella di un uomo, un uomo deluso. / Io so solamente che il mio caro
amico John / era migliore di tanti".
1974 - Caselli, Caterina
- "Desiderare" - da - Primavera. (Anche su 45 giri).
Una canzone malinconica e melodica, dal
ritornello molto azzeccato, ma che si mantiene sempre sul generico rispetto
al sesso della persona la cui assenza è motivo del desiderio e rimpianto
dell'io narrante.
Forse è per questo che è
stata inclusa fra le canzoni interpretabili
in chiave lesbica.
Purtroppo non esiste in Rete neppure una
copia del testo (e sicuramente non per caso!) per fare una verifica, tuttavia
il verso che secondo il link che ho appena citato sarebbe rivelatore: "mi
succede davvero / fare a meno di lei", alle mie orecchie suona ben
diversamente: "mi succede da che / fai a meno di me"... Ciascuno
ascolti e decida da sé chi abbia ragione.
Quanto a me, a mio parere questo è
solo un "falso allarme" e la canzone non ha per tema un amore fra
donne.
1974 - Dalida - "Per
non vivere soli" [45 giri, retro di "18 anni"].
Versione italiana
della canzone francese del 1967 (ma incisa su 45 giri solo nel 1973) "Pour
ne pas vivre seul".
Contiene i due versi:
"Per non vivere
soli, nascono quegli amori / che la gente per bene chiama particolari".
E se da un lato è
apprezzabile il fatto che il testo esecri le persone "perbene" che liquidano
come "particolari" gli amori omosessuali, dall'altro non può che
rendere perplessi l'idea che le relazioni omosessuali vengano presentate
come una specie di ripiego a cui ci si rassegna pur di non essere
soli. Ma gli anni Sessanta, ogni volta che si trattavano il tema omosessuale,
brancolavano nel buio dell'ignoranza più nera sul tema...
Comunque, per quanto
oggi ciò possa apparire strano, nel contesto in cui fu creata questa
canzone inserì quei due versi con intento pro-gay e atteggiamento
di apertura mentale, in quanto intendeva rendere in qualche modo
"scusabile" la relazione omosessuale...
1974 - Gaber, Giorgio - "Le mani" - da - Anche
per oggi non si vola. Riedita in - Il
teatro canzone (1992).
Il brano è tratto da uno degli
spettacoli di canzone politica che Gaber portò in giro per l'Italia
per anni con grande successo (l'incisione è live).
L'omosessualità non era peraltro,
nel 1974, in prima linea nelle preoccupazioni politiche della sinistra,
al punto da sembrare quasi, nella satira di Gaber, una tipica ossessione
della destra (cosa che in effetti era... però non lo era solo
della destra).
La canzone prevede una rassegna dei modi
di stringere la mano, fra i quali c'è anche:
"Una stretta di mano virile e fascista
/ che vuol dire: non sono un pederasta!".
I curatori del canale Youtube "Le introvabili"
mi hanno commentato in proposito:
"Interessante la similitudine con la
canzone "Uno
strano ragazzo" di Gian Pieretti (1963): "Quando gli stringi
la mano, / ti prega di stringere piano".
Evidentemente era uno stereotipo abbastanza
diffuso a livello popolare".
1974 - Milva - "Sono
matta da legare" - da - Sono matta da legare.
Una donna impazzita
per amore di un omosessuale racconta la sua storia (vera, o delirio?).
Sfuggita dal marciapiede,
"mi trovo un
bel ragazzo / che di me era più pazzo. /
Bello magico
e prestante / era tutto fuor che amante / mi trattava da sorella / mi faceva
sentir bella /
mi lavava mi
asciugava / mi vestiva e pettinava / mi truccava gli occhi e il viso /
mi mandava in paradiso, /
ma ridicolo ogni
notte / mi diceva buona notte".
Lei allora tenta il
suicidio, lui la trova e si uccide accanto a lei. Accorre gente, lei viene
salvata, incolpata della morte di lui, e internata in manicomio.
Adesso l'internamento
sta per finire,
"e con l'abito
più nero correrò al cimitero. / Porterò al mio ragazzo
/ (era solamente un pazzo) / quattro rose rosso fuoco / anche se mi ha
amato poco".
1974 - Sarti, Dino -
"Viale Ceccarini, Riccione"- da - Tre, Bologna invece!
Canzone in parte
in dialetto emiliano. Una strofa sostiene che se ti sai dare da fare in
viale Ceccarini a Riccione (notorio luogo di "battuage" anche omosessuale),
ti fai mantenere per tutte le vacanze da maschi e femmine:
"Viale Ceccarini
Riccione / la virilità non è un'opinione / spargi la voce
basta parlarne / fai le vacanze magari gratis. /
Femmine e maschi
anche per ore / jeans attillati attorno a un motore".
1974 - The gay guys
- "Forever" e "Sweet memories of yesterday" (45 giri).
Secondo la non
molto attendibile Wikipedia, nel 1974 il cantante "Cristiano
Malgioglio, quasi terminata l'esperienza con i Quarto Sistema, scrive
due brani che interpreta utilizzando lo pseudonimo "The gay guys"".
In realtà, solo uno dei due brani è stato scritto da Malgioglio,
e nessuno dei due è interpretato da lui, dato che è una donna
a cantare.
I testi sono in inglese, e non sembrano
contenere tematiche gay, tuttavia non può essere passato sotto silenzio
il fatto che per usare quel nome nel 1974 (appena due anni dopo la nascita
del movimento gay in Italia!) ci voleva un gran bel fegato!
1974 - Valdi,
Walter - "El
Belamì de la Barona" - da - Facce da galera. Storie di vita,
d'amore e di malavita.
Testo parlato,
in milanese, di cabaret.
Il bulletto del
quartiere si diffonde a parlare del motivo per cui seduce tutte le donne
del vicinato: la sua è una missione sociale, nata da quando "gli
eleganti balabiott, quei che fan una dansa" (cioè un "balletto
verde") sono in continuo aumento.
1974 - Valdi, Walter
- "I Vahha Put Hanga" - da - W l'Amore. (Anche in 45 giri , edito
nel 1976, in versione diversa, cantata con Gianni Magni e Armando Celso).
Canzone umoristica
di cabaret, in dialetto milanese, su una tribù africana il cui capo
si sbarazza con un trucco della moglie, brutta e strega.
Costei, per vendicarsi,
"la fa ona stregoneria tremenda: / tucc i Vahha Putanga, da incoeu el
ghe tira pu" ("a tutti i Vahha Putanga, da adesso non tirerà
più").
Ed è curioso
notare come per il cantante omosessualità ed impotenza s'identifichino,
tant'è che per qualche misterioso motivo l'impotenza farà
sì che l'intera parte maschile della tribù sia condannata
all'omosessualità:
"In d'ona foresta
del Centro Katanga / gh'era la tribù dei Vahha Putanga /
l'era ona tribù
de négher del menga, / 'dess l'è ona tribù de cu!".
E le scheccate finali
della canzone rendono chiaro il concetto anche per chi non capisce il milanese.
1974 - Zero, Renato
- "Qualcuno mi renda l'anima" - da - Invenzioni.
Il lamento di un
adulto che da bambino è stato violentato:
"Qualcuno… Con
un sorriso addosso, / mi dice, giochiamo insieme dai. /
Ti compro, un
aquilone rosso, / se lo vuoi! / Avevo, / appena aperto gli occhi! /
Ma il buio, mi
raggiungeva già, / due mani, rubavano al mio corpo, / l'innocenza…
/
Ma, perché
è toccato a me, / fra tanta gente… /
Ma, che cosa
c’entro io, con quella gente… / Qualcuno mi renda l'anima!".
1974 - Zero, Renato
- "Tu che sei mio fratello" - da - Invenzioni.
Una canzone d'amore
piuttosto tenera, forse la più bella fra quelle a tematica gay incise
da questo cantante:
"Tu che sei mio
fratello, / la mia donna, il mio dio, / tu che vivi in silenzio, / non
scordare il nome mio!".
Se Zero avesse prodotto
continuando sulla linea di canzoni come questa, il mio giudizio sulle sue
incursioni nel campo dell'omosessualità sarebbe molto, molto meno
severo.
Invece ha
voluto insistere sulla "trazgrezzione" del "famolo un po' strano,
eh?", per finire inevitabilmente ad andare a cantare dal papa, come
tutti i trazgrezzori.
Non capendo che
per alcuni, la "stranezza" non ha nulla di "strano". O meglio, capendolo
benissimo, come dimostra questa canzone, ma facendo finta di non
saperlo, per convenienza.
1975
1975 - Cattaneo, Ivan
- UOAEI.
Il
primo LP di un artista militante gay italiano.
Quando questo Lp
apparve, Cattaneo faceva parte del collettivo gay "Fuori!-autonomo" di
Milano.
In questa sua prima
raccolta le tematiche gay appaiono, sia pure con una certa prudenza: in
quel periodo una cosa era parlare "di" gay (come avevano fatto tutti
gli altri cantanti fino a quel momento), tutt'altra era parlare "da"
gay... E il movimento gay era nato solo quattro anni prima, e non era ancora
accettato da nessuno, neppure a sinistra, dove lo si vedeva come
una petulante distrazione dal "vero" obiettivo, cioè la rivoluzione
(si ricordi che il Pci non avrebbe ammesso la pura e semplice esistenza
di una "questione omosessuale" fino al 1981/1982).
Ricordo comunque
che nonostante fossi uno studentello squattrinato feci i salti mortali
per poter comprare, nel 1976, questo "primo" Lp in cui "finalmente" prendeva
la parola uno di noi, un gay dichiarato e militante.
Con mia grande soddisfazione
scoprii che la musica mi piaceva: era strana, sperimentale, certamente
insolita, magari un poco elitaria, ma sicuramente non era una pippa inascoltabile
come certo "rock progressivo" che mi sforzavo invano di farmi piacere perché
"era cultura" (poi ci ho rinunciato, e sono diventato una barocchecca,
ma questo era un destino cromosomico). Perciò temo che la mia copia
dell'Lp sia stata arata dalla puntina del grammofono, a forza di
ascolti ripetuti...
Sulla questione della
presenza della tematica gay in questo Lp, Ivan Cattaneo m'ha scritto:
"Sono d'accordo
con te sulla spesso non forzata dichiarazione nei testi, che appaiono forse
troppo lati e poco dentro il dettaglio della problematica gay.
Ma ne ho parlato
spesso quando mi chiedevano se c'erano canzoni gay nel mio disco: io rispondevo
semplicemente: "Io sono il gay... poi, di conseguenza, vengono le canzoni".
La cosa essenziale
era infatti che io ero gay alla luce del sole, e ogni frase da me
pronunciata, anche la più banale, poteva a questo punto assumere
una valenza più "imbarazzante" e "diversa"".
E in effetti, per noi
che sapevamo chi fosse Ivan, era ovvio e scontato che le canzoni
d'amore nelle quali non era specificato il sesso della persona amata fossero
canzoni gay, e come tali le ascoltavamo! Ed ovviamente anche lui
aveva inteso che fossero interpretate, da noi, esattamente in quel modo.
Tuttavia, avendo
io deciso d'inserire in questa mia bibliografia soltanto le canzoni con
tematiche esplicite, o almeno rese tali da dichiarazioni inequivocabili
degli interpreti, devo limitarmi a segnalare:
-
03 - "Darling". Qui
c'è un breve testo in bergamasco con avances al suo darling:
"Darling! per
chel ché so / mi òle giòst fat a te!" ("per
quel che mi riguarda, voglio solo farti!").
Il testo, tradotto
in bergamasco da Cattaneo, era stato scritto in origine da Mario
Mieli, dato che i due frequentavano gli stessi collettivi gay.
-
10 - "Pomodori da Marte".
Una surrealistica ma vaga esaltazione delle diversità.
"Ma se la vostra
normalità è stupida, / allora io scelgo la follia: /
e non guardare
se il mio volto è diverso, / non fare domande: non voglio risposte,
/
ma cerca di capire
il linguaggio / che cancella ogni regola e gioco".
-
11 - "Assaggia". Un
invito ad amare chi si vuole, senza barriere, rivolta ad un "tu" il cui
sesso non è però specificato.
"Assaggia la
mia pelle / e il sudore del mio corpo / e adesso ama, / con chi vuoi, /
dove vuoi".
1975 - Laterza,
Antonietta & Gabi, Nadia, "Simona" - da - Alle sorelle ritrovate.
Riedita nel 1979 nell'Lp di Antonietta
Laterza, Le belle signore (Nadia Gabi qui è solo la chitarrista
che l'accompagna).
Canzone d'amore
femminista: una donna ama Simona, a cui la lega un'amicizia d'infanzia
e adolescenza:
"ti ricordi quante
volte / ci siamo / stordite con i nostri sogni /
e quando con
le mani gelate / ci piaceva pettinare i capelli".
Ora è costretta
però ad interrompere questo legame perché, essendo ormai
adulta, per la pressione sociale deve sposarsi:
"due donne /
non possono smarrirsi / negli occhi. / (...) /
Simona tu sei
bella, sei cara... / ma lui stringe la realtà".
(Piccolo off-topic:
a me piace immaginare che "Due
donne" di Paola Turci, del 1989, sia il sequel ideale di questa
canzone, un po' di anni dopo la vicenda narrata qui...).
1975 -
Pravo, Patty - "Roberto e l'aquilone" - da - Incontro.
Mi
è stato detto che il testo, di Bruno Lauzi, ricorre alle metafore
poetiche per raccontare l'accettazione di sé d'un uomo omosessuale
senza offendere nessuno, ma alla fine il risultato è decisamente
criptico e oscuro.
Certo,
nel 1975 ciò era voluto, dato che dovevano capire il senso soltanto
coloro che erano in grado di capirlo. Tuttavia fra costoro non mi
colloco io, che non ho compreso cosa vogliano dire le metafore poetiche
della canzone. Che a mio parere non è a tema gay, e se anche lo
fosse, essendo incomprensibile è come se non lo fosse.
Giudichi
il lettore:
"Come
ubriaco di gioventù / la sua età non ricordava più,
/ e gli obblighi. /
Avere
un giorno / ragazzo, con la sua fantasia, / in compagnia di una di voi".
(E si
noti questo misterioso femminile dell'"una di voi", senza che peraltro
sia poi specificato chi siano queste "voi").
"Ma
il suo sole era già a sud / troppo forte anche per lui / che sotto
un velo a pancia in giù / inseguiva scarabei, /
i
suoi diavoli e i suoi dei, / pensando a te".
Mah...
1976
1976 - Farassino, Gipo
- "Lj wahha put-hanga" - da - Ij mè amor dij 20 ani.
Cabaret.
Traduzione in dialetto
piemontese della canzone di Walter Valdi.
1976 - Guccini, Francesco
- "L'avvelenata" - da - Via
Paolo Fabbri 43.
Canzone scritta
contro le stroncature
dei suoi critici. Utilizza il linguaggio colloquiale con i suoi usi,
traslati e non, delle allusioni all'omosessualità: "un cazzo
in culo e accuse di arrivismo è quello che mi resta"; "io
negro, ebreo, comunista, io frocio"; "compagni il gioco si fa peso
e tetro / comprate il mio didietro, io lo vendo per poco"; e per concludere:
"a culo tutto il resto".
Solo un'argomentazione
retorica, per carità, ma all'epoca a sinistra darsi del gay era
ancora super-tabù, quindi la cosa fece sollevare più di un
sopracciglio.
1976 - Movimento Femminista
Romano (Fufi Sonnino e Yuki Maraini) - "Mi
guardo in uno specchio. (Canzone omosessuale)"
- Canti
delle donne in lotta 2.
Commento ancora
da scrivere.
[Chi
avesse copia di questa canzone, o informazioni più esatte, è
pregato di contattarmi].
1976 - Movimento
Femminista Romano (Fufi Sonnino e Yuki Maraini) - "Una
donna nella tua vita (Canzone omosessuale)" -
Canti
delle donne in lotta 2.
Commento ancora
da scrivere.
[Chi
avesse copia di questa canzone, o informazioni più esatte, è
pregato di contattarmi].
1976 - Nuova Compagnia
di Canto Popolare - "Il suicidio del femminella" - da - La
gatta cenerentola.
La gatta cenerentola
è un'opera teatrale, in dialetto, su musiche tradizionali napoletane
o composte per strumenti tradizionali.
Questo brano è
solo musicale, ed è la musica di scena che accompagna l'azione del
suicidio del travestito.
1976 - Nuova Compagnia
di Canto Popolare - "Rosario" - da - La gatta cenerentola.
Rosario comico,
in napoletano strettissimo, recitato (non cantato) da un
gruppo di "femmenelle",
che prevedibilmente abusano di doppi sensi per parlare di sesso anziché
di santi. Ne capisco ben poco... ma quel poco che capisco basta a farmelo
definire un piccolo capolavoro della comicità scanzonata:
"'Salve, reggina!'.
'E chi 'o ssape
chi è sta riggìna, / si è nobile o signurina / o si
è figlia 'e mappina! /
A me me vene
a sera e a matina, / ora minute e quarte d'ora, avimm'a fa' chest'orazione:
/
Cu Giacumino
- dint'o stanzino. / Cu Pascalotto - dint'o salotto. / Cu Liberato - dint'o
scantinato. / Cu Ernesto - 'ncopp'a fenesta. / Cu Giuvanne - sott'o scanno...'."
Nel 2011 ne è
stato proposto un irriverente ma delizioso remix
dance da Max Guglielmi e Mario Pirolla.
1976 - I Pooh -
"Pierre" - da - Poohlover. Fu cantata nel
1993 anche da Milva.
Bella e dolce canzone
d'amicizia per un transessuale.
Reincontrando un
ex-compagno di scuola (e a quei tempi si rideva "di quello sguardo di
bambina / di quella [s]ua dolcezza strana / triste") che ora si traveste
("scusami se ti ho riconosciuto però / sotto il trucco gli occhi
sono i tuoi / non ti arrendi a un corpo che non vuoi") il cantante
gli dice:
"senti Pierre,
sono grande ed ho capito sai, / io ti rispetto, resta quel che sei, / tu
che puoi".
Retorica, ma decisamente
niente male, per un gruppo "disimpegnato" come questo.
(Una curiosità:
questo brano è stato probabilmente quello che ha continuato a spuntare
fuori con la maggiore insistenza, mentre parlavo con amici e conoscenti,
durante le mie ricerche per questo elenco.
Evidentemente c'è
in esso qualcosa, che non sono riuscito a definire, che ne ha favorito
la memorizzazione presso il grande pubblico come "brano che parla di omosessualità",
magari a scapito di altri ben più espliciti. O forse invece è
stata proprio la tranquilla dolcezza, un po' paternalistica, che non essendo
scioccante ha favorito quel tipo di risultato).
1976 - Vanoni, Ornella
- "La storia di Marcello" - da - Più.
Canzone un po' malinconica
ma molto bella che racconta di un bambino "diverso" (transessuale), che
cresciuto realizza il sogno di farsi chiamare "Maria" dalla gente assieme
alla quale è cresciuto:
"La storia di
Marcello è tutta lì / (...) / lui e il ragazzo soli
in quella via / e sua madre / che sognava di chiamarlo Maria.. //
La vita la vita,
bella vita: / che voglia di buttarla via / ma manca il coraggio / di lasciarla
lì a metà".
L'interpretazione della
Vanoni è splendida, sommessa ma decisa, e riesce a dar vita
palpitante a un testo piuttosto breve e banale.
Raccomando quindi
l'ascolto.
1976 - Vecchioni, Roberto
- "A. R." - da - Elisir.
Poi in: Il
grande sogno, 1992.
Dedicata al poeta
francese Arthur
Rimbaud, ne rievoca anche la movimentata relazione omosessuale con
il collega Paul
Verlaine, alludendo all'episodio in cui a Bruxelles Verlaine sparò
(ferendolo solo di striscio) a Rimbaud, che aveva deciso di lasciarlo:
"Ribaltare le
parole, invertire il senso / fino allo sputo, / cercando un'altra poesia.
/
E Verlaine che
gli sparava e gli gridava: / "Non lasciarmi, no, / non lasciarmi vita mia"
".
1976
- Vecchioni, Roberto - "Velasquez" - da - Elisir.
1976.
Curiosa e un po'
ermetica canzone su un altrettanto curioso amore per Velasquez,
forse essere mitico, forse conquistador o forse solo marinaio ed
esploratore:
"Ahi Velasquez,
com'è duro questo amore. / Mi pesa la notte prima di ricominciare:
/ e tante veglie, come soglie di un mistero, / per arrivare sempre più
vicino al vero. / (...)
Ahi Velasquez
fino a quando inventeremo / un nido di rose ai piedi dell'arcobaleno, /
e tante stelle, tante nelle notti chiare / per questo mondo, questo mondo
da cambiare?".
Chi canta di questo
amore è un uomo, come mostra l'accenno a una "moglie" che aspetta
in patria l'io narrante, e per la quale costui prova nostalgia.
1976 - Zero, Renato
- Trapezio.
Se ne vedano le
canzoni:
-
"No! Mamma, no!" (Già
in: No! Mamma, no!, 1973, vedi).
-
"Salvami". Poi in: Realtà
e fantasia, 1979.
Invocazione d'aiuto
di un prostituto omosessuale, che chiede di essere strappato dalla vita
orrenda del marciapiede:
"Salvami, / dalla
strada che non sa / fra giorno e notte, quanti figli ha! / Fra questa gente
in cerca d'allegria, / che compra e vende questa pelle mia! / (...)
Questa strada non è la mia, / voglio presto
fuggire via!".
-
"Un
uomo da bruciare". Poi in: Realtà e fantasia, 1979.
Questa canzone,
una fra le più riuscite di Zero, è abilmente costruita su
due livelli di lettura.
Il primo è
l'invito generico a non cadere nel grigiore del conformismo, rivolto a
un giovane che, avendo trovato il primo lavoro, rischia d'entrare
nell'ingranaggio del matrimonio e della routine di una vita passata
dietro al bancone di droghiere:
"Adesso che sei
il garzone del droghiere / e con le mance in tasca sei un signore / a questo
punto, puoi aspirare a tanto, anche a lei...".
Oh, sì, certo,
dice il cantante, ora lei ti si darà "con slancio e con amore",
ma, aggiunge il cantante,
"tu non sai il
prezzo che dovrai pagare! / Scappa! Fuggi! E salva qualche cosa in te!".
E qui entra in ballo
il secondo livello di lettura, dato che la canzone assume l'aspetto del
monito contro un matrimonio e una relazione eterosessuale cercati solo
per inseguire una normalità che dia sicurezza, ma che invece
significheranno solo la perdita della libertà d'essere se stesso,
respirando liberamente.
A compiere quali
atti servisse tale libertà non viene mai detto... ma chi voleva
capire, all'epoca, lo capì benissimo.
----> Per
la parte relativa agli anni dal 1977 ad oggi fare clic qui.
Inedito.
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