UN FOTOGRAFO CORRUTTORE
L'incitamento all'inverecondia [1].
I critici d'arte
hanno molto discusso intorno alla rappresentazione del nudo,
soprattutto per stabilire quando essa oltrepassi i confini del pudore
per invadere quelli dell'inverecondia: naturalmente le lunghe dispute
non hanno impedito che gli artisti si compiacciano della bellezza
riproducendola in quadri e modellandola in statue, che il pubblico,
quando ha trovato meritevoli d' ammirazione, non ha mai giudicato che
siano opere scandalose. Qualche fotografo ha voluto emulare gli
artisti, ma quasi sempre è rimasto nel terreno della volgarità, non
riuscendo a sottrarre al proprio obbiettivo quelle crudezze che chi ha
sentimento d'arte sa idealizzare o nascondere.
Un fotografo,
che forse ebbe siffatto intendimento, ma che finì per rinunciare
a ogni tentativo platonico per dedicarsi interamente allo smercio di
ritratti molto veristi, è il signor Guglielmo Plüskow,
un tedesco che vive a Roma da parecchio tempo, e che circa quattro anni
or sono trasportò il proprio studio e la propria abitazione, al Corso
Umberto, 333, ultimo piano.
Il signor
Plüskow ora ha 55 anni. Fino a ieri era un solitario, che viveva un po'
oscuramente, circondato soltanto da una clientela un po' misteriosa, e
da una piccola schiera di modelli d'ambo i sessi, di cui si serviva per
comporre i gruppi fotografici che talvolta, rimanendo come su un filo
di un rasoio fra l'arte e il realismo troppo spinto, venivano anche
esposti in qualche negozio di stampa. I giovinetti e le giovinette che
si prestavano a farsi riprodurre dai suoi obbiettivi, erano quasi
tutti di età dai dodici ai sedici anni; costoro non avevano mai la
preoccupazione di recarsi nello studio del Plüskow con abiti meno
cenciosi di quelli che indossavano abitualmente: nel gabinetto o nella
terrazza del fotografo essi godevano la più ampia libertà,
principalmente quella che nemmeno ai bagnanti è concessa.
Il fatto più
grave era poi questo: che il Plüskow non si contentava di ritrarre
separatamente i modelli, ma li disponeva in gruppi, in atteggiamenti
impuri.
A questa
scuola dell'inverecondia convennero in questi ultimi tempi molti
minorenni, e di quelle promiscuità fotografiche il tedesco raccolse
migliaia di negative.
Una denuncia
Alcuni giorni fa pervenne all'autorità giudiziaria una denuncia sporta dal signor Alfredo Marinelli, abitante in vicolo del Villano, 63, il quale esponeva come il proprio figliolo Ernani,
di 12 anni, fosse stato fotografato dal Plüskow, nel suo studio al
Corso Umberto, in atteggiamento non conforme alle leggi del pudore.
L'autorità
giudiziaria informò della cosa quella di pubblica sicurezza la quale si
adoperò subito per appurare quanto vi fosse di vero nel fatto
denunciato.
Veramente
l'autorità di pubblica sicurezza non ignorava che il Plüskow si
dilettasse ad eseguire fotografie poco decenti: qualche anno fa nello
studio del tedesco avvenne un furto, e gli agenti che vi si recarono
per le indagini intravidero molti ritratti che non avrebbero potuto
essere esposti in pubblico impunemente. Ma allora la pubblica sicurezza
era alla ricerca dei ladri e non della verecondia, e lasciò correre.
Ora invece, esistendo una denuncia su fatti precisi, fu dato
incarico al cav. Secchi, capo commissario di Trevi, di investigare
senza esitazioni. E il commissario fece eseguire varie perquisizioni
nello studio del fotografo, e sequestrò vari "album" grossissimi [2] pieni
di ritratti di minorenni meno vestiti dei ragazzi che vivono nel
centro dell'Africa e qualche centinaio di fotografie uniformemente coi
medesimi soggetti e l'identico concetto verista.
L'arresto
In seguito a ciò, l'autorità giudiziaria spiccò mandato di cattura a carico del signor Plüskow.
Ieri sera il
commissario di Trevi mandò due suoi agenti al domicilio del fotografo;
ma il tedesco era uscito e il portiere Vito De Benedictis non seppe
dare alcuna indicazione per rintracciarlo. Gli agenti si misero allora
a passeggiare in su e giù per il corso e alle 10 e mezza
incontrarono il Plüskow che si accingeva a rincasare.
Lo avvicinarono e gli dissero che avevano l'ordine di arrestarlo, e lo tradussero senz'altro in camera di sicurezza.
Al funzionario
che lo interrogò il Plüskow dichiarò di commerciare in fotografie
d'ogni genere, e si mostrò molto sorpreso della misura adottata a suo
carico.
Lo studio del Plüskow
L'ambiente nel quale convenivano i modelli del Plüskow è al riparo da ogni sguardo indiscreto.
All'ultimo
piano del palazzo segnato col N. 333 sul Corso Umberto - un palazzo
occupato nei piani inferiori da laboratori e uffici, e quindi molto
frequentato - il Plüskow aveva la propria abitazione, alla quale si
accede dall'uscio che si trova a destra del pianerottolo: altri due
usci, uno dei quali poco visibile, mettono nel gabinetto fotografico e
nella terrazza; questa e quella comunicano internamente con
l'appartamentino.
La terrazza è
allo stesso livello dell'attico che adorna il palazzo “Modern Hotel”, è
circondata da piante e da vasi fioriti. In un lato di essa è costruita
una cascina di legno nella quale il Plüskow aveva stabilito lo studio
fotografico. In un primo ambiente si trovano gli istrumenti fotografici
e stanno disposte sugli scaffali dozzine e dozzine di scatole, in
ognuna delle quali si trovano numerose negative. Accanto a questo
stanzino, solo da un lato, la camera oscura e, dall'altro, un elegante
salotto.
Questo dal
modo com'è tappezzato, ammobiliato e adornato, rivela la raffinatezza
di colui che faceva gli onori di casa alla propria clientela e
forse anche ai modelli che convenivano nello studio: stoffe alle pareti
e quadri di soggetto molto mondano, soffici divani e cuscini
morbidissimi, soprammobili graziosi e gingilli eleganti; un piccolo
nido insomma, dove tutto pare studiatamente disposto per rallegrare gli
occhi dei visitatori [3].
L'abitazione
attigua allo studio ha invece un'apparenza modestissima: un corridoio
separa quattro stanze, in una delle quali sorge uno scaffale pieno
zeppo di libri, e in un'altra è il letto del Plüskow.
L'appartamento
non è né troppo pulito, né profumato: quattro gatti vi stanno rinchiusi
e vivono liberamente nel corridoio, che è cosparso delle loro lordure.
Agli usci delle quattro stanze sono stati apposti i suggelli dall'autorità di pubblica sicurezza.
Stamane si recarono a cercare del Plüskow due giovani addetti al suo gabinetto fotografico [4], ma il portiere li avvertì che egli era partito e che probabilmente lo studio non avrebbe funzionato per molto tempo.
Infatti esso è
ora in balia della questura, la quale indaga attivamente, se il Plüskow
soltanto corrompesse i minorenni, oppure se la sua clientela lo
coaudivava nell'inverecondo commercio fotografico.
Wilhelm von Plüschow (1852-1930), Ragazzo di spalle sulla terrazza romana. Si noti la vista su Villa Borghese
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luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1] Il
testo, relativo all'arresto del fotografo Wilhelm von Plüschow
(1852-1930), è tratto dal quotidiano "La tribuna", in data 15 maggio
1907.
[2] Questi album si trovano oggi nel Museo criminologico di Roma.
Le foto sequestrate furono analizzate in uno studio di Giuseppe Falco: Su alcune anomalie sessuali,
"Rivista di medicina legale e giurisprudenza medica", 1919, pp. 100-106
e pp. 133-137, che però è interessato quasi solo alla ricerca di
presunte "stigmate di degenerazione" sui corpi delle modelle e dei
modelli.
[3]
L'autore del pezzo sta insinuando in modo molto elegante che l'ambiente
era arredato non come uno studio fotografico ma come un bordello.
[4] Dagli atti del processo sappiamo i nomi di questi due giovani assistenti: Pietro Magnotti ed Enrico Simoncini.
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