(...)
Pur riconoscendo
che il
perito prof. Bottari ha compiuto
il suo diligente e coscienzioso lavoro, nondimeno il Collegio giudicante
non crede condividere interamente le conclusioni alle quali il perito è
pervenuto.
Le fotografie
reputate contengono la rappresentazione di nudi maschili e femminili in
pose statuarie, ammantati all’antica, che vorrebbero ricordare scene classiche,
ma i personaggi non sono stati ritratti in atteggiamento lascivo o tale
da costituire offesa al pudore.
La rappresentazione
del nudo artistico nei quadri, nelle statue e anche nelle fotografie, le
quali possono assumere l’importanza di lavori d’arte, non può conciliarsi
col concetto di oscenità. Ma l’arte ha la sua gradazione e può
degenerare quanto mai in cattivo gusto.
Nel caso in
esame, come bene ha osservato il prof. Bottari,
molte delle fotografie sequestrate al Bucinì rivelano il cattivo
gusto dell’artista, in quanto ha cercato di imitare antiche statue
e scene classiche senza riuscire a dare l’espressione artistica alla figura
che è caduta nel triviale.
Il collegio
giudicante però non può far proprio il giudizio espresso
dal perito giudiziario, e ha ragione di dubitare circa lo scopo propostosi
dal
fotografo Bucinì di servirsi delle fotografie come mezzo di
oscena eccitazione.
Il Bucinì
ha affermato di avere ereditato lo studio artistico, che ha in Taormina,
dal tedesco Gloeden.
Il materiale
fotografico costituito da migliaia di fotografie e di positive ha un valore
patrimoniale e non è privo di valore artistico, tant'è vero
che gran parte di esso non fu sequestrato dall'Autorità di
P.<ubblica> S.<icurezza> di Taormina, ma fu lasciato al fotografo,
e un'altra parte, com'è stato riconosciuto dal perito, può
essere messa in commercio.
Ciò conferma
il Tribunale nell'opinione che il Bucinì, il quale ha sessant'anni
circa e non ha riportato condanna alcuna, non si serve del suo mestiere
di fotografo e del commercio della fotografia a scopo di oscena eccitazione
tra le persone che costituiscono la sua clientela.
Nel fatto per
il quale il Bucinì è stato tradotto a giudizio sotto l’imputazione
di avere commesso il delitto previsto dall’articolo 528 del c.<odice>
p.<enale>, il Tribunale non ravvisa gli estremi di detto delitto, perché
pur ritenendo che le fotografie sequestrate raffiguranti personaggi nudi,
in pose statuarie ammantati all’antica, rivelino il vago sfogo dell’artista
d’imitare scene classiche, e diano, invece, l’impressione del cattivo
gusto dello stesso, sicché non possono avere alcun valore commerciale,
nondimeno non crede che dette fotografie potessero costituire ragione di
scandalo e per tale considerazione stima di mandare assolto il Bucinì
dall’imputazione ascrittagli.
(...)
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Nonostante
sia firmata "von Gloeden"; questa foto non rivela la solita cura compositiva
dell'immagine; inoltre uno dei ragazzi ha un taglio di capelli che fa pensare
a una data tarda. Questo potrebbe quindi essere (forse) uno degli scatti
che Buciunì produsse in proprio ma smerciò sotto il nome
di Gloeden. (Dettaglio da: Taormina,
ed. Twelvetrees, p. 51).
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