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Videoclip gay.

L'omosessualità nei videoclip musicali -

Parte 4 - (2006-2014)

2006

A cura di Giovani Dall'Orto

2006

Un fotogramma da ''The rejection'' dei Dangerous Muse.

2006 - Dangerous Muse - "The rejection". Dall'Ep - The rejection (2005).

I Dangerous Muse ("Musa pericolosa") sono due ragazzi di New York, gay dichiarati (si esibiscono anche regolarmente ai Gay pride), e le cui doti di fotomodelli sopravanzano  quelle canore. 
La cosa in sé non è gravissima in quest'epoca televisiva, in cui l'aspetto d'un cantante conta più delle sue qualità vocali, ma nel caso di questo video il vocalist è addirittura costretto a sussurrare più che a modulare la voce per nascondere il più possibile l'intonazione traballante. (Oltre a ciò, ostenta un accento british molto nasale e posh per distrarre l'attenzione degli ascoltatori anglosassoni).

La canzone ha un motivetto piuttosto elementare e parecchio ripetitivo, ma se non altro allegro e accattivante, nonché gradevolmente ballabile.
Il video è stato confezionato con pulizia, cura ed eleganza attorno a un'idea forse vecchia ma carina e sempre d'effetto, se usata bene (e qui è usata bene).
Il risultato è che, a mio parere, il video regge bene, nonostante la performance vocale non da Grammy award.

Le immagini alternano ora l'esibizione dei due ragazzotti (completa d'assalti di ragazzine in fregola che saltano addosso al cantante cercando di togliergli la camicia), ora le vicende d'un liceo che si rifanno al titolo della canzone ("La ripulsa").
 

La seduzione lesbica in ''The rejection'' dei Dangerous Muse.

Un ragazzo in una classe fa avances a una ragazza, che le respinge seccamente.
Poco dopo la ragazza lascia cadere i libri di fronte a una compagna, per avere una scusa per toccarle la mano con gesto seduttivo... e riceve un rifiuto.
La seconda ragazza la rivediamo al bar mentre ride e parla con un bel biondino (anch'egli scelto sul catalogo d'un'agenzia di fotomodelli), che però a un certo punto la molla in asso bruscamente e se ne va, lasciandola delusa.
Infine il biondino si ritrova negli spogliatoi con un biondone grande grosso e muscoloso (che a sua volta avevamo visto mentre lumava la ragazza lesbica, ovviamente senza risultato), e il suo sguardo di desiderio dice tutto, però lui preferisce andarsene di botto piuttosto che mettere alla prova il modo di fare da macho stronzo del bel fusto.

Il ritornello della canzone intanto continua a intonare (o stonare), rivolto a una ragazza che insiste a cercare di sedurre il cantante, che da parte sua non ne vuol sapere:

 
Il desiderio gay in ''The rejection'' dei Dangerous Muse.

Indubbiamente positivo il modo in cui in questo video il desiderio eterosessuale è messo sullo stesso piano di quello omosessuale, nonché il tono delicato con cui è raccontata la vicenda, a piccole pennellate che richiedono un piccolo sforzo allo spettatore per percepire il disegno d'insieme del quadro (e alla prima volta o due non avevo compreso bene io stesso cosa stesse accadendo).

Decisamente meglio riuscito il video che la canzone, e meritevole d'essere visto.

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2006 - Ima Robot  - "Lovers in captivity" - Dal Cd - Monument to the masses.
Strano per la musica e strano per le immagini, questo video elegante e vagamente inquietante è comunque ottimamente riuscito, nonostante la semplicità di concezione: due persone in una stanza, su un letto, o mentre ballano assieme. È tutto.
L'impostazione risente parecchio dell'influenza dell'epoca del glam rock e del fàmolo strano (alla David Bowie, per intenderci) con il bel solista che, a torso nudo, canta disteso su un letto mentre si lascia truccare gli occhi e la bocca da un'altra persona di cui si vedono solo le calze a rete.
Il testo non ha nulla di omosessuale: "In questa casa / siamo amanti in cattività. / Sì, io ho lei e lei ha me: / non vuoi venire a vedere il posto / che chiamiamo casa?".
Non ci vuole però molto per rendersi conto del fatto che nel videoclip la persona in calze a rete è un travestito, truccato da donna ma dal corpo perfettamente maschile, che toltosi il reggiseno si mette a ballare a torso nudo assieme al cantante.
L'aspetto positivo del video è la naturalezza e tranquillità con cui trasforma una storia con una "lei" in una storia con un "lui", l'aspetto negativo è che l'impostazione del video è parecchio "anni Settanta". Avrebbe potuto essere una (rara) microstoria d'amore (e non solo sesso) con un "travestito", ma per "fare trasgressivo" a tutti i costi s'è deciso incongruamente d'impiastricciare anche il cantante con rossetto e ciglia finte. Cosa che non ha molto senso, visto che di travestiti che amassero truccare da donna i loro amanti io nella vita non ne ho incontrati mai.
In questo modo s'è sacrificata una storia d'accettazione giusto per inseguire il miraggio della trasgressione, come se nel 2006 un po' di make-up potesse ancora far fremere qualcuno, dopo esser stato visto miliardi di volte su miliardi di musicisti "trasgressivi".
Se però si toglie questa nota stonata un po' provincialotta, per il resto il video funziona benissimo: stranito al punto giusto per adattarsi al testo un po' dadaista (chissà che vorranno dire, ammesso vogliano dire qualcosa, i versi: "abbiamo avuto / aggravanti / in ferro battuto"?), semplice ed efficace nelle (splendide) scene di ballo, che hanno tutto il carattere d'un corteggiamento stilizzato tra uomini, simpatetico nell'impianto, che ci fa vedere il protagonista mentre rimpiange l'amante dopo un "baby bye bye / l'amore deve essere libero" (ma nell'ultima inquadratura lo riavrà al suo fianco).

Ottimo risultato, insomma, con mezzi assolutamente minimali, semplici ed eleganti. Complimenti al regista.

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2006 - Mines - "Per diventare gay" - da - Di bar in bar.
La Retorica c'insegna che l'iperbole è quel tipo di figura retorica

Per esempio, dire "sono talmente stanco di cercare inutilmente una donna che faccia per me, che quasi quasi divento gay" costituisce un'iperbole.
Che sarebbe poi l'iperbole stessa su cui si basa questa canzone, che spiritosamente intende quantificare il grado d'esasperazione dell'io narrante attraverso un'esagerazione, per l'appunto, iperbolica. Alla ragazza di cui ha invano cercato di liberarsi, dunque, il cantante dice a muso duro: Ovviamente, e qui sta la natura umoristica dell'iperbole, mentre afferma il cantante nega, perché quel che sta dicendo in realtà è che è talmente attaccato alla persona la cui assenza lo rende infelice, che il solo modo per risolvere questo attaccamento sarebbe di una drasticità estrema, ossia smetterla di amare le donne tout-court: La musica, un allegro motivetto ballabile, accresce il carattere umoristico del pezzo, che a mio modo di vedere è pienamente riuscito, in quanto il cantante riesce a rendere chiarissimo il punto che gli sta a cuore.

Purtroppo, però, il videoclip che ha accompagnato questo brano ha rovinato tutto.
Perché dall'iperbole si è passati direttamente alla caricatura, che è tutt'altro tipo di figura retorica, la quale "storpia volutamente l'immagine della persona rappresentata, caricandone (da qui il termine) alcuni tratti caratteristici della fisionomia".
Questa fisionomia può addirittura essere del tutto immaginaria, come nel caso delle caricature naziste degli ebrei, che esageravano tratti inesistenti, se non nel pregiudizio razzista. In quest'ultimo caso, si parla di calunnia.
Che è esattamente ciò che presenta questo ripugnante video: non iperbole, non satira, ma puro e semplice linciaggio visuale.

Dei cento modi spiritosi e magari malandrini in cui si sarebbe potuto rappresentare visivamente il paradosso della canzone, si è scelto l'unico che avesse un contenuto deliberatamente ingiurioso nei confronti del mondo gay. Oltre tutto, per farlo, si era contraddetto lo spirito leggero e spiritoso con cui Mines aveva maneggiato il tema (e ciò, incidentalmente, mi fa pensare che l'approccio del video non sia affatto farina del suo sacco).
Nel video, il cantante va a scuola di omosessualità, che prevede insegnanti, banchi e tutto quanto.
Gli insegnanti? Degli "zombie" di travestiti talmente mostruosi che mai se ne vide traccia nel mondo gay neppure nel più sderenato spettacolino trash.
Le materie d'insegnamento? Trucco e parrucco, travestimento da donna, scheccata, urletti e gridolini, sculettamento e isteria di contorno.
Tutto questo, nel 2006, è quanto è riuscito a visualizzare un regista italiano quando gli è stata pronunciata la parola "gay". Rendendo palesi a chiunque, con un risultato di cui sono certo si vergognerà nel giro di pochi anni, i decenni di arretratezza culturale scontati da un ambiente culturale asfittico, bigotto, chiuso e incapace di osare come quello italiano.

Per chiudere, un piccolo aneddoto. Quando uscì il video, concordai un'intervista con il critico musicale della rivista che dirigevo all'epoca, "Pride".
Credevo di averne uno scambio di opinioni pungente, invece ottenni solo un'intervista "in ginocchio" che non chiedeva mai al cantante conto dell'immagine insultante che aveva dato di noi nel video.
Come direttore avevo la pessima abitudine di non censurare i punti di vista dei miei collaboratori, pertanto, pur dissentendo al massimo, la pubblicai lo stesso. Ma ovviamente mi guardai bene dal rinunciare a chiedere al collaboratore, in termini molto coloriti, se si fosse completamente bevuto il cervello, e se davvero quella porcata omofobica gli sembrasse il capolavoro che sembrava fosse, a leggere la sua intervista.
La risposta? "Ovviamente no, è orribile, però già nessuno vuole parlare di noi, se poi ci mettiamo a sparare addosso ai pochi che lo fanno, non riusciremo mai a far parlare dei nostri problemi".
Fu lì che capii come la "ragionevolezza", portata avanti da troppo tempo dal movimento gay per dimostrare che noi non eravamo "pericolosi estremisti", fosse nemica della Ragione. Perché se di me si deve parlare solo per calunniarmi e basta, allora io sto meglio se nessuno parla di me. Se non altro il silenzio non può peggiorare la situazione, a differenza di quanto fanno le calunnie.

Per questo sono lieto di poter dire e proclamare finalmente al mondo, qui, che questo è uno dei video più brutti, stupidi, ignoranti, provinciali, gretti e cretini che abbia mai visto in vita mia sul tema gay. E sto ancora usando eufemismi.

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