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Victor
Algora è uno di quei fenomeni che da soli spiegano perché
l'Italia è l'Italia... ed è in coda all'Europa.
Inizia già
giovanissimo a farsi conoscere ed apprezzare come compositore e cantante,
e a vent'anni (nel 2004) scrive questa canzone autobiografica che rivela
la sua omosessualità, senza vergogne o infingimenti. E senza
paure per la carriera... la quale in effetti procede ottimamente e senza
contraccolpi.
Perché questa
è la cattolicissima Spagna, mica l'Italia avanzatissima che
ci hanno regalato i D'Alemi e i Veltroni e i Fassini...
"David" racconta di una storia d'amore che non è riuscita a decollare per la differenza d'età, ed anche l'immaturità d'un partner adolescente-adulto (quanti ne conosciamo, di gay con la sindrome di Peter Pan!):
Prevedibilmente (visto
il tema) la canzone ha un tono melanconico ed intimistico. La musica, imperniata
su due chitarre e una tastiera, è sommessa e dolce.
Questo video appartiene a quelli in cui la bellezza della canzone (sia della musica che del testo, senza contare quella della voce calda e ben modulata di Algora) spicca assai più di quella delle immagini.
C'è da dire
che il filmato è stato girato a budget zero (una lampada,
uno sfondo nero, e un gruppo d'amici) e che anche l'arte, per volare, ha
bisogno di carburante... Ed anche i miracoli riescono solo una volta ogni
tanto... se no non sarebbero miracoli!
La modestia estrema
dei mezzi, insomma, qui si sente decisamente; tuttavia il regista ha fatto
un lavoro dignitoso col poco che aveva, contribuendo all'atmosfera quieta
e nonostante tutto serena che la canzone trasmette.
È insomma un brano da ascoltare rodendosi d'invidia per il fatto che i paesi cattolicissimi riescono ad avere artisti come questo, mentre noi dobbiamo accontentarci di Povia e Renato Zero...
È stato girato con pochi mezzi, questo video, che consiste unicamente in una serie di primi piani di persone che cantano o ballano sulle note di questa canzone d'amore dal testo un po' ermetico:
Piovono oceani anziché pioggia (...)Algora è gay dichiarato, ed ha già prodotto piccoli capolavori esplicitamente gay come "David", quindi la scarsa visibilità del tema gay (mai esplicito nel testo, giusto accennato nelle immagini) non sarà attribuibile a reticenza, quanto alla scelta estetica ultra-minimalista ed un poco ermetica che sta alla base del filmato.
<e> tu sei il mio ombrello;
(...)
e ti sto aspettando in una stazione sconosciuta
e tu mi aspetti a tua volta,
(...)
ed io ti amo da questa stazione sconosciuta
e tu mi ami a tua volta.
Amo la melodia di questa canzone ed amo
il modo di cantare e la voce di Algora.
Al contrario il testo, più che
poetico, m'è parso semplicemente aggrovigliato, e basta.
Infine il video, nel suo minimalismo,
è semplice, ma a tratti sembra solo quel che è: ridotto all'osso
e girato con quattro euro.
Quindi, per quanto io sia convinto che
Algora possa piacere a molti - perché, insisto, è bravo -
questo video non può certamente rientrare fra i clip a tematiche
gay più significativi del 2007.
Peccato.
2007 - Gaël - "Jesus is gay" (single)
Gaël Hausmann è un artista francese assolutamente bizzarro (nota: non è lui il protagonista di questo video: lui è il sacerdote che appare di tanto in tanto, illuminato dalla luce a scacchi del confessionale), affezionato all'idea vecchia ma pur sempre feconda secondo cui un artista deve saper "scioccare i borghesotti". Quindi gli va a fagiolo trattare spesso e volentieri la tematica gay nelle sue canzoni...
Certo, questo suo video intitolato "Jesus is gay" ("Gesù è gay") è destinato a scioccare non solo i borghesotti, ma anche e soprattutto le chierichecche, ma tant'è: in fondo anche "scioccare le chierichecche borghesotte" appartiene doppiamente alla missione dell'artista...
In realtà l'accostamento fra le parole "Gesù" e "gay" è tutt'altro che originale, al punto che come precedenti canzonettistici posso citare:
Ciò detto, il regista (Jodel Saint-Marc) ha saputo andare al di là della ricerca dello scandalo facile e scontato, con un video che suona molto più come critica al mondo omosessuale che al cristianesimo e alla sua omofobia - e questo in parte anche grazie al testo, scombiccherato e privo di logica, ma nel suo modo contorto e lunatico intenzionato a muovere proprio questo tipo di critica.
Il video ha per protagonista
un ragazzo che è la quintessenza del sogno dell'angelo efebico,
a quanto pare (dalla scena iniziale) letteralmente evaso da una
stanza (di seminario...?) in cui consumava il tempo studiando ossessivamente
Gesù.
Attraverso la finestra
aperta è fuggito nel quartiere gay di Parigi, il Marais,
ben riconoscibile dalle targhe delle vie (e il regista si diverte a scegliere
quelle con assonanze cristiane, per esempio rue Sainte-Croix de la Bretonnerie
-- cioè "Santa Croce dei Bretoni") e dei locali.
Nel testo, che è
un delirio di frasi francesi e inglesi mischiate probabilmente sotto l'influsso
di un acido decisamente potente, emerge il parallelo fra dolore e piacere
("Innocente, brutta piccola cosa / indecente / sexual addict / lei discende,
feticcio di Higher Street / uniforme: spina-bikini / solo un chiodo, arrossire
di piacere / il dolore, la frusta, ed il cuoio"), ma anche la confusione
fra sesso gay e martirio di Gesù (un brevissimo flash
mostra in effetti il biondo protagonista in un bar gay, circondato dagli
avventori nelle pose dell'"Ultima Cena").
Il protagonista
infatti "come una cagna / dominata sulla croce, ama se stessa /
(...) / Salomè / nelle paludi...", dove "paludi" (marecages)
suona esattamente (lo sottolinea un eco su "cages") come "Marais-cages",
"le gabbie del Marais".
E nel video il modello
(strepitosamente bello, quasi un pornoattore del buonanima Cadinot)
esplicita il concetto aggirandosi per il Marais (-cage..), dividendosi
equamente fra chiese e locali gay, entrando in un bar gay, nel quale sogna
il bacio di un atletico nero che lo spoglia, per concludere in un'orgia
per strada dove tre persone lo appoggiano a un muro e finalmente fanno
di lui una vera donna... o qualcosa del genere. In questa scena il ragazzo
alza a poco a poco le braccia, fino a trovarsi "crocifisso" contro il muro
proprio nel momento in cui il terzetto di amanti è occupato a, e
preoccupato di, fargli vedere il Paradiso.
Non penso che il
parallelo fra sesso e crocifissione esprima il pensiero del cantante: penso
illustri piuttosto il "vissuto" dell'angelica chierichecchina, che per
raddoppiare il piacere prima gode a godere, e poi gode a confessare masochisticamente
al parroco l'intensissima sofferenza spirituale che l'eicaulazione
pirotecnica ha provocato alla sua anima tanto spirituale e sublime... La
solita furbastra.
In tale lettura
del video sono confortato dal fatto che il regista utilizza e cita, all'inizio
e nella conclusione, un'opera d'arte intitolata "Christ on the finger
cross" (Cristo sulla croce di dita"), in cui il corpo di Gesù
è delineato da dita - che lo toccano. E l'inquadratura conclusiva
mostra proprio la mano che tocca (e copre) il sesso del Crocifisso.
Non posso che esprimere
ammirazione per il modo in cui il regista ha saputo evitare la tentazione
di sfruttare lo scandalo a buon mercato dell'abusato accostamento Gesù/gay
per smerciare la canzone. Per qualche minuto ho temuto infatti di vedere
un Gesù che frullava la lingua sul velopéndulo di san Giovanni,
scena di cui sentivo il bisogno quanto di un ascesso infiammato sul popò.
Al suo posto ho
trovato una riflessione non banale (anche se eccessivamente ambigua) sul
modo in cui le chieri-checche vivono la loro omosessualità, lacerate
fra sensi di colpa, frenesie erotiche senza limiti e senso, e demenziali
tentativi di "omosessualizzare" il cristianesimo (una religione che non
sa cosa farsene di loro da quando il costo del petrolio è sufficientemente
basso da evitare di bruciare vivi i froci per riscaldare le chiese).
Aggiungerò
che il video vanta maggiore coerenza narrativa della canzone stessa, il
cui testo scombinato non riesce ad esprimere un concetto di senso compiuto
che sia uno (ciò che implica che è moooooolto "artistica",
suppongo), della serie: "Stella gay, vita gay, vita gay, universo gay,
/ rock gay, cazzo gay, gay sull'asfalto / miele gay, bono gay, gay in un
monaco / (...) / Re gay, gay nella notte... / Gesù è
gay."
Come dire: l'omosessualità
di Gesù è un elemento a cui si arriva attraverso un'argomentazione
assolutamente stringente...
Resta ancora da dire
della musica, che è ballabile, estremamente orecchiabile e ben arrangiata,
in stile un po' electro-pop.
Il motivetto è
gradevole e accattivante, anche se nella sua semplicità difficilmente
avrebbe attratto l'attenzione di chicchessia (me compreso) se non fosse
stato per il titolo e per il ritornello che insistono sul fatto che: "Jesus
is gay".
Ma il fatto che
il regista abbia saputo valorizzare, attraverso un video azzeccato, una
canzone non memorabile, non mi pare decisamente sia un torto. La canzone
non ci dice nulla né sull'omosessualità né su Gesù,
mentre il video, nel suo piccolo, qualche emozione ce la concede. Decisamente
da vedere, o su Youtube,
o sulla
pagina Myspace del regista.
Di fronte a una canzone con un testo esplicito quanto questo, nel quale la cantante dichiara alla donna amata che vorrebbe gustarla "come un dessert", il regista a cui ci si è affidati per il videoclip ha tre scelte: o far finta di nulla (e fino a poco fa i videoclip italiani prediligevano questa scelta), o assecondare il testo limitandosi a tradurlo in immagini, o rilanciare, superandolo in audacia o in fantasia.
Il regista di questo clip ha (ed
era ora!) scartato decisamente la prima ipotesi: anzi, il testo della canzone
non specifica il sesso della persona amata, ed è quindi solo dalle
immagini del clip che scopriamo che si tratta di una donna!
Non ha però scelto con decisione
fra la seconda e la terza ipotesi, parcheggiando così il video in
un limbo a metà strada fra le due (e con una preferenza visibile
per la seconda).
Da un lato infatti traduce in immagini,
compiacendosi di farlo nel modo più letterale possibile, i suggerimenti
dati dalle parole della canzone, mostrando una bella donna mentre fa il
bagno... nel caffè, o addirittura stesa su un tavolo mentre la cantante
la cosparge di crema e la guarnisce di fragole, panna, e... petali di rosa
bianca.
Dall'altro ambienta l'episodio all'interno
di una féerie un po' surreale, con un gruppo di amici (sia
donne che uomini) riuniti per una cena molto elegante, dove oltre al dessert
"anomalo" vien loro servito un liquido sciropposo che suscita calori e
pruriti, e che li spinge a manifestare un certo disagio. Da parte sua,
la donna che serve questa pozione amorosa civetta seducente con lo sguardo
con tutti loro, sia uomini che donne.
Alla fine il regista scioglie l'enigma
mostrandoci come tutto fosse in realtà una fantasia erotica della
cantante, che spegne la radio che stava ascoltando e si alza per andare
ad aprire agli ospiti (o all'ospite) in arrivo.
Tutto considerato, allora, questo è
un video che merita d'essere visto, anche per la bravura della cantante
e l'allegria della musica.
Certo, si sarebbe potuto fare di più,
con il materiale e i talenti a disposizione, ma anche così si tratta
pur sempre di un buon videoclip, ben riuscito. Non un capolavoro, ma un
buon prodotto, una spanna avanti a certi prodotti italiani di quel periodo.
Consigliato.
Di questo videoclip esistono due versioni: quella "censored", che è stata trasmessa in tv, e quella integrale, che è stata vista solo in Rete, grazie alla pagina Myspace dell'allora sconosciuto cantante Narcys, bisessuale dichiarato.
La canzone che entrambi i video illustrano (molto bella e cantata con una voce gradevole) tratta del tema della transessualità nell'infanzia: "Tu sogni di mostrar loro chi sei / e soffri da morire per il fatto di non poter esistere".
La canzone si rivolge col "tu" a un ragazzino che da piccolo era perplesso quando un altro ragazzo ("lui") voleva essere un cowboy mentre egli giocava con le bambole, e si sentiva simile a sua madre e non a suo padre. Entrambi sono cresciuti, e
Il passo successivo è la seduta
d'Educazione.
Un documentario educativo mosta che l'eterosessualità
è YES, mentre sono NO l'omosessualità, le coppie inter-razziali
e i rapporti a tre (e qui il documentario mostra pupazzetti impegnati
in atti sessuali espliciti, cosa che ovviamente in tv non poteva passare
liscia).
Il nostro pupazzetto disapprova questa
visione delle cose, scuotendo vigorosamente la testa di fronte agli YES
e approvando di fronte ai NO, ma tutti gli altri annuiscono e negano in
perfetta sintonia col filmato.
Finita la programmazione, il nuovo carico esce dalla fabbrica. I maschi dalla porta dei maschi, le femmine da quella delle femmine, e il nostro pupazzetto da quella degli errori.
Restato solo, si guarda attorno desolato.
Ma ecco che dalla fabbrica esce un altro
pupazzetto, con la gonna blu e i pantaloni rosa.
È amore a primissima vista, nonché
lieto fine.
Il messaggio del video è sufficientemente
chiaro da non avere bisogno d'ulteriori commenti. È palese che qui
s'è voluto dare un messaggio positivo sul diritto alla differenza
sessuale, nonché una critica al conformismo alienante di quella
che Mario
Mieli chiamava "edu-castrazione".
Ciononostante lascia perplessi la confusione
mentale che il video esprime a proposito delle diversità d'identità
di genere.
Diciamo che l'ideologia del paradigma
eterosessuale è così forte che neppure parlando d'una critica
ad esso si riesce ad uscirne. Perché l'omino col maglione rosa e
i pantaloni blu alla fine troverà la donnina con la gonna blu e
i pantaloni rosa, e la polarità eterosessuale maschio (sia pur "sbagliato")
e femmina (sia pur "sbagliata") in questo modo viene ricostruita
laddove tutto, nel video, lasciava pensare che fosse di transessualità
che si stesse parlando.
E in effetti la canzone di questo parla,
mentre il video al più tratta di eterosessuali non perfettamente
conformi ai ruoli maschile/femminile imposti dalla società.
In altre parole il video ha, come mille altre volte, ahinoi, "eterosessualizzato" il messaggio del testo della canzone. Magari senza neppure accorgersi di averlo fatto.
Devo comunque ammettere che il bilancio
su questo clip non è negativo.
Da un lato, infatti, chi non sapesse il
francese può comunque godere il video (che è molto grazioso
e realizzato con cura e senso del ritmo) come una critica alla rigidità
dei ruoli sessuali per maschi e femmine, ed effettivamente letto in questa
prospettiva il video sta perfettamente in piedi.
Dall'altro lato, poi, il video ha inserito
una sezioncina sulla sessualità e la famiglia omosessuale che non
era presente nel testo della canzone, il che in qualche modo funziona da
risarcimento per quanto è stato tolto...
Ciò detto resta comunque interessante
rimarcare quanto sia difficile, per la mentalità eterosessuale,
riuscire a entrare nel fenomeno della transessualità e dell'omosessualità,
che senza volerlo vengono lette in chiave di un "terzo sesso" che è
una "via di mezzo" fra i comportamenti eterosessuali maschili e femminili,
come in questo clip.
Per fortuna i pregi della canzone e del
filmato d'animazione sono tali da meritare comunque (e da far consigliare
agli amici) la visione di questo video.
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Questo video autoprodotto, di un minimalismo
esasperato, accompagna un testo cantato in sottofondo in modo poco comprensibile
(ma riportato in sovraimpressione) che parla di "angeli gay": "Io vi
sento. / Il mio Vero Amore chiama, / Angeli gay chiamano / e cantano: /
"Vi amiamo esattamente come siete".
La parte visuale ha la genialità
delle cose ridotte ferocemente all'essenziale. L'immagine è infatti
la ripresa di una persona dal volto coperto, vestita d'una tuta che la
copre interamente, di colore rosa-femminuccia ma splendente e luminosa
(caratteristica che richiama gli angeli del titolo).
Nel corso della canzone la creatura angelica
si sveste a poco a poco e con difficoltà dell'abito rosa, rivelando
al di sotto una tuta di colore grigio, smettendo in questo modo d'essere
del colore d'una femminuccia, ma al tempo stesso anche d'essere splendente
e sovrannaturale.
Credo che la metafora (vestito rosa splendente
= omosessualità) sia sufficientemente chiara da non richiedere commenti.
Io ho trovato questo umile filmato, "fatto
in casa", della semplicità e grandezza dei "classici".
2007 - Samwell - "What what (in the butt)" (single).
Questo
divertente video camp è stato il primo, fra quelli
a tematica gay, a comprendere le potenzialità offerte da un nuovo
sito lanciato l'anno precedente (2006), Youtube.,
che permettevano di aggirare il problema della censura Tv sui video a tema
esplicitamente sessuale.
Esso è infatti nato espressamente
per la Rete, dato che le
parole escludono a priori la sua apparizione in Tv:
Il filmato è fatto con pochi mezzi
ma è ben curato. Presenta il
cantante in tre diverse acconciature da "cuccatore" da discoteca (una
della quale esibisce la scritta "what what" in borchie metalliche sul sedere),
esibite in contemporanea, mentre balla e canta su uno sfondo modificato
di continuo da effetti di computer-graphic.
Il risultato è più che dignitoso,
e la sfacciataggine camp del cantante, un negretto "convinta"
al 101%, è assolutamente spiazzante, e molto divertente.
Questo spiega il successo straordinario del video, che è diventato un "fenomeno mediatico" grazie ai soli mezzi della Rete, al punto da meritarsi una parodia nel cartone animato South Park.
Se sapete l'inglese e v'interessa un'intervista con l'autore che commenta le reazioni suscitate da questo bizzarro video, la trovate su Youtube.
La
canzone in sé è perfettamente ok: il testo racconta d'un
uomo, non è chiaro se gay represso o bisessuale, che finalmente
sembra rendersi conto del fatto che un certo Gino possa "dargli di più".
Un po' meno ok è il modo in cui
si relaziona con la sua ragazza, che rassicura: "Maria, sei sempre mia,
/ sei l'unica possibile", salvo poi aggiungere l'inevitabile "ma":
"ma di Gino io mi fido un po' di più: / lui mi conquista / e
mi rilassa; / Gino ha i miei stessi punti di vista, / e per adesso mi basta".
Occorrerebbe capire se ciò "basti" anche a Maria, ma è
notorio che della sorte e del punto di vista delle donne che hanno avuto
la sfortuna d'inciampare in un uomo gay velato o "bisex", come partner,
la canzonetta italiana s'è disinteressata, diciamo, fino al 2010/2011.
L'io narrante comunica ai presenti che deve andare, che ha fretta, perché questo Gino lo aspetta dentro la sua Alfetta, sfuggita miracolosamente alla rottamazione, ma a lui va bene così:
Se però si passa al video, l'ombra
dilaga e conquista lo schermo.
Perché la storia d'amore con
Gino svanisce nel nulla, e si trasforma in una storia di furto d'automobili
ai danni dell'Alfetta. Sì, avete letto bene.
La storia per immagini vede due colleghi
(secondo Wikipedia,
due poliziotti in borghese di pattuglia assieme) che evidentemente
praticano il car sharing, uno dei quali va a prendere al mattino
presto l'altro con l'Alfetta, e un Daniele Silvestri che si rassetta in
una stazione di servizio. A un certo punto due "donne", alle sue spalle
si mettono a urinare in piedi negli orinatoi, e già questo "butta
male".
Fra i due amici esiste una tensione latente,
dato che uno dei due palesemente innamorato dell'altro, Gino, e trasalisce
ogni volta che l'amato lo tocca in un gesto amicale, che per lui è
qualcosa di più.
A Daniele Silvestri viene rubata l'auto,
e allora che fa? Ruba a sua volta l'Alfetta, lasciando i due a piedi. (Due
poliziotti che lasciano l'auto aperta e con le chiavi inserite?
Mah!).
I due colleghi trovano una borsa dimenticata
dal ladro, che contiene il manifesto con il quale Silvestri aveva annunciato
che avrebbe partecipato al Roma Pride di quell'anno (e qui l'innamorato-di-Gino
ha un sorriso di sollievo nel vedere dove stanno per andare) per girare
le riprese di questo video.
I due amici vanno al Pride, trovano Silvestri,
lo tirano fuori dalla macchina e l'innamorato-di-Gino ha un gesto d'intimità
col ladro bevendosi l'aranciata che Silvestri aveva in mano mentre guidava
l'Alfetta al Pride. Gino lo guarda sconcertato, e l'innamorato sorride
soddisfatto di sé e della propria "prodezza".
Come si vede, il video contraddice completamente
il testo della canzone. Com'è d'abitudine nei clip italiani
di canzoni che potrebbero anche lontanamente essere sospettate d'essere
gay-friendly.
Da seduttore che "conquista" l'amico,
Gino è trasformato in ignaro oggetto d'un amore inconfessato e inconfessabile.
Da strumento che facilita gli amori fra
i due, l'Alfetta è trasformata in refurtiva.
Da persona che affronta gli amici per
ammettere con loro quel che è, l'io narrante diventa uno che si
tiene dentro tutto e lo nasconde.
Ovviamente, a questo punto, restava il problema non piccolo di spiegare il ritornello "sono gay, sono gay, sono gay", e qui è entrato in gioco il Roma Pride 2007, che visto così è una roba che non si capisce cosa c'entri. E infatti non c'entra, ed è stato infilato per negare quel che la canzone affermava. Gli altri, quelli del Pride, sono gay, ma Gino e l'io narrante, no...
Non ho voglia di perdere tempo a commentare queste scelte di regia. Che si riducono tutte ad una sola: il regista aveva per le mani una relazione gay, con i suoi problemi, ma anche col necessario coraggio per mostrarsi al mondo. Ha scelto di censurarla. Come al solito.
L'Italia è una nazione in cui i
dirigenti televisivi teorizzano apertamente il dovere di censurare qualsiasi
riferimento alle coppie e ai matrimoni gay. Anzi, è l'unica
nazione europea in cui ciò avvenga.
I registi italiani, per quante arie di
"artisti liberi" si diano, non sono più liberi, e più degni
di dirsi artisti, di quanto non lo siano questi dirigenti
televisivi, che a tutti gli effetti possono essere considerati fascisti,
perché gestiscono la televisione come ai tempi del MinCulPop:
a colpi di veline dal Palazzo (per chi se lo fosse scordato, le
"veline" erano esattamente questo, e non vallette televisive).
Può darsi che un Paese alla fine abbia sempre "i politici che si merita", tuttavia a volte riesce almeno a consolarsi con "gli artisti che non meritava". Ma palesemente, purtroppo, questo non è il caso dell'Italia.
2007 - Sirpaul - "Do U". Dal Cd: Objectified.
Per questo "tormentone" electropop da discoteca, di qualche successo internazionale, ecco un altro videoclip che si rivela "vincente" grazie alla forza d'un paio d'idee semplicissime ma azzeccate. Nessun bisogno d'investire quintilioni di dollari e una troupe con quaranta ballerini e dodici elefanti, qui.
La prima idea è
il look del cantante,
un bel giovanotto italoamericano palestratino, certo, ma come tanti altri
-- anzi, visto l'andazzo generale, esattamente come tutti
gli altri. Farlo cantare a torso nudo è stato quindi un "minimo
sindacale", per gli standard correnti. Tuttavia leggendo i commenti
su Youtube salta subito all'occhio come il look da "nazareno" (capelli
lunghi fino alle spalle e barba e baffi) abbia attratto attenzione e consensi,
oltre che molti commenti sulla bellezza di Sirpaul. Che con quel look
insolito effettivamente spicca e "spacca" nella massa.
Si tratta solo d'una boutade, per carità. Lo "scherzo" è far credere che sullo scherno ci sia una coppia omosessuale intenta a corteggiarsi, mentre invece si tratta d'una persona sola. Ma è significativo il fatto che ormai sia possibile proporre "scherzi" di questo tipo, senza essere terrorizzati dall'idea che da questo video qualche distratto potrebbe concludere che il cantante è gay perché lo ha visto in un clip mentre corteggiava un uomo...
Bravo Sirpaul, e bravo anche il regista, che ha creato un video azzeccato (ma risparmioso) grazie a giusto due buone idee e quattro effetti grafici.
Questo non è tanto un vero e proprio videoclip, quanto l'illustrazione (per quel che ho capito, realizzata dalla stessa coppia di cantanti/attori) della canzone d'una coppia di cabarettisti gay, Chris Tanner e Michael Vaughn, che quando lavorano assieme firmano col nome d'arte collettivo "Chris VonTanner". Le immagini si limitano infatti a commentare passo per passo il testo umoristico, che è il vero fulcro della canzone.
Siamo di fronte a una satira dei tipici argomenti che tutti i genitori di figli gay, in gradi diversi, hanno usato di fronte alle manifestazioni della diversità della loro progenie (anche se in questo caso siamo di fronte a un travestito, che è un piatto decisamente più duro da digerire per uno stomaco materno):
"Perché devi parlare in quel modo?(e una scritta nel video replica: "Perché lo siamo!").
E perché devi camminare in quel modo?
Perché devi dire quelle cose?
E perché indossi così tanti anelli?
(...)
A me vanno bene, a patto che non ostentino.
Perché devi essere così gay?"
Mi riesce difficile definire questo filmato come un videoclip a pieno titolo, perché vi si fa ampio uso di fotografie, per quanto ritoccate e "mosse" digitalmente. Peraltro la qualità del prodotto è buona, nonostante sia impossibile non notare il fatto che è stato realizzato con un budget di due dollari o poco più.
Il solo vero problema, che purtroppo diventa
una controindicazione, è che la canzone si regge interamente sul
testo, dato che la musica è giusto un motivetto elementare, le capacità
canore non sono quelle di Pavarotti, e le immagini, come detto, sono giusto
un accompagnamento al testo.
Chi non capisce l'inglese avrà
quindi serie difficoltà ad apprezzare il video. Chi invece lo mastica
lo troverà, penso, decisamente divertente, o se non altro originale.