In
nome di Sua Maestà
VITTORIO EMANUELE III
Per
grazia di Dio e per volontà della
Nazione
Re
d’Italia
_____
L'anno 1908 il giorno 4
del mese di Aprile in Roma
La 10a Sezione del Tribunale civile e penale di
Roma
Composta
dei Signori
Noce Carlo Presidente
Masei Giovanni
Giudici
Regina Aniello
Con l'intervento del Pubblico Ministero
rappresentato dal Procuratore del Re
Mancinelli Gaetano
e con l'assistenza del Vice-Cancelliere Corsetti
Vincenzo
In linea penale.
_____
Ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella Causa ad istanza del Pubblico Ministero
A carico di
Pluschow Guglielmo, fu Odoard, di anni 55, da Wismar
(Germania) dom.o a Roma detenuto
Imputato
a)
del delitto di cui all’art. 333 C.P.
per avere, in Roma, in un giorno imprecisato del giugno o luglio 1906. commesso
atti di libidine sulla persona di Marinelli Ernani di anni 12.
b)
del delitto di cui all’art. 349 n. 4
C.P per avere in Roma, anteriormente all’8 maggio 1907, per servire all’altrui
libidine, indotto alla prostituzione ed eccitata la corruzione di persone di età
minore abitualmente ed al fine di lucro
c)
del delitto di cui all’art. 339 cap.
C.P. per avere in Roma, anteriormente all’8 maggio 1907, offerto in vendita
fotografie oscene, offendendo il pudore, a fine di lucro e pubblicamente.
Wilhelm von Plueschow: Ritratto.
[1. Deposizione del Commissario di Pubblica Sicurezza]
Ritenuto in fatto che con rapporto del
Commissario
di P.<ubblic>a S.<icurezz>a di Trevi, in data 11 maggio 1907, veniva denunciato
all’autorità
giudiziaria Pluschow Guglielmo, fotografo domiciliato in Roma Corso
Umberto n.
333, narrandosi certo che certo Marinelli Alfredo aveva a sua volta
denunciato
all’Autorità di P.a S.a esso Pluschow per aver appreso dal proprio
figlio Ernani
di anni 12, addetto al Bar Fariglia, che in un giorno non precisato
posteriormente al giugno 1906, avendo il Marinelli Ernani portato
liquori e caffè
al Pluschow nel di lui domicilio, questi lo aveva fatto ubbriacare e gli
aveva
somministrato anche un narcotico [2], che il Marinelli nello svegliarsi dal
torpore,
si era trovato sul letto del fotografo con i calzoni calati, bagnato
nelle
parti deretane di un liquido vischioso, che si era dato a piangere vi si
era
stato rassicurato dal Pluschow con parole e donativi in denaro e dopo di
allora
costui aveva ripetuto più volte atti nefandi sulla sua persona anche in
presenza
di altri uomini e lo aveva fotografato nudo da solo ed in compagnia di
bambine.
–
Aggiungeva il Commissario che il nome del Pluschow non era ignoto
all’Autorità
di P.a S.a, che se ne era occupata a proposito di un furto da lui patito,
assodando in quell’occasione che la di lui casa era frequentata
assiduamente da
giovanotti dai 16 ai 20 anni per lo più imberbi e dalle forme muliebri
che egli
reclutava nella stagione estiva in prossimità dei bagni popolari del
Tevere ed
indi li fotografava nudi per servirsi delle fotografie a scopi illeciti.
–
Aggiungeva ancora il Commissario che per tutte queste ragioni, risultando
il
Pluschow proclive a reati contro il buon costume, dopo la denuncia del
Marinelli,
era stata disposta una visita domiciliare al Pluschow, eseguita infatti
il giorno
8 maggio 1907.
– Che, presentatisi in detto giorno i funzionari
improvvisamente
nell’abitazione del Pluschow, fu trovato costui nella sua camera da
letto in
compagnia del proprio commesso Magnotti Pietro, del giovinetto Moretti
Amedeo e
del Dott. Wulmer Luigi nell’atto che il Moretti si stava vestendo e
certo Simoncini Enrico lavorava a stampare fotografie di vari nudi, delle quali
esso
Pluschow faceva commercio [3].
Il Pluschow, interrogato, dichiarò che il
Moretti era
stato denudato per mostrare al meglio la perfezione dei suoi muscoli.
Nello
stanzino attiguo alla camera da letto furono rinvenuti 33 volumi in
foglio
rilegati in carta pecora portanti tutti fotografie di nudi,
prevalentemente
maschi, ove erano posti in particolare rilievo le parti posteriori ed i
membri
virili, con numero corrispondente alla lastra fotografica per le
eventuali
riproduzioni, fotografie eseguite tutte in epoca prossima non superiore a
due, a
tre anni, e in un cassetto del comò si trovava l’elenco degli indirizzi
dei
soggetti fotografati in numero di circa 190, dei quali sei solamente
riguardanti
donne, 56 maschi fra gli 11 e i 18 anni e 9 fra i 18 e i 21[4] e gli altri
mancanti
di indicazione d’età; fu sequestrato da ultimo una numerosa
corrispondenza del Plusc<h>ow dal quale risultava che egli serviva da
mezzano a pederasti attivi e
passivi che convenivano nel suo studio.
-- Che, iniziatosi procedimento penale e procedutosi
alla cattura del Plusc<h>ow per mandato del Giudice Istruttore eseguito il 13
maggio 1907, l’istruttoria lunga e minuta valse sull’accertamento dei varii
delitti addebitati al Pluschow: fu sequestrata altra numerosa corrispondenza ed
il materiale fotografico attinente alle imputazioni, e furono eseguite le
necessarie perizie e traduzioni, e furono infine escussi moltissimi testimoni,
finché con ordinanza della Camera di Consiglio, in data 19 ottobre 1907, sulle
uniformi conclusioni del P.<ubblic>o M.<inistero>o venne dichiarato non farsi luogo a procedimento
penale per difetto d’indizi a carico del Pluschow relativamente al reato di
violenza carnale in danno di Marinelli Ernani, sul quale non si erano nemmeno
riscontrate tracce di sorte che potessero accennare a violenze pregresse, e
venne rinviato esso Pluschow a giudizio avanti questo Tribunale per rispondere
di altri reati come al capo d’imputazione.
[2. Reati imputati: atti di libidine su minorenne]
Considerato in ordine al delitto di atti di libidine
in danno del Marinelli previsto e punito dall’art. 333 Cod.<ice> Pen.<ale> che,
trattandosi di reato perseguibile ad istanza di parte, l’intervenuta remissione
della querela del Marinelli prima dell’inizio del dibattimento, accettato
debitamente dall’imputato, estingue l’azione penale e devesi dichiarare non
luogo a procedimento per questo capo d’imputazione[5].
[3. Reati imputati: smercio di immagini oscene a fine di lucro]
Considerato in ordine al delitto di cui all’art. 339
Cap. C.P. che dai risultamenti del dibattimento è emersa luminosa la prova della
responsabilità dell’imputato per avere in Roma, anteriormente all’8 maggio 1907,
offerto in vendita fotografie oscene a fine di lucro e pubblicamente.
Lo stesso
Pluschow, nei numerosi suoi interrogatori, non ha potuto negare di avere sempre
eseguite e vendute, specialmente a stranieri, fotografie di nudi femminili e
maschili, prevalentemente queste ultime, ma ha dichiarato di aver ciò fatto a
scopo esclusivamente artistico e di averle vendute dietro richiesta e mai in
pubblico ad artisti stranieri.
Ora va subito rilevato che ricorrono nella specie
in esame tutti gli estremi richiesti dall’art. 339 cap. C.P. per il delitto ivi
contemplato, in quanto le fotografie sequestrate del genere di quelle vendute
debbono ritenersi assolutamente oscene e tali da offendere il pubblico pudore:
esse venivano offerte in vendita a chiunque ne faceva richiesta, costituendo ciò
la speciale speculazione del Pluschow, e tale speculazione era naturalmente
diretta al fine di lucro.
[4 Carattere osceno e non artistico delle fotografie][6].
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Modello
di Plüschow vestito da chierichetto, con in mano la rivista satirica
"L'Asino", con cui evidentemente Plüschow ebbe un qualche tipo di scontro. Le copertine datano queste
foto al 1906/1907.
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Di vero, innanzitutto, si può affermare
precisamente, ad onta delle dichiarazioni degli artisti Portanova e Solivieri
assunti quali periti di difesa, costituenti il materiale sequestrato sono
assolutamente oscene ed offensive del pubblico pudore imperocché tanto nei nudi
femminili che in quelli maschili, che sono in prevalenza, tanto nelle fotografie
di singoli individui, la maggior parte minorenni degli anni 16, che in quelle di
gruppi dell’uno o dell’altro sesso o di entrambi insieme, si rivela sempre la
rappresentazione viva e sfrontata della sessualità eseguita in modo da
solleticare i sensi, e si rileva ancora la cura costante e non dissimulata di
mettere in evidenza e in rilievo con una tecnica veramente irreprensibile gli
organi genitali delle singole figure (specialmente maschili) in pose ed
atteggiamenti tali da stimolare gli appetiti carnali di persone degenerate e
dedite alla pederastia.
È vero che il nudo non è sempre osceno e che esso ha
dato campo a lavori artistici d’inestimabile pregio; è vero pure che l’oscenità
è relativa, soggetta cioè a sensibili modificazioni secondo le civiltà, le
epoche e gli ambienti; è vero infine che la scienza e l’arte hanno i loro
diritti e le loro esigenze sì da non soffrire limiti e controlli, ma è vero
altresì che ciò non può riguardare il Pluschow, il quale nelle sue fotografie ha
sempre cercato di far risaltare in modo speciale gli organi sessuali tanto da
richiamare alla mente dell’osservatore i fenomeni normali della vita sessuale,
quelli della più abbietta degenerazione, il che esclude perentoriamente il
vantato scopo artistico, e dimostra all’evidenza nel Pluschow il criminoso
intento di fare oltraggio al pudore e al buon costume.
L’arte industriale esercitata dal Pluschow non può
quindi invocare i diritti dell’arte vera e pura, alla quale va certamente
lasciata una grande libertà di indagini, di scelte, di movimenti per raggiungere
nel modo più confacente il supremo suo scopo, qual’è la commozione del sentimento
estetico.
Delle sue fotografie oscene, del resto, per quanto si dice in appresso,
è risultato evidente l’uso che faceva l’imputato, quello cioè d’infiammare i
pervertiti che si dilettano di tali laidezze e di facilitare con tal mezzo la
corruzione di minorenni suoi modelli e lo sfogo di appetiti pederastici dei suoi
clienti.
È notevole in proposito osservare che di ogni
soggetto si rinviene prima la testa in grande formato, poi il corpo intiero
seminudo, e poi il corpo nudo completamente in molteplici posizioni, tali da
essere in rilievo le parti posteriori ed i membri virili.
Non è poi da dubitare
che il Pluschow offrisse in vendita le sue fotografie a chiunque glie ne facesse
richiesta, ciò risultando dalle sue stesse dichiarazioni e dalla copiosa
corrispondenza sequestrata.
E a riguardo va rilevato che a tenore dell’art. 339
C P per l’offerta in vendita non occorre l’iniziativa da parte di chi vuol
vendere le scritture, i disegni o altri oggetti osceni, bastando che egli
notoriamente ne faccia smercio ed attiri così senz’altro chiunque voglia
acquistarli.
È raggiunto poi anche l’estremo della pubblicità, essendo risultato
il Pluschow addirittura uno specialista del genere, che non si limitava a vendere
i suoi prodotti a soli artisti (qualità che del resto si presenta per se stessa
incontrollabile) ma a chiunque ne faceva richiesta a voce o per iscritto.
Lo
scopo di lucro del Pluschow emerge poi manifestamente dal modo come egli aveva
impiantato il suo commercio, dall’avere ciascuna fotografia riscontro nella
relativa lastra per la eventuale riproduzione, e finalmente dai lauti guadagni
da lui fatti, destinati, secondo le sue stesse dichiarazioni, a compensare le
non lievi spese che incontrava per una vita di agi e di mollezze.
[5. Reati imputati: lenocinio]
Considerato in ordine al reato di lenocinio
addebitato al Pluschow che, dalle testimonianze assunte in dibattimento e molto
più dalla corrispondenza sequestrata, si è avuta la prova della piena
responsabilità dell’imputato.
La difesa ha cercato di negare qualsiasi
partecipazione di lui ai nefandi atti pederastici che indubbiamente furono
commessi dai minorenni suoi clienti sulle persone di vari stranieri, ma i
risultamenti dell’istruttoria orale ed i documenti in atti hanno esaurientemente
dimostrata la verità dei turpi fatti che formano il sostrato dell’imputazione di
lenocinio ascritto al Pluschow.
È da notare innanzi tutto che egli non si
limitava a reclutare i suoi modelli per farne soggetti di fotografie oscene in
corrispondenza di adeguato compenso, ma soleva prendere di ciascuno di essi
l’indirizzo e le indicazioni più importanti, compreso quello dell’età - e sono
assai significative le note che si trovano nell’elenco degli indirizzi
sequestrato.
Così all’indirizzo n. 36 si legge: 14 anni, bello, biondo non
fotografato; all’indirizzo 33 si legge: scuro; a quello 33 bis si
legge: chiaro; a quello n. 40 infine si legge: sporco.
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Wilhelm von Plüschow: Ragazzo nudo sulla terrazza, a Roma. 1900/1907.
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Le
fotografie dei nudi poi erano eseguite spesso, al dire di parecchi testimoni, in
presenza di altre persone, per lo più stranieri, e anche nell’atto della
sorpresa da parte dei funzionari di P.<ubblic>a S.<icurezz>a fu trovato nella camera da letto
del Pluschow un ragazzo che si era rivestito e che l’imputato dichiarò di aver
mostrato nudo al D. Wulmar per farne ammirare la perfezione dei muscoli.
Inoltre, secondo l’asserto di qualche testimone, era cura speciale del Pluschow,
prima di eseguire le fotografie, di esaminare gli organi genitali dei suoi
soggetti e di assicurarsi per quanto poteva essere possibile che essi non
fossero mai stati affetti da malattie veneree, ciò che dalla difesa si vorrebbe
spiegare come accorgimento di certificazione per evitare la riproduzione di
organi sui quali potessero riscontrarsi trame appariscenti di mali sofferti e
che invece, ai fini dell’accusa, si presta a più concludente supposizione.
Il Pluschow si occupava certamente dei suoi modelli
all’infuori del compito d’un qualsiasi fotografo, presentandoli ai suoi amici e
mettendoli con essi in relazione, il che costituirebbe a suo carico un indizio
di colpevolezza se difettassero altri elementi che invece abbondano addirittura.
Dalla corrispondenza in processo, della cui autenticità in gran parte non si può
dubitare per fatto che ne fu fatto del Pluschow formale ed esplicito
riconoscimento, risulta non solo che al Pluschow si rivolgevano i suoi amici
stranieri per avere notizie ed indicazioni dei varii modelli fotografici, ma
ancor che egli si prestava a procurare la loro relazione con la piena coscienza
dei fini illeciti ai quali si tendeva.
Se così non fosse non si potrebbe spiegare la
maggior parte delle lettere in atti, non sembrando in minor modo attendibili le
dichiarazioni sul proposito dell’imputato, che ha inteso sostenere la piena
liceità di ogni frase, ed in ogni caso la completa buona fede.
A parte la
cartolina a firma di un certo M. Otto-Von Lechmitzhy, ove questo individuo
afferma di essere un omosessuale o urning e chiede se di urning
ve ne siano molti a Roma, sono da notare, fra le moltissime, quelle lettere che
contengono frasi non equivoche e rivelano a chiaro male i pervertimenti degli
amici o clienti del Pluschow.
Così quelli a firma di Geofray dove
si legge:
Stamane ho avuto la sorpresa di trovare fra la mia posta la
meravigliosa fotografia di Nino e ne sono rimasto in estasi. Quanto è bello e
quali dolci ricordi mi ha risvegliato in quel momento;
così un’altra a firma
dello stesso dove si legge:
Chi sono i modelli del n. 12214? Sono …sogni
siti. Qual piacere sarà per me di vederli realmente!;
così un’altra a firma
illeggibile dove si legge:
quando verrete a Parigi ne avrò molto piacere…. ultimamente
una comitiva di giovanotti è venuta in una casa che io frequento e mi sono
divertito alla follia con essi loro….. il mio affare delle automobili
prende il suo sviluppo: io spero che esso dal prossimo anno mi renderà molto e
allora sì: viva i vezzosi birichini!.....
Siate certo che è un buon
ragazzo (ne fa il nome) di maggiore fiducia che non certi monelli sfrontati.
Vogliate voi dargli una lira ed alcuni baci da parte mia? È un gioiello, in
verità!
E finalmente un’altra, a firma S. W., proveniente da Frascati, che
merita essere riprodotta per intero:
Caro buon Pluschow, veramente buon e
vecchio amico,
Sabato i miei vanno a Roma.
Come sarebbe se voi veniate qua
fuori prima a mangiarmi i maccheroni?
Il vostro protetto potrebbe venire con
voi o dopo di voi.
Vorrei però che egli rimanesse tutta la notte.
E questo si
potrebbe eventualmente ripetere ogni Sabato.
Vi prego di una risposta
il vostro
vecchio (amico) che vi saluta cordialmente.
La prova documentale della quale
fu fatto un semplice accenno, e che può dirsi esauriente, e poi corroborata da
quella testimoniale, bastando all’uopo la deposizione di Consorti Rodolfo, che ha
narrato che il Pluschow una volta gli fece una proposta di presentarlo a certo
Fersen dimorante in Capri, notoriamente sospetto pederasta passivo, che in
seguito il Pluschow si imbatté a Napoli con esso Consorti e lo indusse ad
accompagnarlo a Capri nella villa di detto Fersen, dal quale ebbe proposte oscene
che rifiutò assolutamente.
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Wilhelm von Plüschow: Ragazzo nudo su divanetto. 1900/1907.
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[6. Attenuante della preesistente corruzione dei ragazzi]
Assodata come innanzi la responsabilità del Pluschow
in ordine al reato di lenocinio crede però il Collegio che si versi non già
nell’ipotesi dell’art. 345 n. 4 CP, ma in quello del successivo articolo 346, nel
senso che il Pluschow avrebbe favorita ed agevolata la corruzione dei minorenni
suoi modelli, non solo col fotografarli oscenamente, ma più specialmente col
metterli in relazione con i suoi clienti, sospetti di pederastia e tutto ciò
abitualmente ed a fine di lucro.
La differenza fra le due deposizioni, consiste
nel fatto che l’art. 345 si applica per i minorenni non ancora corrotti, mentre
per quelli già corrotti si applica l’art. 346: nel primo caso (così la relazione
ministeriale), il lenone, consigliando ed istigando fa nascere in un essere
inesperto e forse anche innocente il pensiero o il desiderio di farsi strumento
dell’altrui impudicizia, nell’altro il lenone si limita a favorire o agevolare
la corruzione già avvenuta, commettendo un’azione intrinsecamente meno immorale e
producendo un danno meno rilevante.
Della corrispondenza di tale ipotesi
delittuosa alla specie in esame non è da dubitare, in quanto i giovanotti
minorenni che si prestavano a farsi fotografare nudi e nelle oscene pose innanzi
descritte, avevano indubbiamente già perduto ogni senso del pudore e di decoro,
ed erano già inoltrati nella triste via del vizio e del pervertimento, onde il
Pluschow trovava facile terreno per intavolare rapporti di conoscenza fra essi
ed i depravati suoi amici stranieri, agevolando e facilitando i loro incontri e
le loro trattative, e ciò abitualmente ed a fine di lucro, come dalle lettere
chiaramente risulta.
[7. Attenuante delle presunte condizioni mentali]
Considerato che la difesa ha indotto a discarico due periti
medici per riferire sullo stato mentale del Pluschow nello intento di escludere
o almeno attenuare la sua responsabilità.
Anzitutto la stessa discrepanza delle
conclusioni prese dai periti sta a dimostrare come l’assunto di ciascuno
rispecchi bene a profonda convinzione, ma non possa imporsi nel giudizio del
magistrato.
Sta in fatto che mentre il prof. Mingazzini ha concluso la semi
irresponsabilità, il prof. Cervelli ha concluso per la piena irresponsabilità,
desumendo il loro giudizio dal probabile pervertimento sessuale del Pluschow e
dall’ampio stato di alcolismo.
Rivela però il Collegio che non si
hanno elementi per ritenere il Pluschow un degenerato o pederasta, essendo i
reati da lui commessi ad esclusivo fine di lucro, non si può per l’indole stessa
dei reati medesimi ritenere che l’alcolismo (nemmeno provato) possa escludere o
diminuire la sua responsabilità.
Si tratta di una vera e propria speculazione
immonda impiantata dal Pluschow, con ogni accorgimento e di tempo non breve, onde
le sue abitudini di bevitore poca influenza possano avere.
[8. Conclusione]
Considerato in ordine alla pena che se la sanzione
penale deve corrispondere in ordine alla gravità dei delitti commessi, occorre
sempre tener conto delle condizioni subbiettive dell’imputato, specialmente in
ordine all’ambiente ove egli visse ed operò.
Crede pertanto il Collegio equa la
pena della reclusione per mesi sei e L. 500 di multa pel reato di cui all’art.
346 C.P., e mesi tre di reclusione e L. 500 di multa pel reato di cui all’art.
339 detto Codice, cumulandosi le due pene a norma di legge.
Considerato che la condanna trae suo l’obbligo al
risarcimento dei danni e pagamento delle spese processuali, e vanno confiscati
tutti gli oggetti in sequestro attinenti ai reati [7].
Sentenza del processo Plüschow
[9. Sentenza]
P.<er> Q.<uesti> M.<otivi>
Il Tribunale
Dichiara Pluschow Guglielmo colpevole del reato di
cui all’art. 346 C.P, così modificata per questo capo la imputazione di cui alla
lettera b, e dell’altro reato di cui alla lettera c, e, visti ed
applicati gli articoli 346, 339, 68, 36, 37, 39 CP, 586, 569 PP lo condanna a
mesi sette e giorni quindici di reclusione e L. 1000 (mille) di multa, ai danni
verso chi di ragione, ed alle spese processuali.
Ordina la confisca degli
oggetti sequestrati attinenti ai reati [7].
V. poi l’art. 393 PP
Dichiara non farsi luogo a procedimento penale verso
lo stesso Pluschow in ordine all’imputazione di cui alla lettera a per
estinzione dell’azione penale a seguito di remissione di querela accettata.
Letto e pubblicato all’udienza suddetta presenti il
P.M. e l’imputato.
Firme della Corte
[10. Esito dell'appello]
29 maggio 1909 - Rigettato l’appello.
[11. Esito del ricorso contro la sentenza di appello]
12.10.1909 - Rigettato in ricorso.
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