...E SEMPRE I MALFATTORI
SUDICI! [28/5/1908] [1].
A... Furto o Lenocinio [2] o chi per lui, che dalle colonne dell'"Azione" pretende di distruggere le mie documentate affermazioni intorno alla tabe omosessualista taorminese con un "no" altrettanto secco quanto inconcludente, altrettanto settario quanto stupido, potrei rispondere con un proverbio del mio... putrido borgo: che a lavar la testa agli asini si perde il ranno e il sapone.
E <potrei> passar oltre a polemizzare con l'ancora ostinatamente
incognito scrittore di Taormina, se un certo ripicco del mio carattere
non mi forzasse la mano a ribattere ai signori scarabocchiatori
dell'organetto di S. M. Peculato I. di Trapani [3] che gli sgrammaticati sono proprio loro.
A me che studiai con coscienza la grammatica, più in casa che alla
scuola, preme di stabilire una necessaria differenza fra la mia modesta
personalità di scrittore e quella di coloro che rispondendo in tredici
righe ad un'accusa di tre colonne, la prendono a [4] difensori della grammatica pur non accorgendosi di offendere essi medesimi nel contempo... l'ortografia!
E soprattutto non accorgendosi - in due periodi - ed è tutto dire! - che in fin dei conti fa d'uopo [5] non più parlare di spudorate calunnie e basse menzogne, gratuite affermazioni, come nel biliosissimo commento del primo articolo, ma di... non poche inesattezze!
Prendo quindi
atto della importante rettifica, la quale esplicitamente sottointende
una ufficiale riconoscenza della verità dalla mia parte, e, non senza
aver consigliato all'eminente capo paranza [6] dell'Azione
di parlar poco d'onore altrui quando poco se ne ha di proprio, passo
alla diagnosi <di> quella che pretende essere replica alle mie
categoriche denunzie, stesa dal coraggioso contraddittore locale.
*
* *
Al quale anzitutto chiedo, se gli talenterà [7]
continuare la polemica, di non farla trascendere in così basso loco con
piccinerie come quelle del pranzo e del biglietto, specialmente quando
queste piccole cose costituiscono delle grandi falsità.
Del pranzo parlai e sufficit [8]; anche perché non intendo far rivoltare lo stomaco ai lettori con l'amannir loro discorsi gastronomici sulla Tavola rotonda di tante porcherie fisiologiche, care tutt'al più ai carnéadi del giornale nasiano.
Quanto
<ai> biglietti di congratulazione, ho il dispiacere di dover
dichiarare all'avversario che ne ho ricevuti parecchi, anche
dall'estero, come mi si fece l'onore di suntare [9] le mie pubblicazioni da parte di notevoli fogli quotidiani - cito a caso il "Corriere di Genova", "La Lombardia", il "Tempo di Milano", l'"Italia" e l'"<H>umanité" di Parigi, la "Provincia di Brescia", "il Paese" di Udine, "l'Eclaireur" di Nizza e molti altri, come che perciò [10] non
mi spiego a che cosa egli intenda alludere se non al favore che in ogni
coscienza onesta e in ogni pubblico morale ha avuto senza dubbio la
fortuna di incontrare la mia campagna di luce e di purezza.
Soggiungo che
sono lieto di aver provocato la soddisfazione e l'arcicontentezza del
corrispondente taorminese, con la promessa di agitar lo staffile per
tutti in generale e di umiliare ai piedi del Ill.mo procuratore del re
- attento sempre, proto [11] alla lettera minuscola - le prove di quanto affermo.
Certo, io non
aspetto se non un cortese interessamento del Magistrato per metterlo al
corrente di tante belle cose e per fargli toccare con mano...
inguantata il "fango e il lezzo onde si disgrava" tanta figliuolanza degenere di questa cittadina.
Che se poi il
Magistrato facesse il... funzionario italiano, si troverebbe il modo di
allargargli il padiglione delle orecchie con qualche opportuna
tiratina... parlamentare!
A buon intenditor, con quel che segue.
Grazie
vivissime poi - quasi collega taorminese - dell'attestato di buona fede
rilasciatomi senza regolare domanda su carta da bollo. Ma ve ne
potevate dispensare. Io non sono ancora redattore di alcun foglio del
genere di quelli cui regalate la vostra prosa, e la buona lode della
gente come me è condizione aprioristica della propria onestà.
E veniamo al sodo:
Io riportai nell'ultimo articolo una notizia che voi chiamate sensazionale,
e lo è difatti, relativa al Pluschow, cugino materno di W. von Glieden
[sic] che io accuso di vendere fotografie eccitanti all'omosessualismo
e di essere l'importatore indigeno di questa esotica malattia.
Voi categoricamente mi smentite.
Io mi limito a far ismentire la vostra smentita dai seguenti documenti:
(Dal "Corriere di Catania" n. 340 del 6 dicembre 1907):
Uno scandaloso processo - l'industria di un tedesco speculatore del vizio.
"Quanto
prima a Roma si dibatterà dinanzi al tribunale correzionale il processo
contro Guglielmo Pluskow, tedesco, che richiamerà l'attenzione della
stampa sulle tendenze del quale ultimamente si è occupata la stampa
europea in rapporto ai processi di Berlino (Tavola Rotonda) che rovinarono moralmente i generali del gabinetto dell'imperatore.
Ve ne parlai già a suo tempo, quando il tedesco fu scoperto ed arrestato.
Il
Pluschow teneva a propria disposizione un centinaio di giovanetti, li
fotografava isolatamente e in gruppi in pose diverse e spediva le
fotografie alla numerosa clientela sparsa in tutto il mondo, composta
di persone dal costume depravato.
Questi
compravano le fotografie, formato gabinetto, ordinavano l'ingrandimento
a carbone dei soggetti preferiti e spesso chiedevano pure l’invio del
soggetto.
Vedremo
così, quanto prima ai Filippini un centinaio di giovani dai 16 ai 20
anni i quali deporranno sulle abitudini dei… nemici delle donne.
Il processo avrà luogo a porte chiuse." [12].
(Dal "Berliner Tageblatt" n. 32 del 1 febbraio 1908):
Roma 1, notte.
"Il nostro connazionale Guglielmo Pluschow è stato oggi condannato da questo tribunale ad un anno di reclusione
su conforme richiesta Pubblico Ministero, essendo risultato colpevole
dello annunciatovi spaccio di ritratti osceni e fotografie
omosessualiste.
Il Pluschow sarà espulso dal territorio italiano".
E mi pare che basti per giustificare le bugie e le papere attribuitemi dal corrispondente ordinario - toh! chi si rivede? il corrispondente ordinario
dell'"Azione" da Taormina. Ma bene, bene... ne prendiamo atto anche per
altre faccende - il quale non si risente, e questo è strano, del tu datogli confidenzialmente nell'articolo polemico precedente, quasicché fosse davvero colui al quale intendevo di alludere.
*
* *
Vale la pena
di ritornare sulle altre mie denunzie che egli si limita, con
comodissimo sistema, a qualificare false e bugiarde nonché inverosimili?
Mi pare che
no, dal momento che, in questa parte, quella tale buona fede di cui
l'avversario ama tanto parlare di continuo, cominci ad esulare e,
stavolta, mi dispiace, non proprio dal canto mio.
Una delle foto che più possono aver scandalizzato Bianchi.
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E veniamo al...
"onesto
fotografo che vive esclusivamente del suo modesto lavoro e che per due
volte o più fece pagare care le balorde accuse dei suoi denigratori
davanti ai tribunali; ed ho anche potuto vedere la somma sborsata,
circa 1000 lire, dai suoi detrattori volgari che si affidarono alla
generosità dell'offeso".
Qui, mio
burbanzoso quanto anonimo contraddittore, meritate una mia
congratulazione sincera: avete la faccia più dura del cervello di
Pirocorvo [13], ed io vi consiglio a domandare un impiego di spaccapietre.... col materiale bronzeo della vostra fisionomia.
Ah. Il Gloeden ha sbaragliati i suoi assalitori? Giudichi il pubblico da questo documento:
IL NUOVO IMPARZIALE - Messina, 1 agosto 1894.
Per una querela
Taormina, 1 agosto 1894.
La "Gazzetta di Messina" nel suo n. 177 riferisce di una dichiarazione fatta in favore del chiarissimo sig. W. von Gloeden dai signori Adolfo Werther Fischer, Otto e Angelo Gelenz [sic], Pancrazio Siligato, che erano stati con citazione direttissima querelati dal sig. Gloeden per diffamazione.
Il fatto è
vero: ma ora che si è avuta tanta fretta di divulgarlo, bisogna per
debito di lealtà che sia esso chiarito nei suoi precedenti e nella sua
conclusione.
Il chiarissimo von Gloeden il giorno 11 ultimo luglio, querelava i suddetti signori, perché si erano permessi di propalare che il querelante (il chiarissimo signor von Gloeden) commetteva delle azioni infamanti ed oscene determinate dal vizio della sodomia.
Per legge l'imputato del delitto di diffamazione non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità, o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa; né il querelante (il chiarissimo von Gloeden), che pur ne ha facoltà per legge, si piacque ammettere i querelanti alla prova dei fatti.
Per tanto in
tribunale non si sarebbe potuto discutere intorno alla verità dello
addebito e gentiluomini provati, c'erano stati mossi, in buona fede, da
un nobile ed elevato sentimento di pubblica moralità, avrebbero dovuto
passare per diffamatori volgari.
Chi ha
coscienza sicura di sé, e va innanzi il magistrato per tutelare l'onor
suo, deve volere una sentenza che riconosca la sua onorabilità,
dimostrando la insussistenza delle accuse.
Ma, nel modo
come si è regolato il signor Von Gloeden, questo risultato sarebbe
stato impossibile e si sarebbe avuto uno scandalo inutile e nocivo per
tutti.
A scongiurare
fin l'ombra dello scandalo, due benemeriti cittadini, che furono anche
coadiuvati in Messina dall'opera conciliante ed onesta degli avvocati
del querelante e dei querelati, riuscirono ad ottenere, da questi
ultimi, la dichiarazione, che, come si è detto sopra, fu pubblicata
dalla "Gazzetta di Messina".
Con questa dichiarazione, che il chiarissimo signor von Gloeden
ritenne di competa riparazione, si ebbe la desistenza della querela,
dopo che dai querelati si pagò al signor Gloeden la sommetta di L.
896!!!
Uno degli interessati in questa dolorosa vertenza, il signor Adolfo Werther Ficher (sic!),
che solo o in compagnia della sua nobile e bella signora, passa varii
mesi dell'anno qui, ove possiede un gaio villino, è partito da varii
giorni per Vienna.
Ecco
dunque, e non per bocca mia, il mezzo di cui si è avvalso il Gloeden
per tutelare il proprio onore e la propria dignità! Dar querela senza
facoltà di prova a chi lo accusava di cose turpi.
E fra gli accusatori - non uno ma quattro - c'erano tre tedeschi
suoi connazionali, ed un italiano! Tutta gente che agiva per spirito di
avversione al male, che ha parlato assai sulla dignità del Gloeden e
che... come il lupo, ha perso il pelo ma non il vizio di dir la verità,
per cui chi è in difetto farà bene a guardarsi allorquando
l'Illustrissimo procuratore del re avvertirà il dovere di interrogare i
signori Adolfo Werther Fischer, Otto ed Angelo Geleng e Pancrazio
Siligato.
Vorrà il disinvolto polemizzatore affermare che questi nomi sono anche.... delle menzogne?!
*
* *
"Attendo dunque una sola e breve risposta dal corrispondente di Giardini[14]:
'Ho presentato al Magistrato i documenti di tutto ciò che ho asserito' ".
Ecco dunque come il mio egregio contraddittore, dopo uno stereotipato attacco ai soliti informatori, dopo un attributo di coraggioso
per cui lo ringrazio, dopo la solfa ripetuta che non sono io a scrivere
ma gli altri a dettare, formuli la risposta che io gli dovrei dare in
linea definitiva.
Mi sembra che ciò sia ozioso.
Questa risposta io gliela ho ammannita fino dal primo articolo e se gli torna grata, gliela ripeto ora.
Sissignore: il signor procuratore del re può venire o mandare: io tengo
in mio potere documenti scritti e documenti umani: anzi, uno di questi
ultimi... siete proprio voi, che nel corso della polemica mi avete
forniti non disprezzabili elementi di accusa. Io vi farò interrogare,
se vi deciderete a togliervi quella maschera che non vi fa onore.
Frattanto datemi atto che una delle più belle prove è senz'altro il
silenzio di Gloeden. Io l'offendo ed egli tace... Salvoché non parli
colla vostra bocca o non unga le ruote del vostro zelo per lui.
Perché tace?
Perché non querela?
Perché ha ritirato dalla vendita le sue fotografie sul genere di quelle da me poveramente descritte?
Signor avvocato di W. von Gloeden e patrocinatore legale della Tavola
Rotonda: vi lascio a meditare su questi interrogativi, con l'augurio di
conservare integro il vostro fisico in tale compagnia!
Purché l'augurio non giunga troppo tardi.
Taormina, 26 Maggio 1908
Umberto Bianchi
Wilhelm von Gloeden, Panorama su Castelmola.
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L'autore ringrazia fin d'ora
chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone,
luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Il testo da "Il Corriere di Catania", 28 maggio 1908, così
come era stato in passato riportato nel sito (ora offline) di Enrico Oliari, che ringrazio, il quale aveva rintracciato e trascritto il testo.
Ho corretto
i refusi più evidenti e reimpaginato il testo, aggiungendo acapo
e neretti, per migliorare la leggibilità online. Ho però mantenuto i corsivi dell'originale, perché funzionali all'aggiunta di enfasi.
Questo pezzo
è la risposta al secondo articolo de "L'azione":
I denigratori nordici, 25 maggio 1908, n. 144, pp. 1 e 2 [non vidi].
Questo è il meno interessante della serie di quattro, avendo ormai
esaurito gli argomenti e limitandosi o a ripetere sempre le stesse
cose, o a lasciarsi andare a ripicche e attacchi personali contro
i contraddittori.
Dopo il presente
pezzo ci fu un'ulteriore risposta, apparsu su "La
Sicilia" (che fino a lì s'era tenuta fuori dalla mischia), anno
VIII n. 149, sabato 30 maggio 1908, p. 1, a firma Tito Ragusa: Da
Capri a... Taormina.
Dopo
l'articolo
di Ragusa la polemica, che aveva raggiunto dimensioni spropositate,
svanì di botto dai giornali: palesemente ci fu un "richiamo all'ordine"
da parte di qualche autorità.
Perfino l'arciprete della cattedrale di Taormina si sentì costretto
(con palese malavoglia) a tenere una (reticentissima e
imbarazzatissima) predica sullo scandalo.
I cattolici sarebbero tornati alla carica nel 1910 in modo più consono
al loro stile, con una denuncia anonima che segnalava Gloeden per
spaccio di materiale osceno. Questa vicenda è tratteggiata da Luigi
Tomassini in: Fotografia, pornografia e polizia in Francia e Italia fra ottocento e novecento, "AFT", n. 2, 1985, pp. 46-67, alle pp. 65-67.
[2] In un articolo precedente Bianchi aveva già affermato che il nome dei sostenitori dell'on. Nunzio Nasi si affianca automaticamente alle parole "furto" e "lenocinio". [3] L'"Azione" è definito non
"organo" di stampa, ma "organetto" (strumento musicale da spettacoli da
strada, di solito accompagnato da una scimmia ammaestrata) di "Sua Maestà
Peculato Primo", cioè l'onorevole trapanese Nunzio Nasi (1850-1935), condannato nel 1907 a undici anni di carcere per appropriazione indebita di fondi pubblici (peculato).
[4] "Si atteggiano a". [5] "Sarebbe
opportuno": Bianchi ostenta narcisisticamente la sua toscanità facendo
sfoggio di modi di dire e termini arcaici e bislacchi. [6] "Capobanda" (dialettalismo siciliano).
[7] "Se ci terrà a". La polemica è ormai scaduta al piano personale. [8] "Tanto basti". [9] "Riassumere". [10] "Pertanto".
[11] Qui nel senso di: "responsabile della correttezza ortografica del pezzo".
Bianchi ostenta di non voler concedere la maiuscola al Procuratore in
quanto venuto meno al suo dovere, essendosi fin lì rifiutato d'aprire
un'indagine contro Wilhelm von Gloeden.
[12] Il testo di questo pezzo riprende brani di quello del "Messaggero" del 16 giugno 1907. [13] Soprannome satirico del politico Felice Santini (1850-1922). [14] Cioè da Bianchi, che viene
apostrofato con queste parole dal suo oppositore, che lo sfida a
depositare presso il Procuratore le prove delle accuse che ha mosso a
Gloeden. Bianchi declina, dicendo (negli articoli precedenti) che se il Procuratore desidera vederle lo
può convocare quando vuole (ma per farlo avrebbe dovuto aprire
un'indagine contro Gloeden, come richiesto da Bianchi, che qui appare
inviperito proprio per il fatto di non essere ancora riuscito ad
ottenerlo). |