Una serata presso
il "Barone
G." Da: Na beregu Ioniceskogo morja / Sulle rive del Mar Ionio [1899] [1].
Zinaida
Gippius
(1869-1945), raffinata
poetessa russa, ci ha lasciato vari scritti, che testimoniano le sue
peregrinazioni per l'Europa.
Incentrata
sul suo viaggio siciliano è l'opera Na beregu Ioniceskogo morja
[Sulle rive del Mar Ionio], pubblicata a puntate nel 1899 sulla rivista
"Mir iskusstva" [Il mondo dell'arte] (fascicoli nn. 7-12).
Momento importante
nel racconto è l'incontro con
il barone Wilhelm von Gloeden (1856-1931), noto fotografo tedesco,
pioniere
del nudo maschile.
Così
viene descritto dall'autrice : "...vecchio amico dei nostri padroni,
il barone G., che vive a Taormina nella sua piccola villa, già da
vent'anni, completamente solo. Si occupa di fotografia artistica ed è
molto noto non solo a Taormina, ma anche a Palermo. È alto, sinuoso,
con maniere miti, con bei capelli chiari, ormai radi e il volto gradevole"
(fascicolo n. 10).
Il capitolo
VIII, pubblicato nei fascicoli 11 e 12, racconta un ricevimento, offerto
dal "barone G." nella sua villa.
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... Taormina
si riscaldava ogni giorno di più. Iniziava lo scirocco, un altro
scirocco estivo, immobile, pesante; l'orizzonte era velato da un'afosa
foschia color lilla, sembrava non fosse possibile respirare. Era tempo
di lasciare le rive del Mar Ionio.
Il barone G., che da
tanto si preparava a dare una serata nella sua piccola villa accogliente
e a mostrarci la vera tarantella, venne a invitarci.
- Avrete molti siciliani?
- Che dite! Sarà la
nostra piccola cerchia. Tra i miei conoscenti non inviterò nemmeno
tutti gli stranieri. Ho anche poco posto. Il mio Luigi.[2].stampa
addirittura le fotografie in cucina.
Amavamo
la villa poco spaziosa e accogliente del barone G.
Una casetta bassa, appena
visibile dalla siepe del giardino lussureggiante, pieno di strane rose,
lo stretto balcone, la parete bianca sopra il balcone, coperta da grossi
fiori violacei, e i glicini pallidamente lilla, dolcemente piegati, dai
quali fa capolino il piccolo Pascalino, scontroso e viziato, scalzo,
dagli occhi neri, con un vestito azzurro chiaro e un cappello rosso papavero
con gli orli abbassati - l'eterno modello del barone G. insieme a Nedda,
il cane nero [3],
che capisce perfettamente l'italiano ed è molto abituato a posare
per le fotografie.
Di giorno G. è quasi
sempre al lavoro, ma ama ricevere visite prima di pranzo.
- Ma che dite! - protesta,
quando gli chiedi se disturbi. - Sono così contento... Luigi, il
caffè!
Luigi è il braccio
destro del barone. Si occupa della vita domestica e stampa le fotografie
(ha d'altronde anche un assistente, Mino).
L'aspetto esteriore di Luigi
è
straordinario. Quando guardi questo volto selvaggiamente stupendo con il
naso corto, con le sopracciglia, che stranamente spiccano il volo - sembra
di vedere un fauno vivo di tempi immemorabili.
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Questa
inusuale foto di von Gloeden potrebbe (ma l'identificazione *non* è
certa) ritrarre Pancrazio Bucini, "il Moro", adulto, nei suoi abiti da
lavoro.
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Dopo una giornata grigia,
la
notte, quando ci accingemmo a recarci da G., sopraggiunse veloce,
nera come l'inchiostro. Il cielo sembrava sovrastare le nostre teste, tanto
da poterlo toccare, non si capiva se stesse per piovere o no. Prendemmo
una lanterna, ma presto la spegnemmo: attorno alla macchia luminosa si
addensava un tale buio che sembrava ancor più impossibile camminare.
La piccola camera quadrata,
con la porta spalancata sul balcone, era chiaramente illuminata.
Il pavimento di pietra era cosparso di qualcosa come crusca, per la comodità
dei ballerini, i mobili superflui erano stati portati via. La camera era
tutta tappezzata da bei quadri di artisti tedeschi e italiani.
Ci trovammo in una comitiva
completamente tedesca.
Il fratello della padrona
della nostra villa, di recente giunto da Dresda nella sua amata Taormina,
una quantità di suoi allievi, certi amici del barone...
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Von Gloeden
(a destra), con un gruppo
di amici, nel
1894.
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Le uniche eccezioni erano
l'immancabile signor dottore, schietto e franco, e una piccola
inglesina,
una musicista forestiera con i capelli rasati, come in un ragazzino, e
con il musetto di un topo furbo e curioso.
I musicisti, gli stessi
grandi amici del buon barone, sedevano in una piccola stanza vicina. I
giovani bevevano caffè e un leggero vino siciliano sul buio balcone.
Vi echeggiava una conversazione tedesca, goffa e pesantemente sonora.
Poi iniziarono a danzare.
I siciliani avevano docilmente
imparato la kreuz polka.[4],
qui necessaria per la moltitudine dei tedeschi; guardando quella danza
metodicamente graziosa, languida, era difficile immaginare di essere in
Sicilia
e non a Monaco o in una qualunque cittadina, altrettanto tranquilla e sentimentale.
La kreuz polka piangeva su corde siciliane, le coppie passavano
tenendosi per le mani, come in un minuetto, e sorridendo.
Dal giardino si effondevano
gli effluvi di rose e di altri roridi fiori notturni e il calore buio,
umido. I suoni sobri e allegri della
kreuz polka si interruppero.
Tutti si erano stancati.
Da G. dovevano ballare la
tarantella
quattro ragazzi, i primi ballerini di Taormina. Vestiti con il costume
siciliano poco vistoso, con la sciarpa legata bassa, con una giacchetta
larga e corta, con i capelli e gli occhi scuri, sembravano tutti bellissimi.
Come al solito, era difficile
staccare lo sguardo da Luigi - pareva così strano con le
sue sopracciglia riversatesi verso l'alto e con la bocca rapace.
Mino era un ragazzino
timido e malizioso.
Uno dei ballerini era vestito
con una lunga vestaglia.
Mino era perfino scalzo.
La tarantella siciliana,
con i suoni che si ripetono in un ritmo veloce, all'inizio sembra
allegra, focosa; ma, ascoltandola, decifrando il senso della melodia, che
ritorna eternamente, capisci la sua malinconia e la tristezza inespresse.
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W. von
Gloeden, Ragazzi in costume siciliano che ballano. Da: The spell of
southern shores [1915] (Collezione
Biffi).
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Non v'è una danza determinata:
ciascuno fa ciò che vuole; ciascuno, benché essi danzino
diversamente, cerca di cogliere il tono e la cadenza di questa musica
piena di accesa tristezza.
Il ritmo si accelerava,
i movimenti dei ballerini erano più veloci; Mino, grazioso come
un gatto, faceva meraviglie; dal volto giovane, largo e bello, non spariva
un sorriso strano e serio.
Producevano
un'impressione ansiosamente malinconica quelle belle sagome oscillanti
in quella piccola stanza illuminata con il pavimento di mattoni, con la
porta buia, che conduceva nel giardino, piena di una melodia monotonamente
piangente. Nei movimenti anche di Luigi, questo giovane dal volto
di fauno, non v'erano la furia del sentimento spontaneo, né il fuoco,
così come non v'erano nella musica ineffabile: in essa balenava
una stranezza a volte morbosa, un impeto fugace - in essa
e nei movimenti dei ballerini, che inconsapevolmente si arrendevano al
potere dei suoni.
Tutti, anche quelli che avevano
appena ballato la timida kreuz polka, ora così lontana, avvertirono
nella tarantella conclusasi un'armonia disperata, che era difficile esprimere
a parole.
- Bravo, bravo! - urlarono
i buoni artisti allievi tedeschi.
Però uno, il più
grasso, era disilluso e cercava di spiegare che si attendeva di
più... di più... Non sapeva come esprimere il suo pensiero,
agitava soltanto una mano di slancio. Lo offendeva la tristezza, non vi
era preparato.
Mino e gli altri ballarono
ancora alcune volte. Mino amava danzare. E ogni volta era lo stesso, ogni
volta lo stesso sorriso assorto sul bel volto e i rapidi movimenti
graziosi senza fine, sotto i suoni colmi di una tristezza disperata, irriflessiva,
quasi ottusa. V'era una strana unione, v'erano l'eco dei canti del
nord e gli strilli delle melodie incontro, il turbinio monotonamente veloce,
ipnotico del derviscio.[5].
Dopo
la tarantella le danze tedesche non ebbero più luogo. Ci sedemmo
in un angolo, su un basso divanetto.
Era ora di prepararsi per
tornare a casa. Anche i musicisti avevano finito. All'improvviso il barone
G., che era al balcone, ci fece segno di avvicinarci.
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Wilhelm
von Gloeden, Pietro (Addio a Napoli).
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Sulla soglia la calda oscurità
ci abbracciò. Dal giardino echeggiò vicino - ma tanto che
sembrava lontano - il suono di una corda.
I nostri musicisti, andandosene,
volevano suonarci un'antica serenata siciliana, che non avevano
suonato, probabilmente sapendo che occorre sentirla da lontano, dall'aria
buia e sotto il cielo.
I suoni erano flebili, risuonavano
monotoni. Erano accompagnati dalla mediocre voce da tenore, triste e gradevole,
di uno dei musicisti.
Se nella tarantella v'erano
la lentezza e la malinconia del sud, così vicina alle canzoni settentrionali,
qui, in quella serenata, v'era solo essa, l'infinita malinconia,
che risuonava trafiggendo il cuore.
La stessa corda suonava debole
e insistente, senza interrompersi; non ci interessava ascoltare le parole
e capirle, volevamo abbandonarci alla fragrante oscurità, a questo
triste suono, insistente, lamentoso, per il quale i fiori umidi sembravano
avvizzire ancor più disperati.
Gli artisti tedeschi si chetarono.
Il volto della musicista inglese, che stava vicino, era serio e concentrato:
probabilmente cercava di ricordare il motivo.
Andammo a casa, la notte diventò
ancor più buia, cadde una pioggerella rada e indecisa. Parlavamo
della tarantella.
Le donne qui ballano poco
e goffamente.
Il signor dottore ripeteva
che non gli piaceva la tarantella, che preferiva la quadriglia, quando
danzano le dame leggiadre, le belle donne.
Ma il signor dottore era un
noto cavaliere [6]
e anche fra tutti i poeti italiani preferiva Ada
Negri, perché era una dama...
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W. von
Gloeden, Interno della sua casa, con due nudi. I fregi alle pareti
e le figure danzanti sulla giara sono opera di Gloeden stesso.
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L'autore ringrazia
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eventuali errori in essa contenuti.
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Note
[1]
Il testo da: Zinaida
Gippius
(1869-1945), Una serata presso il barone G., "Babilonia",
febbraio 1999, pp. 62-63, a cura di Paolo Galvagni.
Traduzione
e commento iniziale di Paolo
Galvagni.
Riedito
col permesso di Paolo Galvagni, che ringrazio.
Per
migliorare la leggibilità online, ho aggiunto io "acapo"
e neretti.
L'incontro
di Zinaida Gippius con la comunità omosessuale di Taormina e con
Wilhelm
von Gloeden (1856-1931), fu per lei importante,
perché le permise di venire a patti coi suoi desideri omosessuali.
[2].Pancrazio
Buciunì, "il Moro", assistente di Gloeden per tutta la vita e
poi erede del suo studio.
[3].In
realtà è una cagna: Nedda è vezzeggiativo femminile,
come "Nella".
[4]
"Kreuz polka (ted. "polka a croce"), tipo di polka" [N.d.T.].
[5]
"Derviscio, figura di eremita, diffusasi nel mondo islamico a partire dal
XII secolo. Ha una serie di pratiche religiose (digiuni, danze, autoflagellazioni)
finalizzate al raggiungimento dell'esaltazione mistica" [N.d.T.].
[6]
L'autrice sta dicendo in modo eufemistico che il "signor dottore" preferisce
le donne... con ciò specificando, per contrasto, cosa preferissero
gli altri ospiti... |