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Prefazione
[Da: Myriam Cristallo, Uscir fuori. Dieci anni di lotte omosessuali in Italia: 1971/1981, Teti editore, Milano 1996, pp. 5-11].

Di: Giovanni Dall'Orto

Copertina del libro di Myriam Cristallo, Uscir fuori [1996]
Copertina di Uscir fuori di Myriam Cristallo [1996].


Ricordo ancor oggi l'emozione di quando, diciassettenne, divoravo le pagine di "Fuori!", la prima rivista gay italiana, che per la prima volta mi schiudevano un mondo in cui essere omosessuale non era più una vergogna, un delitto, uno "sbaglio di natura".
Ricordo fra gli altri gli articoli di Myriam Quarzo, alias Myriam Smeraldo alias infine Myriam Cristallo, e la spietata critica che esercitavano alla società "normale".
Ricordo bene come anch'essi, fra gli altri, mi aiutarono a smantellare le credenze anti-omosessuali che avevo assorbito attraverso l'educazione e tutto ciò che mi era stato detto e fatto studiare fin lì.
Ricordo tutto come fosse ieri... eppure è già storia. Vent'anni (per me) di movimento gay e di vita mia sono volati in un soffio, ed oggi esiste già una nuova generazione di gay per i quali gli scritti della Cristallo, e  le iniziative di cui discutono, sono già "storia": cose accadute a volte prima ancora della loro nascita.

Myriam Cristallo ha oggi voluto raccogliere nelle pagine che tenete in mano vari spunti, riflessioni, analisi che risalgono a quegli inizi del movimento gay italiano e agli anni successivi, con lo scopo di rileggere e raccontare quel periodo difficile ma esaltante.
A distanza di tanti anni le è stato infine possibile tentare un bilancio spassionato degli inizi del movimento gay italiano, e non dubito che questo bilancio interesserà tanto coloro che quegli anni li hanno vissuti, quanto coloro (e sono i più) per i quali si tratta della storia di un passato lontano un'intera (giovane) vita.

fregio

Leggere questi scritti, l'ho già detto, ha per me un significato emotivo particolare. Attraverso queste pagine ritorno con la memoria agli anni in cui i gay non andavano certo a parlare in TV (era assolutamente tabù!), non apparivano sui quotidiani se non per i più squallidi casi di "cronaca nera", erano disprezzati perfino dalla sinistra italiana come "degenerati piccoloborghesi" (all'epoca si parlava così)...
Erano altri tempi. Per certi versi migliori, se non altro perché ci sentivamo tutti parte di un grande cambiamento che stava mutando il volto dell'Italia bigotta, codina e autoritaria: lottavamo anche noi per fare la nostra parte di un cambiamento che ci fu, che portò finalmente in soli cinque anni l'Italia nel XX secolo.
 
Mario Mieli (travestito!) volantina davanti al Congresso di sessuologia di Sanremo, nell'aprile 1972. Fu la primissima iniziativa del movimento gay in Italia.

Per certi (per molti) versi erano invece tempi peggiori. Anche senza parlare di diritti civili e di politica, non esisteva nessun locale gay o quasi, non esistevano periodici gay (trovare una copia di "Fuori!" era un'autentica impresa, e non sto esagerando), non esistevano guide gay, non esistevano programmi radiofonici gay, né uomini politici gay dichiarati, né libri in cui si parlasse bene di omosessualità, né librerie gay, né romanzi con personaggi gay che avessero un lieto fine, né film con personaggi gay positivi, né associazioni di genitori di gay come l'Agedo. Inoltre la coppia gay era uno strano mostro esistente in pochissimi esemplari, e i gay dichiarati si contavano sulle dita di una mano.

Come se non bastasse i fascisti non avevano ancora indossato il doppiopetto e nel tempo libero, fra una bomba e l'altra, picchiavano sodo, mentre nella sinistra italiana spirava un vento di Siberia tale da rendere impossibile qualsiasi dialogo (con le pochissime eccezioni, che Cristallo segnala nel suo libro).

Aggiungerò un ultimo dettaglio; ho notato che i gay più giovani hanno mitizzato l'epoca pre-Aids come un'epoca di sessualità libera e senza preoccupazioni. Ebbene, non lo era. Era una sessualità libera dalla preoccupazione dell'Aids, questo è verissimo, però era anche oppressa da un'infinità di angosce, paure, ricatti che non bastava certo un banale preservativo a prevenire, come invece succede con l'Aids.
Era peggio allora, insomma. Il passato, non dimentichiamolo, è stato anche questo.

Se mi si chiede se rimpiango i miei diciassette anni rispondo che no, non rimpiango proprio nulla. Preferisco vivere oggi, nonostante l'Aids, nonostante lo sfilacciamento sociale in cui stiamo vivendo nel 1996, nonostante tutto.
Essere gay, oggi, è più facile, e se c'è forse una certa poesia in quegli anni così "eroici", d'altro canto concordo con la celebre frase: "Maledetta la società che ha bisogno di eroi".
Io non voglio essere un eroe: voglio essere solo me stesso, cioè felice e sereno: tutto qui.

fregio

Dico queste cose perché noto che i gay più giovani (ai quali immagino sia soprattutto rivolto questo libro) tendono a dare per scontate conquiste ottenute appena dieci anni fa. Per loro è "scontato" che "debbano" esserci locali gay, riviste gay, realtà gay.
Per loro ci sono "sempre" (cioè da dieci anni in qua) state, "dunque" ci saranno sempre. Non avendo vissuto in un'epoca in cui queste cose non c'erano, non riescono neppure a immaginare una società in cui possano non esserci. Perciò sono portati a sottovalutare i pericoli che queste cose ci vengano tolte.
Ebbene: se avessi una macchina del tempo, io per me non vorrei tornare a vent'anni fa, però vorrei far fare un viaggio ai gay ventenni. Vorrei che si rendessero conto del fatto che tutto quello che abbiamo lo abbiamo conquistato, che nulla ci è stato regalato, che tutto, anche le cose più stupide, è costato lacrime e sudore.

I nomi di coloro che hanno ottenuto ciò che oggi tutti godiamo è stato dimenticato, e non poche di quelle persone sono morte, portate via in silenzio dell'Aids o da altro.
È giusto che sia così, è giusto che i nomi siano dimenticati: nella storia umana nulla è definitivo.
È però altrettanto giusto che noi non dimentichiamo almeno lo sforzo di quegli esseri umani, di quel "qualcuno" che ci ha aperto la strada.
E soprattutto che non dimentichiamo che siamo noi quel "qualcuno" che, solo, può aprire la strada ulteriore verso il futuro.

Neppure a noi, non dimentichiamolo mai, verrà regalato nulla: tutto dovrà essere conquistato, si tratti di un migliore rapporto coi genitori, di un rapporto più sincero coi colleghi di lavoro, di una relazione d'amore più soddisfacente oppure di una nuova legge sui matrimoni gay.
Illudersi sul fatto che la società eterosessuale ci "regali" qualcosa, per pura gentilezza e bontà d'animo, è da sciocchi: ben venga perciò il libro di Myriam Cristallo a mostrarci di che lacrime e sangue è fatto l'uomo, e quanto poco "naturali" siano le cose di cui oggi godiamo "naturalmente".

fregio

Sono una persona che ha dedicato vent'anni della sua vita a militare per una "causa", quella gay, e sarei un masochista se dicessi che in questi vent'anni la nostra lotta non ha ottenuto nulla.
La nostra lotta, quella del Fuori! prima e quella dell'Arcigay-Arcilesbica poi, è servita.
Chi leggerà le pagine che seguono troverà traccia di tante polemiche, di tanti nemici he oggi non esistono più, e si renderà conto di quanto la strada sia stata sgombrata grazie alle lotte passate, in modo che oggi riusciamo a camminare un po' meglio.

Sarei però un bugiardo se dicessi che questi vent'anni sono stati risolutivi.
E in effetti in questo libro di Myriam Cristallo ci sono pagine, ci sono analisi, che potrebbero essere state scritte stamattina.
Ci sono nemici, ci sono mentalità, ci sono preconcetti che sono ancora uguali, vitali, attuali adesso come vent'anni fa.

Alcuni li conosciamo bene: i veti della Chiesa cattolica o gli anatemi della destra più becera.
Altri non riusciamo a distinguerli bene perché si vestono dei panni dell'agnello: il paternalismo con cui la sinistra liquida le nostre richieste dicendo che "i nostri problemi li hanno già capiti"; la subdola chiusura mentale con cui, sempre a sinistra, le nostre richieste e le nostra identità vengono respinti perché, ci si dice, sono "ghettizzanti"; il fastidio con cui la visibilità frocia è rifiutata e le persone omosessuali vengono incoraggiate in tutti i modi a definirsi "solo persone" o al massimo "bisessuali"...

I nemici peggiori in assoluto sono però quelli che vivono nella mente delle stesse persone omosessuali.
La società italiana in vent'anni è cambiata molto: sono le persone omosessuali, ahimè, che sono cambiate pochissimo.
Nei loro occhi c'è ancora la stessa paranoia, la stessa paura, la stessa vergogna di ieri, lo stesso "sguardo ferito" di cui Allen Ginsberg parlava un quarto di secolo fa.

fregio


Contestazione a Sanremo, 1972.
Ancora un contestatore del Congresso di sessuologia di Sanremo, nell'aprile 1972.

Da un certo punto di vista le persone omosessuali sono persino peggiori di venticinque anni fa.
Quando ho fatto io il mio coming out mi è stato di grandissimo aiuto il fatto che nella società attorno a me si respirava l'idea che "ribellarsi è giusto", che è giusto voler cambiare la società, è giusto lottare per una società più giusta. Me ne sono convinto nel 1976, e non ho più cambiato idea da allora.

Purtroppo oggi la parabola che dal "pensiero forte" va al cosiddetto "pensiero debole" fino al più piatto "pensiero nullo" si è quasi consumata, come ha dimostrato la farsa delle elezioni politiche del 1996, nelle quali una certa "sinistra" ha accusato la destra di aver "copiato" il suo programma politico!
Ebbene, è evidente che in una società in cui un programma "di sinistra" può essere copiato senza problemi dalla destra c'è qualcosa che non funziona più, al livello delle proposte politiche: siamo ormai al trasformismo puro e semplice, al "pensiero nullo", all'autoperpetuazione di un ceto politico che, se si esclude la destra che lo sa benissimo, non ha più la minima idea del perché vuole conquistare e gestire il potere.

E in effetti anche il movimento gay, oggi, ha perso la bussola politica come tutto il resto della società italiana (e in una società in cui Alessandra Mussolini, e ho detto "Mussolini", intervistata dal mensile gay "Babilonia", risponde dimostrando di avere riflettuto sui diritti e sui bisogni delle persone omosessuali più e meglio dell'intero Pds, in blocco, è davvero difficile non perdere la bussola ed i riferimenti).

Nato come movimento di opposizione, il movimento omosessuale oggi si trova a vivere in una realtà in cui nessuno vuole più fare opposizione, in cui tutti cercano l'accomodamento, il pastone all'italiana.

Ogni volta che un vescovo attacca i gay, i gruppi di gay cristiani insorgono in sua difesa spiegando che, nel suo documento, ci sono elementi positivi che vanno apprezzati nel contesto, e nella dovuta considerazione di quanto il Magistero...

Ogni volta che la sinistra sputa in faccia i gay, i gay della sinistra si affannano a scusarla spiegando che del resto ci sono cose "più importanti" da discutere (ed è ormai da un quarto di secolo che ci sono solo "cose più importanti" da discutere!).

Ogni volta che un gay si suicida, sono proprio i suoi "amici" gay che non vogliono che si sappia in giro che si è ucciso perché era gay, "per non infangare la memoria del defunto" (come se l'omosessualità fosse "fango").

Ogni volta che un altro gay muore di Aids, sono proprio i suoi "amici" gay i primi a negare che si sia trattato di Aids.

Insomma, ogni volta che sarebbe necessario opporsi, reagire, indignarsi, gridare, magari anche piangere, i gay minimizzano, censurano, coprono, tacciono, mettono a tacere...

Ormai nessuno è più capace di dire dove stiano i nostri nemici, anzi, peggio, nessuno ha più il coraggio di ammettere che noi omosessuali abbiamo nemici, esattamente come ne hanno le donne, gli operai, i poveri, e tutti coloro che non sono trendy e yuppy.
Al più, gran parte della generazione più giovane dei militanti gay si affanna per rendere trendy anche l'omosessualità, senza capire che affidare i propri diritti civili e le proprie libertà al capriccio di una moda è masochistico e idiota.

A quanto pare abbiamo un bel problema...

fregio

Il problema, e bisogna avere una buona volta il coraggio di dirlo, è forse che è ormai scaduto il tempo del movimento gay: la società richiede ormai la presenza di un movimento frocio, cioè di quella queer politics (appunto: politica frocia)che negli Usa è presente da oltre un lustro. Essere carini, ragionevoli, trendy e semplicemente e carinamente "gay" non ci è servito a molto.

Da questo punto di vista io sono fermamente convinto del fatto che una parte delle speranze e delle istanze del movimento gay delle origini, di cui parla questo libro, vadano recuperate.

La prima fase del movimento gay peccò di quello che una volta si definiva "avventurismo": si spinse troppo avanti nelle sue teorizzazioni, curandosi poco o punto del fatto che il resto della società stesse ancora mille miglia indietro.
Oggi però, venticinque anni dopo, la società è cambiata. Non molto, ma un po' è cambiata. Ormai si può perciò, anzi si deve, pretendere di più.

Il libro di Myriam Cristallo assume da questo punto di vista una straordinaria attualità per tutti i gay più giovani (e non solo) che non hanno vissuto quella fase del movimento gay, e che oggi vogliono provare  a recuperare almeno alcune delle utopie e delle speranze che furono della prima fase del movimento gay e che nel corso degli anni, per malinteso "realismo", sono state buttate a mare quasi fossero zavorra inutile.

Parole d'ordine come "visibilità gay", "cultura gay", "orgoglio gay" (anzi: "orgoglio frocio"), tornano oggi al centro del dibattito dopo che le scommesse fatte sulla partecipazione al dibattito politico dei gay si sono dimostrate illusorie.
Il modo in cui gli omosessuali e lesbiche italiane, assieme alle donne, sono state sacrificate ai veti dei cattolici, nelle elezioni del 1996, ha mostrato quale sia la reale considerazione che questa classe politica ha dei cittadini omosessuali italiani.

Da questa classe politica, con la ragionevolezza, la moderazione, i sorrisi, non si ottiene nulla.
Gli eterosessuali continuano infatti a sorriderci, a dirci che l'omosessualità non è (più) un problema... ma ciò vuole solo dire che loro non vogliono che culattoni e lesbiche creino loro problemi, e che se hanno problemi, sono cazzi loro, e se li sbrighino per conto loro: loro hanno (sempre) cose "più importanti" a cui pensare.
E se qualche ragazzo si suicida perché è gay, non è poi la fine del mondo... un rottinculo di meno.
 

Festival del Parco Lambro, 1976. Foto Andrea Pincione.
Da sinistra: Ivan Cattaneo (pre-rinoplastica), Mario Mieli, Fabio "Bambola" e Gimmi Onano mentre sfrociano dal palco del "Festival del proletariato giovanile" di Milano, nel 1976, accusando tutti i kompagni etero presenti di opprimere borghesemente le frocie. [Foto di Andrea Pincione]. Quanto le invidiavo, così disinibite! Io stavo per compiere i 18 anni ma non ero mica disinvolto e "liberato" come loro...

fregio

In questa situazione occorre urgentemente (ri)cominciare a lottare: così non si può andare avanti. Bisogna fare un salto di qualità, ripartire...
Sì, certo, ma da dove?
Già, da dove?

Questo libro, ahimè, non possiede la risposta a questa domanda, come del resto non la possiedo neppure io o nessun altro, in questo momento. Contiene però spunti e provocazioni che potranno esserci d'aiuto nel lavoro di ripensare a cosa deve e può servire il movimento frocio in Italia.

Mentre scrivo queste parole non so ancora se sia vero o no che l'Arcigay-Arcilesbica stia avviandosi verso lo scioglimento, come sento mormorare e minacciare da più parti. Io ovviamente spero che ciò non avvenga, spero che questo movimento trovi in sé l'energia per rinnovarsi.
Ma anche se ciò non avvenisse, è importante ricordare che questa sarebbe solo la crisi di una fase del movimento gay, e non del movimento gay in quanto tale.

Anche il "Fuori!" di cui racconta l'autrice di questo libro si auto-sciolse nel 1981 dopo una lunga crisi d'identità, che si trascinò per due o tre anni: fu una fine ingloriosa, ma inevitabile.
Questo è il destino che aspetta ogni movimento di cambiamento sociale che non è capace di tenere il passo con i cambiamenti sociali che esso stesso ha provocato.

In altre parole, le lesbiche e i froci che oggi chiedono il matrimonio gay o l'adozione per la coppie gaylesbiche devono avere ben chiaro che tali richieste presuppongono un mondo omosessuale composto da persone che hanno dichiarato la propria omosessualità agli altri (perché per sposarsi bisogna fare le pubblicazioni sulla pubblica piazza), a cominciare dalla famiglia (perché per adottare, in Italia, ci vuole il consenso dei genitori) per proseguire con tutti gli altri, vicini di casa e uffici comunali inclusi, se davvero vogliamo chiedere le celebri case popolari anche per le coppie gay... E così via.

Ebbene: oggi questa non è la realtà gay italiana.
I froci e le lesbiche italiane sono ancora "velati" e vivono la "doppia vita" in misura sproporzionata, esagerata, inaudita rispetto all'estero.

Siamo insomma di fronte ad una paradosso: se da un lato l'attuale crisi del movimento gay nasce dalla mancanza di proposte politiche nuove e della cultura frocia da cui esse dovrebbero nascere (se si toglie il matrimonio e l'adozione, che oltre tutto interessano per ora a poche persone, il programma è bell'e che finito) dall'altro persino quel poco o nulla che c'è si rivela troppo audace per la realtà omosessuale italiana, troppo mammista e conformista.

Purtroppo, anche se la tendenza politica prevalente oggi (e non certo nel solo mondo gaylesbico) è quella dell'"ognuno pensi per sé", resta il fatto che il destino vuole che nessuno di noi possa salvare da sé, o da solo.
Infatti anche se molti lo negano, l'omosessualità è un'esperienza sociale, non individuale. In altre parole, per vivere felice come omosessuale io ho disperatamente bisogno di vivere in un mondo omosessuale in cui chi mi circonda sia a sua volta felice e libero da paure, condizionamenti, preconcetti.

Coloro che "si fanno i cazzi propri" giudicando "esagerata" la voglia del movimento gay di cambiare la mentalità e la società, arrivano prima o poi al momento in cui desiderano, per esempio, una relazione di coppia duratura, ma trovano solo partner nevrotici, terrorizzati all'idea che "lo si sappia in giro", o che si svegliano una bella mattina e decidono che vogliono "diventare normali", o che riducono l'omosessualità ad un solo atto genitale e nient'altro, o che...

E non parliamo poi di coloro che vivono la loro omosessualità come un'interminabile festa, e quando decidono infine di fermarsi un poco scoprono, magari quando sono avanti con gli anni od ormai malfermi in salute (l'Aids esiste), di essere soli come cani, rigettati come mostri da quegli stessi amici di ieri che vogliono ancora vivere la vita come un'interminabile festa, e rifiutano perciò chiunque "rovini la festa" venendo a parlare dei suoi problemi.
E siccome tutti, prima o poi, abbiamo problemi...

Potrei continuare; mi fermo qui: basterà sfogliare la rubrica delle "lettere dei lettori" di qualsiasi rivista gay italiana per vedere di quante lacrime e quanta sofferenza grondino, lasciando allibiti: ma l'omosessualità non era ormai "un problema risolto", anzi un non-problema?
Ma davvero i giornalisti e gli eterosessuali quando dicono che l'omosessualità "non è più un problema" stanno parlando delle stesse persone che, quando parlano in prima persona, sanno invece raccontare solo della loro disperazione e solitudine?

Purtroppo la risposta è "sì". Segno che o gli uni o gli altri mentono.
Indovinate chi.

In conclusione: leggete questo libro, per favore, (anche) per capire come il mondo intorno a noi sia cambiato molto in vent'anni e noi froci e lesbiche, invece, no.

Logo di Fuori!, la prima rivista gay italiana.
Logo della prima testata gay italiana (1971).


Aggiunta del 2005:

Questa introduzione descrive la situazione che precedette (1) sia la scissione fra Arcigay ed Arcilesbica, e fra l'Arcigay e la sua componente di estrema sinistra, (2) la rinascita tumultuosa sperimentata dopo il "World Pride" del 2000, che diede lo scossone che aiutò a superare il masochistico ed esasperante immobilismo di quegli anni, in cui sembrava che il fatto stesso di ribellarsi fosse diventato un'eresia.

Di punto in bianco lo scrollone del World Pride, come lo scatto violento d'una molla troppo a lungo compressa, ha infatti aperto gli occhi a molte decine di migliaia di persone, almeno nella città in cui vivo io, Milano.

Oggi il "gay medio", il "gay della strada", sa, a differenza di qualche anno fa, di avere alcuni diritti, e dà per scontato un certo livello minimale di visibilità, nonché di accettazione da parte della società.

Grazie a questo fenomeno, per la prima volta nella storia d'Italia, le persone che discutono di "fierezza gay" si contano in decine di migliaia, anziché in centinaia come ai tempi di cui parla Myriam Cristallo, o a migliaia, come al tempo in cui fu scritta questa prefazione.

Come è bello rileggere i propri scritti del passato e vedere che sono stati superati dai fatti...
Anche perché, come disse il Bardo, "Signori, il tempo della vita è breve, e se viviamo, è per abbattere i tiranni"...




Tratto da: ______. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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