Classicamente gay.
Cosa
dice di noi la musica classica?
[Da "Babilonia"n. 46, giugno 1987, pp. 24-26]
di:
Giovanni Dall'Orto
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Il
mio primo incontro con Barbara
Strozzi, ("virtuosa cantatrice", ma anche eccellente compositrice)
avvenne per caso a un concerto. Stavo discutendo con Roberto
Gini, il giovane direttore d'orchestra che ci aveva restituito
un Monteverdi straordinariamente limpido e ricco.
Mentre
spiegava alcuni problemi storico-musicali, Gini citò una cantata
composta dalla Strozzi (il "Lamento.
Sul Rodano severo") come esempio quasi paradigmatico delle persistenza
nel Seicento di un comporre dagli inconfondibili "profumi" monteverdiani.
"È
una cantata", aggiunse, "composta per l'esecuzione capitale di Henri
de Cinq Mars, il favorito di Luigi
XIII".
A
queste parole credetti per un istante di aver capito male. Il favorito?
Sì, il favorito, l'amante: Luigi XIII era omosessuale.
All'uscita
inattesa mi affrettai a instradare il discorso sul nuovo argomento, scoprendo
un interlocutore per nulla imbarazzato dalla piega presa dalla discussione
e molto disponibile. Da qui a proporgli un'intervista il passo è
stato breve...
Cominciamo
col presentare Barbara Strozzi. Chi era?
È
una compositrice veneziana nata nel 1619 e morta nel 1677. Era figlia di
Giulio Strozzi,
uno dei grandi intellettuali veneziani dell'epoca, che la incoraggiò
nei suoi studi di canto e composizione.
Era
una "dilettante", ma non nel senso odierno: all'epoca era disdicevole che
una persona di alta levatura sociale si servisse dell'arte per campare
la vita come un qualsiasi mortale: "dilettante" era perciò colui
che faceva arte per suo diletto, e non per necessità materiale.
Quando si pensa che compositori come Gesualdo
da Venosa furono "dilettanti", è chiaro perché all'epoca
questa non fosse una qualificazione negativa.
La
Strozzi pubblicò otto libri di musica vocale, fra cui quelli in
cui appare, nel 1651 e 1654, "Sul Rodano severo".
Perché
ritieni che questo brano sia così "speciale"?
In
primo luogo perché è un pezzo stupendo, scritto in maniera
magistrale: è una delle cose meno conosciute e al tempo stesso più
splendide di tutto il Seicento. È strabiliante per la sua ricchezza
di forme, per il modo in cui esemplifica tutta la retorica formale dell'epoca.
Poi
perché è singolare, in quanto la persona che si lamenta è
un uomo, mentre in nei lamenti d'amore del Seicento, ed anche del Settecento,
è sempre la donna a cantare, dal Lamento
d'Arianna in poi. Ancora più singolare è che
l'oggetto d'amore di chi canta il lamento sia un altro uomo.
Infine
perché tratta di personaggi reali, e non mitologici: l'Enrico di
cui parla il testo era Henri de Cinq Mars, l'amante di Luigi
XIII di Francia. Enrico fu giustiziato a 22 anni nel 1642 per aver
preso parte a una congiura contro il cardinale Richelieu fomentata dalla
Spagna.
La
prima pubblicazione musicale della Strozzi è del 1644. Niente impedisce
che il lamento sia stato scritto addirittura "a caldo", poco dopo i fatti,
e che per la pubblicazione (nella seconda raccolta di composizioni, del
1651) si sia aspettata la morte di Luigi XIII e Richelieu.
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Due
parole in più sul testo,
che sfortunatamente è troppo lungo per essere pubblicato su "Babilonia".
Il
testo si apre con la visione del corpo di Enrico disteso senza vita vicino
al Rodano, a Lione, mentre lo spirito del morto ritorna a Luigi, che è
nella capitale. Lo spirito parla a Luigi, e si lamenta con lui, chiedendogli
perché ha fatto dichiarare traditore chi gli è sempre stato
fedele.
Non
pretende di essere innocente, perché ammette di essersi fatto coinvolgere
da trame di palazzo, ma sostiene che la principale causa della sua rovina
è stata l'invidia dei cortigiani per il troppo amore portatogli
dal re. Ogni volta che Luigi gli dimostrava il suo favore abbracciandolo,
giocando o cacciando assieme a lui, e anche "trastullandosi"
con lui, soffiava sul fuoco dell'invidia e del rancore dei cortigiani.
A
queste parole del ragazzo che chiede perdono, Luigi si scuote e si pente;
Parigi allora trema e la Senna si intorbidisce.
E
qui la musica si conclude con un tremolo finale che si blocca all'improvviso
in modo molto audace.
Come
giudichi l'adesione emotiva della musica al testo?
L'adesione
emotiva c’è, ma non è una cosa singolare: è particolarmente
riuscita in questo pezzo, ma da Monteverdi in poi era normale nella musica
di quel periodo.
Si
può dire comunque che la musica è sentita, scritta con grande
passione: fra le tutte le cose di Barbara Strozzi che ho visto è
senz'altro il pezzo più bello. È un brano straordinariamente
bello e straordinariamente moderno.
Nel
suo contesto storico ha tanta importanza quanta ne possono avere una sinfonia
di Mozart o di Beethoven nei rispettivi contesti. Ha la stessa qualità
musicale.
Perché
allora la Strozzi è rimasta sconosciuta fino ad oggi?
È
rimasta sconosciuta in primo luogo perché non era una professionista
ma una dilettante, e le pubblicazioni che "rimangono" per i posteri sono
di solito quelle dei professionisti.
Inoltre
la maggior parte della letteratura musicale antica oggi non è di
uso corrente nelle sale di concerto, anche perché non è stata
più ripubblicata. Per trovarla è necessario riesumare negli
archivi e nelle biblioteche i testi originali.
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Resta
il fatto che, salvo il povero Ciaikovski
(ormai citato anche dai gatti quando si parla di musicisti omosessuali)
un discorso sui "gay
nella musica" non è mai stato affrontato.
Beh,
a me son capitate testimonianze in questo senso. Cito ad esempio, nell'epoca
della Barbara Strozzi, Johann
Rosenmüller, un compositore tedesco, anche lui parte di quella
schiera di grandi musicisti del Seicento poco conosciuti e poco eseguiti.
Nacque
nel 1620, e nel 1655, mentre lavorava come organista a Lipsia, fu cacciato
per un "delitto contro il costume", e ripiegò a Venezia dove rimase
per vent'anni, imparando la musica italiana e scrivendo le sue più
belle cose. Solo nel 1674 fu richiamato in Germania, dove morì nel
1684. Ecco il caso di un musicista che è stato veramente "licenziato"
per i suoi costumi.
Poi...
beh, Haendel,
è un altro dei cui gusti sessuali non proprio ortodossi si sa. Oppure
John Dowland,
che però oggi in Italia nessuno conosce, o Giovan
Battista Lulli, che veniva deriso per la sua omosessualità in
sonetti che facevano il giro di Parigi...
Però
la cosa appassionante, che varrebbe la pena di approfondire, è il
rapporto tra Schumann e Brahms, che è stato intensissimo.
Schumann
è impazzito d'amore per Brahms,
che era un ragazzo bellissimo, lo ha appoggiato con tutto il suo potere
di critico musicale e gli ha permesso una carriera fulminea, bruciando
le tappe. Schumann è impazzito e si è ucciso, guarda caso,
quando Brahms è partito.
Brahms
ha poi scritto tutta la sua opera, o la maggior parte di essa, come un
omaggio a Schumann, nel senso che lo cita di frequente. Nelle sinfonie,
nelle sonate, ovunque, a un certo punto capita sempre un ricordo, una citazione
di Schumann, di una sua frase musicale. Inoltre c’è un aspetto
che forse i musicisti notano meglio di un "profano": è un omaggio
a Schumann il modo in cui scrive, il modo in cui orchestra, la forma orchestrale
delle sinfonie o dei concerti.
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Secondo
una battuta di Horowitz
(che, a scanso di equivoci, è ebreo ed omosessuale) ci
sono tre tipi di pianisti: "I pianisti ebrei, i pianisti omosessuali
e i cattivi pianisti". Che ne pensi?
Esiste
anche un'altra frase famosa di Horowitz, quella che dice che nell'ambiente
musicale ci sono tre mafie: "La mafia vera e propria, la mafia ebraica
e la mafia omosessuale". Non so se sia pubblicabile, ma il 90% delle
produzioni dei teatri musicali in Italia è basato su rapporti personal-affettivi
fra gestori e artisti.
Certo,
se un artista è bravo emerge comunque, etero od omosessuale che
sia, ma ad esempio i circoli ebraici sono chiusissimi: si conoscono tutti,
si frequentano tutti, e così sono nel mondo della musica anche i
circoli gay. Accade soprattutto in America, ma anche qui da noi, specie
nel campo del teatro dell'Opera.
Come
mai?
Perché
con tutti i costumisti, ballerini e artisti vari che frequentano l'Opera
è certo più facile che una "mafia gay" si formi qui piuttosto
che in una banca o in una fabbrica...
Ma
cos'ha il mestiere di ballerino o costumista per attrarre maggiormente
un gay di un eterosessuale? Non tirarmi fuori la storia che i gay sono
più "sensibili" o "artistici" degli altri, perché è
un mito.
Certo,
è un mito... Sta di fatto però che la situazione è
in questi termini.
Nell'ambiente
mio, quello della musica antica, la maggior parte dei musicisti, il 90%,
sono gay...
Guarda
che lo scrivo...
(Ride):
E tu scrivilo, se vuoi. È così...
Tanto
più che oggi, con l'arrivo dell'Aids, questo fatto ha conseguenze
visibilissime... è una vera ecatombe. Una mia collega che lavora
a New York ha già perso sei amici, sei persone che suonavano nello
stesso complesso da camera, che alla fine è stato costretto a sciogliersi.
Una
cosa terribile.
Eppure
a furia di sentirsi dire che il mondo è pieno di mediocri per colpa
dei "froci", che si aiutano a vicenda anche a scapito del merito, si comincia
a sentire puzza di bruciato. Questo non sarà il punto di vista degli
eterosessuali mediocri, che attribuiscono i propri insuccessi non alla
propria mediocrità ma, più comodamente, alla propria eterosessualità?
Sì,
certo. Però di gente che va avanti perché c'è qualcuno
che la spinge, ce n'è.
Un'ultima
domanda. In letteratura è spesso facile "smascherare" un autore
gay per una certa atmosfera, una sensibilità peculiare. E in musica?
La famigerata "sensibilità gay" funzione anche qui, oppure per sua
natura la musica è un'arte talmente astratta da vanificare simili
"tentativi"?
Mah,
la musica che può essere astratta per noi non lo era per il compositore...
Qualcosa
di analogo a quello che tu descrivi io lo avverto, o credo di avvertirlo.
Nella musica di compositori omosessuali c’è un qualche cosa... In
genere fino all'Ottocento c’è una vena di tristezza, una tristezza
rassegnata, una tristezza disperata, qualcosa comunque di negativo. Schumann,
Schubert: c’è sempre un fondo amaro, anche nelle cose più
allegre.
Quindi
non poterebbe esistere un Vivaldi omosessuale?
No.
Un Vivaldi, è impossibile.
E
nel Ventesimo secolo?
Nel
Ventesimo secolo è diverso, la musica contemporanea è mascherata
da tante cose...
Mi
è difficile giudicare, soprattutto perché non è il
mio campo, anche se mi capita di suonarla qualche volta. Io mi occupo soprattutto
di musica antica. E nella musica antica qualcosa c’è.
Bussotti?
È
troppo lontano dal mio mondo... E poi la cosa non è mai stata un
mistero perché è lui il primo a dirlo... (ride).
Se
dopo aver letto questa intervista qualche lettore volesse
ascoltare la composizione della Barbara Strozzi, dove la trova?
[Nel
1987] ne esistono due registrazioni.
Una è quella del gruppo "Hesperion XX" (alla quale ho partecipato
anch'io), pubblicata anni fa dalla Archiv (Deutsche Grammophon) col titolo
Battaglie e lamenti, con Montserrat Figueras come solista.
L'altra,
di importazione, è della "Harmonia mundi" francese: si intitola
Barbara Strozzi: Cantate, soprano Judith Nelson.
Entrambi
i dischi contengono il testo della cantata.