/p. 3/ ILLUSTRl TAORMINESI, miei carissimi Concittadini e Parrocchiani!
In
data 10 corr.<ente,> sulle porte delle nostre Chiese leggeste
un avviso così concepito: Un
grido d’allarme all'indirizzo di tutti i Taorminesi
— discorso
d'interesse morale-economico.
Ricordate che poco mancò non facesse dar la volta al cervello di
molti... Quante interpretazioni strane!... quante altre
esilaranti!...
Il
discorso, tenuto il giorno 14 successivo, fu da voi ascoltato con
interesse sommo e seguito con unanime approvazione, non essendoci
chi non sia convinto delle incontrastabili verità da da (sic) me
esposte. Taluni, nell’esortarmi ad insistere senza tregua, fecero
risuonare al mio orecchio le parole dell’Apostolo: insta
opportune, importune, argue, obsecra, increpa in omni patientia...[2] e conchiusero dicendomi: non
trascuri frattanto di dare la maggior pubblicità alle sue idee...
Ma
in qual modo? Con articoli più o meno reboanti a base di acrimonie
personali? No: deploro tal sistema, che – blaterando ai quattro
venti lordure di pessima specie – arma la mano delle città emule,
le quali con zelo interessato, /p. 4/ lavorano
a denigrare la buona fama, che circonda la nostra simpatica Taormina[3].
Son convinto che la campagna dev'esser combattuta da noi e tra noi. E
pertanto ho trovato più acconcio allo scopo – sebbene lo faccia
con trepidazione – pubblicare nella sua integrità il discorso,
che, non essendo un giornale, né andando per le mani di tutti, certo
non potrà avere dannosa diffusione. Moltissimi
di voi il 14 Giugno lo ascoltarono: ho fiducia che, leggendolo, si
associeranno anch'essi al mio grido d'indignazione ed insorgeranno
contro la brutta genìa, che, mentre degrada l'umana dignità,
attenta al benessere morale-economico del nostro paese.
Questo
per ora. Tornerò sull'argomento e sottometterò [sottoporrò, NdR] l'idea di
un'“Associazione contro l'attentato al buon costume” o, che è lo
stesso, una “Lega contro il mal costume”[4]. Chi degli onesti,
chi dei taorminesi veri nominis[5] – dimenticando per un momento la
discrepanza di idee religiose o politiche e gli attriti di partito –
negherebbe il suo nome, non darebbe il suo appoggio?
Taormina, 16 Giugno 1908.
Arciprete
Marziani
/ p. 5/ Haeccine
ferenda, haeccine toleranda?
«E son cose queste da soffrirsi, son cose da queste (sic)
tollerarsi?» – Con queste parole, o Signori, lo spirito bollente
del Crisostomo, dalla cattedra di Costantinopoli, dava principio al
suo infocato discorso col quale energicamente fulminava le
dissolutezze di quel popolo paganeggiante.
Delle
stesse parole ardisco servirmi io nel sottoporre alla esecrazione
delle coscienze oneste di voi, miei carissimi concittadini, un vizio
abominevole, di cui dà miserando spettacolo la nostra cara patria,
simpatica ed attraente per tutto, ma nauseante per sì ributtanti
nefandezze.
Haeccine ferenda, haeccine toleranda?
E son comunque da tollerarsi tranquillamente tante laidezze, che, con
coraggio spudorato, si commettono in onta di ogni legge naturale,
divina, ecclesiastica, civile[6]? Tante oscenità che, come torrenti di
acqua putrida e limacciosa, allagano l'ambito del nostro paese,
paralizzando con le loro esalazioni miasmatiche ogni principio di
vitalità economica e morale? Son da tollerarsi, dico, tanti
disordini, senza che la coscienza dei buoni, degli onesti, dei
virtuosi arda di santo sdegno e levi alta /
p. 6/ la
voce di protesta? Haeccine
ferenda, haeccine toleranda?
E
non può passarsi sotto silenzio, di sopra a questo brutto male,
qual'è il vizio della disonestà, e di certa disonestà, che, oltre
ad essere la scaturigine feconda di molteplici danni fisici e morali,
può anche rendersi causa di una paralisi economica, arrestando quel
concorso [arrivo, radunarsi, NdR] di forastieri, che omai costituisce l'industria unica, come
ha costituito la resurrezione finanziaria di questa nostra città?
Haeccine
ferenda, haeccine toleranda?
Signori. Ho esitato, e
troppo, prima di decidermi a parlarvi su questo argomento – sia
perché la materia non è punto gradita e per chi parla e per chi
ascolta, sia perché ho aspettato che altri avessero fruttuosamente
alzato la voce e avessero curato la rimozione del morbo letale, –
sia per l’intervento di molti forastieri alla Messa di ogni
Domenica e Festa. Non ho creduto opportuno parlarne sin'ora alla lor
presenza sicuro che non avrebbero conservato bella impressione della
nostra cittadina, venendo in conoscenza di tante brutture morali, che
fanno stridente contrasto con le innumerevoli bellezze naturali, di
cui il Creatore fu prodigo verso questo sorridente lembo di terra.
Ma
ora non più: non è prudenza il tacere. Rimasi stranizzato [allibito, NdR], o
Signori, nel sentirmi riferire, qualche giorno addietro, ciò che, in
data recente, pubblicava un giornale, per giunta diffusissimo in
tutta l'Isola e fuori[7].
Nel commento /
p. 7/
a proposito d'un processo clamoroso per reati turpi, in cui c'eran
coinvolte persone d'alta aristocrazia, quel foglio scriveva «tre
sono in Italia i centri in cui si deplorano di simili mostruosità:
Roma, Napoli e Taormina»[8].
Sentii
gelarmi il sangue nelle vene a tali parole. Ma... dunque – pensai –
quest'è la fama che va creandosi intorno alla nostra cara cittadina?
Dunque... vi è cosi radicato questo vizio nefando da farla additare
alla pubblica esecrazione come centro d'immoralità e di
dissolutezze? E... così triste réclame non potrebbe dar causa a
deplorevoli conseguenze pel benessere morale e materiale di questo
paese? E… queste mie riflessioni non dovrebbero anche occupar la
mente di quanti nutrono amor vero per essa, non dovrebbero tutte le
autorità interessarsi per porre un argine al dilagar di questo male?
Signori! Taorminese
anch'io, e preposto alla cura spirituale di quanti abitano questa
Parrocchia, ho sentito alto e sacro il dovere di invitarvi a
detestare il vizio della disonestà in tutte le sue estrinsecazioni,
specialmente nel senso in cui predomina nell'ambito di questa città;
ma non basta detestarlo per conto proprio: è necessario che tutti,
Autorità e cittadini – ciascuno per quanto può e gli appartiene –
si cooperino (sic) /p. 8/ a
sradicare la brutta pianta nell'interesse degl'individui, delle
famiglie, dell'intero paese.
Ascoltatemi con pazienza e
fino alla fine.
Non
vi aspettate però squarci di oratoria, né fiori: il tema richiede
ben'altro (sic), e perciò ho pensato parlarvi da una cattedra
anziché dal pergamo [pulpito, NdR], in forma di discorso anziché di predica.
Non vi aspettate voli arditi e sublimi per i campi della teologia o
della filosofia: m'interessa solo di sferzare praticamente il vizio,
nelle sue abominevoli conseguenze, accennando di volo a qualche
rimedio.
Non
vi aspettate neppure un esame dettagliato delle cause e degli effetti
del brutto mostro: converrà dipingere a rapide pennellate il quadro
orrendo e trattare con delicatezza certe particolarità – Userò
nell'assieme un linguaggio generico, pel resto vi dirò con N.<ostro>
S.<ignore:> qui
potest capere capiat.
«Chi può comprendere comprenda».
Non
voglio però celarvi un mio presentimento: Non mancherà certo chi,
pigliando le mosse tra lo scettico e lo scandalizzato, dirà: tempo
perduto, induratum est cor Pharaonis[9], e voi non caverete un ragno dal
buco. E poi... son discorsi questi da tenersi dinanzi ad un pubblico,
tra cui non mancano orecchie caste?...
Ci
ho pensato più volte, o Signori, ma son venuto nella determinazione
di parlarne lo stesso. Ne parlo perché pongo la mia confidenza in
quel Dio qui
respicit terram et facit eam tremere[10] e la cui grazia da sola basta ad illuminare le menti più accecate
dall'errore, a scuotere i cuori più induriti nella colpa: ne parlo
per declinare di/
p. 9/nanzi
all'intero paese la mia responsabilità, e per non venir meno ai miei
doveri di Parroco: ne parlo perché ho riflettuto che male non c'è,
essendo l'ambiente esterno così guasto e corrotto che quelle stesse
orecchie, che un ingenuo supporrebbe caste, sono avvezze ai discorsi
più sboccati e disonesti, offerti forse dalle stesse lor famiglie e
dalle molteplici – <per> niente castigate – conversazioni. Non è <da>
maravigliare quindi se dello stesso soggetto ne sentono parlare in
Chiesa dalla bocca del Sacerdote, che nel solo nome di Dio unicamente
mira a fulminare il brutto vizio.
E
quand'anche vi fossero orecchie caste, il bene che c'è d'aspettarsi
dalla maggioranza cui si parla, è sempre di gran lunga superiore al
male temibile per un numero relativamente minimo.
D'altronde mi son prefisso
di esser parco e misurato nelle parole, come conviensi a labbra
sacerdotali, bagnate ogni giorno dal Sangue Preziosissimo di
Gesù-Eucarestia, e pertanto ho preferito di scrivere e leggere il
discorso, per evitare che l'indignazione, ond'è pieno l'animo mio,
nella foga del parlar libero mi tirasse di bocca qualche parola men
che corretta.
Cosicché il mio discorso,
o Signori, nella sua brevità, risolvesi in un caldo appello ad un
grido unanime di raccapriccio e di esecrazione, – ad un'energica
levata di scudi contro il vizio e contro i viziosi – ad una
cooperazione efficace per arrestare la triste réclame che va
facendoci intorno alla nostra città. Ed ecco così pie/p. 10/namente
svelato il mistero del mio grido d'allarme all’indirizzo di tutti
gli onesti.
Come
già vi siete accorti, non intendo soltanto perorare la causa morale:
quand'anche si trattasse di questo solo, esigerei piena la vostra
attenzione, poiché allora [tanto più,
NdR] prospera un paese, una città, la società
tutta, quando vi predomina il più alto sentimento di moralità; ma alla
causa morale curerò associare quella economica, epperciò me
l'attendo più benevola<,> la vostra attenzione. Non vi
impressioni che
un sacerdote, che un parroco si occupi anche del benessere materiale
del suo paese: noi vogliamo i nostri parrocchiani ricchi di virtù e
ricchi d'oro[11]; peraltro, nonché da [oltre che come, NdR] sacerdote, vi parlerò anche
da cittadino.
|
Monumento a don Marziani nella
cattedrale di Taormina.
Foto di Giovanni Dall'Orto.
|
Create
le cose tutte visibili ed invisibili, esistenti in natura, Iddio creò
il re dell’universo: l'uomo. Nella sua infinita sapienza e bontà
trovò che l'uomo avea bisogno di una compagna e creò la donna.
Benedetta quella prima unione, riservava esclusivamente a sé il
diritto di sanzionare il matrimonio come atto religioso, sicché più
tardi N<ostro> S.<ignore> G.<esù> C.<risto>
riferendosi a quell'avvenimento esclamava: iam
non sunt duo sed una caro, quod ergo Deus coniunxit, homo non
separet[12].
Creata
e benedetta la coppia dei nostri Protoparenti, Iddio pronunziava
quelle altre so/
p. 11/lenni parole: crescite
et multiplicamini[13],
con le quali lor conferiva la potenzialità alla perpetuazione della
specie, e se da un canto non poneva un obbligo assoluto a servirsene,
sibbene relativo, dall'altro obbligava l'uomo e la donna ad usarne
all'unico scopo della procreazione della prole: et multiplicamini.
Di
maniera che il matrimonio, istituito da Dio nel principio dei tempi
come contratto naturale, e più tardi, nella legge di grazia, elevato
da Gesù alla dignità di Sacramento, era destinato a regolare
l'andamento della società civile, specialmente in ordine alle divine
parole: crescite
et multiplicamini.
Io
pertanto, o Signori, attraverso il prisma della legge naturale e
divina, non so considerare la donna, che in uno di questi tre stati:
o di vergine, olezzante del profumo dei gigli, o di sposa, redimita [incoronata, NdR] la fronte dall'aureola della maternità, o di vedova rassegnata
sotto il giogo della sventura. Fuori di queste vie, armonizzanti con
la volontà eterna di Dio, o anche in una di esse, ma demoralizzata
[fuori dalla morale, NdR] la trovo in istato di decadenza e di riprovazione, asservita al vizio
e alla disonestà, strumento abietto di voluttà e di concupiscenza;
tal che sempre offusca la raggiante bellezza della sua dignità,
tradisce lo scopo della sua sublime missione, perverte i fini supremi
della divina Provvidenza. Sorprendetela nell'ultima fase della sua
morale degradazione, la troverete: volubile per indole, infingarda
per condizione, bugiarda per interesse, freddamente vendereccia a
chicchessia, orgogliosa, collerica e sopratutto vendicativa: tal'è
la donna che tie/p. 12/ne
scritto negli occhi e sulla fronte la parola: disonore.
* *
*
Ma
non è di queste povere infelici che io ho promesso di occuparmi, o
Signori: esse, convinte spesso della loro abiezione e temendo esser
tenute per quel che sono, portano con tristezza il carico della loro
ignonimia: – io voglio farvi insorgere specialmente contro un'altra
manifestazione del brutto vizio, che da Sodoma piglia il nome, che
veramente non è comune a tutte le contrade, ma che, se mette radici,
produce tristissimi effetti: una manifestazione quant'altra mai
mostruosa e sotto ogni riguardo proscritta dalle leggi naturali e
divine.
–
Ove il livello del senso
morale è sceso molto basso, ove si è dato l'ostracismo ad ogni idea
di virtù, e – perché non dirlo? – ove sopratutto si è scosso
il sentimento religioso, voi spesso v'incontrate in certi tipi che
colpiscono il vostro occhio scrutatore: sono per lo più giovani,
atteggiati a damerini, dall'espressione languida, dalle palpebre
enfiate [gonfie, NdR] e livide, rapidamente dimagriti senza malattie apparenti: –
sono giovani, dai sentimenti poco o niente elevati, che
prostituiscono la lor dignità, che rinunziano ad un avvenire
onorato, che vendono se stessi – anima e corpo – al primo
offerente, purché le condizioni siano in certo modo vantaggiose;
sono giovani che riproducono presso di noi la brutta pianta che sì
tristamente attecchì in Sodoma e Gomorra.
/p. 13/ Signori,
inorridisco a pensare e ad accennare a certe degradazioni, ma è
tempo che si metta il dito sulla piaga!
Inorridisco a pensare che
tal vizio offra lo spettacolo di un mercato di carne umana e faccia
scendere l'uomo giù al livello dei bruti. Inorridisco a pensare con
quanta facilità si stipulino certi contratti riprovevoli in cui
giovani depravati, con l'intervento spesso di genitori sciagurati, e
non meno dissoluti, abbagliati dal luccicchio (sic) di quell'oro che
a manate si pone dinanzi ai loro occhi e nelle loro tasche, affittano
o vendono se stessi per fini patentemente loschi e inverecondi!...
Non
si tratta qui, o Signori, di principii più o meno religiosi, non si
tratta di sfumature della pietà cristiana, non si tratta di
delicatezze della perfezione evangelica, no: – ma è appunto il
prestigio della moralità, che si è voluto far crollare dal suo
piedistallo, è lo spirito della verecondia [senso del pudore, NdR] più comune che pare sia
esulato [andato in esilio, NdR] dalla patria nostra – ed ecco perché io richiamo
l'attenzione e vorrei provocare un grido di protesta da parte di
tutti gli onesti, a qualunque confessione essi appartengano in fatto
di Religione.
* *
*
–
E bisogna aver chiusi gli
occhi alla luce per non vedere i tristissimi effetti che produce tal
vizio, <sia che lo> si consideri dal lato religioso, <sia che lo> si
consideri sotto l'aspetto fisiologico, <sia che lo> si consideri nei rapporti con
l'avvenire della nostra città.
Nel
campo religioso? – Ossevatelo, o Signori! /p. 14/ dando
uno sguardo all'ambiente in cui viviamo: Allontana
l'uomo da Dio, che è puro spirito, e lo attacca alla materia che ne
è la morte: – gli rapisce la dignità e l'onore del suo essere
ragionevole, mentre ne sfigura l’immagine divina impressa nel suo
volto: – lo abbassa
alla condizione dei bruti [animali, NdR], anzi, lo fa scendere al di sotto di essi,
poiché gli animali seguono naturalmente l'istinto lor dato dal
Creatore per la conservazione della loro specie e non tendono mai
alla propria distruzione, mentre l'uomo s'ingolfa nei piaceri
sensuali e discende sino alla sua distruzione, malgrado la voce della
coscienza ne lo sconsigli. – Come conseguenza tal vizio crea i
disertori dalla Bandiera di Cristo e gli Apostati dalla Fede, giacché
il dissoluto nella incredulità trova l'origliere [cuscino, NdR] più soffice ai
suoi sonni impuri e disonesti; – produce induramento di cuore e
acciecamento di mente, sicché il vizioso dubita delle verità più
evidenti, nega assiomi irrefutabili e se il freddo teorema di
Pitagora importasse il castigo di qualche passione favorita, il
dissoluto si sforzerebbe di combatterlo e distruggerlo: come anche se
la verità elementarissima «quattro e quattro fanno otto» volesse
dire, rompere certe catene, mortificare certi istinti brutali, non
sarebbe raro il caso di trovare chi, con inqualificabile
spudoratezza, volesse sostenere e dimostrare il contrario.
–
E poi tal vizio forma le
coscienze cauteriate[14], che commettono il male e godono, che
narrano le proprie nefandezze ed esultano; – provoca nausea per le
cose spirituali, per le pratiche re/p. 15/ligiose,
per i santi Sacramenti, rinnovando il triste spettacolo degli Ebrei,
che disprezzavano la manna prodigiosa del deserto e preferivano le
cipolle puzzolenti dell'Egitto; ingenera discredito sulle
azioni più sante e sulle persone più intemerate per la stessa
ragione che come l'occhio lucido vede tutto lucido, così l'occhio
ottenebrato altro non scorge dappertutto che ombre e macchie; –
alimenta uno spirito di demolizione, giacché questa specie di
viziosi, lontani da Dio, tentano di aggiogare al carro
dell'immoralità ch'è il trofeo di Satana, le anime che tengono caro
il giogo di Cristo; – attira sopra di loro, sopra le lor famiglie,
sopra il lor paese, i fulmini della Divina Giustizia: non accenno, o
Signori, per amor di brevità, al Diluvio universale provocato dalle
dissolutezze degli uomini, – non accenno ai 24000 Israeliti
trucidati nel deserto a cagione delle loro dissolutezze, – non
accenno ad altre, terribili stragi ordinate da Dio, come leggesi nei
libri santi, sempre in punizione di peccati turpi innominabili:
voglio solo che fermiate l'occhio sopra la disgraziata città di
Sodoma, affinché nella pioggia di fuoco che la distrusse e nel
perenne fetore delle sue rovine, coverte anche oggi dalle acque
limacciose del Mar Morto, vi possiate leggere la eterna condanna del
vizi e dei viziosi.
|
Frontespizio dell'opuscolo di Mariani.
|
* *
*
– Né
meno sconfortanti, o Signori. e disastrose sono le stragi che la
disonestà reca nel campo della salute pubblica.
/p. 16/ Vi
ha un'età pericolosa nella vita dell'uomo: l'epoca dello sviluppo.
Sturbare gli sforzi che fa l'organismo in tal periodo, per giungere
alla sua completa formazione, è lo stesso che anticiparsi la morte,
è lo stesso che risentirne gli effetti per tutta la vita. –
Estendermi su questo argomento sarebbe metter la falce nella messe
altrui [uscire dal seminato, NdR]: domandatene ai Fisiologi e, se vogliono esser sinceri,
faranno sfilare dinanzi al vostro sguardo una serie interminabile di
mali che trae seco il libertinaggio, specialmente nel ramo
sodomitico.
La
consunzione dorsale descritta da Ippocrate, le varie alterazioni del
cuore, sì comuni ai dì nostri, l'etisia polmonare sotto tutte le
forme, la molteplice categoria delle affezioni cerebrali,
l'apoplessia e tanti altri mali, di cui tacere è bello, sono per lo
più effetti inevitabili della disonestà.
E
chi non sa quanto sia fortissima l'azione che il libertinaggio
esercita sopra il sistema nervoso e sull'intelligenza? Presto si
comprende se si riflette all'eccitamento permanente ed ai pensieri
abituali che occupano la vita del lussurioso: e perciò l'epilessia,
le convulsioni, le aberrazioni dell'udito e della vista, la pazzia,
l'imbecillità precoce, la malinconia suicida, in una parola la
maggior degradazione fisica e morale, ne sono quasi sempre il triste
retaggio.
Né
tal vizio è nocivo soltanto a quelli che vi si abbandonano, ma
estende le sue stragi alla infelice progenie che decima o snerva, e
che più tardi dovrà risentire gli effetti tristi di colpe non sue,
ma che indubitabilmente erediterà
/p. 17/
* *
*
Vogliamo anche considerare
tal vizio nei rapporti con la grandezza della patria? Quante rovine,
o Signori!
La
Morale è forza centripeta che fa convergere tutte le umane attività
ad un fine unico nonché nobile e sublime: il perfezionamento
dell'uomo: è forza dinamica che eleva a grandezza, sino al fastigio [culmine, NdR],
i popoli, additandoli all'ammirazione dei secoli.
Ma
la morale non può andar d'accordo con le cause dissolventi della
stessa, tra cui principalmente il libertinaggio.
Quando regna tal vizio lo
scettro della moralità s'infrange, le generazioni si avanzano prive
di alte idealità e – di conseguenza – si smarrisce il giusto
concetto della umana dignità, si snatura la missione della famiglia,
si scinde l'ordine nella società.
I
libertini si allivellano coi bruti, specie con quella classe di
animali immondi, che tengono per loro prerogativa di non guardare il
cielo, di scavar sempre la terra, di guazzare con diletto nel fango e
nel fetore.
Il
libertino non aspira a crearsi un avvenire onesto, non pensa ad
arricchir la mente delle tante cognizioni che nobilitano il cuore,
non cura di rendersi utile alla patria con l'opera della mente o
della mano.
E
poi, o Signori, il vizio, punito in Sodoma, è tale che piglia
qualunque via pur di soddisfare alle più abiette passioni, cosicché
i più scanda/p. 18/losi
disordini diventano un'abitudine familiare, un bisogno imperioso. Ed
allora non vi ha più freno: né età, né vincoli di sangue, né
sacre promesse, né il disonor delle famiglie, né i tormenti delle
vittime, né la perdita della salute, né il timor della morte,
trattengono il vizioso dalla sua marcia trionfale attraverso le vie
del libertinaggio.
Da
qui il nessun rispetto pel vincolo coniugale, da qui il rallentamento
della giurata fè, da qui le scissure tra gli sposi, da qui gli
scandali per la prole, da qui le discordie tra le famiglie, da qui
sempre i conflitti nella società.
Consentite dunque, o
Signori, che vi parli francamente: quando senza rimorso si beve alla
tazza di Babilonia, quando con disinvoltura si ricorre ai mezzi più
abbietti affine di appagare istinti bestiali, quando per giunta si ha
il coraggio spudorato di farsene un vanto, è segno evidente che la
moralità, crollata dal suo trono, è sepolta nel fango: è segno
incontrastabile che l'astro benefico della civiltà, ecclissatosi
(sic), non diffonde più sulla società i suoi raggi vivificanti.
* *
*
–
E questo brutto vizio, mai
abbastanza deplorato. è anche il verme roditore che va indebolendo
la base di quella grandezza materiale, di quella prosperità
economica che pur tiene occupata la mente di illustri governanti e di
grandi statisti. Sì, è appunto l'azione deleteria di questo tarlo
assiduo che spesso determina le /
p. 19/ grandi
catastrofi di popoli e nazioni. – Mi limito a lumeggiare questo
assunto solo nei rapporti colla nostra città.
–
Non vi ha dubbio, o
Signori: tal vizio provoca un santo sdegno in ogni animo onesto e
voi già sapete come voci sinistre vadano additando Taormina qual
centro di immoralità e di corruzione. D'altro canto – chi nol sa?
– la sorgente della prosperità finanziaria di Taormina attualmente
è l'industria dei forastieri, che, in numero sempre crescente, ogni
anno si riversano qui a bearsi delle bellezze naturali che offre
questo lembo incantevole.
Ma
i forastieri, nella gran maggioranza, conservano un alto concetto
della moralità, che incarnano in se stessi e vogliono ammirare negli
altri. Sono pochi, anzi rarissimi quei depravati che posano l'occhio
libidinoso sulla melma più nauseante e profondono pazzamente denaro
per saziare la brutale voluttà di guazzarvi dentro.
I
forastieri quindi, nella quasi totalità, detestano le sozzure del
libertinaggio più mostruoso e rifuggono da quegli ambienti che
rinnovano le abominevoli degradazioni di Sodoma e Gomorra.
Se
dunque quella voce – cui accennavo – pigliasse consistenza, quali
funeste conseguenze non potrebbero colpire la nostra simpatica
Taormina?… Quale sventura non sarebbe per la patria nostra… per
questo punto microscopico nei rapporti col gran mondo, ma che pure è
divenuto il punto di convergenza di gente d'ogni nazione, se si
ecclissasse (sic) la sua stella polare, cioè il concetto di onestà
e di moralità che il fo/p. 20/rastiero
sin'ora (sic) ha conservato di essa?!. – Qual triste sorte sarebbe
riservata a Taormina, alla patria nostra, se dovesse scolorarsi e
sfrondarsi quella corona di gloria, che la contrassegna del primato
sulle città emule di Sicilia?!... – Che sarebbe di Taormina se in
un giorno non lontano dovesse veder desolate le sue vie, deserti i
suoi alberghi, chiusi i suoi negozi?!..
* *
*
Signori!
Non è prudenza illuderci, né è più il tempo dei sonni tranquilli:
l'ora di una santa riscossa è già suonata per tutti. Ogni indugio è
colpevole e la responsabilità grava tutta sopra coloro cui incombe
imprescindibile il dovere di capitanare la santa Crociata.
Era
rigorosamente prescritto presso gli Ebrei che i lebbrosi stessero
isolati… lungi dal civile consorzio; – provvide son le
precauzioni cui ricorrono le autorità per iscongiurare il pericolo,
quando il colera è alle porte di qualche città o nazione; savia
legge di ogni comune è quella che obbliga il Sanitario a riferire a
chi dritto [di diritto, NdR] i singoli casi di malattie contagiose. E noi
unanimi approviamo e lodiamo tali disposizioni perché ispirate a
sani criteri di tutela della pubblica incolumità.
Ebbene, o Signori, la
scostumatezza è lebbra più contagiosa che quella degli Ebrei, è
peste più micidiale che lo stesso colera. Io dunque levo alta la
voce e grido: alla peste, alla lebbra-!.. protendo supplichevoli le
braccia e dalle autorità invoco misure energiche, per reprimere il
male esistente; per prevenire quello temibile.
/p. 21/ – Ma...
sento dirmi, è il legislatore che deve prevenire o reprimere certi
abusi. Non ci illudiamo neppure in questo: Vi sono, e vero, alcune
savie disposizioni relative ai libertini, ma sono così generiche,
sono così elastiche, sono così poco osservate che per lo più
possono riguardarsi come non esistenti. D'altra parte tali leggi, non
punendo il libertinaggio che quand’è potente, quand'è
profondamente radicato, vale a dire quando colpisce la morale
pubblica, l'autorità mostra infierire contro una passione della
quale in certo modo ha favorito lo sviluppo, non usando bastante
severità contro il funesto contagio dell'esempio.
Sono
dunque le autorità locali, coadiuvate da tutti i cittadini onesti,
che conoscendo più da vicino le circostanze di luogo e di persone,
devono adottare rimedi energici, proporzionati alle cause, che
producono ed alimentano questo vizio, flagello della società.
* *
*
Scrittori illustri e sotto
ogni riguardo autorevoli, che han voluto studiare, sino ai dettagli,
gli ambienti, convertiti in templi di lussuria, tra le cause sociali
del libertinaggio notano particolarmente la mancanza di Religione, il
contagio dell'esempio, l’ozio delle masse, la frequenza degli
spettacoli, i libri cattivi, i giornali pornografici, e noi possiamo
aggiungere: l'oro che suol corrompere ad un tempo chi, abusandone, lo
possiede e chi smodatamente lo agogna.
/p. 22/
* *
*
–
Ecco dunque, anzitutto, o
Signori, il bisogno che Iddio regni negli individui e nella società:
ecco il bisogno che ciascuno, prima di concepire amore e timore per
un'autorità e per una legge terrena, si avvezzi ad amare e temere
l'autorità e la legge di Dio. Purtroppo <è> così! Non sarà
mai un suddito ossequ<i>ente all'autorità civile, chi non ha
appreso ad amare e temere l'autorità di Dio; facilmente violerà le
leggi umane chi non cura l'osservanza delle leggi divine.
E
poi le leggi civili, le autorità tutrici potranno colpire e punire
le azioni esterne, consumate e conosciute, ma quando il vizioso, il
dissoluto, con accortezza che non gli suole mancare, è riuscito ad
eludere la vigilanza del questurino e del carabiniere, le azioni più
nefande restano impunite.
È
il santo timore di un Dio Giudice supremo, che inculca l'osservanza
del nono precetto del Decalogo, come del sesto: è il timore di
questo Dio conoscitor delle azioni più occulte, scrutatore dei
pensieri più reconditi, punitor dei desideri men che legittimi, che
solo può frenare le più ree passioni, prevenire ed evitare il male,
arrestare l'azione deleteria del vizio.
La cattedrale di Taormina. Foto di Wilhelm von Gloeden, circa 1900.
* *
*
E
dopo questo, vigilanza oculatissima da parte dei genitori
sull'infanzia, sull'adolescenza (sic), sulla gioventù. /
p. 23/ Non
v'impressioni, o Signori, apprendere dalla mia bocca – peraltro non
c'è chi nol sappia – che ci sono ragazzi, anche inferiori ai dieci
anni, istruiti nella malizia più raffinata, che si esercitano nella
palestra della scostumatezza, per consacrarsi quanto prima alla
immoralità in tutte le più esecrande manifestazioni.
E da elementi degenerati sin dall'infanzia potrà la patria
attendersi giovani dalla fibra latina e tampoco spartana? E questi
giovani, cresciuti tra le più abiette degradazioni, saranno per
avventura gl'Italiani preconizzati dai luminari dell'Italia
nuova? Sarebbe follia lusingarci. No, non
saranno mai buoni cittadini, né sposi fedeli, né genitori onesti:
saranno viceversa l'abiezione dell'uman genere, l'obbrobrio della
famiglia, il disonore della patria.
Né,
mi dite, o Signori, che tante volte i figliuoli si abbandonano per la
via sdrucciolevole della corruzione, senza aver avuto tra le pareti
domestiche nessun manifesto incentivo. Son venuto in conoscenza di casi, d'altronde pubblici, che destano
raccapriccio: padri sciagurati che prostituiscono i figli, e,
rimproverati, spudoratamente rispondono: questo è il nostro
mestiere. Sono eccezioni, lo so, ma che potrebbero pigliare, come van
pigliando, proporzioni vaste. E sorvolando a
queste eccezioni, comprendo, sì, che i genitori nella generalità
non trascinano direttamente i figli per la via fangosa della
disonestà; ma pensino al contegno usato con loro quando eran
fanciulli e giovanetti, ricordino la troppa /p. 24/ libertà
del parlare alla loro presenza, e la notevole incuria
nell'allontanarli dalle cattive compagnie, – richiamino alla
memoria la poca o nessuna modestia in tante azioni che pur
richiedevano circospetta oculatezza... riflettano su tutto questo, e
poi mi dicano se quella perversione, che ora deplorano, non è il
naturale svolgimento di certe tendenze malvage che non seppero o non
vollero reprimere a tempo – o peggio ancora lo sviluppo di certi
germi, che colle loro massime e coi loro esempi deposero in quel
terreno.
Il
piccolo seme, piantato lungo le sponde del fiume di Babilonia[15], è
germogliato: cresciuto rigogliosamente, coll'avanzarsi degli anni,
s'è fatto albero e se ne sono pestiferi i frutti, la colpa di chi è?
Tutta ed integra dei genitori!
E
notate, o Signori, che se si arriva a far mettere radici profonde,
alla mala pianta, indarno più tardi si tenterebbe sradicarla – La
storia è la gran maestra della vita e le passioni degli uomini, dopo
tanti secoli, non sono punto cambiate.
E
perciò cooperazione illuminata ci vuole, non solo da parte dei
genitori nei rapporti coi figliuoli, ma anche e specialmente da parte
di tutte le Autorità civili per scovare certe tane, per disarmare
certe agenzie, per impedire certe mediazioni, per interdire
l'effettuazione di certa specie di contratti nell'interesse della
salute pubblica e del decoro d'ogni classe di cittadini.
– Freno, soprattutto a quella turba, sempre /p. 25/ crescente
di giovinastri che, nella quasi generalità mentre si atteggiano a
guide ed a conduttori, si apprestano poi a servizi degradevoli,
facilmente si offrono, sfacciatamente si vendono.
Questi giovani vengono su
negli anni senz'arte, senza professione, preferendo un mestiere
infamante per quanto lucroso. E questi spostati che, nel periodo di
maggior affluenza di forastieri, voi, o Signori, vedete, vestiti da
damerini, frequentare sino a notte inoltrata i caffè, a chiedere ed
a consumare liquori ricercati e costosi, mentre bruciano un avana
profumato, da nulla invidiare all'Inglese ed all'Americano[16], voi poi
osservate, emigrati i forastieri, marcire nell'ozio più deplorevole,
creandosi nuove vittime alle loro voglie disordinate ed imbrattando
della stessa pece tante altre povere creature, che bene avviate
sarebbero gli angeli della famiglia, l'onore del paese.
Ma
frattanto dite, o Signori, che cosa rappresenteranno più tardi nel
civile consorzio questi spostati se non il vizio in tutte le sue
caratteristiche più ributtanti e detestevoli?
* *
*
Occhio
anche alle scuole, specialmente maschili. Con tutta asseveranza [certezza, NdR] posso
attestarvi, o Signori, che vi sono ragazzi cattivi, pessimi: e con
ciò non voglio solo accennare a certe discolerie proprie di
quell'età e comuni a tutti i paesi – no, voglio, senza restrizione,
dire di fanciulli precocemente infangati nel vizio della disonestà.
/p. 26/ Guardateli
attentamente, ve lo rivelano anche all'esterno: dovrebbero rapire col
candor dell'innocenza, col profumo della virtù, con l'ingenuità
delle azioni, ma… invece lo sguardo languido, l'occhio smarrito, le
labbra smunte, la voce rauca... depongono il contrario: ascoltatene i
discorsi... che fetore! quanta oscenità! E la lingua, o Signori, è
il termometro del cuore.
Or
le scuole rappresentano il luogo di convegno, il punto di
convergenza dei ragazzi di tutte le famiglie e, posto che il male è
diffusivo e contagioso, gli scolari si comunicano a vicenda la
funesta tabe [malattia degenerativa, NdR] e il modo di logorarsi anzitempo la salute, mentre,
solleticando e assecondando sin dai teneri anni le più ributtanti
passioni, si predispongono a divenire facili vittime dei vizi più
degradanti, principalmente del sodomitico. Esperienza insegni!...
I
maestri certamente non possono tutto quello che vogliono, perché gli
alunni si sottraggono per buona parte della giornata e per alcuni
mesi dell'anno alla lor vigilanza, e nelle ore che i fanciulli vanno
in iscuola risulta molto difficile estirpare ogni cattivo germe
gettato nel loro cuore per incuria dei loro parenti o per opera di
altri cattivi. Però è sempre vero che, convinti i coscienziosi
insegnanti delle incontrastabili verità da me esposte, devono usare la
maggiore oculatezza nella sorveglianza e non lasciare mezzo
intentato per inoculare negli scolari, con tutta circospezione e
delicatezza, un salutare timore pel brutto vizio e pei suoi tristi
effetti.
/p. 27/
* *
*
Per
isradicare dunque, o signori, la mala pianta, è necessaria una
energica cooperazione da parte di tutti. È ormai tempo, come vi
dicevo, di metter fine agli indugi ed alle esitanze. No, non si
tratta più di consigli, di esortazioni, di misure preventive: è già
tempo di reprimere il male, di epurar l'ambiente, e subito, per
impedire che la brutta gramigna diffonda sempre più le sue
propagini.
E
non c'è chi possa esimersi da questo compito, specialmente i
genitori, responsabili della condotta e dell’avvenire dei figli, e
le Autorità cui incombe l'obbligo di tutelare la pubblica
incolumità, il benessere morale, la prosperità materiale del paese.
Signori, io ripeto in
questo giorno il mio grido d'allarme e vi invito ad una coraggiosa ed
energica alzata di scudi contro i viziosi che disonorano noi e la
patria nostra. lo vi invito in nome di Dio, che
con la legge naturale scolpita nei nostri cuori e con leggi positive
scritte condanna il libertinaggio, sopratutto (sic) nella
manifestazione sodimitica (sic). Vi invito in
nome della morale: questo vizio è di sua natura tale che non sa
tenersi celato ed i libertini manifestano la tabe, di cui sono
imbrattati, attraverso le parole scurrili, i discorsi osceni, i gesti
impudici, le azioni invereconde, sicché il male si propaga col
contagio e con lo scandalo piglia tutte le forme, frangendo i vincoli
di sangue, violando il santuario della / p. 28/ famiglia,
rallentando e spesso rompendo la fedeltà coniugale.
Vi
invito in nome della salute pubblica: il vizio sfibra l'uomo, ne
ottunde l'energia, ne logora le forze, ci prepara una generazione
fiacca e rachitica.
Vi
invito in nome della buona fama e della prosperità materiale della
patria nostra. Iddio l'ha ricolmata di bellezze materiali, i secoli
l'han<no> arricchita di monumenti artistici, in questi ultimi
tempi nell'industria del forastiero ha trovato la sua resurrezione
economica: noi quindi, da veri Taorminesi, dobbiamo cooperarci (sic) alla
sua maggior grandezza con la bontà dei costumi, che rispecchi nella
vita pratica la purezza e lo splendore del nostro cielo.
Ma non dimenticate, o Signori, che il vizio, già sferzato,
radicandosi e propagandosi, va scavando la tomba al benessere ed alla
prosperità di essa.
Ah!
Che sarebbe – vi dirò ancora una volta in sul conchiudere perché
resti bene impresso nella vostra mente – che sarebbe di questo
lembo di Paradiso, come lo si è voluto chiamare, che sarebbe di
quell'avvenire dorato e iridescente, che va spiegandosi
all'immaginazione di chi realmente ama Taormina, se sopra di essa
dovesse un giorno stendersi il funereo lenzuolo dell'oblio, che già
cuopre la gaia isoletta di Capri, che pur un tempo formava il
soggiorno più gradito del forastiero?[17]
Signori, non mi dite, no,
profeta si sventure: la quistione è supremamente vitale. Io /p. 29/ amo
il mio suolo natio, amo la patria mia, e la voglio sempre più
prospera, sempre più progredita, sempre più circondata dall'affetto
delle nazioni; la voglio sempre il centro di attrazione di gente che
vi porti il benessere anche materiale. E perché ho sentito il dovere
di dare il grido di allarme, di levare alta la mia voce di sacerdote,
di parroco, di cittadino: – e perciò mi protesto pronto,
coadiuvato dai miei commilitoni nel Sacerdozio, a lavorare con tutta
l'energia dell'anima mia per rimuovere quei nuvololoni che possono
offuscare l'orizzonte della suamaggior grandezza avvenire.
Ma
vi ricordo, o Signori, che noi disponiamo solo della forza morale, e
se nel grave compito la nostra voce resterà isolata, se non saremo
sorretti dalle autorità civili e dalla buona volontà di tutti gli
onesti, a poco o a nulla approderà l'opera nostra. Il male diverrà
più audace, più sfrontato, sempre più insolente.
Su
dunque all'opera! Insorgiamo unanimi contro il brutto vizio, flagello
della società. – Si formi come una santa Crociata contro quella
turba di depravati che, dopo aver buttata nel fango la propria
dignità, insidiano alla prosperità della patria nostra.
Preferiamo invece...
restarcene sonnolenti e neghittosi?
Ma
allora, o Signori – mi sanguina il cuore a dirlo e Iddio ne sperda
l'infausto presagio, – prepariamoci alla catastrofe dell'avvenire!
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