Home page Giovanni Dall'Orto > Scritti di cultura gay > L'omosessualità nei videoclip musicali |
Questo delizioso video si basa sulla piccola metafora poetica del "filo rosso", che l'innamorato deve seguire per dipanare la comunicazione contraddittoria d'un amato che qualche problemino ad amare ce l'ha.
Dettaglio sbalorditivo,
per chi è abituato all'omofobica atmosfera culturale italiana: il
video rende esplicito un dato che nel
testo non emerge in alcun modo, ossia che Bennett
sta parlando (e senza maledettismi o vittimismi) d'una relazione omosessuale,
con la massima serenità del mondo.
Quant'è arretrata
l'Italia, che non è capace neppure di concepire opere come questa!
Paradossalmente il video, con le sue trasparenti metafore (il filo rosso, lo specchio rotto, i messaggi in una scatola...) aiuta a capire meglio il messaggio d'un testo che in un paio di punti è un po' oscuro, e che tratta d'una comunicazione difficile con una persona disturbata da problemi di comunicazione. Nel filmato vediamo, per esempio, il ragazzo amato nascondersi letteralmente sotto il letto all'arrivo dell'innamorato, che ha seguito il filo rosso, e da lì svanire, lasciando dietro di sé solo brani di comunicazione su fogli di carta stropicciata, che riprendono frammenti del testo della canzone.
Dunque la canzone parla della difficoltà di comunicare:
Tu te ne vai,
e allora io me ne andrò,
e gioirò
di questa relazione simbiotica.
Parlami con parole
che significhino lo stesso che "ti amo" in inglese;
parlami per favore
in giapponese, così che loro non possano capire.
Non è che
il ragazzo amato non ami a sua volta. All'altro capo del filo rosso che
ha seguito il protagonista trova, a un certo punto, un palloncino rosso
con la scritta "IO TI AMO".
Il punto è
che ha difficoltà a comunicare: è capace di farsi prendere
dal panico nel mezzo d'una tranquilla conversazione al bar e di mollare
in asso il povero innamorato, che se ne resta lì perplesso ed umiliato.
Se volessimo parlare
psicologhese (e invitando l'amante a parlare, il testo chiarisce: "Non
si tratta di terapia o spasso: / è semplice conversazione")
potremmo dire che la canzone parla d'una persona soggetta ad attacchi di
panico, che si rinchiude in se stessa rifiutando la comunicazione.
Il video, elegante nella sua semplicità minimalista, è perfettamente intonato alla musica, che si basa su un sobrio accompagnamento di chitarra, violoncello e percussioni, riuscendo a trasmettere la sensazione d'un amore pacato e non certo isterico, per quanto sofferente per le difficoltà di comunicazione.
Questo videoclip
riesce insomma a trasmettere il suo messaggio con mezzi semplici ed eleganti,
e con un pizzico di poesia non abituale nelle canzoni.
Da vedere ed ascoltare.
I vampiri gay sono incredibilmente di moda, nel 2009. (Tanto di moda, fra lettrici e spettatrici, che un grazioso articolo di "Esquire" si chiede se i vampiri non siano ormai una metafora dei gay tout-court, nelle fantasie erotiche delle donne eterosessuali americane).
Nulla di più naturale, quindi, che per realizzare un video-omaggio della canzone "Teeth" ("Denti") di Lady Gaga, li abbia evocati anche il regista Sergio Ceron, messicano (che per qualche strana ragione è spesso descritto in Rete come "russo").
Ceron fa parte della "Haus of Gaga", la factory creativa di Lady Gaga, e benché questo non sia un video "ufficiale", e non appaia pertanto sul sito di Lady Gaga, è palese che non può essere uscito senza l'imprimatur personale (e qualcuno aggiunge anche: il finanziamento) della diva in persona. Che grazie a questa ambiguità ha ringraziato, con un clip espressamente omosessuale, la sua audience gay, ma senza abusare della pazienza di quella etero, già da lei sovraccaricata di frociaggine fino al livello di guardia...
Le parole della canzone giocano col modo di dire "mostrami i denti" ("fammi vedere quanto vali") per sfidare un uomo a un rapporto sessuale deciso e robusto, con varie allusioni non implicite all'SM ("ti amerò con le mani legate") e al rapporto orale:
"Voglio solo il tuo sesso.
Mordi la carne di questa ragazzaccia
(carne di ragazzaccia)
stacca un morso di me
fammi vedere se sei mediocre".
Ceron ha trasformato
questo motivetto dal ritmo ossessivo nel racconto d'una fascinazione
sadomaso tra carnefice e vittima. Con la vittima che finisce per prevalere.
Non ho compreso perché
l'ammazzavampiro dovesse essere italiano finché un fermo-immagine
non m'ha rivelato il mittente del messaggio che appare per un attimo sul
suo cellulare: "Può intascare la taglia". Firmato: VATICANO.
Dunque il giovanotto
membruto (che ovviamente s'è affettato a mettersi a torso nudo entro
due secondi) parla italiano per far pensare al Vaticano, per conto
del quale perseguita i vampiri (e fammi pensare: la metafora di chi sarebbero
i vampiri, secondo "Esquire"?).
Dopodiché
però il Vaticano comunica con lui, italiano, in inglese... Qualcuno
aveva molta fretta, nel buttar giù lo storyboard di questo
video...
Il carnefice (l'ho
già detto?) è un pezzo di marcantonio che non finisce più,
talmente muscoloso che i suoi movimenti di ballo (attorno alla sedia su
cui è legato l'impassibile vampiro) risultano goffi e impacciati.
Per far aprire la
bocca al vampiro (altro culturista!) il carnefice (che non ricordo se l'ho
detto, ma è un gran bel figliolo) le prova tutte: aglio, crocifissi,
pinze in metallo, minacce col paletto di frassino, luce violenta, offerta
di sangue spillato dai pettorali, e molte molte molte lusinghe erotiche,
nel tentativo di indurlo a un bacio.
Palesemente però
il fisico della vittima ha distratto il carnefice (a proposito:
gran bel ragazzone...), che non s'è accorto che il vampiro è
riuscito a slegarsi, ed alla fine i denti li mostra sì, ma non nel
modo richiesto. (Il mio amico Pigi me lo ha sempre detto che gli slaves
vanno legati bene, perché se no ti si rivoltano contro...). Così
la vittima alla fine riesce a dare una gran bella succhiata (to'!) al carnefice.
Lascio a voi la
gioia di decifrare tutte le altre allusioni al rapporto omosessuale
sadomasochista, peraltro piuttosto esplicite (voglio dire, se non
s'interpreta il gesto in chiave sessuale, che senso ha che il carnefice
bagni la faccia del vampiro schizzandogli addosso... una lattina di birra?).
Personalmente ho gradito, e mi sono pure divertito nel gioco di decifrare questo piccolo rebus visivo. Unico appunto: la prossima volta per ballare si prenda un ballerino, per cortesia, non un fotomodello/bodybuilder (che peraltro, mi si permetta un appunto, è un gran bel pezzo di gnocco).
Un video da guardare, e da consigliare agli amici.
Una volta di più,
mi scopro a pensare che "less is more"; e che moltissimi dei videoclip
che hanno avuto su di me un impatto maggiore sono quelli che hanno un'impostazione
semplice e sobria.
Proprio come il
clip che accompagna questa splendida cover della canzone
di CoCo Peniston, del 1993, di cui molti ricorderanno l'esilarante
presentazione nel film Priscilla.
Il video si apre
su un (bell')uomo che si sveglia nel suo letto, si alza e si prepara per
la giornata. A poco a poco la videocamera rivela la presenza di un altro
(bell')uomo nella stanza, un nero, che si è già vestito,
con una vestito nero da cerimonia.
Seguiamo i due mentre
salgono in metropolitana (dove brevemente siede accanto a loro il cantante),
dove si tengono per mano. E già questa scena in cui i due attori
sprizzano felicità da tutti i pori nonostante il loro matrimonio
non preveda limousines ma un dimesso e semplice viaggio in metropolitana
mi ha colpito moltissimo. Perché riesce a trasmettere il messaggio
che la cerimonia a cui stanno andando i due partner, nell'indifferenza
della loro città, è importante per ciò che significa
per loro, l'uno verso l'altro, e non per accontentare l'opinione di coloro
che stanno attorno a loro.
Il video si conclude con la coppia che esce dal palazzo con in mano un attestato: la loro amica asciuga una lacrima di commozione e li saluta, e i due sospirano di sollievo, estasiati. Un bacio fra i due, un primo piano sul pezzo di carta, e gli sposi si allontanano. "Finalmente", dice il ritornello della canzone, "infine anche a me...".
L'estrema semplicità dei gesti degli attori di questo filmato costituisce il vero "pugno nello stomaco". Senza fanfare, senza celebrazioni, senza folle, il matrimonio dei due uomini si mostra simbolicamente come quel "figlio di un dio minore" che è per la società. Ma si mostra anche come un commovente momento intimo per i due diretti interessati (e nei commenti su "Youtube" qualcuno confessa d'essersi commosso, e fatto venire i lucciconi agli occhi!).
I due novelli sposi
sono felici per quel che sta accadendo fra loro due, incuranti del fatto
di non avere attorno a sé - a differenza di quanto accade nei matrimoni
eterosessuali - famiglie festanti o conoscenti plaudenti. Sono loro due,
e il loro amore, ma questo a loro basta.
Con queste scelte
artistiche i registi hanno saputo concentrare tutta l'attenzione dello
spettatore sulla rilevanza degli affetti famigliari, dell'intimità,
dell'amore reciproco, che sono la base della battaglia per l'eguaglianza
di diritti fra coppie etero e coppie gay.
Il testo della canzone, che ovviamente non era stato concepito per il video, è stato usato con intelligenza, in modo che le sue parole s'integrano perfettamente con quanto stanno mostrando le immagini:
Io un dieci pieno come voto, a questo video, lo do volentieri, ed ovviamente ne consiglio la visione.
Il video ripropone, con l'estetica "sporca" e in (quasi) bianco e nero di uno schermo per la videosorveglianza, un ritratto dell'Italia, di cui vien detto fra le altre cose che:
Molto breve, ma anche molto efficace.
(Nota: La canzone era uscita come "single" autoprodotto nel 2008, accompagnata da un brutto videoclip "ufficiale" altrettanto autoprodotto. Questo video "professionale" è del 2009, dopo che una casa discografica lo aveva notato e messo sotto contratto).
Sliimy è un giovane cantante francese d'origine nordafricana, gay dichiarato, un po' effeminato (cosa che attira una quantità incresciosa di messaggi d'odio sotto i suoi video, su Youtube), che si destreggia con la sua gayezza in modo sorprendentemente semplice e naturale: scegliendo di cantare una cover di "Womanizer" di Britney Spears, canzone in cui la cantante accusava il suo uomo d'essere un donnaiolo impenitente.
La gayezza del video sta tutta qui: in un uomo che canta rimproverandone un altro perché corre troppo dietro alle donne, trascurandolo.