(Recensione ancora da scrivere).
MAHAMARA, ELLIE, Gokuraku cafè (1), Flashbook, Bologna 2004.
Fumetto giapponese [del 2001]; il senso di lettura è quello giapponese, invertito. Questo è il primo dei due volumi della serie Gokuraku cafè, nove episodi ambientati in una caffetteria (il cui nome significa in italiano: "Caffè Paradiso").
Yuto è, come
tutti i giapponesi dei fumetti (o quasi), un orfanello, assolutamente
solo al mondo (sniff sniff).
Ha diciott'anni, e quel
tipo di bellezza e quel modo di fare che garantiscono che tutti gli omosessuali
che lo incontrano stramazzino ai suoi piedi. Lui non sa perché,
e non lo desidera, dato che omosessuale non è (anzi, è costretto
a menare cazzotti per fare abbassare le mani a qualche spasimante troppo
intraprendente). Probabilmente ha un atteggiamento inconsciamente seduttivo,
motivato dalla sua ansia esagerata d'essere d'aiuto e fare del bene agli
altri, che vengono facilmente scambiate per interesse amoroso. Sia come
sia, è una vera calamita (e calamità) per i gay...
Yuto lavora come cameriere
in una caffetteria, sotto l'occhio vigile ma benevolo e paterno
del "capo"; un occidentale, Richard, trasferitosi in Giappone perché
terra natale della moglie, morta prematuramente.
Il sogno del ragazzo è
diventare un giorno animatore di cartoni animati, dato che il grande
amore della sua vita è il pupazzetto Jacky, il porcospino
protagonista di film animati per bambini fatto di plastilina. La conoscenza
col "capo" è nata dal fatto che anche lui ne è un fan,
e tiene un esemplare del pupazzetto in negozio.
Nel caffè, già
animato di suo per il viavai di uomini innamorati di Yuto a volte un po'
focosetti, arriva Esaka, asso del baseball (sport che pare
molto seguito, in Giappone), vittima di un incidente che gli impedisce
di giocare, a meno di sottoporsi a un'incerta operazione negli Usa.
Esaka è dichiaratamente
gay, ed ovviamente incappa nell'incantesimo che Yuto lancia senza accorgersene.
Da qui una serie di divertenti scenette fra Esaka, che cerca di sedurre
Yuto, e Yuto, che un po' è scioccato e un po' è scocciato,
ma che nel suo tipico modo prende a cuore il caso di Esaka, tanto che infine
riesce a convincerlo a sottoporsi all'operazione.
A differenza che in altri
fumetti dello stesso tipo, in questo manga (in due volumi) non
si arriva mai alla consumazione di un atto sessuale. Al punto che l'editore
italiano si chiede se possa essere definito o no uno shonen
ai (intende dire un boys' love). Non credo che questo
sia un punto importante: anzi, a me personalmente l'assenza di sesso
pretestuoso e poco credibile (come è spesso quello di questo genere
di fumetti) ha fatto solo piacere.
Resta il fatto che la
storia si regge tutta, e bene, sul sottile gioco di seduzioni, avances
e ripulse fra il giovane acchiappa-gay e i suoi spasimanti.
Nonostante la brevità
dei nove episodi che compongono i due volumetti, l'autrice riesce anche
a delineare bene il personaggio di Yuto e le radici della sua generosità
e della sua ansia d'essere utile, di aiutare, di piacere, al punto di combinare
spesso pasticci. Fare innamorare di sé le persone che vuole aiutare
è in effetti proprio uno di questi "pasticci".
Yuto è di un'ingenuità
sconvolgente, e gli manca la capacità di capire al primo sguardo
cosa accada attorno a lui. Ma è proprio questa "imbranataggine"
così tenera a renderlo irresistibile ai gay che lo incrociano.
Ben delineati e simpatici
anche i personaggi di contorno.
Il tratto del disegno
è un po' "mangoso", piuttosto essenziale e talora un poco
goffo, ma è funzionale alla storia raccontata, sempre a metà
strada fra ironia e dramma.
L'ho trovato un prodotto
originale, che pur non avendo veri e propri colpi di genio ha trovato
una sua dimensione e un suo tono tutto particolare, che lo fa spiccare
nel mare magnum dei fumetti giapponesi per ragazze e con sottotono
omosessuale.
Ingenuo (fino a un poco
di schematicità), fresco, spigliato, Gokuraku cafè si
legge con piacere e lascia una buona impressione.
Consigliato...
a meno che le scene di sesso siano per voi assolutamente essenziali.
MAHAMARA, ELLIE, Gokuraku cafè (2), Flashbook, Bologna 2004.
Fumetto giapponese [del 2002]; il senso di lettura è quello giapponese, invertito. Questo è il secondo e ultimo volume della serie Gokuraku cafè, nove episodi ambientati in una caffetteria.
S'inizia
con un flash-back, grazie al quale torniamo al momento in cui Yuto
ha trovato lavoro nella caffetteria. Dopo aver salvato dal suicidio un
assistente universitario mollato dalla sua ragazza, era stato ricompensato
con un lavoretto in università. Ma presto il salvato s'era innamorato
perdutamente di Yuto (business as usual...), al punto da sfiorare
un finale tragico, in una scena drammatica nella caffetteria.
Fuggendo
dal suo inseguitore, Yuto scopre per caso in cantina le prove del fatto
che il "capo" altri non è che il creatore dei filmati del porcospino
Jacky.
Superata
la scena drammatica, Yuto saggiamente si licenzia dall'università
e si autoimpone come garzone nel bar dell'occidentale (che ha abbandonato
il cinema dopo la morte della moglie, autoaccusandosi di aver trascurato
lei morente per il lavoro) nella speranza che gli dia lezioni per imparare
il suo mestiere.
Il
resto del volume è dedicato a episodi che vedono l'apparizione
e le gesta d'un celebre regista americano di cartoni animati, che si scopre
essere gay (ovviamente cade ai piedi di Yuto!), e si scopre essere pure
figlio del "capo" di Yuto.
E
soprattutto vedono le manovre di Yuto, piuttosto ingenue e buffe ma efficaci,
per riconciliare i due, che non si parlano da anni.
Alle
manovre partecipa anche Esaka, tornato dagli Usa guarito e in forma
smagliante... e sempre incapricciato di Yuto.
Lieto fine per tutti i personaggi, ma nessuna scena di sesso. E per questa volta, va decisamente bene così.
Raccoglie storie a fumetti, fra le quali "Acherontia atropos", alle pp. 51-58 (già apparsa sulla rivista "Orient Express" nel giugno 1982), raccapricciante racconto della produzione d'un film sadomasochista gay con morto finale. Un "leggenda urbana" (quella dei cosiddetto "snuff movies", per fortuna inesistenti) trasformata in morbosa fantasia sadomasochista.
La vicenda si regge sul fatto
che a un cineoperatore viene proposto di girare uno snuff movie
e lui accetta. Conosce per caso la bella ragazza che parteciperà
al film, e in attesa che arrivi il giorno delle riprese si tormenta per
il destino della povera ragazza. Ma sul set scoprirà che la ragazza
è "solo" il regista, e che quello è un film gay. E che la
vittima è lui.
Io l'ho trovata di pessimo
gusto e basta.
"Diabolik" è un fumetto che, uscendo ininterrottamente dal 1962, ha raggiunto uno status iconico. Ma pur avendo quasi raggiunto il mezzo secolo di vita, era rimasto ancorato alla cultura e alla mentalità dell'Italia in cui era nato, e non aveva mai fatto cenno all'omosessualità, l'argomento tabù per eccellenza nell'italietta democristiana, perfino su un fumetto che ha il crimine e il delitto come sua tematica principale.
L'editore ha infine colmato
la lacuna con questo piccolo albo, nel quale il protagonista è chiamato
ad aiutare un amico, che si trova nei guai dopo la morte di un giovane,
il cui cadavere è stato trovato alla base dell'antica torre in cui
abita.
A sorpresa emerge che questo
amico, Saverio Hardy, è omosessuale, e che il giovane era il suo
compagno. Purtroppo gli indizi indicano in Hardy l'assassino, ma la realtà
è ben diversa, come scopriranno Diabolik e la sua compagna Eva (che
si travestirà da giovane gay ricattatore per estorcere la verità
al sospetto mandante dell'omicidio).
Talmente diversa che dopo
il colpo di scena che scagiona il sospetto, ci sarà un ulteriore
colpo di scena che rivelerà una verità ancora diversa.
La vicenda ruota attorno al fatto che Hardy è uno scrittore affermato che ha deciso di fare coming out, non sopportando più di vivere nella menzogna, incoraggiato in questo dal suo partner. Ma il suo editore è contrario all'idea: le sue fortune economiche dipendono dal finanziamento d'un film tratto da un romanzo di Hardy da parte di un'associazione molto reazionaria e bigotta, che certo si ritirerebbe dall'affare se l'autore del soggetto fosse un notorio omosessuale.
La trattazione del tema è deliziosamente "rétro", ma anche delicatamente "per bene" e "rispettosa". A differenza di quanto accade in troppi fumetti italiani rivolti alla massa (sto parlando di quelli della Bonelli editore, ovvio), qui non si manca mai di rispetto al personaggio omosessuale. Non ci sono cliché o stereotipi, e, per quanto lo consentono le dimensioni molto contenute dell'albo, Hardy è un personaggio "positivo" a pieno titolo.
Certo, fa sorridere questa vicenda ambientata in un mondo ovattato dei ricchissimi e famosi: quello dei gay tutti ricchi e tutti famosi è pur sempre uno stereotipo, sia pure "positivo". Ma questo è il mondo in cui è ambientato Diabolik, che essendo un ladro di successo è ricco, e deve frequentare i ricchi, se vuole avere occasioni "lavorative".
Questo albo s'incastona in una tradizione semisecolare stratificatissima nella quale è difficile cambiare qualcosa senza correre il rischio di far crollare tutto il castello di carte, ma direi che sia riuscito nel compito di affrontare temi nuovi pur rivolgendosi a un pubblico consolidato con aspettative molto precise rispetto a quel che può o non può apparire nel fumetto.
(Su questo albo si veda anche su Culturagay.it il piccolo saggio scritto da Orlando Furioso per Fumettidicarta).
MARTIN, SEBAS, Dentro, Comma 22, Bologna 2011.
In
retorica, un ossimoro è un'affermazione i cui termini si contraddicono
l'uno con l'altro. Ad esempio, "Un silenzio rumoroso". Oppure, "Cerco
il grande amore della mia vita negli scopatoi gay".
Qualcuno
vada a spiegarlo al protagonista di questo fumetto spagnolo, che batte
saune, feste, parties, spiagge nudiste, sex clubs di Barcellona
e dintorni... alla ricerca del grande amore. Ed è convinto, esattamente
come tutti gli altri frequentatori di quei posti, di "essere un gay
atipico".
Il
che è molto tipico di quel tipo di persone.
Sia chiaro, io non ce l'ho con quei posti. Avrei detto la stessa cosa se il marito l'avesse cercato ai meeting dell'Opus Dei, o ai convegni di Forza Nuova. Ce l'ho infatti con la contraddizione in termini di un simile comportamento. Che il personaggio del fumetto non percepisce affatto. Da questo punto di vista, sembrano molto più coerenti gli altri personaggi, quelli che lo "illudono", che almeno negli scopatoi vanno con l'intenzione di scopare.
Nelle mani di un Ralf König (che adora mettere a nudo le contraddizioni del mondo omosessuale), un personaggio di questo tipo sarebbe stato il fulcro d'una farandola di gag esilaranti. In quelle di Martín, invece, dà vita a un fumetto tutto sommato banale, con personaggi che costituiscono una sfilata di macchiette scontate: dalle checche modaiole, ai bonazzi palestrati con il cervello grande come una noce (vuota), alle mamme castranti, ai dongiovanni che promettono eterno amore e poi si fanno beccare in sauna, ai preti italiani che organizzano orge di notte e tuonano dal pulpito contro i gay la mattina... Non manca neppure il parente gay che, più su d'età, ha lavorato in passato... dove? Ma nel mondo dello spettacolo (a Cinecittà)! E che muore di Aids, tanto per fare colma la misura.
Colpisce
la superficialità con cui vive questo gay sedicente "anomalo".
Che sceglie i candidati al ruolo di marito in base a tutti gli elementi
che garantiranno una serena e duratura relazione stabile, e cioè:
i pettorali, i bicipiti, quel che sta fra le gambe, i glutei... senza dimenticare
i deltoidi. I gay che non abbiano queste categorie non rientrano neppure
di striscio nel suo "gaydar", nel senso che proprio non ce lo vediamo neppure
una volta, assieme a costoro. Che magari, invece, uno straccio di marito
lo vorrebbero sì, eccome.
Ma
si sa, i gay sono fatui e superficiali e non capiscono i veri e profondi
sentimenti di una persona "anomala" come lui, pronta ad esaminare pettorali
e bicipiti di chiunque aspiri a condividere la vita con lui, salvo essere
costantemente deluso!
L'autore
ha voluto concludere la vicenda concedendo al protagonista un ennesimo
bellone, che a sorpresa bidona il bonazzo con cui aveva già appuntamento
per preferirgli proprio lui, cadendogli fremente tra le braccia.
E
questo sarebbe il lieto fine: buttare fiduciosamente il cuore ulcerato
nelle mani di uno che ha appena bidonato un altro spasimante, convinti
del fatto che questa volta sarà diversa. Tanti auguri...
Questo
fumetto è senza infamia e senza lode. Si lascia leggere con un certo
divertimento (a furia di cliché, è impossibile che
non azzecchi almeno una situazione che abbiamo conosciuto di persona),
che a tratti lascia spazio all'irritazione, ma senza mai scadere nel cliché
omofobo, e questo è già tanto.
Abbondano
immagini di bonazzi discinti in posa da pin-up, e scene di sesso esplicito,
che a qualcuno possono anche piacere, ma che sinceramente in un fumetto
gay "di contenuto" ci stanno come i cavoli a merenda. In questo modo infatti
Dentro non riesce né ad essere un fumetto genuinamente e
spensieratamente erotico (alla Wally
Rainbow, per intenderci), né un fumetto che fa perno sulla
trama e sull'analisi dei personaggi, visto che i bicipiti la vincono sempre
sul carattere.
Il
disegno, per di più, è un tantino goffo, anche se è
sempre al di sopra del livello della decenza.
Insomma,
siamo di fronte a un prodotto commerciale e di consumo, creato per piacere,
senza spiacere a nessuno, ma proprio per questo condannato a non distinguersi
per nulla di particolare: i colpi di vero genio, infatti, possono spiacere
a molti.
Soppesati
i pro e i contro, il fumetto vale il costo del volume, ma a patto di non
aspettarsi un altro capolavoro alla Ralf König.
Dopo
tutto, essere geniale non è alla portata di chiunque...
MARVANO e JOE HALDEMAN, La guerra eterna, 01 edizioni, Torino 2011.
Tratto
dall'omonimo
romanzo di fantascienza, questo fumetto a colori conserva nella sceneggiatura
alcune tavole nelle quali emerge come la Terra diventi un pianeta sempre
più alieno per i soldati andati lontani a combattere, popolandosi
via via di cloni tutti omosessuali.
Nel
fumetto questo aspetto non è censurato (si vedano le pp. 78 e 118,
124-125), ma si riduce a un dettaglio di scarsa importanza mantenuto sullo
sfondo, salvo durante un attacco fisico, quando l'aggressore urla un insulto
eterofobo (p. 128).
Anche
a livello d'immagini, l'omosessualità di un'intera civiltà
si manifesta in modo straordinariamente discreto, anzi direi che non si
manifesta proprio. Confermandosi così un tema straordinariamente
tabù.
Peccato.
MASAKI, SOUKO, Bisexual, Kappa edizioni, Bologna 2006.
Fumetto giapponese boy's love (senso di lettura giapponese).
Di tutti i fumetti di questo genere che ho letto, questo è senz'altro il più bizzarro. Protagonisti sono infatti due bambini della scuola media che, calcolando il fatto che nel testo di nomina la "sesta elementare", dovrebbero avere, in prima e in terza, 11 e 14 anni. Il più grandicello è "bisex" (proprio così) ed ha provveduto a far stage di cuori sia fra i bambini che fra le bambine.
Il più giovane (Shichiri) è fatto oggetto dell'insistente manovra di seduzione del più grandicello (Kitsuma), che è il campione di kendo della scuola, uno sport nel quale anche il più piccolo si distingue. E se quest'ultimo cederà infine alle insistenze, sarà per contraccambio alla partecipazione del più grande a una gara importante al quale lui stesso non può andare per colpa di un infortunio. Vinto il torneo, il più grandicello batte cassa... ed il più piccolo scopre che la cosa non gli spiace affatto.
Inizia così una relazione clandestina, che si svolgerà anche grazie alla complicità di due bambine che si sono a loro volta messe assieme: le due coppie dello stesso sesso si danno così una mano offrendosi "copertura" reciproca.
Devo dire che l'ambientazione in una realtà infantile permette a questo fumetto di uscire dai soliti canoni del genere. Il timore delle reazioni di mamma e papà qui conta più delle minacce del solito e ritrito mafioso cinese dai capelli lunghi (che infatti manca). E di rappresentare i maneggi di tocca-pipino dei due, fortunatamente, non si parla affatto, anche se ovviamente vi si allude, dato che i due protagonisti ne parlano.
L'autrice sottolinea l'ambientazione nel mondo preadolescenziale con un ricorso massiccio ai "pupazzetti", con faccine tutte occhioni-tondi e guancette avvampate, sfuggendo per gran parte del lavoro al disegno realistico, ed accentuando semmai i caratteri da "pupattoli" dei due ragazzini terribili. Che alla fine risultano buffi e divertenti, nelle loro impacciate sperimentazioni.
Sullo sfondo della storia fra i due bambini, c'è quella - delineata in modo meno caricaturale, più "adulto" - che riguarda i loro padri, anche loro compagni di scuola e grandi amici intimi, nell'adolescenza. Poi il matrimonio (il cui carattere di atto compiuto per motivi d'interesse è trattato nel fumetto in modo assolutamente esplicito), che nasconde un segreto. Anzi, due.
Alla fine i padri, scoperta la tresca e sventata una fuga d'amore dei due teppistelli, proporranno ai pargoli (che si scopre essere pure fratellastri: oh agnizione!) un patto che soddisfa entrambi: potranno continuare a frequentarsi, ma solo se prima otterranno buoni risultati scolastici. Cosa che avverrà.
Una narrazione del genere è certo estranea alla nostra sensibilità, anche in virtù dell'indifferenza che il mondo adulto mostra qui per le manovre sessuali dei bambini, che avvengono apparentemente alla luce del sole. (Estranea, ma non ignota alla cultura occidentale: si pensi alla figura tra il tenero e il buffo del paggetto, che prova "pizzicori" a cui non sa come dare sfogo, che appare in tante opere d'epoca barocca. La differenza è solo che in questo fumetto i protagonisti lo sanno benissimo, come si fa per dare tale sfogo...).
Non so se questo approccio
ai giochi sessuali infantili sia normale, secondo la cultura giapponese,
o meno, ma certo è che questo è un fumetto decisamente insolito,
per noi.
Eppure, nonostante il tema
scabroso, alla fine il risultato è divertente, nonché impreziosito
da una certa divertita freschezza.
MATTIOLI, GIOVANNI e TOFFOLO DAVIDE, Animali, Kappa, Bologna 1997.
Più che un fumetto
un esercizio di "Graphic art" con finalità estetiche prima che narrative.
Come rivela anche la scelta di dare un volto animale (di cane, per la precisione)
a tutti i personaggi.
In effetti, le storielline
raccolte in questo albo non "raccontano" vicende: al più registrano
frammenti di conversazioni e di vita quotidiana d'un gruppo di persone
che vivono ai margini della periferia urbana. Le loro vite sono collegate,
come rivelano vari richiami incrociati, ma alla fine non si avrà
un quadro completo, bensì solo frammenti, attimi delle loro vite.
Il capitolo quinto ("Scadenze",
pp. 48-57) presenta la quotidianità d'un giovane che se n'è
andato di casa per vivere col suo ragazzo, e si scontra con l'ostilità
della madre (p. 32), che se può alla fine cedere sul fatto di tollerare
la sua omosessualità, non è affatto pronta ad accettare anche
il ragazzo del figlio.
Il breve episodio si basa
su un invito a un pranzo di famiglia per il giovane gay, ma non per il
suo partner, ragione per cui l'invitato preferisce non andarci.
La vicenda è tutta
qui.
MAZZELLI, VIRGINIO (pseud. Giovanni Dall'Orto) (a cura di), Babilonia comix, suppl. a "Babilonia" n. 124, luglio/agosto 1994.
La
prima antologia italiana di fumetti a tematica lesbica e gay.
Contiene
anche una breve presentazione dei fumettisti gay stranieri più importanti
(non firmata, ma scritta da Graziano Origa).
Presenta tavole di Pentesilea (pseud. di Patrizia Mandanici), Luca Enoch, Caruso (pseud. di Sergio Perini), Capurro (pseud. di Luca Riggio), José Cuneo, Giuseppe Fadda, Paola (pseud.), Alison Bechdel, Alfiero Gemmi, Pat Carra (pseud.), Sergio Bon, Cimanera (pseud. Carlo Manera).
MIYAMOTO, KANO, Not/Love, Kappa edizioni, Bologna 2007.
Fumetto giapponese boys' love (senso di lettura giapponese).
Un adolescente sbandato e con problemi famigliari, Bun, cacciato di casa, si prostituisce e spaccia. Per caso incappa in un investigatore privato (Daisuke) che sta cercando, per conto della famiglia, un altro ragazzo sbandato.
Con una tipica distorsione
ideologica, dovuta alle fantasie erotiche per soddisfare le quali nascono
questi fumetti, entrambi i protagonisti concepiscono se stessi come due
eterosessuali (Daisuke è anche stato sposato) "che-amano-andare-a-letto-con-gli-uomini".
In Italia sarebbero due omosessuali che non si accettano per via della
pressione sociale, o al più due "bisessuali" (se così si
può dire) al grado 6 della scala Kinsey, ma se non altro l'autrice
per una volta dimostra maggiore coscienza del solito, rispetto ai problemi
che crea un'autodefinizione di questo tipo.
I due protagonisti, infatti,
conducono una vita affettiva incasinata quanto quella che nella
realtà si verifica in situazioni del genere, sapendo di non poter
pretendere dal proprio partner (visto che gay non è) nient'altro
che un favore, una concessione, uno sfogo sessuale...
Nella vita reale i problemi,
in questi casi, sorgono quando la scusa del "momentaneo sfogo sessuale"
scoppia, di fronte al sopravvenire dell'innamoramento, come stavolta accade
anche nella vicenda narrata nel fumetto. E qui la Miyamoto ha saputo tener
bene le fila dei personaggi e delle situazioni che ha creato, permettendo
loro di uscire dalla definizione ghettizzante e limitante di "eterocuriosi",
e concedendo loro d'iniziare una normale convivenza ed una banale relazione
di coppia.
La vicenda si articola in
episodi con ambientazioni e situazioni anche molto diverse,
il che a mio parere giova a mantenere vivo l'interesse del lettore.
L'autrice ci porta dai primi
approcci (Bun offre di far sesso a Daisuke in cambio di ospitalità
nella sua casa), alla progressiva crescita dei sentimenti che ognuno dei
due prova per l'altro, alla frustrazione di entrambi causata dalla situazione
che appunto, come dicevo, non permette a nessuno dei due di pretendere
alcun diritto nella storia, alla realizzazione da parte di entrambi del
fatto che è nato un amore e che nessuno dei due può fare
a meno dell'altro.
Le vicende sono quelle standard
di questo tipo di fumetti, con il solito coinvolgimento della mafia cinese,
il solito sottobosco equivoco dal quale alla fine l'investigatore riuscirà
a strappare il fanciullo fuggiasco, sia pure non senza pagare un prezzo.
Questa parte della vicenda
si conclude coi due amanti che diventano una coppia fissa, e vivono assieme
per due anni.
La scena si sposta poi
nel futuro, sette anni dopo. Bun è rientrato nei ranghi
e grazie al sostegno che gli ha dato la relazione è diventato un
bravo ragazzo, però ha lasciato Daisuke quando ha visto riapparire
nella sua vita la ragazza per la quale era naufragato il precedente matrimonio.
Daisuke si è risposato
ed ha un figlio.
Bun è diventato un
donnaiolo, e non riesce mai ad avere una relazione stabile con nessuna
ragazza.
Daisuke non ha mai dimenticato
Bun e continua a contattarlo, ma senza effetto, finché non si intrometta
la cugina di Bun (che vive e lavora con lui, assieme ad Hato,
compagno dei tempi dello sbando), che evidentemente ha capito di Bun più
di quanto egli voglia ammettere, ed ha capito la ragione per cui il congiunto
non riesce ad impegnarsi con una ragazza: perché è Daisuke,
colui che Bun vuole.
Attirato con un trucco in
un appuntamento con Daisuke, Bun in effetti non riesce a mantenere il suo
rigido rifiuto, e la relazione ricomincia (portando ad una pasticciata
e confusa vicenda di occultamento di cadavere, narrata con superficialità,
che nulla aggiunge alla narrazione).
Ma sullo sfondo incombe
la presenza della nuova famiglia di Bun, e di suoi doveri di padre e marito...
E...
Di questo fumetto ho apprezzato la sapienza con cui l'autrice ha saputo tratteggiare la confusione di emozioni dei protagonisti, che faticano a scegliere ciò che vogliono, ma che pagano tutto il prezzo che la vita impone in questi casi. La Miyamoto non giudica, si limita a descrivere e raccontare, e lo fa in un modo tale da rendere questo fumetto uno dei migliori di questo tipo che abbia letto.
Il tratto è sobrio ed efficace (bella la metamorfosi dei protagonisti a sette anni di distanza), le scene di sesso non sono fastidiose e pretestuose come spesso accade in questi fumetti, ma sono funzionali all'evolversi della narrazione, dato che anche gli atti sessuali cambiano via via di significato, per i protagonisti, con l'evolvere della vicenda.
Insomma, un buon prodotto.
(Nota: la vicenda prosegue nel volumetto Heat).
MIYAMOTO, KANO, Heat, Kappa edizioni, Bologna 2007.
Fumetto giapponese boys' love (senso di lettura giapponese), che costituisce il seguito di Not/Love.
Protagonista è stavolta quasi solo Bun. Che ha daccapo rotto con Daisuko, di fronte all'impossibilità di gestire una relazione d'amore esclusiva (come lui in fondo vuole) con un uomo sposato. Ma che se non altro è uscito dalla nuova tornata con Daisuke più "omocurioso" di prima.
La vicenda inzia con Bun che accetta di aiutare Hanapi, un suo informatore che, almeno lui, ha le palle per definirsi gay senza tante pippe mentali, che è perseguitato da un ragazzino psicopatico, Yutaka, con cui ha avuto una breve avventura.
Hanapi "ovviamente" finisce
per innamorarsi di Bun e di cercare di sedurlo, ma l'incalzare di Yutaka
(che si rivela pericoloso, arrivando a prendere di mira con una
pistola ad aria compressa Bun, che crede il nuovo amante di Hanapi, e infine
ad uccidere un omosessuale nel parco cittadino) impedisce alla cosa di
andare oltre un certo limite.
Alla fine Yutaka, che tutto
sommato sembra più intraprendente e scaltro del goffo Hamapi, inscena
un suicidio davanti a lui. Sopravviverà, ma verrà rinchiuso
in un ospedale psichiatrico.
Da questa vicenda si apprenderà
che Yutaka è stato violentato da piccolo, e che giunto all'adolescenza
ha cercato un conforto affettivo in un uomo che lo amasse senza limitarsi
a usare il suo corpo, ma che nel mondo gay non lo aveva trovato fino al
momento di incontrare Hanapi, "che credeva fosse diverso dagli altri"
(mai sentita prima questa frase?). Quando anche Hanapi lo aveva lasciato,
aveva concepito un forte odio verso tutto il mondo gay, per Hanapi, e per
se stesso.
Sia pure nell'esagerazione
isterica che come sempre caratterizza la narrativa, che ha bisogno di emozioni
"forti" ed estreme e colpi di scena a gogò, direi che questo sia
un discorso paradossale ma che come tutti i paradossi contiene un
elemento di verità, dando voce al disagio di una realtà
sociale che lascia spazio solo al matrimonio eterosessuale (con annesse
"scappate" alla Daisuke) o alla doppia vita ("etero di giorno, nei parchi
di notte") o infine al consumo di sesso privo di coinvolgimenti affettivi.
E basta. Il personaggio dell'adolescente, nella sua dichiarata follia,
può anche essere letto come l'esponente di una forma disperata
di protesta contro un contesto sociale che non offre altre speranze.
La narrazione riparte con un'altra storia, in cui Bun chiede aiuto ad Hanapi per tirar fuori dai guai il giovane ed avvenente Satoru, il proprietario del ristorante presso cui mangia, finito nei guai con gli usurai della mafia cinese. Siccome Hanapi è mezzo cinese, ragiona l'autrice, di certo sa a chi rivolgersi negli ambienti della mafia. Non è purtroppo questo il solo momento in cui la Miyamoto scade nel razzismo, ma siccome non è questo il tema della mia recensione, lascerò correre...
Hanapi in cambio del favore
(che riuscirà effettivamente a fare), chiede di essere pagato in
natura, e riesce così ad infilarsi di nuovo nel letto di Bun. Con
gran turbamento del giovane cliente, che entra per errore nell'ufficio/casa
di Bun mentre il pagamento in natura è in corso, e sconvolto
chiede: "M-ma... ma.. ma lei, signor Bun... è o-omosess... cioè,
lei.. è g-g-g-gay?!". Ineffabile la risposta: "Eh? Chissà!
Sai, mi piacciono anche le donne... Diciamo che mi piace penetrare le donne
ed essere penetrato dai maschi". Impeccabile definizione di quello
che è un eterosessuale giapponese, a quanto pare...
(Nota in margine: a sintomo
di come gli schemi rigidi del genere boys' love si vadano fluidificando,
qui è Hanapi, che ha i tratti fisici del seme, a sodomizzare
Bun, che ha invece quelli dell'uke).
Per farla breve, con crescente turbamento Satoru scopre di essere attratto da Bun. Che riesce a sedurlo una prima volta. Da qui inizia un corteggiamento quotidiano, per il quale l'amico Hato lo rimprovera: "Ma perché devi trascinare sull'altra sponda tutti gli etero?". Al che, per una volta finalmente logico, Bun ribatte: "Se cedono alle mie provocazioni significa che in fondo hanno già certe inclinazioni": un po' bizzarra come spiegazione del concetto di "presa di coscienza", ma suppongo che sarebbe tropop chiedere di più, almeno nel contesto in cui sono collogati i personaggi di questi fumetti.
Dopo qualche vicissitudine
alla fine Bun riesce a ricominciare a far sesso con Satoru, e a
questo punto riappare Hanapi, per rivelargli quanto sia importante per
lui Bun. Quando Satoru gli rivela a sua volta che il bel mascalzone gli
aveva detto che Hanapi per lui era meno importante di Satoru, Hanapi, turbato
e arrabbiato, gli chiede di domandargli allora chi sia più importante,
fra Satoru e Daisuke.
Il quale opportunamente
rispunta fuori a questo punto, e fa in modo che Satoru lo sorprenda
a letto con Bun. Il quale non trova di meglio della scusa dell'"Io
sono fatto così".
Scusa che giustamente il
giovane e idealista, ed anche un po' ingenuotto, Satoru non può
accettare.
Per il lieto fine sarà
quindi necessario che Bun prometta di fare i conti con la sua passata
relazione con Daisuke e chiuderla una volta per tutte. Mi permetto
di esprimere qualche dubbio su quanto sia credibile tale promessa, ma questo
è solo un fumetto, e facciamo finta che, a differenza di quanto
accade nella vita reale, almeno in questo mondo una promessa del genere
sia credibile.
Se in questo volumetto la vicenda si prestava meno alle atmosfere di tenera e ingenua seduzione che sono congeniali a questa autrice (ormai conosciamo i personaggi, e a parte Satoru - che ci si chiede per quanto tempo rimarrà come è - sono tutti scafati ed anche un po' cinici) la Miyamoto ha saputo egualmente tenere desto l'interesse attraverso il continuo cambio di scenario e di protagonisti.
In questo modo è riuscita ad offrirci personaggi meno bidimensionali e prevedibili di quelli comuni in questa tipologia di fumetti, lasciando al lettore, arrivato alla fine del volumetto, la voglia di sapere come proseguirà la vicenda.
MOORE, TERRY, Strangers in Paradise 4, Macchia nera, Roma 1998.
Quarto volume di una serie a fumetti che ha per protagoniste due donne, amiche e coinquiline. Le due hanno con il mondo maschile una serie di rapporti decisamente complicati, e anche un tantino maneschi, per concludere che forse si vogliono bene, e forse vogliono stare insieme. E nel finale, forse, ci riescono...
Per chi ama le situazioni ambigue, e irrisolte tra bisessualità e lesbismo, nonché i finali aperti.
Su questa serie si veda la voce su "Wikipedia".
MORRI, MABEL, Hai mai notato la forma delle mele?, n. 1, Studio monkey, Milano, marzo 2002, pp. 40.
Fanzine
fotocopiata ed autoprodotta, disordinatissimo ma originale diario artistico
d'una giovane fumettista.
L'autrice predilige momenti
isolati, dettagli colti al volo e fissati sulla carta, a volte senza neppure
lo sviluppo d'una narrazione in senso tradizionale.
MORRI, MABEL, Hai mai notato la forma delle mele?, n. 2, Studio monkey, Milano, 2002, pp. 36.
MORRI, MABEL, Hai mai notato la forma delle mele?, n. 3, Studio monkey, Milano, s.d. (ma 2003), pp. 48.
In questo numero il progetto di questa fanzine è imploso, frantumandosi in schegge multicolori ma tutte diverse... e non sempre omogenee né bene assortite.
Completano il tutto alcuni disegni, e un torrenziale diario/dichiarazione d'amore per una donna, che ha tutti i pregi e tutti i difetti del diario. Trattandosi di un amore non corrisposto, lo scritto risulta un tantino deprimente...
MORRI, MABEL, Hai mai notato la forma delle mele?, n. 4, Studio monkey, Milano, s.d. (ma 2003), pp. 40.
Tutti racconti a fumetti brevissimi, per l'ultimo numero di questa fanzine.
NEAUD, FABRICE, Diario (1) (febbraio '92 - settembre '93), rasputin!libri, Milano 1998.
Un giovane disegnatore con il trip per i maschi molto virili incontra in un parco un bel maschiottomolto virile, Stéphane, che ha un rapporto con lui e lo fa innamorare.
Purtroppo Stéphane non corrisponde minimamente questo amore, e questo album è l'angosciaaaante narrazione dell'agonia vissuta dall'io narrante inseguendo Stéphane e un amore impossibile.
Tristissimo e a tratti claustrofobico, ma se non altro assai gradevolmente disegnato e molto esplicito.
L'edizione originale è proseguito con i volumi 2, 3 e 4 di questo "Diario"; un estratto dal n. 4 è stato edito in Happy boys.
NITTA, YOUKA, Voci , Kappa edizioni, Bologna 2005 [Boku no koe, 2004].
Fumetto giapponese shonen ai (e il senso di lettura è quello giapponese, invertito).
Non c'è molto da scrivere
su questo albo. La gran parte della vicenda è spesa per descrivere
le speranze professionali, le delusioni, i cambiamenti di fortuna di un
gruppo di giovani doppiatori di cartoni animati. Che, a quanto pare
a leggere qui, in Giappone parrebbe essere una professione prestigiosissima.
Solo nelle ultime dieci
pagine, all'improvviso, la rivalità lavorativa fra due colleghi,
Jochi e Kazama, si trasforma in una dichiarazione d'amore in piena
regola e conseguente rapporto sessuale.
Nonostante il tratto di
questa autrice sia stato lodato
dal fandom, a me i visi dei personaggi appaiono tutti assolutamente
identici, e ciò mi ha reso difficile capire chi fosse chi
e chi facesse cosa; l'abuso di suffissi vocativi giapponesi dopo
i nomi (che cambiano di continuo a seconda della posizione sociale della
persona che rivolge la parola, facendo cambiare il nome di vignetta in
vignetta), non mi ha certo facilitato il compito.
In breve: non sono entusiasta
di questa storia. Di shonen
ai non c'è, per ora (perché purtroppo la storia continua,
ahimè) nulla di rilevante, se si tolgono dieci pagine; per
il resto, i patemi d'animo dei lavoratori precari del lontano Giappone
non sono il tema che mi faccia vibrare maggiormente l'animo... Di precariato
(pardon, "flessibilità") mi basta già il mio.
OHYA, KAZUMI, Oasis project, Kappa edizioni, Bologna 2005.
Seconda proposta editoriale di fila per Kazumu Ohya, disegnatrice gradevole e narratrice decisamente romantica.
Anche questo fumetto presenta una vicenda dai toni più sfumati rispetto alla media proposta in commercio fin qui, e con in più il tentativo di dare uno piccolo sviluppo logico agli avvenimenti dei singoli episodi.
La trama è molto semplice. Un sedicenne, Naoyuki, è talmente bello da suscitare l'attenzione di tutte le coetanee (che però non lo interessano molto) e da suscitare infine persino l'accusa (falsa) d'aver messo incinta una ragazza. Lo scandalo e il disonore per la famiglia è tale che il giovane è spedito in un'altra città e in un'altra scuola, presso un giovane zio scrittore nonché "pecora nera" della famiglia (è gay dichiarato) che gestisce una sorta di pensione, la "Oasis" (che nel fumetto è definita "condominio", così come lo zio è definito "amministratore"). Nella pensione abita un altro studente dello stesso liceo di Naoyuki, nonché un giovane e bellissimo poliziotto, separato di fresco dalla moglie.
Il caso, o l'opportunità narrativa, fa sì che Cupido scocchi frecce a gragnuola verso questo e quello; alla fine (non racconto qui la vicenda - molto semplice e lineare - per non togliere il gusto di scoprirla) ci saranno due coppie felicemente appaiate. E dopo il lieto fine per tutti, il nome della pensione assume un significato allusivo: una piccola oasi di pace e amore per quattro persone che in un modo o nell'altro hanno tutte avuto i loro problemi nel mondo esterno.
Ohya è un'autrice
ad alto tasso di romanticismo, e il suo modo di trattare gli avvenimenti
(nonché di disegnare le scene di sesso), è più
pudico della media, accontentandosi di alludere senza necessariamente mostrare.
L'interesse dell'autrice
va piuttosto alla descrizione della crescita dell'attrazione amorosa,
al lento processo d'avvicinamento di due persone che faticano a gestire
la loro omosessualità o perché ancora troppo giovani, o perché
condizionate dalla società e dalle sue pretese (il matrimonio in
primis, la famiglia, la rispettabilità sociale; e da questo
punto di vista la società giapponese si rivela qui molto simile
a quella italiana...).
Poiché è escluso a priori che in un fumetto boy's love due uomini si conoscano in un ambiente gay, che renderebbe esplicite da subito le loro tendenze, metà del gusto di questi fumetti sta nel dubbio tormentoso del fatto che la persona desiderata possa mai reciprocare il desiderio. Ovviamente si tratta d'una finzione narrativa (tutti sappiamo dalla prima pagina che i due protagonisti finiranno a letto prima della fine dell'albo), ma la bravura di un'autrice sta nella sua capacità di rendere plausibile una simile situazione senza chiederci di ricorrere alla "sospensione d'incredulità" in dosi eccessive. Da questo punto di vista la Ohya mi pare particolarmente brava (nonostante l'improbabilità statistica d'una situazione come quella da lei immaginata) a rendere credibili gli sviluppi emotivi dei suoi personaggi, che non sono mai forzati. Dopo tutto, potrebbe essere stata proprio l'omosessualità dichiarata dell'"amministratore" ad aver fatto scegliere (consciamente o non) agli inquilini quella pensione piuttosto che altre...
Nonostante la vicenda non
abbia colpi di scena particolari, né dosi generose di sesso (Ohya
lavora sotto l'insegna del Romanticismo: è un dato, e o lo si accetta
e apprezza, o tanto vale evitarla), questo fumetto è un buon prodotto
di genere, professionale, curato, e con una fisionomia sufficientemente
particolare da distinguerlo dalla media dei prodotti simili messi in commercio
in Italia fin qui.
L'unico difetto, a voler
essere pignoli, sta proprio nel fatto che una narrazione tanto ben oliata
e costruita lascia poche sorprese al lettore. Ma se si pensa alle trame
scombinate e piene di salti narrativi di alcune colleghe della Ohya, la
sua coerenza narrativa è solo la benvenuta.
ORRÙ DANIELA e SERRI DANIELA (Dany & Dany), La luna nel pozzo, "Boy+Boy" n. 2, Echo, Milano Gennaio 2002.
Fumetto esemplato strettamente (e direi anche pedantemente) su modelli shonen ai giapponesi, in un fanatismo imitativo che arriva al punto da infliggere a chi legge il senso di lettura invertito alla giapponese (dalla fine all'inizio e da destra verso sinistra). La storia è lenta, prolissa e verbosa, i protagonisti sono tutti sfaccettature del medesimo ideale erotico, molto effeminati, pallidi ai limiti dell'albinismo, allungati quanto piante eziolate e dai capelli lunghi quanto quelli di un go-go dancer per sole donne (non a caso). Può piacere o meno (a me, come ai gay in genere, non piace per nulla) ma rispecchia un ideale e feticcio erotico del fandom di donne eterosessuali che ha prodotto questo genere di fumetti.
La vicenda ruota attorno
alla scoperta e consumazione dell'amore fra due ragazzi, ambientata a Venezia
e in un improbabile mondo del teatro in cui tutti sono geniali, dotati
di talento e avviati a splendide carriere. Ma uno dei due giovani tradirà
il suo amico con un altro ragazzo, attore anche lui, che a sua volta ha
una relazione con un regista teatrale.
Ai due cornuti non resta
che rosolarsi di gelosia prima e consolarsi a vicenda poi, cosa che fanno
con un certo gusto.
Infine, catarsi finale,
tragedia, anzi: melodramma, catastrofe, sangue, morte, e lieto fine "ex
machina". Ze end...
A mio parere il fumetto non
è riuscito (ma i criteri di valutazione di un uomo gay non sono
gli stessi di una donna eterosessuale). Manca una narrazione fluida,
la vicenda si muove (quando si muove...) a scatti, riempiendo gli intermezzi
di dialoghi interminabili, i personaggi sono fatti tutti con lo
stampino e si somigliano in tutto (salvo il colore dei capelli...) e si
finisce per confonderli tutti.
Insomma, questo fumetto
è, fra tutti quelli di questa serie, il più vicino alla motivazione
che ha prodotto gli shonen ai: fornire un pretesto per ambientare
scene di sesso fra uomini con una certa caratterizzazione fisica.
Il resto, la storia, è
pura cornice.
ORRÙ DANIELA e SERRI DANIELA (Dany & Dany), Eikon, "Boy+Boy" n. 6, Echo, Milano Maggio 2003.
Complimenti alle autrici per il miglioramento dimostrato rispetto alla prima opera da loro pubblicata in questa serie. Alle tavole gremite da dodici vignette e una trentina di fumetti, s'è sostituita una storia molto più ariosa (3-4 vignette in media) e più scattante e ritmata.
L'ispirazione allo shonen ai è comunque rimasta nel tipo fisico dei protagonisti (slungati, femminei e lungochiomati) ed anche nel senso di lettura (pure qui assurdamente invertito).
La storia ruota attorno a un pittore che s'innamora di un prostituto che gli fa da modello, e che cerca invano di catturare in un quadro (da qui il titolo: Eikon = immagine) l'emozione che il ragazzo gli provoca. Ma si rende conto d'essere a sua volta solo un'immagine sullo sfondo nella vita fin troppo affollata del prostituto, impossibilitato ad amare, e che tira avanti a forza di "Prozac".
Cerca perciò di dimenticalo,
ma se lo ritrova inaspettatamente davanti in un rapporto a tre proposto
da un ricco e affascinante cliente che sta cercando furbamente di sedurre.
Il collezionista d'arte vuole imporre un rapporto sadomasochista
e questo precipita la situazione: il pittore lo picchia, il collezionista
tenta di ucciderlo investendolo con una macchina e mandandolo in coma,
il prostituto vendicherà il gesto provocandogli un'overdose
fatale.
Solo a questo punto, distrutto
il mondo di cui facevano parte i due giovani, sarà possibile spezzare
la routine e riuscire ad esprimere l'amore.
Se non tutto in questa storia è originale, la vicenda qui ha acquisito il ritmo che mancava alla prima opera, e il prodotto finale risulta di buona qualità.
ORTOLANI LEO, Rat-man, I classici del fumetto di "Repubblica", n. 18, Editoriale l'Espresso, Roma 2003, pp. 271.
Supplemento al quotidiano "La Repubblica". Fumetto satirico che fa il verso ai fumetti di supereroi. L'umorismo demenziale, surreale, di Ortolani fa decisamente centro, e ama scherzare anche, e spesso, col tema gay.
Alle pp. 211-234, in "Cinzia la barbara" appare (nelle improbabili vesti d'una parodia di Conan) la transessuale platinata (e superdotata) Cinzia, follemente innamorata di Rat-Man, una presenza sempre più frequente (e sempre più esilarante ) negli albi di questo personaggio.
Riedizione a colori della
parodia (uscita nel 2004) della versione cinematografica del Signore
degli anelli di Tolkein, con tutti i ruoli ricoperti dai personaggi
di Ratman.
Cinzia, la transessuale
platinata, è qui Tamara, la regina delle elfe, creature speciali
"con un marcia in più" ("...Vuoi vedere la leva del cambio?").
Il risultato è esilarante:
OZAKI MINAMI, Zetsuai 1989 1-5, Planet Manga / Panini, Modena 2002.
Per rendere più veloce lo scarico di questa pagina, ho trasferito qui, in una pagina a se stante, tutte le recensioni della serie di Zetsuai 1989.
PANEBARCO, La semplice arte del derelitto. Fumetti gialli a fumetti, Savelli, Milano 1979.
Divertenti e raffinati parodie a fumetti dei "gialli", che fanno il verso un po' a tutto, da Philip Marlowe ai fumetti americani ai personaggi politici e alle icone culturali di quegli anni, specie del mondo della sinistra, a cui apparteneva Panebarco (e forse chi non ha vissuto quegli anni perderà qualche allusione).
In due episodi, "Il caso Frankenstein" [1978] e "Vacanze vacanze" [1979], appaiono personaggi e situazioni omosessuali: nel primo un'intricata storia d'amore fra il mostro di Frankestein e Igor (l'assistente), oltre che fra Dracula e King Kong; nel secondo l'omosessualità entra in ballo all'improvviso per un finale a sorpresa.
PARDI, FRANCESCA e GUICCIARDINI DESIDERIA, Qual è il segreto di papà?, Lo stampatello, Milano 2011.
Proseguono le pubblicazioni della benemerita casa editrice di libri per bambini dedicati a figlie e figli delle famiglie omogenitoriali, "Lo stampatello".
Questo libriccino a colori
ha pochissimo testo e moltissime illustrazioni, come s'addice a un libro
per bambini, ma riesce a riassumere in poche frasi la tematica complessa
d'una famiglia in cui mamma e papà si separano, mamma trova un nuovo
compagno, mentre papà no, ed anzi vive nel mistero sulla sua vita
affettiva. Cos'avrà da nascondere?
E un giorno finalmente mostrerà
quel che nascondeva: l'uomo che ama.
È difficilissimo riassumere
in così poche frasi, e parlando a bambini, un problema su cui gli
adulti si sbranano. Eppure questo libretto ci riesce.
Si vede che le autrici hanno
dimestichezza con la tematica che trattano, dato che riescono ad azzeccare
in pieno il tono giusto, le parole giuste, le immagini giuste. Né
pruriginoso (come falsamente dicono gli attivisti di Forza Nuova) né
reticente.
Un libro con una lezione da insegnare non solo ai bambini, ma anche e soprattutto agli adulti.
PEETERS FREDERICK, Pillole blu, Kappa edizioni, Bologna 2004.
Solo poche parole per questo fumetto assai poetico e toccante. Ma solo perché non tratta di omosessualità, essendo dedicato alla storia d'amore (eterosessuale) fra l'autore e la sua ragazza, sieropositiva e madre d'un bimbo anch'egli sieropositivo.
Tutte le emozioni e i problemi e le paure (dell'Aids, del contagio, della morte) del protagonista le conosciamo bene da vicino anche noi, perché i sentimenti umani sono gli stessi per tutti, indipendentemente dal fatto che noi siamo gay o eterosessuali.
Mi permetto perciò di consigliare questo libro delicato, mai patetico o strappalacrime, frutto palese d'una lunga riflessione sul problema, e segnato da un approccio positivo. La ragazza dell'autore e il suo bambino hanno l'Hiv, e dipendono per la vita dalle "pillole blu" del titolo. Ma l'autore è felice del suo amore, e non ha paura di affrontare in suo nome la paura. E non solo quella.
Q-TA, MINAMI, Cool pine, Kappa edizioni, Bologna 2006.
Cool pine è un manga giapponese che racconta le vicissitudine erotico-affettive di una liceale (Rika) col suo ragazzo (Satoshi), di cui peraltro Rika non apprezza oltremisura le capacità erotiche (anche a causa del deciso egocentrismo di Satoshi).
Ad un certo punto (pp. 129-131) Rika si ferma a dormire dalla sua amica Kei, e le due fanno l'amore.
L'incidente avviene senza che si sia alcuna premessa a giustificarlo, né ha conseguenze sullo svolgersi ulteriore della vicenda.
Per chi ha interesse per i fumetti a tematica lgbt, direi che questo volume non presenti alcun motivo d'interesse, anche per la piattezza (non so se voluta per minimalismo, o puro frutto di goffaggine) della narrazione, che a tratti sfiora la noia.
RODRIGUEZ JAVI, Paraiso punk rock bar, Kappa edizioni, Bologna 2000.
Nonostante quel che lascia
intendere la copertina, questo
fumetto spagnolo non racconta una storia lesbica (c'è
una sola tavola sul tema). Si tratta di una serie di episodi, legati da
un filo logico, su un gruppo di studenti d'arte di belle speranze che aprono
un bar "alternativo": molta droga, molto sesso, e un po' di rock &
roll.
Contro di loro si mobilitano
i "cattivi" di destra, che faranno di tutto per farlo chiudere.
Uno dei personaggi, il bel
Manolo, è gay, ha una relazione, ma è "confuso" e per un
po' si titilla con l'idea di una storia etero con una delle protagoniste.
Il fumetto affronta anche
il tema dell'Aids.
Un po' troppo "urlato" e
con troppe situazioni "estreme" tutte assieme per i miei gusti, ma allietato
da un bel tratto del disegnatore.
SABUCCO VERUSKA (a cura di), Gocce. Antologia, "Boy+Boy" n. 4, Echo, Milano Settembre 2002.
Meno riuscito rispetto agli altri albi della stessa seria, questa antologia ha un po' l'aria del bidone degli avanzi, per il carattere eterogeneo e la qualità ineguale dei contributi. Che vanno dal professionale al dilettantesco (in particolare "Rock guys" che ha il sapore ma anche la qualità bassina bassina della "fanzine"), e dal racconto al fumetto alla tavola singola. Confusionario nelle attribuzioni (le trovate in quarta di copertina: mooolto originale e creativo!), l'albo ha come filo conduttore la passione omosessuale e soprattutto l'erotismo gay pensato principalmente per donne eterosessuali.
Purtroppo le vicende sono penalizzate dalla brevità dello spazio concesso.
Interessante il confronto, reso possibile dalla compresenza a fianco a fianco, di storie scritte da donne eterosessuali e da uomini gay: la tipologia fisica stessa è completamente diversa, dall'estremo del primo racconto (corpi e visi molto effeminati, occhioni enormi e languidi, in guazzetto) di Barbara Apostolico e Claudia Lombardi a quello delle ultime tavole (il delirio sadomaso ed ipermacho di Roy Klang).
Il contrasto è ben sintetizzato nel racconto di Massimo Basili, che attribuisce un aspetto "tradizionale" e maschile all'amante adulto, e a quello più giovane rifila un aspetto (chiaramente esemplato sui fumetti giapponesi) tanto femminile che si comprende che lei è in realtà un lui solo perché l'antologia presuppone storie gay maschili..
SABUCCO VERUSKA (a cura di), Frammenti. Boy+Boy antologia II, "Boy+Boy" n. 8, Echo, Milano Ottobre 2003, pp. 96.
Molto più coerente della prima e di qualità decisamente superiore, questa seconda antologia di fumetti erotici ispirati al mondo del fumetto erotico shonen ai /yaoi / boys' love giapponese, curata da Veruska Sabucco. Ma anche di tono e carattere diverso, dato che qui gli autori gay hanno preso il sopravvento sulle autrici eterosessuali, che avevano inaugurato la collana. Qui siamo al vero e proprio "fumetto gay", disegnato da gay per gay. Ed è tutt'altro genere e tutt'altro immaginario.
La sterzata verso l'immaginario erotico gay maschile si nota sia nei disegni che nella tipologia di storie. L'androgino dai capelli lunghi e gli occhioni da bambino cede il passo, in molte storie, al maschio dalle caratteristiche virili ben sottolineate, quando non esagerate a bella posta.
I contributi qui spaziano da una produzione chiaramente ispirata al Giappone, come Wow! di Marco Albiero e Annamaria Baglioni, a Lord of the springs di Valeriano Elfodiluce, che deriva semmai dal fumetto erotico gay americano, passando per Condanna, di Aru(k) e Adriano Barone, filiazione dei fumetti horror.
SAKURA, HAJIKI, Ma è
così!, Kappa, Bologna 2007.
Senso di lettura giapponese.
(Recensione
ancora da scrivere).
* SCARPA LAURA, Amori lontani, Kappa edizioni, Bologna 2006, pp. 93.
Per chi ama i libri è sempre bello incontrare una "anima affine", come è l'autrice di questo bell'albo a fumetti, impegnata a intrecciare le storie delle vite dei suoi personaggi con gli incontri continui con i libri, citati sempre in bell'evidenza. Al punto che buona parte della vicenda si svolgerà nella libreria-bar aperta da uno dei due componenti della coppia gay che lega due dei quattro protagonisti dell'albo.
Purtroppo però può accadere di fare, per amore, cose che alla luce della razionalità non funzionano bene quanto ci suggeriva il cuore.
E così accade ahimè anche nel caso di qeusto libro. La storia inizia con un primo episodio (che racconta la nascita dell'amore fra i due ragazzi) dal tono denso ma lieve, pacato ma scorrevolissimo, per poi incupirsi via via con strati sempre più spessi di problematiche esistenziali, di problemi famigliari e di debordanti citazioni letterarie, che s'impilano implacabili, come una lasagna che per eccesso di generosità della cuoca rischia di debordare dalla teglia. Qualche strato in meno di problematiche, e qualche strato di citazioni letterarie in meno, avrebbe sicuramente giovato alla riuscita della ricetta, dato che qui a tratti il gusto della carta stampata rischia di coprire l'aroma sempre tenue della vita.
Così la coppia di ragazzi traballa sotto l'immaturità di uno dei partner che non vuole sentirsi "legato", le due amiche faticano a gestire i loro rapporti con gli uomini, e tutti i personaggi hanno rapporti che vanno dell'inesistente al gravemente disfunzionale con le rispettive famiglie, trascinando per tutta la vicenda questo cordone ombelicale mai reciso, o mal reciso, coi genitori.
Che dire? È tutta
e solo questione di gusti, lo riconosco. Ma a parere del mio personale
gusto ci sono troppi sapori, in questo piatto. Per riprendere un'immagine
usata dall'autrice, è come il panettone per una persona che ama
il panettone e le uvette, ma non i canditi. Ripeto, questioni di gusti,
però se uno non è entusiasta dei canditi non può farci
niente, se il panettone ne è pieno. A parte sputarli.
Così, per dirne una,
a me i canditi delle storie di famiglie disfunzionali sembrano particolarmente
noiosi: alla mia età l'idea che un adulto e maggiorenne e vaccinato
si disperi ancora perché mammà non lo capisce e papà
non l'amava per davvero, provoca non identificazione ma fastidio ("Ma
crescete alla buon'ora, "bamboccioni"!").
Ciò detto, la storia
è, come dicevo all'inizio, bella, perché l'autrice sbaglia
forse per troppo amore del letterario, ma il suo lavoro lo sa fare bene
e riesce a salvare comunque la navigazione ed evitare il naufragio.
Il racconto iniziale (quello
che racconta la nascita dell'amore fra i due ragazzi) ha talmente azzeccato
il tono, nel giusto equilibro tra il "fare letteratura" e "disegnare un
fumetto", da meritare, da solo, l'acquisto del volume. Le storie che stanno
nel mezzo sono anch'esse ben scritte, anche se il tono s'incupisce poi
via via, fino a culminare nell'episodio conclusivo, che è addirittura
incorninciato da un funereo bordo tutto nero.
Peccato.
Tuttavia, una cosa è
sbagliare per troppa superficialità, tutt'altra è sbagliare
per troppo amore della letteratura, e dei libri. Dovendo scegliere, preferisco
chi sbaglia nel secondo senso, perché qualcosa da salvare in questi
casi lo si trova sempre, a differenza che nel primo caso (molto comune
tra certa ripetitivissima produzione giapponese boys' love). Alla
fine, quindi, non mi sono pentito del mio acquisto.
Forse è solo che
sono troppo vecchio per apprezzare storie di un uomo adulto che soffre
tanto perrché la mamma non gli vuole bene... ma se fossi un uomo
di 25 anni, mi ci riconoscerei, a giudicare da quanto vedo accadere attorno
a me...
Infine: da milanese ho apprezzato la particolare cura dedicata a delineare, senza mai ritrarla per davvero, una Milano riconoscibilissima, eppure a tratti sognata e trasfigurata come in un ricordo ideale: certamente più bella di quanto appaia a chi vi passa, ma bella quanto sa essere per davvero per chi la sa apprezzare.
SCOZZARI FILIPPO, Fango e ossigeno, Primo Carnera, Roma 1988.
Raccolta di fumetti.
Alle pp. 66-79 la crudele
e allucinata "Un
buon impiego", del 1977, storia fantascientifica
d'una coppia omosessuale sposata, nella totalitaria Bologna del futuro
(si noti che nel 1977 il matrimonio omosessuale era, appunto, decisamente
fantascienza, e la scelta d'una coppia gay aveva un significato
straniante, che oggi non si percepisce più).
La storia è un documento
del pesante scontro avvenuto nel 1977 fra l'ultrasinistra (a cui Scòzzari
apparteneva) e il Pci, al governo a Bologna, giudicato (non sempre a torto)
troppo corrivo verso la repressione del dissenso.
Scòzzari disegna
qui la Bologna del futuro (costellata di allusioni a personaggi ed eventi
del 1977: nei nomi delle vie, nei monumenti, nei marchi...) come una dittatura
comunista in cui regna la legge del più forte. Presidente è
nominato chi riesce a uccidere il suo predecessore. E l'ambizioso "moglio"
della coppia omosessuale vuole che il marito tenti la sorte, per diventare
"first lady". Finale (crudelissimo) a sorpresa.
Il modo in cui la coppia omosessuale è rappresentata è assolutamente stereotipato. Ed anche questo è un sintomo di quanto fosse facile in quegli anni (be', a dire il vero ancora oggi) non percepire o fraintendere deliberatamente la rilevanza e la novità delle rivendicazioni del movimento dei "froci", presente sulla scena politica da soli cinque anni.
L'accusa implicita nel ritratto fatto da Scozzari (che i lettori più giovani possono forse non percepire più, ma che era esplicita nell'ultrasinistra di quel periodo) è che gli omosessuali, invece di lottare per salvare la società che scivolava verso la dittatura, volevano solo diventare come tutti gli altri, integrarsi nel sistema, e costruire famiglie stereotipate e ridicole come quelle eterosessuali tradizionali. E questo senza alcun vantaggio, tant'è che l'omofobia, nella Bologna descritta da Scòzzari, non è affatto scomparsa: gran bel vantaggio, questa integrazione!
Sono passati gli anni, la
dittatura non è arrivata (e se è arrivata, non era quella
comunista), ma di "integrazione" nel sistema da parte degli omosessuali
non s'è vista traccia. Ma grazie alle lotte fatte in barba agli
Scòzzari di ieri e di oggi, l'omofobia oggi è meno virulenta
che ieri.
Se avessimo dato retta,
nel 1977, ai profeti come Scòzzari, abbandonando le nostre lotte
per pensare solo alla rivoluzione, saremmo finiti... preferisco non pensarci
e non dirlo.
Il 1977, con l'inizio del
terrorismo e della lotta armata, ha infatti segnato per me la fine della
convinzione (respirata dalla società in cui sono cresciuto) secondo
cui la violenza, quando sia necessaria e "giusta", possa essere anche giustificabile.
Sono felice di non avere ascoltato le sirene che volevano incantarmi allora:
io sono ancora qui a "fare militanza". Gli scozzariani (quelli che non
fan parte di Forza Italia e non sono morti di eroina, intendo) dove sono?
Fin qui il commento politico,
necessario per un testo come questo, che è nato dichiaratamente
come fumetto politico.
Per quanto riguarda invece
l'aspetto artistico-letterario, Scòzzari sarà anche
stato politicamente ottuso, ma come fumettista è semplicemente geniale.
Oltre a un tratto personalissimo, riconoscibile anche da un solo disegno,
ha prodotto storie di una dissennata crudeltà, di un cinismo assoluto,
di un disincanto senza speranze, che anche quando possono non piacere lasciano
sempre un segno nel lettore. E costringono a pensare se davvero il mondo
in cui viviamo sia molto migliore di quello che lui descrive.
Una lettura consigliata.
(Una vignetta sola soletta di tema gay anche a p. 109).
NOTA BENE. Questa storia è ora disponibile online in formato .pdf. La si può scaricare qui.
SCOZZARI FILIPPO, Primo Carnera, Primo Carnera, Milano 1982.
Il protagonista di questa
raccolta di storie a fumetti (che ha lo stesso nome dell'editore!) è
uno stilista omosessuale, prestante ma effeminato, ma al tempo stesso geniale,
creativo e soprattutto "squisito".
Le storie sono ambientate
in un periodo inesistente che mescola personaggi e mode che vanno dal 1880
circa al 1930 circa.
Nella prima storia, "Amami,
Primo! Storia di maschi e di damaschi", Carnera deve sgominare i tranelli
e gli spionaggi d'uno stilista rivale per confermarsi fornitore della Real
Casa. La lotta include la neutralizzazione di una spia, il mannequin Ciangalì,
effeminatissimo - diciamo pure una mezza travestita - ma squisitissimo
a sua volta. Il mezzo per conquistarlo? "Trenta centimetri d'amor (ben
somministrati)".
Dopo varie peripezie Primo
vince, ma abbandona tutto per andarsene in Oriente con la sua nuova fiamma,
il giapponese Capitan Eguchi, vestito ovviamente con un chimono da donna.
Questa è la storia più nettamente omosessuale.
La seconda storia, "Grande incontro tra due campioni", vira al fantascientifico: Carnera abbandona il suo amante orientale per portare la sua creatività verso altre sfide... la costruzione di una città con... Fritz Lang.
Nella terza, "Primo Carnera e la gara di squisitezza", vede il nostro in gara contro la pittrice lesbica Tamara de Lempicka (il cui lesbismo non è però mai evocato). Gli è accanto il suo amante e servitore, Amarildo, che apparirà anche nelle storie successive. Appare anche una caricatura di D'Annunzio che, di fronte alla "squisitezza" di Carnera, ha fantasie erotiche coprofile.
Nel resto delle storie, in bilico tra il fantastico-onirico e il fantascientifico, l'omosessualità di Carnera passa in secondo piano, mentre prevale il suo aspetto di "arbitro della squisitezza".
Tutte le storie sono demenziali ma esilaranti. Al solito, Scòzzari è maschilista e ottusamente omofobo, ma assolutamente geniale.
SEKIGUSHI, KINU (pseud.), Works, "Boy+Boy" n. 5, Echo, Milano Febbraio 2003, pp. 104.
Raccolta di tavole omoerotiche in uno stile che si ispira a quello dei "manga" giapponesi. Purtroppo sono in bianco e nero, mentre l'opera di "Sekigushi" (che nonostante lo pseudonimo è un disegnatore francesissimo) è a colori, e per essere apprezzata ha bisogno del colore.
Molti angeli, qualche sansebastiano, e un tocco di sadomasochismo. E tanti beaux mecs dai corpi clonati in palestra e dagli occhioni a mandorla.
In appendice, un'intervista all'autore, in francese e italiano.
SHIMIZU, YUKI, Recipe,
Kappa edizioni, Bologna 2005.
Senso
di lettura giapponese.
(Recensione
ancora da scrivere).
SILVER (pseud. Guido Silvestri), Il grande Lupo Alberto, Rizzoli, Milano 1992.
Le prime mille strisce del
celebre fumetto di "Lupo Alberto".
Le strisce 766-908 [del 1977], deliranti e surreali, vedono il personaggio
di "Enrico la talpa" dichiarasi improvvisamente gay e coinvolgere
Lupo Alberto, in nome dell'amicizia, in una spassosissima lotta di rivendicazione
per i diritti gay. Suscitando lo sconforto della moglie di Enrico (e i
suoi commentini piuttosto... tranchés), e i pettegolezzi
di tutta la fattoria, che ovviamente coinvolgono anche Lupo Alberto. E
coinvolgendo in un vero e proprio corteo del Gay Pride, per solidarietà
politica, un gruppo di formiche comuniste disoccupate....
Il primo fumetto italiano
a sorridere sul movimento gay degli anni Settanta senza offendere.
In anni in cui il tema era
ancora assolutamente tabù, fu un piccolo "cult" per i gay italiani.
Silver
arrivò al punto di disegnare anche un paio di tavole di fumetti
per la rivista gay "Fuori!".
SPATARO, ALESSIO, Non
più estate. E poche altre storie, Centro fumetto Andrea Pazienza,
Cremona 2007.
(Recensione
ancora da scrivere).
TAGAME, GENGOROH, Virtus,
Ren books, Bologna 2011.
(Senso di lettura giapponese).
(Recensione
ancora da scrivere).
TAKAKURA, ROW, I can't stop loving you, Kappa edizioni, Bologna 2004.
Fumetto giapponese shonen
ai (e il senso di lettura è quello giapponese, invertito)
Kyoji Mogami e Yu
Himuro sono due liceali, e sono una coppia. L'autrice li ha dotati
di "superpoteri": il primo appartiene a una famiglia di religiosi (bonzi)
e sta imparando ad esorcizzare i fantasmi. Ma senza molto talento. Il secondo
invece ha un'abilità innata a percepire i fantasmi, che riesce a
vedere, e in più ha braccia dalla forza sovrumana, che finiscono
sempre per incrinare una costola o rompere qualche osso al suo amato. Un
rapporto sessuale, un abbraccio, sono quindi una minaccia mortale.
Se questi straordinari superpoteri potevano servire a épater le lecteur per un episodio, la loro ripetizione per i diversi episodi di questo albo risulta stucchevole e scontata. Una volta dato il "la", ciò che possono fare i due amanti non è altro che vedere fantasmi, esorcizzarli (la loro pare la scuola con la massima concentrazione di poltergeist del mondo), farsi possedere o esorcizzare la possessione, nonché rompere o farsi rompere ossa durante il sesso (che, come è normale in questi fumetti, abbonda).
In compenso, la qualità non eccelsa di questo testo (dato aggravato dalla solita traduzione mediocre, surrealistica) rende in modo più diretto la fastidiosa ideologia di questi fumetti giapponesi rispetto all'omosessualità: il sesso per quanto sia bello è stupro, degradazione, e va incanalato attraverso una rigida divisione dei ruoli sessuali tra chi "fa l'uomo" e chi "fa la donna": "Se mi ami, perché non ti viene voglia di saltarmi addosso e violentarmi?". "Non sono mica una bestia. Io non ho problemi, perché faccio l'uomo. Ma la tua forza è un grosso peso per te, vero?". Si noti che questo sarebbe un dialogo romantico...
Il tratto del fumetto è abbastanza convenzionale e secco.
TAKAKURA, ROW, I can't
stop loving you 2, Kappa edizioni, Bologna 2006.
(Senso di lettura giapponese).
(Recensione
ancora da scrivere).
TEZUKA, OSAMU, MW 1, Hazard edizioni, Milano 2005 [1976].
Primo volume di una serie di tre. Senso di lettura giapponese (dalla fine all'inizio e da destra verso sinistra).
Ci ha messo molti anni per
arrivare in Italia questo manga del 1976, che fu pioniere
nell'uso dell'omosessualità per dare una caratterizzazione ai personaggi.
Alcuni aspetti appariranno quindi senz'altro insoliti (vista la loro veneranda
età)... pur non avendo perso interesse con gli anni.
Questo ovviamente, vista
la data, non è uno shonen
ai, anche per il fatto è stato disegnato da un uomo, tuttavia
l'omosessualità vi è descritta in modo infinitamente più
esplicito (e simpatetico) che
nei fumetti italiani degli stessi anni.
Il protagonista, Michio
Yuki, è un anti-eroe a tutto tondo, tanto bello e intelligente
quanto assolutamente malvagio. Fin dalle prime pagine lo vediamo strangolare
un bambino per portare a termine la personale vendetta che l'ossessiona.
Infatti Yuki ancora bambino,
quindici anni prima, era stato l'unico superstite, assieme a un balordo
(Iwao Garai, che lo aveva rapito e lo custodiva in una grotta per
chiedere un riscatto), alla fuga di un potentissimo gas bellico da una
base statunitense. L'intera popolazione dell'isola era stata sterminata;
le autorità giapponesi avevamo però messo a tacere ogni cosa,
in cambio di un finanziamento da parte della "potenza occupante".
Incidentalmente, qui appare
l'aspetto più curioso e interessante della serie dei tre volumi
di MW: la critica politica e sociale del fumetto, del tutto assente
dal filone shonen ai che recensisco di solito. La critica dell'occupazione
americana, dell'arroganza e della stupidità dei militari, dei loro
"bombardamenti umanitari" sul Vietnam (questo
uso della parola "umanitario" suona familiare?), è esplicita,
anche se espressa con molta prudenza e reticenza.
La vicenda di Mw non è comunque "politica": siamo di fronte a un uomo, il cui cervello è stato danneggiato dalla sia pur blanda esposizione al gas subita da bambino, che vuole vendicarsi a qualunque costo su tutte le persone che furono implicate nella "copertura" dell'evento, sia uomini politici che uomini d'affari. Per questo obiettivo non si ferma di fronte a nessun delitto, lasciandosi dietro una scia di assassinii, e sfruttando la sua notevole bellezza per sedurre donne ed uomini.
Ma Osamu Tezuka non descrive
nessuno dei suoi personaggi come assolutamente buono o assolutamente cattivo.
Anche lo stesso Michio si trasfigura, quando riesce a vivere il suo amore
per Iwao Garai, che nel frattempo s'è fatto prete cattolico per
espiare la sua cattiva condotta passata. I due hanno una relazione sessuale
(iniziata proprio nella grotta in cui si erano salvati, quindici anni prima)
che riempie di delizia Michio e di sensi di colpa don Garai.
Don Garai è un
personaggio "positivo", che cerca in tutti i modi di fermare Michio,
ma non riesce a dominare la sua attrazione per lui, e per questo si macchia
di molte colpe, dalla complicità passiva fino alla vera e propria
partecipazione ad alcune delle malvagie imprese dell'uomo che ama. Quando
però cercherà, per liberarsi da questa catena, di uccidere
Michio, costui, sempre un passo avanti nel capire le mosse altrui, si farà
beffe di lui e la scamperà.
Don Garai è un personaggio
tormentato, da tragedia greca, lacerato senza possibile soluzione tra
gli obblighi impostigli dal suo ruolo e il sentimento che come essere umano
non può fare a meno di vivere.
L'autore ha saputo delineare
la contraddittorietà di questo personaggio senza farne una macchietta
né in un senso né nell'altro, al punto che l'omosessualità
del sacerdote non serve affatto (come era normale in quegli anni) a caratterizzarlo
come "malvagio", anzi, semmai è il "punto debole" che ne mostra
l'umanità di fondo a fronte dei suoi ideali irrealisticamente superumani.
In questo primo volume
è presentata la premessa della vicenda, e l'inizio delle attività
criminali di Michio, solerte e rispettato impiegato bancario che però
sta tramando la morte di alcuni personaggi legati alla banca, coinvolti
nella vicenda che lo ossessiona.
Fra i dettagli di questa
saga è da segnalare la scena d'amore fra Michio e don Garai (pp.
87-89), in cui i disegni a un certo punto si trasformano in personaggi
di Aubrey Beardsley, con un effetto un po' straniante e un po' camp
ma piuttosto divertente.
Pesantissima la critica dei personaggi politici giapponesi, tronfi e totalmente privi di morale, ma non è risparmiato nemmeno il personaggio del rivoluzionario che predica (come molti facevano in quegli anni) la necessità della lotta armata, ma solo a patto che le sue conseguenze non riguardino lui (p. 200).
TEZUKA, OSAMU, MW 2, Hazard edizioni, Milano 2005 [1977].
Secondo volume della serie MW. Senso di lettura giapponese (dalla fine all'inizio e da destra verso sinistra)..
Un sagace ispettore indaga
sulla scia di crimini che Michio Yuki si è lasciato dietro.
Ma senza mai riuscire a stringere il cappio, anche per colpa di don
Garai che, accecato dal suo amore, continua a proteggerlo col suo silenzio
oltre ogni ragionevolezza.
A furia di delitti Michio
riuscirà a scoprire dove sono stati sepolti, nell'isola,
i contenitori di gas MW che hanno causato la tragedia.
Arrivato con don Garai (sempre
più suo complice), e un uomo rapito, nell'isola in cui era iniziato
tutto, Michio ripercorre estasiato l'inzio del loro amore (pp. 66-70).
Qualcosa però scatta
in don Garai, che si decide infine a vuotare il sacco sulla vicenda con
un giornalista di sinistra. Il quale farà un ottimo lavoro d'indagine,
scoprendo e pubblicando molti dettagli, prima di essere ridotto al silenzio
per sempre da Michio tramite una gang di delinquenti.
Michio nel frattempo si
sposa con la figlia del politico che è il principale responsabile
dell'insabbiamento della vicenda...
TEZUKA, OSAMU, MW 3, Hazard edizioni, Milano 2005 [1978].
Terzo ed ultimo volume della serie MW. Senso di lettura giapponese (dalla fine all'inizio e da destra verso sinistra).
Siamo all'epilogo della serie.
Michio, impazzito,
dichiara che le crisi epilettiche causate dai postumi del gas gli rivelano
che gli resta ormai poco da vivere.
Il motivo per cui cerca
il gas non è la giustizia, ma la vendetta: vuole averne un
campione da analizzare, per ricreare il gas e liberarne nell'atmosfera
tonnellate, per sterminare la razza umana il giorno in cui morrà.
Don Garai è
finalmente (era ora!) deciso a mettersi di traverso e di raccontare l'episodio
in cui era stato coinvolto anni prima. Ragione per cui, per fermarlo, Michio
lo attira (e lo fa fotografare in posizione compromettente)
in un club gay, qui descritto in modo piuttosto stereotipato ed
esotico (pp. 24-28).
Le foto vengono offerte
a un giornale scandalistico, per rovinare la reputazione di Garai. Il giornale
le compra. Ma la direttrice non pubblica le foto. Perché? "Oggi
ho compiuto un atto di insensata benevolenza", annuncia alla sua donna,
mentre torna a casa... (p. 49).
La vicenda assume un ritmo
sempre più rapido, causando altri omicidi e coinvolgendo uomini
politici, militari (Michio seduce un generale americano - pp. 66-68
- per avere accesso alla base in cui è tenuto il gas: a Tokio) e
imprenditori.
Con una serie d'imprese
rocambolesche Michio riuscirà infine ad avere il suo campione del
gas, e a partire in aereo con alcuni ostaggi. Fra cui don Garai, a cui
continua a fare le coccole...
Durante un trasbordo la
polizia riesce a far salire sull'aereo rapito il fratello di Michio,
che gli somiglia molto, ed è un celebre attore di teatro in ruoli
femminili. I due si azzuffano, e nel mentre don Garai si getta dall'aereo
con la sacca del gas. (Commento mio: non so se a un prete si addica
l'etica del bushido - il codice dei samurai che prevede il
suicidio per salvare l'onore - ma se gli si addice, allora don Garai non
poteva accorgersene un paio di albi - e numerosi omicidi - prima?).
Michio viene ucciso,
l'areo atterra, la vicenda è conclusa.
O forse no: l'ultima vignetta,
agghiacciante, lo mette in dubbio...
Questa è un'ottima
opera, ben costruita, con personaggi tutt'altro che monodimensionali
(come purtroppo in molti altri manga).
L'autore ci propone personaggi
capaci del male assoluto, come pure, al tempo stesso, di abbandono all'amore
assoluto. L'essere umano, per lui, è capace di entrambi i comportamenti...
Se amate i fumetti, non
sprecherete il vostro tempo e i vostri soldi acquistando questa serie,
nonostante non si tratti, in senso stretto, di uno shonen
ai / yaoi.
TOFFOLO DAVIDE, Intervista a Pasolini, Edizioni Biblioteca dell'immagine, Pordenone 2002.
Come parlare oggi di Pasolini
in modo non scolastico?
Davide Toffolo un'idea simpatica
l'ha avuta. Ha finto che un disegnatore di fumetti abbia incontrato su
Internet un "signor Pasolini" (con
tanto di sito, autentico) che lo ha sollecitato a intervistarlo, e
a registrare e divulgare le sue parole.
Questo "signor Pasolini"
(fantasma, reincarnazione o mitomane che sia) ha in effetti il viso di
Pasolini, e le parole delle interviste sono tutte, rigorosamente, citazioni
da scritti o interviste all'artista scomparso.
E per quanto ci riguarda
no, non dimentica, scrupoloso, di riferire quanto Pasolini scrisse sulla
propria omosessualità (pp. 102-105 e 117).
L'operazione è
riuscita?
Ho qualche dubbio sul fatto
che le lunghe citazioni risultino meno "pesanti" solo in virtù del
corredo d'immagini (spesso oniriche, visionarie) che le accompagnano. Pasolini
fu un intellettuale "difficile", e tale resta anche quando viene reso a
fumetti.
Ciononostante, fra
i tanti modi possibili d'introdurre Pasolini, e le sue riflessioni su se
stesso e sull'arte, questo risulta probabilmente il più originale
e simpatico.
L'autore è stato
rigoroso, quasi "filologico", dimostrando un grande amore per ciò
che stava facendo. Il suo tratto è elegante e mai lezioso. La mistura
fra realtà e sogno (spesso tratto anch'esso da opere letterarie
di Pasolini) non è mai eccessiva o fine a se stessa.
Se un pregio può
reclamare quest'opera, in effetti, è quello di non perdere mai
il senso della misura, di non essere mai "eccessiva"; scadendo nel
grottesco o nel facile effetto superficiale.
Insomma, mi sentirei di dire che l'operazione è riuscita, e che questo è pertanto un libretto consigliabile: sia a chi già conosce ed ama Pasolini, sia a chi è in cerca di un modo per conoscerlo.
P.S. Le foto che appaiono sul sito del "signor Pasolini" sono quelle del grafico, illustratore e autore di fumetti gay Graziano Origa.
TRILLO CARLOS e ALTUNA HORACIO, Slot machine, Produzioni Cartoons, Roma 1986.
Storie a fumetti, satira dei luoghi comuni dei fumetti di supereroi, risalenti a un'epoca in cui la semplice evocazione dell'omosessualità era di per sé "trasgressiva" e "sorprendente". Oggi però dubito che riescano a far fare "ooooh!" a chicchesia...
Si veda: "Gente sola",
dove l'epica lotta del maschione per la bella femmina discinta si conclude
con una sorpresa.
Anche in: "Rischi"
il biondo supereroe salvatore di femmina ignuda subirà dai nemici
un trattamento non previsto.
TRILLO,
CARLOS e RISSO, EDUARDO, Borderline,
Free books, Città di Castello (PG) febbraio 2005 - maggio 2006.
Volumi
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.
Ristampa
della serializzazione apparsa sul settimanale "Skorpio" in 55 puntate,
fra il 1995 e il 1996.
In questa miniserie argentina del 1993-1995 (autoconclusa) di sette albi, le belle donne sono molto sbadate, visto che tendono a perdere i vestiti con una frequenza allarmante.
Borderline,
innesto di fantascienza
cyberpunk, fumetto erotico, fumetto politico ed altro ancora, presenta
una distopica società futura nella quale una dittatura mondiale
tiene sotto il tallone i superstiti di una devastante guerra mondiale,
usando i "marginali" come riserva di organi da espiantare per garantire
la longevità alla potentissima elite.
Come
in tutti i racconti nei quali il potere dei dominatori è descritto
come eccessivamente perfetto e imbattibile, alla fine, per far trionfare
gli oppressi, agli autori non resta che rifugiarsi nel sogno e nella favola,
inserendo personaggi dai poteri magici (anche se fra i cattivi già
circolavano licantropi ed altre creature improbabili), come la capacità
di vedere il futuro. E come analisi sociale dire che il Potere potrà
essere sconfitto solo dalla Fata Turchina non è il massimo. Ma forse
gli autori riversano in quest'opera la sensazione d'impotenza in cui visse
la loro generazione durante la dittatura di Videla.
Nella
serie appare ripetutamente una coppia di poliziotte lesbiche giapponesi,
che rispondono ai nomi di "1" e "2", ma che in privato ("ovviamente") usano
fra loro nomi maschili (Mike e Jack). La funzione narrativa di questa coppia
è permettere agli autori di fare apparire almeno una scena che le
ritrae nude e insieme a letto in ognuno degli albi, anche se poi gli autori
si divertono a farle interrompere sistematicamente dai superiori mentre
sono in queste faccende affacendate.
Una
delle due concupisce inoltre l'eroina positiva (una sordomuta, nonché
killer spietato ed efficientissimo, anche lei frequentemente ignuda) e
cerca di vederla senza vestiti ogni volta che può, causando le ripetute
crisi di gelosia della sua compagna, che a loro volta scatenano baruffe
a ripetizione.
Le
due non sono affatto personaggi positivi, la loro coppia è ridicola
(e se si salva a lungo è solo perché arrapa il lettore etero)
ed alla fine l'eroina positiva le ammazzerà entrambe nell'Armageddon
finale che suggella la conclusione della serie.
L'utilizzo
titillatorio delle lesbiche nei fumetti è sempre indice di morbosità
ma, in sé e per sé, non necessariamente di omofobia.
Il
fatto che questi due autori, sì, soffrono proprio di omofobia lo
si capisce semmai nell'unica vignetta in cui appaiono gay di sesso maschile,
nel volume 6, p. 33, dove ripercorrendo le tappe che hanno portato alla
catastrofe mondiale si accenna all'alleanza fra "i neocomunisti sovietici
e la comunità gay". Il concetto è illustrato da un ritratto
di gruppo di alcuni energumeni (dopo tutto, sono terroristi) con falciemartello
tatuate sui bicipiti, e volti segnati da lunghe ciglia finte, rossetto
ed orecchini.
Come
volevasi dimostrare.
TRILLO CARLOS E MEGLIA CARLOS, Cybersix. Volume 1: fantastica creatura della notte, Coniglio, Roma 2009.
Ci sono libri che o si amano
o si odiano, e questo è uno di quelli.
Mi è bastato leggere
la recensione
che Massimo Basili fa di questo volume, raccontando di come la serie
di fumetti qui raccolta sia stata per lui in gioventù un appuntamento
atteso con ansia e piacere, per farmi capire di essere di fronte ad un'opera
di "culto". Una di quelle, cioè, che richiedono che tu sia
in partenza sulla stessa lunghezza d'onda se vuoi apprezzarle, e in questo
caso c'è poco da fare: o lo sei, o non lo sei.
Io non lo sono. L'ho trovata così noiosa da non riuscire ad arrivare in fondo al primo volume questa scombinata serie di avventure notturne di una donna geneticamente manipolata, eterosessuale ma di giorno travestita da professorino ebreo (?). Nonché alle prese con uno scienziato pazzo nazista attorniato da esseri che sono vittime e frutto dei suoi esperimenti genetici, che le danno la caccia e con i quali lotta vestita di improbabili mantellacci da supereroina ma senza poteri speciali.
Non so, a me è parso un libro privo della necessaria misura, sguaiato, eccessivo per partito preso (a un certo punto fra i personaggi incontriamo perfino Lazzaro, ancora in giro per il mondo a far lo zombie), e per nulla divertente nel suo tentativo di fare umorismo a partire dai medici nazisti e dai loro esperimenti criminali.
L'omosessualità inoltre affiora solo a tratti (la prostituta lesbica, le accuse di frociaggine...) dato che la protagonista si traveste sì, ma come detto rimane eterosessuale (oltre che prosperosa e discinta ai limiti del pornofumetto).
In conclusione: prima di
comprare quest'opera (che oltre tutto è in due volumi) sfogliatela
bene. A quanto pare, divide il mondo fra coloro che l'adorano, e quelli
che la detestano.
Sta a voi scoprire in quale
gruppo rientrate.
VILLA, EVA, Ayakura. Next generation, Cultura Club, s.l. ma Roma 2000.
Una storia a fumetti, ambientata a Roma ma ispirata al genere dei fumetti shonen ai giapponesi, l'erotismo omosessuale creato da donne eterosessuali per donne eterosessuali.
Questo fumetto è stato profondamente "italianizzato" nel carattere (ed anche, in parte, nel tratto del disegno), conservando della formula giapponese solo l'aspetto meno adatto: il senso di lettura rovesciato (dal fondo all'inizio e da destra a sinistra). Un vezzo inutile, che complica inutilmente la lettura perché poi tanto l'italiano si legge comunque da sinistra verso destra...
La vicenda racconta di un
giovane romano, moro e alquanto "borgataro", che incontra in palestra
un muscoloso svedese biondo (ma vissuto in Giappone). L'attrazione è
immediata, però l'italiano non è affatto pronto ad
accettarla, e dovrà percorrere un tortuoso slalom emotivo
per coronare (e poi coronare ancora, e ri-coronare, e...) il suo desiderio
sessuale.
In questo fumetto l'aspetto
erotico ha un ruolo rilevante, con molte tavole dedicate a ritrarre
la bellezza fisica dei protagonisti, e le loro prodezze erotiche.
L'autrice ha però sfuggito gli stereotipi tipici del genere: in primo luogo il moro, condannato nei fumetti giapponesi al ruolo di "uke" (passivo) qui rifiuta i rapporti anali, in qualunque ruolo: non è pronto ad accettarne l'idea. In secondo luogo, come mostra già questo tocco psicologico, i personaggi sono stati italianizzati, e il giovanottone romano, come ogni bravo gay italiano, vive in famiglia con la nonna, non ha mai fatto il coming out (anzi, a dire il vero non si è neppure accettato come gay), non ha nessuno con cui parlare dei suoi desideri... business as usual, insomma. Tutto il contrario del biondo svedese, che sa quel che vuole, e non si fa tante menate...
Un giorno dovremo ringraziare gli shonen ai italiani per averci ritratto la realtà meno glamourous del frocio medio italiano, fatta di velataggine e bugie a sé e agli altri, per il quale l'omosessualità è solo un Desiderio che irrompe come forza destabilizzatrice, e che pone domande a cui il protagonista non ha - di solito - voglia di trovare risposte, magari con la scusa di non volersi "definire"...
Il fumetto si conclude lasciando in sospeso la vicenda e promettendo un seguito, che però non mi risulta essere mai stato edito: l'autrice ha abbandonato la serie. Peccato.
Utile e intelligente, nelle pagine conclusive, lo scritto d'analisi dei ruoli e degli stereotipi (seme x uke) nei fumetti shonen ai giapponesi.
WAGNER, MATT, STEVEN T. SEAGLE, GUY DAVIS, Sandman Mystery Theatre: il fantasma della fiera, Magic Press, Roma 2003, pp. 108 (edito sia rilegato sia in brossura).
Fumetto poliziesco, a colori.
New York, 1939: la
grande Esposizione universale è una grande attrazione
turistica. È quindi comprensibile che gli organizzatori (che oltre
tutto non sono stinchi di santo) non vogliano che si risappia dei cadaveri
orribilmente torturati che un serial killer vi abbandona nottetempo.
Ma Wesley Dodds, investigatore,
coadiuvato dalla sua fidanzata, intelligente quanto pepatina, indaga sul
caso. Scoprendo che tutte le vittime hanno una cosa in comune: sono
omosessuali.
Eccolo quindi indagare nei
locali "gay" d'anteguerra, scoprendovi a sorpresa anche un collega.
Che sarà la vittima
successiva del mostro.
Il quale è uno psicopatico
omosessuale traumatizzato dalla punizione inumana (a quanto pare, la castrazione)
inflittagli da bambino da un padre fascistoide che lo aveva scoperto e
letto con un cuginetto.
Dodds scoprirà l'identità
del mostro e lo sconfiggerà... ovviamente.
L'aspetto positivo di questo
fumetto è la cura con cui è realizzata la sceneggiatura,
meticolosa nel ricostruire quel momento storico (anche per quanto riguarda
la condizione umana degli omosessuali) e si diverte anche a ricreare
gli scenari effimeri dell'esposizione del 1939.
Gli aspetti negativi sono
però più numerosi di quelli positivi: la banalità
della caratterizzazione psicologica del serial killer (uno Psycho
da strapaese, che pare uscito da una rivistina psicanalitica del 1950,
irrancidito per il tempo trascorso nel frattempo), l'ordinarietà
del disegno, e il pessimo lettering dei fumetti, sbiadito
in modo indecente (al limite dell'illeggibilità).
Nonostante la professionalità con cui è confezionato, quindi, questo è tutto sommato un prodotto per cui difficilmente ci si strapperanno i vestiti per l'entusiasmo.
WARREN, ELLIS e BRYAN HITCH, The Authority. Implacabili, Magic Press, Roma 2003, s.i.p.
Questo volume a colori raccoglie i primi otto numeri d'una serie di fumetti di fantascienza di "supereroi".
La serie, splendidamente disegnata e colorata, non vede una presenza omosessuale molto esplicita, ma è comunque importante perché fu la prima serie che presentò, sia pure con estrema discrezione, una coppia di supereroi gay.
Per un genere letterario parafascista e maschilista come quello dei "supereroi" si trattò di un'apertura notevole, anche se a distanza di appena qualche anno [la serie è del 1999] ormai difficilmente si fremerà per i prudenti cenni che lasciano intuire il legame affettivo tra Apollo e Midnighter (si veda in particolare l'ultima tavola, in cui i compagni ironizzano davanti ai due, abbracciati dopo avercela fatta per un pelo: "Volete restare soli, voi due?").
L'importanza per così
dire "storica" e l'ottimo confezionamento del prodotto non tolgono
comunque il carattere parafascista del testo. Che vedrà la
nostra squadra (il cui nome deriva dal fatto che, avendo la Forza dei superpoteri,
può porsi come la "più alta Autorità morale" mondiale...
la dottrina Bush!) lottare contro un "Impero del Male" di terroristi cinesi,
ovviamente tutti cloni, che sono terroristi per pura malvagità razziale:
"Non ho nessuna politica da portare avanti attraverso il terrore, nessun
ideale da trasmettere. Il terrore per il terrore", dichiara il loro
capo.
Che oltre tutto governa
un'isola dal significativo nome di Gamorra... Alla faccia dell'"apertura"
verso il tema gay...
Da questi dettagli si vede qui una volta di più come questa tipologia di fumetti sostanzialmente illustri e amplifichi le parole d'ordine della destra americana, che in effetti prima dell'11 settembre era occupatissima a demonizzare la Cina come Impero del Male di turno... salvo decidere che aveva sbagliato Impero, e da allora si dedica a demonizzare l'Islam.
A noi italiani può poi far piacere sapere che verso la fine del fumetto, per spezzare un'alleanza tra la mafia e una "perfida Albione" alternativa, i supereroi cancellano con un cataclisma l'intera penisola italiana dalla faccia della Terra (però non le altrettanto colpevoli isole britanniche!). Questo è quel che si chiama "avere il senso dell'Alta Autorità Morale", no? Del resto questo è il principio che è stato applicato in Afganistan o in Iraq... e l'ammonimento è chiaro.
Concludendo: l'opera è
disegnata in modo molto professionale (e l'editore, la Magic Press, cura
sempre assai bene i suoi prodotti editoriali) e mostra begli squarci grafici
su "altri mondi" futuri, nonché scene di battaglia dal forte impatto
pienamente "cinematografico", che sono molto godibili.
Ma il tema gay è
piuttosto nascosto, e l'ideologia di fondo va dall'irritante (se
siete di destra e l'idea che l'Italia debba essere spazzata via dalla faccia
della Terra vi genera un pochino di fastidio) all'insopportabile
(se siete di sinistra e un fumetto fascista vi fa l'effetto che fa un fumetto...
be', fascista!).
Decida chi legge queste righe se questa mescolanza di buono e cattivo valga i 15 euro di costo del libro.
WILLEM, Fred Fallo e gli altri, Edizioni della Vetra, Milano 1972.
Deliranti storie a fumetti dell'epoca "psichedelica", una delle quali, "Jack lo sventratore in vacanza", vede Fred Fallo aggredire una sposa prima delle nozze, lottare con il futuro marito di lei, e innamorarsene... ricambiato. I due fuggono assieme col biglietto del viaggio di nozze...
WOLINSKI, GEORGES, Il sesso forte, Glénat, Milano 1988.
Wolinski veniva dalla scuola
della rivista francese "brutta, sporca e cattiva", "Hara Kiri".
Prevedibilmente, quindi,
questa raccolta di vignette sul sesso è veramente "sporca
e cattiva": fallocratica, cinica, di cattivo gusto, pornocrate... (continuate
voi), ma anche molto divertente!
Alcune tavole sfottono la
crisi dell'Aids e l'omosessualità... ma ce n'è davvero per
tutti.
XEL (pseud. Anna Carboni), Strade, "Boy+Boy" n. 3, Echo, Milano Aprile 2002, pp. 104.
Pubblicato in una collana dedicata all'erotismo gay visto e prodotto da donne eterosessuali (e magari un poco fag-hag), questo fumetto racconta la storia, non proprio nuovissima, del fan innamorato del cantante rock bello e irraggiungibile, perché perde il suo tempo con storie eterosessuali che poi, alla fine, non gli danno nulla, mentre la "persona giusta" per lui è sotto i suoi occhi, ma lui è incapace di vederla, o volerla, perché è un ragazzo.
In realtà la presenza dell'eros in questa vicenda è minimale (una scena sola, e molto discreta), e il fumetto ne guadagna, perché la storia vera ruota intorno alla "fotografia" di un coming out complicato e tortuoso, risolto per il meglio quando alla fine i protagonisti, due teneri post-adolescenti più "imbranati" di quanto pensino di essere, si decidono ad accettare se stessi e i loro sentimenti per quello che sono.
L'autrice ha saputo catturare tutta l'ambiguità e contraddizione di una generazione di giovani gay italiani, che non avendo risolto il problema fondamentale dell'auto-accettazione dondolano in un mare di identità non risolte, di scelte non concluse, di strade tortuose e di solito a vicolo cieco.
Correttamente l'autrice individua
nella scelta della "strada giusta" (l'accettazione di sé) la via
per il lieto fine.
Efficace il tratto "minimale",
che si risolve in uno sfrondamento utile a concentrarsi sulla storia, nella
sua semplicità ed anche bellezza poetica. Si finisce per tifare
per questi due "impiastri" tanto incasinati.
YAMAJI,
EBINE, Free soul, Kappa edizioni, Bologna 2006.
(Recensione
ancora da scrivere).
YAMAJI, EBINE, Indigo
blue, Kappa edizioni, Bologna 2007.
(Recensione
ancora da scrivere).
YAMAJI, EBINE, Love my life, Kappa edizioni, Bologna 2005.
Manga giapponese (e il senso
di lettura è quello giapponese, invertito).
Il mondo dei fumetti giapponesi
non cessa di stupire per la gamma di toni e tipologie che riesce a proporre.
Dopo il tono da "poche ciance, passiamo al sodo" dei fumetti "boy's love"
(o "shoonen
ai" che dir di voglia), la traduzione di questo manga interamente
a tema lesbico lasciava temere, o almeno presagire, una versione al
femminile della stessa logica.
E invece no. Qui siamo in
un universo completamente differente. Non necessariamente "migliore" o
peggiore" (dato che si tratta di prodotti pensati e creati per soddisfare
esigenze diverse di pubblici diversi, e quel che appare "buono" per uno
apparirà magari "cattivo" all'altro), ma certamente diverso.
Si tratta d'una serie di
puntate autoconclusive (e da qui nasce la necessità d'iniziare,
almeno nelle prime, con un riassuntino delle puntate precedenti) che ha
per protagonista una "matricola" universitaria diciottenne, Ikiko Izumiya,
un po' timidina e spaurita, che ha una storia d'amore con una ragazza poco
più grande di lei, la ventunenne Eri Jojima, anche lei studentessa,
di carattere più deciso.
La vicenda, che non voglio
rivelare per non togliere del tutto il piacere della sorpresa, ha inizio
dalla decisione di Ikiko di rivelare al padre, con il quale vive da sola
dopo la morte della madre, d'essere lesbica.
Lungi dallo scioccare il
padre con questa rivelazione, però, la sorpresa tocca a lei, perché
il padre le rivela a sua volta d'essere gay e che per sovrapprezzo sua
madre era stata lesbica, e che loro due s'erano sposati pur sapendo d'essere
omosessuali per avere un figlio, lei, e per finire che gli amici e le amiche
che ha visto in casa fin da bambina non erano, e non sono, semplici "amici".
Da queste premesse nasce
e si sviluppa tutto il mondo di questo splendido fumetto, ambientato in
una famiglia molto aperta alle esperienze "diverse" (il padre vive traducendo
dall'inglese) e culturalmente all'avanguardia (il padre traduce testi dell'avanguardia
letteraria, e in Italia sarebbe il tipico "intellettuale di sinistra").
Ciò fa sì che tutto sia un poco idilliaco, civile, educato
e privo di angolosità. Ma si tratta solo del fatto di aver scelto
una famiglia "riuscita" per motivi suoi: già i genitori Eri Jojima
si rivelano di tempra esattamente opposta, e il padre è dipinto
come autoritario, maschilista, totalmente tradizionalista: non il
genere di persona con cui chiunque farebbe volentieri coming out.
Attorno alla protagonista
ruota un piccolo mondo di amici (fra i quali un gay "velato", che non osa
fare coming out), molto essenziale per non distrarre dalla vicenda
principale, ma sufficientemente variegato da mostrare le diverse faccette
della realtà di vita omosessuale.
La vicenda è narrata
con estrema poesia e tatto. La "misura" perfettamente azzeccate
sembra infatti essere la cifra di tutto questo fumetto. Le scene di sesso
ci sono, sono esplicite, ma non sono invadenti o titillatorie, e soprattutto
non sono mai volgari, anzi sono spesso molto poetiche. Il disegno,
piuttosto fluido e di taglio "cinematografico" nella costruzione delle
inquadrature, è estremamente arioso, estraneo all'horror vacui
di altri fumetti giapponesi, e di grande eleganza.
Le vicende narrate sono
"vere" e il mondo descritto non è affatto un mondo ideale o idealizzato,
tanto che la giovane coppia di ragazze dovrà affrontare il "problema"
dell'incapricciamento di Ikiko per un'altra ragazza, come accade a qualsiasi
coppia della realtà.
Ma soprattutto, è
il modo in cui l'autrice affronta i problemi che pone sul tavolo a rendere
splendido questo fumetto: mai superficiale, mai troppo semplificato, sempre
poetico e sempre preoccupato di mostrare come uno stesso fenomeno possa
avere aspetti diversi, talora a noi sconosciuti ma non per questo meno
"veri". Non esito quindi a dire che questo è per me uno di quei
casi in cui il fumetto riesce a farsi opera d'arte, sia letteraria
sia (vista la bellezza delle tavole) anche grafica.
Se mi è consentito
un consiglio, io raccomanderei questo testo ai gruppi gay affinché
lo usino come "prima lettura" da consigliare alle ed anche agli adolescenti
alle prese con i patemi d'animo del coming out. Contiene infatti
le loro domande, e contiene anche molte risposte, o almeno proposte di
risposta, espresse con un linguaggio semplicissimo ed immediato, comprensibile
subito a tutti, come è quello del fumetto.
L'unico ostacolo potrebbe
essere la lettura alla giapponese, che va dall'ultima pagina alla prima
e da destra verso sinistra, ma parlando della generazione più giovane,
che è cresciuta avendo a disposizione molti manga giapponesi,
questo potrebbe essere un problema relativamente meno comune che per quelle
precedenti. E in ogni caso, la bellezza di questo fumetto vale lo sforzo
d'abituarsi a questa stranezza.
Ripetitività e prevedibilità, per le clienti del genere boys' love, sono un pregio e non un difetto, ma esiste un limite a tutto, oltre il quale tanto vale rileggersi gli albi già acquistati.
Nel tentativo d'innovare
un poco questo genere (in cui situazioni personaggi e azioni sono sempre
identici di albo in albo) pur mantenendosi negli stretti canoni del genere,
la Yamane ha tentato un non sgradevole innesto fra genere boys' love,
fantasy e finto-celtico alla Signore degli anelli.
La commistione non si limita
a questo, dato che i personaggi si muovono in un paesaggio ricco di architetture
gotiche, neogotiche e carolinge, popolato da draghi disegnati secondo l'iconografia
della tradizione giapponese, incontrando persone vestite con abiti dotati
di gale e alamari del XVIII secolo, che indossano gioielli "elfici" nel
più puro stile dei film della trilogia del Signore degli Anelli,
e chi più ne ha più ne metta.
Questo sfrenato eclettismo
sembra votato al trionfo del kitsch, ma innestandosi su un
filone che è già in partenza straordinariamente kitsch
di suo non può certo peggiorarlo, arrivando perciò a quel
kitsch al quadrato che è la base indispensabile per una degustazione
camp. Tutto è esagerato, esagitato, ipercinetico, c'è
un vero abuso dell'ellissi per cui si arriva a mostrarci a volte la prima
scena d'un evento e subito dopo la sua conclusione, per non parlare delle
inquadrature ruotate all'improvviso di 180 gradi da una vignetta all'altra.
Palesemente l'autrice ha
fatto suo il montaggio visuale degli spot pubblicitari e dei videoclip,
con un vorticare e frullare di punti di vista da "schizzati" di cocaina
(che nei videoclip è probabilmente causato per davvero dalla suddetta
sostanza assunta da operatori e montaggisti), e che qui mi fa un po' girare
la testa, essendo fine a se stesso. In altre parole, la "macchina da presa"
della fumettara è costantemente in movimento come una motocicletta
che sta in piedi solo se è in movimento. Con tutta questa frenesia
l'autrice si sforza di nascondere le sue non proprio felici capacità
narrative, che riesce peraltro a riscattare con una cura meticolosa del
tratto che è senz'altro apprezzabile.
La vicenda ruota attorno a una spada magica, in grado di ammazzare le creature magiche malvagie, ma ad un prezzo: durante la notte (e dopo ogni combattimento) invasa e trasforma il suo possessore in un animale, privo di ragione. Questo perché i maghi che l'hanno forgiata l'hanno bagnata nel sangue di un démone (azione poco saggia, di cui hanno pagato il fio).
Un giovane principe, la cui
casata possiede la spada da generazioni, la estrae dal cofano in cui è
custodita durante un attacco di demoni al suo castello. Riesce così
a sconfiggerli, ma cade - come i suoi avi prima di lui - anch'egli vittima
dell'"incantesimo della spada cremisi" (da qui il titolo della mini-serie).
Solo un paio di manette magiche gli permettono di dormire la notte senza
che aggredisca qualsiasi essere vivente si muova attorno al luogo in cui
si è coricato.
Chiede allora aiuto a un
mago, che pur recitando in questi albi il ruolo del seme,
ha capelli lunghissimi che manco la Fata Turchina, abiti svolazzanti che
manco Gina Lollobrigida, e movenze femminee che manco Marilyn Monroe.
I due partono alla ricerca
del magico rimedio, ed ogni notte il mago porcellone scioglie il bellissimo
giovane dalle manette, contiene la sua bestiale aggressività con
un incantamento... e lo sodomizza. Olé.
Tanto, al mattino il principe
non ricorda nulla di quanto ha fatto (e subito) mentre era una bestia.
Dettaglio curioso, durante
la trasformazione il bel principe acquisisce una pelle scura percorsa da
ghirigori neri che ricordano i tatuaggi "tribali". Suppongo che si tratti
d'una metafora dell'istinto animale che si scatena, finalmente libero dalle
convenzione dell'iper-repressiva cultura giapponese: in effetti di giorno
il principe, pur provando strani turbamenti per il suo Fato Turchino, è
oltraggiato alla sola idea che un uomo possa osare toccarlo, in dispregio
di ogni convenzione e morale.
Per costruire quella che
potremmo battezzare "La compagnia dell'anallo" l'autrice ci ficca poi dentro
un non meglio precisato "essere magico" dalle fattezze di coniglio volante,
che essendo tratto dalla mitologia giapponese non si capisce bene cosa
sia e cosa faccia, comunque c'è.
I tre si spostano istericamente
da un luogo all'altro, in un turbine di accadimenti che si affastellano
senza alcun piano logico, con il solo scopo di permettere all'autrice di
portarli da "qui" a "lì", e da "lì" a "là", facendoci
incontrare nel frattempo draghi, diavolacci e diavolini, maghi bianchi
e neri, stregoni al servizio dei demoni, e quant'altro.
Particolarmente bizzarro
il sincretismo fra le superstizioni magiche occidentali ed orientali, per
cui i maghi e i demoni hanno fattezze occidentali ma comportamenti che
fanno riferimento alla credenze giapponesi, oppure l'inverso, in un bel
mischione in cui per capirci tutto probabilmente occorre una conoscenza
delle superstizioni orientali superiore a quella che sentirò mai
voglia di avere nella mia vita.
Resta da dire sulle scene
di sesso. Al solito, come in tutta la produzione giapponese che ci è
arrivata finora, il sesso pare non possa andare disgiunto dalla dominazione
e dallo stupro, ma queste sono le regole di questo genere di fumetti,
quindi prendere o lasciare.
Segnalo peraltro che la
rappresentazione degli atti sessuali tende a diventare qui più esplicita,
con concessioni alla censura sempre più esili, limitandosi a rappresentare
con parsimonia di dettagli ciò che un tempo sarebbe stato completamente
coperto o sfumato.
Nel complesso il risultato
è gradevole, dato che la totale mancanza di riguardi verso i limiti
dei generi codificati finisce per dar vita a una mistura delirante, ma
divertente e a suo modo originale. L'autrice, che non ha mai brillato per
la verosimiglianza delle sue storie, ha finalmente potuto lasciare briglia
libera alla sua fantasia, e il risultato ci ha decisamente guadagnato.
Certo, al solito il fumetto
soffre di personaggi monodimensionali, prevedibili, incapaci di agire al
di là dello stereotipo che incarnano, ed alla lunga stucchevoli.
Ma questa è una caratteristica di questo genere e, daccapo, prendere
o lasciare.
Tutto sommato, in questo
caso io prenderei.
Seconda puntata di questa
mini-serie
in tre volumi.
Può essere riassunta
nella formula "more of the same", riproponendo gli stessi personaggi,
le stesse situazioni, le stesse ambientazioni del primo volume.
Questo episodio s'incardina attorno a un lungo attacco di demoni, con combattimenti magici e non, concluso con il duello fra un mago nero e il Fato Turchino che accompagna il protagonista. Il secondo è sconfitto e viene rapito dal mago cattivo (che pur avendo una lingua da serpente è donnissima e lunghochiomato anche lui. Ma se le ragazze giapponesi si eccitano per "uomini" così, come faranno a provare mai un orgasmo in vita loro? Persino una trans è troppo virile per loro, al paragone!).
Il vero bersaglio del mago cattivo è però in realtà il giovane principe, la cui capacità di attingere alla forza demoniaca attraverso la sua spada e la sua metamorfosi in Bestia fa gola alle potenze del Male. Rapirne il compagno serve quindi solo a procurarsi un'esca per attrarlo nel Solito Castello Dove i Soliti Cattivi Vivono al Solito Modo, che è un incrocio fra i castelli di Disneyland e quelli di Las Vegas.
Per avere successo, però, occorre spezzare il legame di attrazione fra i due giovanotti, tuttavia l'episodio si conclude con i due amanti, entrambi magicamente privati della memoria, che nonostante l'amnesia continuano ancora a desiderarsi ed attrarsi a vicenda, senza sapere perché.
In questo episodio la conduzione
della narrazione è particolarmente farraginosa e saltellante, limitandosi
ad affastellare immagini ed eventi con la stessa cura e ordine di uno sversamento
in una grande discarica a cielo aperto.
Ciononostante l'innesto
"contronatura" fra boys' love e fantasy continua a mantenere
il suo fascino, almeno a sufficienza per farci desiderare di vedere come
andrà a finire nel terzo volume (che purtroppo è uscito dal
commercio immediatamente dopo la pubblicazione, per qualche vicenda
editoriale non chiarita, e quindi chissà quando e se lo troverò).
YAMANE, AYANO, The
crimson spell 3, Kappa, Bologna 2010.
Terzo ed ultimo volume della
saga.
(Recensione ancora da scrivere).
YAMANE, AYANO, You're my love prize in viewfinder, Kappa edizioni, Bologna 2005, pp. 192.
Fumetto giapponese shonen ai (e il senso di lettura è quello giapponese, invertito).
Questo volumetto contiene la parte iniziale di alcune storie della medesima autrice, nessuna delle quali è conclusa.
In questo modo l'albo somiglia
maggiormente alle riviste per cui questi fumetti sono stati concepiti,
ma risulta anche molto più farraginoso dei volumi editi normalmente
in questa collana.
Il titolo, nell'inglese-fai-da-te
delle autrici giapponesi di fumetti, vuol dire qualcosa del tipo: "Sei
tu la preda d'amore nel mirino della mia macchina fotografica", una
traduzione che funziona solo a patto di stuprare un tantino la lingua
inglese.
Ma del resto lo stupro
è il piatto forte della vicenda principale, quella che dà
il titolo alla raccolta, nella quale l'adolescente fotografo Akihito
si mette nei guai con un reportage sui loschi maneggi di un giovane
e bellissimo mafioso, Riuichi Asami.
L'esito è scontato:
catturato, Akihito viene legato e stuprato in tutti i modi dal mafioso.
Ma, sorpresa!, Akihito ci prende gusto, anzi la cosa lo eccita davvero...
Mi lascia perplesso l'ideologia
che sta alla base di questo fumetto. A quanto pare, da qualche parte nel
mondo vive ancora la vecchia idea che sentivo da piccino sulla bocca degli
esponenti più medievali dei paesini del centro della Sicilia, vale
a dire quella secondo cui la vittima di uno stupro è comunque
"guastata", perché una volta gustato l'ineffabile fallo maschile
non avrebbe più potuto farne a meno, trasformandosi in una "fimmina
svergugnata".
A quanto pare, il principio
vale ancora per i ragazzi: violentatene uno, e non potrà più
fare a meno di essere legato, sodomizzato a forza, riempito di vibratori,
di cannule e quant'altro.
Mi interesserebbe molto
una conversazione, sulla libertà sessuale, con l'autrice di simile
fumetto... (anche se visti i titoli dei suoi lavori temo che non potremmo
decisamente usare l'inglese per conversare...).
Comunque, se gli stupri
a voi piacciono, sappiate che Akihito è catturato e stuprato anche
da un mafioso cinese effeminato coi capelli lunghissimi (da Banana
fish in poi, tutti i cinesi sono mafiosi ed effeminati e tutti
i cinesi hanno i capelli lunghissimi... uff!). Riuichi lo salva, ma per
"ripulirlo" da quel che ha fatto il cinese, lo stupra daccapo per imprimere
il suo marchio di possesso nel corpo del ragazzo.
Eccetera: credo che a questo
punto abbiamo tutti capito di cosa parli il fumetto, no?
Del resto anche nella seconda storia, "Love lesson", un ragazzino al primo anno di liceo viene molestato in autobus da uno sconosciuto. Lo salva un allievo della sua stessa scuola, che però voleva solo abusare di lui, e che lo sodomizza in cortile. Bella "lezione d'amore", davvero.
"Due arbusti innamorati" presenta invece due compagni di liceo che scoprono che i loro rispettivi padri hanno probabilmente una relazione omosessuale. Scandalizzati e comprensibilmente traumatizzati, prendono una stanza d'albergo accanto alla loro per spiarli, ma senza successo. Si fermano quindi a dormire per la notte (ormai la stanza è pagata...), e quel che deve accadere accade. Se non altro, almeno questo episodio non prevede stupri. Anzi, la vicenda del turbamento e della seduzione fra i due ragazzi è piuttosto delicata. Vedremo se nel prosieguo riuscirà ad uscire dallo scontato: fra tutte le storie di questo albo, a me pare la più promettente. Tutti i gusti son gusti...
"Risky society - Glod bless my justice" ci fa piombare al centro di una squadra di persone con superpoteri manovrata da un misterioso gruppo di personaggi di pochi scrupoli. C'è anche un poco di sesso fra due dei personaggi, ma è marginale rispetto alla vicenda. Che è piuttosto di routine, se non risibile.
Infine in "Abbracciando la notte con passione" Akihito ritrova il suo bel mafioso e ci fa l'amore. Questa volta senza bondage. Alla fine del rapporto, si sorprende di se stesso chiedendogli di passare la notte da lui... Il fanciullo, a quanto pare, s'è innamorato... Cresce bene, il piccino...
La caratteristica delle storie
raccolte in questo volume è la crudezza del sesso praticato
dai protagonisti.
Se vi piace, l'albo fa per
voi. In caso contrario, le vicende in sé sono abbastanza stereotipate,
così come i personaggi, tanto che l'impressione del déja
vu la fa da padrona, fin dalla scelta dei personaggi (lo
yakuza sexy, il cinese effeminato e coi capelli lunghi, il...).
Solo per appassionati del
genere.
YAMANE, AYANO, You're my love prize in binding cage, Kappa, Bologna 2010.
Nonostante il titolo lasci
in qualche modo presagire un sequel del volume precedente, anche
in questo volumetto è ripresa la forma antologica, con vicende che
condividono i personaggi di You're my love prize
in viewfinder, ma senza porsi come continuazione delle narrazioni.
Quello che è in comune con il volume precedente è invece
la fantasia sessuale, che insiste sulla sessualità di stupro, e
su personaggi che vivono i loro desideri sessuali con profonda vergogna,
che solo lo stupro (agito o subito) riesce a vincere.
Ovviamente, com'è
tipico delle fantasie erotiche, la vittima degli stupri in realtà
ci prende gusto ed anzi, alla fin fine gli piace "prenderlo il quel posto".
Ma questi fumetti sono fatti così.
In questo secondo volume
della serie detta "del viewfinder" (mirino della macchina fotografica)
nell'episodio di apertura "Bodychase" (pp. 3-32) l'efebico fotoreporter
Akihito s'intrufola per spiare, assieme a un detective, in un locale
notturno gestito dal criminale Riuichi Asami. Scoperto, per punizione
non verrà liquidato ma solo stuprato, di nuovo, da Asami.
Dopo i "No, non voglio"
di prammatica ci prende proprio gusto, al punto da aspettarsi da lui, da
questo momento in poi, qualche attenzione in più. Perché
evidentemente in Giappone essere stuprati o ricevere un anello di fidanzamento
dev'essere grosso modo la stessa cosa. Paese che vai, usanza che trovi...
"Il fiore del grattacielo",
diviso in più episodi tutti in sequenza, occupa la maggior parte
del volumetto (pp. 33-151) ma ha ben poco del genere boys' love,
se si eccettua la capigliatura da Maria Maddalena Penitente del mafioso
cinese Fei Long, che traffica in armi sul mercato giapponese, per
il quale se non altro l'autrice ammette: "il problema con Fei Long è
la prospettiva di finire per disegnarlo troppo somigliante a una donna"
(p. 176). Direi che se non fosse lei a dirci che è un maschio, a
giudicare dal disegno non diremmo mai che sia un uomo (e neppure cinese,
se è per quello).
La vicenda ruota quasi interamente
intorno alla lotta di potere tra i due fratelli di un boss mafioso cinese
in fin di vita, che finirà con... diciamo un buon numero di liquidazioni
fisiche. Nel corso della vicenda Fei Long verrà incongruamente aiutato
dallo yakuzaro Asami, con cui avrà un fuggevole rapporto sessuale
"di consolazione", anche se poi nega espressamente i propri desideri ("Io
con un uomo... certe insinuazioni potrebbe pur risparmiarsele", p.
109).
Conclude il volume la storiellina
"Il Dna non mente" (il titolo più cretino della storia dei
"boys' love", e sì che è una bella gara) nel quale
riappaiono alle pp. 152-172 i due studenti e i due padri amanti di "Due
arbusti innamorati". Con la scusa di portare il figlio a far visita al
compagno malato, il padre di uno dei due virgulti va a trovare il suo amante
(padre del suddetto compagno), visto che ha saputo che la moglie non è
in casa per qualche giorno. Ovviamente i padri iniziano a fare quel che
desidererebbero fare e che non fanno perché si sono sposati entrambi
solo per rispetto delle convenzioni sociali, ed anche i figli vanno a parare
"là".
Anche in questo caso uno
dei due tira fuori le solite gnegne da vergine offesa per le avances
del compagno ("Vorrei che facesse qualcosa per quel suo istinto depravato...
il bello è che non se ne accorge nemmeno", p. 161). Il compagno,
giovane ma bene organizzato, gli mostra però delle riviste porno
di donne poppute, e una volta eccitatolo passa alla consumazione dell'atto
masturbatorio richiesto dalla trama, con reciproca soddisfazione.
Vera paladina del "pensa
positivo", la Yamane ci comunica anche l'edificante pensiero del virgulto
verginella dopo il fattaccio: "Come posso giudicare mio padre se anche
io..." (p. 171). Ah, era questo il problema: avere un motivo per giudicare
male il padre. Certo, però, che a quell'età la rivalità
edipica è importante...
Mah. A me la mentalità contorta della Yamane proprio non riesce a piacere: la trovo malsana e malata. Staremo anche parlando di fantasie erotiche, e alla fantasia non si comanda, ma qui abbiamo assassini mafiosi, stupratori, "velate" in preda al senso di colpa senza neppure la scusa di essere cattolici, e cinesi troppodonne: decisamente una bella collezione. Condita, ed è qui che si passa il segno, con un'omofobia esplicita e rabbiosa che non è assolutamente necessaria alla fantasia, ma è un'aggiunta che l'autrice si permette gratuitamente.
Va be': tutti i gusti son gusti.
YAMANE, AYANO, You're my love prize of one wing, Kappa, Bologna 2010.
In Rete le fans della Yamane han fatto cagnara perché questo volumetto, il terzo della serie "viewfinder" (del 2005), porta in italiano il titolo di quello che in Giappone è in realtà il quarto della serie, che in Italia (per fortuna) non è uscito... Ma tanto le storielline della Yamane sono talmente seriali e uguali fra loro che anche se si stampasse sempre lo stesso volume con titoli diversi temo che io non noterei la differenza...
La vicenda principale, "Naked
truth", divisa in episodi (pp. 3-132), mette in scena lo scontro all'ultimo
sangue tra Fei Long e Riuichi Asami.
Fei Long rapisce
due amici del giovane fotoreporter Akihito Takaba e annuncia che
li ucciderà se il bel fotografo efebico non sottrarrà ad
Asami un elenco di affiliati alla sua yakuza, che intende liquidare fisicamente.
Lo svolgimento alterna scopate
e sparatorie, con la novità che adesso Akihito è proprio
cotto del suo serial raper e pretende dai lui l'ammmmore: "Ma
che vuoi da me? Che t'importa! A te non è mai importato nulla di
me!". Della serie: "Visto che ormai ti ho dato il cu... allora tu
devi darmi il cuore". Questo sì che è Vero Amore!
E quando il libidinoso uke
ammette: "Sentivo che il lato oscuro di quest'uomo aveva cominciato
ad avvolgermi", con le parole "lato oscuro" non sta alludendo al fatto
Asami è un criminale assassino, bensì... alla sua omosessualità.
Signorina Yamane, lei è un faro per tutti noi sulla considerazione
da dare all'omosessualità.
Ma questa tizia la pensa davvero così e non c'è nulla da fare. Quando Asami narcotizza Akihito per non averlo tra i piedi e va a saggiare la trappola tesagli da Fei Long (da qui, sparatoria e sei morti ammazzati), Akihito resta solo nell'albergo dove ha appena ceduto il suo corpo fremente alle brame dell'Oscuro Signore. Uno dei mafiosi cinesi irrompe e lo prende prigioniero, ma Akihito riesce a liberarsi seducendolo ("Sono un branco di pervertiti e devo approfittarne", p. 82) ed eccitandolo ("Sai che ha fatto il tuo boss? Mi ha incatenato e messo in una posizione a dir poco imbarazzante. Poi ha gettato alle ortiche il suo orgoglio di uomo (...) me l'ha messo dentro e ha spinto fino a farmi perdere i sensi" (p. 81)... e infine colpendolo facendogli perdere i sensi. E poi dicono che l'omosessualità non fa male.
Liberati gli amici e rivisto
Asami vivo, Akihito va a cercare Fei Long, trovando lui e un sacco di guai.
Fei Long lo stupra (e questa è una scena di stupro vero) dopo di
che, essendosi sfogato, sta per ammazzare il ragazzo ("Ora non mi servi
più"), ma qui ovviamente irrompe Asami.
Nell'immancabile sparatoria
tutti e tre vengono feriti, e l'episodio si conclude con Fei Long che fugge
dal tetto in elicottero (ogni mafioso cinese ne tiene uno in balcone a
portata di mano, giusto in caso venga utile) portandosi via Akihito come
ostaggio: "Se ti importa davvero di lui dovrai venire a Hong Kong"
(p. 130).
E come dio volle anche 'sto
guazzabuglio di pornomafiosi finisce qui. Per stavolta.
Il successivo "Love surprize" (sic), alle pp. 133-150, è un grazioso raccontino più riuscito della media, che presenta Akihito alla festa di capodanno con gli amici che pasticciando col suo cellulare chiamano il numero di Asami, che in teoria Akihito non avrebbe dovuto avere. Nel cercare di rimediare al pasticcio il ragazzo lo peggiora ulteriormente, finché trova il coraggio di chiedere scusa e chiede ad Akihito di venirlo a prendere. Quando Asami arriva trova Akihito ubriaco e lo porta via in macchina. Akihito si sveglia mentre Asami glielo sta mettendo: "Così inauguriamo alla grande il nuovo anno" (p. 149). "Uffa! Ma deve finire così anche a capodanno?", è il suo commento. Ho trovato efficace la descrizione della banda di amici, ragazzotti che scherzano e si prendono in giro a vicenda, con Akihito che non può spiegare che il numero chiamato non è quello di una donna bensì... ma che approfitta dell'incidente per dare via libera ai suoi sentimenti, che altrimenti reprime.
"Baked sweet glasses" (sic, forse intendeva dire glacés), alle pp. 151-172, è il racconto scombinato d'un piazzista che cerca di vendere una partita di mutande all'aitante buyer di un grande magazzino cambiandosele davanti a lui. Si scoprirà poi che ne era innamorato sin da ragazzino. Finale prevedibile: in un letto.
Infine l'insulso "Giovani foglie innamorate" (pp. 179-191) parla della rivalità scolastica di due amici, ed è un mero riempitivo, senza nulla di esplicitamente gay.
Il finale del volume annuncia la prossima pubblicazione del quarto volume della serie, ma per fortuna la minaccia è stata sventata e nel 2012 tale pubblicazione non aveva ancora avuto luogo.
YOSHIDA, AKIMI, Banana fish 1-17, Planet Manga / Panini comics, Modena 2002-2005.
Per rendere più veloce lo scarico di questa pagina, ho trasferito qui, in una pagina a se stante, tutte le recensioni della serie di Banana fish.
YUKI, KAORI, Il ragazzo della porta accanto, Planet Manga / Panini comix, Parma 2005. Senso di lettura occidentale.
"Immagine postuma di ragazzo" è la traduzione letterale del titolo giapponese di questo volumetto, del 1998, macabro e inquietante quanto il titolo.
La vicenda inizia con l'arresto
di un maestro elementare modello, che ha ucciso diversi ragazzini, tutti
molto giovani e tutti prostituti.
Un flash-back ci
porta poi indietro, al suo incontro con un giovane prostituto, che ha appena
assistito al suo penultimo delitto, ed ha trovato una targhetta con il
nome dell'iguana e il numero di telefono del maestro. Di che permetterne
l'arresto.
Ma il ragazzo non intende
denunciare l'assassino. Vuole essere aiutato da lui a liberarsi dalla
schiavitù in cui lo tiene il suo protettore. E dopo aver sedotto
il criminale, passerà un periodo di sesso (non mostrato nei disegni
-- questo tecnicamente è uno shoujo manga, un "fumetto per
ragazze", non uno "shonen ai") e amore con lui, prima di essere riacchiappato
dallo sfruttatore.
Nel frattempo abbiamo appreso
che il serial killer uccide i prostituti perché vede nei
loro occhi lo sguardo della madre, prostituta anch'essa, uccisa a coltellate
da un cliente sotto gli occhi di lui bambino. Che ne è uscito comprensibilmente
traumatizzato.
Il giovane prostituto riappare
infine, drogato e sofferente, con una pistola in mano e l'ordine di
uccidere il maestro, colpevole di aver privato lo sfruttatore dei redditi
dei ragazzi assassinati.
Il maestro vede infine nello
sguardo del ragazzo "quello sguardo" e uccide anche lui.
Salvo scoprire che la pistola
era scarica.
Ma ora il ragazzo è
stato finalmente liberato.
Condannato all'ergastolo,
il serial killer avrà un tracollo psichico.
Quando le sue condizioni
migliorano un poco, viene portato sul tetto di una specie di ospedale,
dal quale si lancerà nel vuoto verso l'immagine (...postuma?) del
ragazzo, che gli appare e gli propone di raggiungerlo.
C'è in questa vicenda
un costante intreccio fra sesso e morte, sottolineata dal disegno spesso
volutamente "sporco". Nessuno spiraglio di speranza per i personaggi, tutti
schiavi del loro destino, tutti destinati ad essere liberi solo
nella morte.
Non conosco la signora Kaori
Yuki, ma con una mentalità di questo tipo immagino che lei sia in
guai seri...
Questa è un'opera
che senza dubbio un depresso cronico con rimuginazioni suicidali
potrà indubbiamente trovare molto bella.
Non essendo io (momentaneamente)
in tale stato d'animo, però, l'ho trovata inutilmente compiaciuta
della morte e del dolore, nichilisticamente incapace di vederne il vero
aspetto negativo, ostentatamente in posa decadente.
Corteggiare la morte
e la sofferenza poteva in effetti essere una posa estetica. Ma nel
1890... Da allora, la cultura ne ha fatta di strada...
O sono io che mi sbaglio?
[N.B. Il fumetto in questione occupa solo metà dell'albo, che è completato da due confuse storie, una di vampiri e una poliziesca, che però non toccano il tema gay].
ZEL (pseud. Laura Carboni), Like U, "Boy+Boy" n. 1, Echo, Milano Dicembre 2001, pp. 104.
Prima uscita di una collana di fumetti dedicata all'erotismo gay visto e prodotto da donne eterosessuali (e un po' fag-hag). Protagonisti due giovani universitari baresi: uno muscoloso, "piacione", circondato da uomini e donne che stravedono per lui, l'altro "imbranato", introverso... e di conseguenza vergine. Il primo si offre di aiutare il secondo a conquistare la ragazza a cui aspira senza osare avvicinarla, gli cambia il look e riesce nell'intento... salvo precipitare la scoperta che non era quello ciò che davvero voleva... l'uno, e l'altro.
La storia, in sé abbastanza ingenua, è sorretta da un buon tratto (forse un poco cincischiato, al punto che gli inserti comici, dal tratto più spartano, risultano quasi più efficaci) che cerca di comunicare il fascino erotico dei due giovani uomini. Che sono stati creati come al tempo stesso soggetti e oggetti di desiderio.
Interessante la vicenda, ennesima fotografia di un'Italia che insiste a non voler cambiare, e di cui è un documento ahimè fin troppo reale. Li conosciamo questi ragazzoni che non riescono a dare un nome ai loro desideri, che s'impegnano cocciuti in storie eterosessuali fino a che l'esplodere di passioni non previste e non volute li obbligano ad affrontare la realtà. E al di fuori dei fumetti il lieto fine non è così scontato: li conosciamo, conosciamo le loro nevrosi, la loro paranoia (in senso psichiatrico), la loro incapacità di scegliere, la loro capacità di fare del male a coloro che hanno il torto di amarle...
L'autrice sembra avere ben presente - probabilmente per osservazione "sul campo" - questo modello, dato che i suoi personaggi suonano "veri" anche a un orecchio gay. Ai fini della sua favola ha solo un po' smussato gli angoli sgradevolissimi di questi ricchioni di Provincia, ostinati nel negare la realtà, concedendo loro quel lieto fine che, a leggere le lettere ai giornali gay, non è così scontato e così comune. (E non è certo colpa solo della società se i coming out italiani sono tanto tortuosi, contraddittori e irrisolti).
Infine, al solito mi risultano stucchevoli le scene che dovrebbero essere "erotiche", e che sono la parte che di solito salto a piè pari nei fumetti "shonen ai". Ma la cosa è irrilevante: questo è un erotismo pensato da donne per donne, non da gay per gay. E poi questa storia regge benissimo anche senza il contributo erotico, tutto sommato irrilevante ai fini della vicenda.
Gulp! Una bibliografia sull'omosessualità maschile e il lesbismo nel fumetto. Parte 3: Kizuna
Gulp! Una bibliografia sull'omosessualità maschile e il lesbismo nel fumetto. Parte 4: Zetsuai 1989
Gulp! Una bibliografia sull'omosessualità maschile e il lesbismo nel fumetto. Parte 5: Banana fish
Repositorio (Fumetti ancora da recensire).