Dalla: Memoria
di difesa contro il sequesto delle foto di Wilhelm von Gloeden
[settembre 1939] [1].
(...)
Il sottoscritto [2]
si trova a gestire a Taormina un piccolo studio fotografico ereditato dall’artista
tedesco Von Gloeden, presso il quale prestò servizio per circa trenta
anni in qualità di Aiuto.
Faceva parte
dell’attività patrimoniale dello studio un ricco assortimento di
negative riproducenti panorami, mezzi nudi e nudi drappeggiati, il tutto
di sommo interesse artistico; aveva meritato l’attenzione degli stranieri
che affollano ogni anno la stazione turistica, e anzi qualche soggetto
aveva ottenuto in varie esposizioni nazionali e internazionali classifiche
lusinghiere, premi e diplomi di cui l’esponente è ancora in possesso.
Accadde che,
nei primi mesi del 1933, l’allora questore di Messina Comm. Lauricella
ordinò e fece eseguire una perquisizione nello studio del sottoscritto
che portò al sequestro di un migliaio di negativi e di oltre duemila
foto.
Motivo del
provvedimento - secondo l’Autorità di P.S. - che il materiale di
cui trattasi era offensivo della morale pubblica, dato che i mezzi nudi
e i nudi, per quanto artistici, rivelavano un’audacia che... mal si confaceva
alle direttive del Regime in materia di buon costume.
A nulla valsero
le proteste e le istanze del sottoscritto per la restituzione del materiale
sequestrato: egli dovette rassegnarsi a continuare il suo lavoro coi residui
dell’assortimento Von Gloeden e con alcune più recenti - ma meno
artistiche - negative di sua produzione.
Quanto al materiale
non sequestrato, perché riconosciuto dall’autorità di P.S.
commerciabile, l’esponente continuò, sotto l’egida della legge,
a esporlo e a offrirlo ai visitatori del suo studio per tanti anni ancora.
(...)
|
Buciunì davanti al suo negozio di fotografia, tra il 1931 e il 1938.
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Senonché
con sua indicibile sorpresa, nel mezzo del corrente anno, un maresciallo
della Stazione di P.S. di Taormina, procedendo a perquisizione nell’abitazione
dell’esponente, metteva le mani sul materiale scampato alla prima perquisizione
e, asserendo trattarsi di soggetti che secondo il comune sentimento offendono
il pudore, ne operava il sequestro, denunciando - per di più - il
sottoscritto all’Autorità Giudiziaria.
(...)
L’instante esponeva
succintamente i fatti, chiedendo che,
-
anzitutto, si procedesse
a perizia del materiale sequestrato, per accertare se i soggetti fotografici
fossero come si pretende osceni:
-
che venissero intesi
come testimoni autentici gli artisti della piazza, degni di ogni credibilità,
ai quali risulta che la collezione di Von Gloeden, di cui i soggetti fanno
parte, aveva fama in tutto il mondo di collezione eminentemente artistica,
tanto è vero che alcuni ingrandimenti fotografici - come ad esempio
Caino, Primavera e altri - sono tuttora esposti nei saloni
dei più grandi alberghi della stazione turistica
(...)
L’istante chiede
che si proceda alla chiesta perizia e all’escussione dei testi indicati,
nonché all’esame dei diplomi riferentisi a collezioni di singoli
soggetti del defunto Von Gloeden come si è detto presentati in varie
esposizioni nazionali e internazionali.
(...)
<Dai risultati
di questa indagine, e particolarmente della perizia, si potrà
accertare la sua "buona fede">.
(...)
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L'autore ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
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Note
[1]
Il testo è quello citato da: Diego Mormorio, Processo
a von Gloeden, "Gente di fotografia", n. 3, inverno 1994, pp. 8-11,
così come era stato riedito
online sul sito Gentedifotografia (da dove nel frattempo è stato tolto), collazionato con quello in Marina
Miraglia e Italo Mussa (curr.), Le
fotografie di von Gloeden, Longanesi, Milano 1996, pp. 48-49. I
neretti sono stati aggiunti da me.
Il testo è
verosimilmente opera dell'avvocato Di Martino, di Messina, a cui
s'era affidato Buciunì.
Annota Mormorio
che: "sulla base di questa autodifesa e dell'esame del materiale sequestrato,
il 17 ottobre 1940, il tribunale di Messina mandò assolto l’imputato".
Questo avvenne nonostante una
perizia sfavorevole del prof. Bottari [2/1/1940].
Contro l'assoluzione
fece
però ricorso il pubblico ministero, Francesco Panetta.
[2].Pancrazio
Buciunì (talora il cognome si trova scritto come Bucinì)
fu dapprima modello di Gloeden, poi suo aiutante, e infine erede
dello studio fotografico.
Nell'ottobre
1931, alla morte di Gloeden, la sua sorellastra ed erede aveva infatti
dichiarato per iscritto:
"Signor
Pancrazio Moro, per i Suoi meriti a riguardo del mio defunto fratello sono
ben volentieri pronta a prestarLe il mio aiuto e con ciò dichiaro,
ad uso dell'autorità competente, che, quale unica erede di mio fratello,
del signor Guglielmo von Gloeden, deceduto a Taormina, cedo a lei tutti
i diritti inerenti alla ditta del defunto in Taormina.
La prego
ancora una volta d'urgenza d'inviarmi subito per raccomandata il testamento
non sottoscritto di mio fratello che Lei conserva" (da: Marina Miraglia
e Italo Mussa, Op. cit., p. 46).
Il
ritratto di Buciunì in questa pagina è tratto da una foto gentilmente concessa dal nipote Pancrazio Buciunì. Non
siamo però ancora in grado d'identificare Buciunì da giovane nelle foto
di Gloeden. Siamo però certi del fatto che abbia posato per Gloeden
perché ciò è espressamente testimoniato in un articolo del 1903, che raccontò: [L'addetto del negozio di Gloeden] "ci
mostra tutti gli album delle stampe che sono in vendita, e ci vende il
proprio ritratto nel sommario costume che qui si adotta, molto
volentieri, pare, per farsi fotografare e, con garbata attenzione, lo
firma con il suo nome: “Pancrazio Bucinì”.
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