DA CAPRI A... TAORMINA?
I VERI REIETTI [30/05/1908] [1].
Alcuni iconoclasti della stessa lor... fama[2]
hanno destato un nembo di turpitudine raffinata, che ha ammorbato e
contaminato tutta una cittadina, ascesa ormai a quell’antico suo
splendore per opera di quella schiera balda di artisti, che ne hanno
illustrato le bellezze naturali e storiche.
E la biliosa prosa comparsa con titoli suggestivi
non può veramente dirsi che non abbia trovato lettori, i quali più che
malignare, hanno compreso i loro intrighi, <e hanno compreso> quali ire
nell’attualità commuovano la terra doviziosa dello storico Timeo!
Infatti alcuni pensarono che si trattasse di una nuova bolla saponacea
frettolosa, con l’illusione solida di realizzare un desiderio, mentre
evidente appariva il contrasto col buon senso – altri giudicarono gli
altisonanti allarmi come semplici latrati di avvisatori in cerca di… piccioli[3] – come direbbe un energico collega – e di gloria.
Noi però diciamo che arditezza ed astuzia muovono il nuovissimo e
forbito scrittore, il quale per quanto cerchi di avanzare sulla scena
con l’incesso[4]
cadenzato, e di far credere di voler e saper procedere con l’ampia e
togata solennità d’un dittatore romano, pure non riesce affatto a darla
ad intendere a chi appena conosce certi retroscena.
Ed invero noi siamo stati già abituati ad assistere a bagliori di...
stelle e di lampi – abbiamo visto avanzare molleggiando e satireggiando
tutti i pallidi di chiari di luna e di lattemiele, studiosi
pornografici... medici raffinati - ma mai si è arrivati ad un costrutto
serio e dignitoso.
Perché dunque oggi il nuovo messia, cui fu girato il mandato, scrive ed
imbandisce fatti e situazioni per i quali già i suoi suggeritori
deposero la penna?
Che cosa egli vuol fare? Uno studio del virus[5] della depravazione sessuale, o vuole egli ricercare qui le fonti cenobitiche [pretesche] spuntate sul fiore avvelenato del pathos della carne e del nirvana dello spirito?
È
cosa facile, comunissima riunire degli gli (sic) aggettivi-lenocinii ed
intonarli languidamente ad una nuova sempre corrotta formula
letteraria; ma è arduo per un profano giudicare arte ed artisti, e
artatamente confondere persone e figure. Come fa egli a confondere coi nudi pornografici quelle fotografie che le più importanti esposizioni hanno premiate e le personalità più spiccate nel campo artistico, gli scultori specialmente, si contendono?
Non si è mai fermato ad ammirare la fontana lussuriosa del Moschetti, che sorge in piazza Ferrovia a Catania, per non andare più oltre, l’egregio scrittore?
Non trova egli nell’insieme delle forme del gigante qualche studio del Gloeden e propriamente dei due lottatori?
E nelle linee di Proserpina, che smarrita, inutilmente si sforza di
liberarsi da quel cerchio d’acciaio che la rende inerte, non trova
ancora dei motivi tratti dalle bellissime fotografie del Gloeden?
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Esistono
solo tre o quattro foto di lottatori nella produzione gloedeniana, e
questa è una di esse. La cosa più divertente è che, benché siano foto
del catalogo di Gloeden (questa è la numero 2031), non sono
probabilmente di sua mano: lo stile pesantemente accademico è infatti
troppo diverso da quello delle altre sue immagini.
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Si purifichi
d’ossigeno il bellicoso scrittore, piuttosto, riattivi i suoi centri
nervosi, dopodiché io non sono un puritano e odio, come lui, l’odore
dei gigli e ho ribrezzo invincibile per le alte accollature di
mussolina bianca[6] – potrò ancora discutere con lui e dimostrare come non sia vero come l’omosessualità trovi vita, vigore nelle fotografie, che sono gioielli d’arte.
Potrò inoltre persuadere, colui che grida allo scandalo, come sia fantasia di utopisti ammalati il supposto smercio di carne umana,
là dove mille attestazioni lusinghiere di mille personaggi e di
antichi… amici sono concordi nell’inneggiare all’arte, all’ospitalità,
al lavoro intelligente e rimunerativo perché perseverante.
Quando i centri nervosi dell’articolista saranno riattivati, potrò
ancora dire come e perché spesso un qualunque autore di apprezzati
componimenti scolastici, si determini a spalancare certe dighe
sotterranee di fango, per finire poi coll’arguta ode di Pirro Giacchi:
O fiasco, o antica gloria
delle toscani genti…[7].
Benché nel nostro caso si tratti di qualcosa di più sostanziale…
Ma non si turbi, l’Harden in quarantesimo[8], io non ho affatto per ora intenzione di alzare il sipario completamente.
Solo, per tornare ancora a parlare di arte e per discutere di documenti dirò ancora a lui:
È
proprio possibile che le fiacche affermazioni debbano giungere proprio
nel momento, in cui gli ellenisti e le recenti scoperte di papiri
melici provano che Saffo non fu quell’impresaria di fanciulle impuberi[9],
che la leggenda ci ha tramandato, proprio nel momento, in cui per la
dignità della storia, à messo in chiaro che l’isola di Lesbo non fu
quella terra promessa ove sfiorivano sull’altare della poesia
carezzevole e insidiatrice le rosee verginità delle fanciulle danzanti
attorno al simulacro di Venere![10].
Via, è anche
troppo quando egli si scandalizza delle forme socratiche, più o meno in
compagnia di costumati nudi, specchiatisi nelle
“Dolci, fresche e chiari acque…”
di una vasca.
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L'immagine
di a cui allude il testo. Peraltro è corretta l'osservazione per cui la
clientela omosessuale anava vedere in questa foto, che richiama le figure di Socrate (a cui
il modello anziano somiglia) e del suo discepolo/amato Alcibiade, l'eco della passione di Socrate per Alcibiade, raccontata nel Simposio di Platone.
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Come se l’ombra camusa di Socrate, dell’amico di Fedone chiomato di boccoli d’oro e di Aspasia[11]
dalla pelle vellutata, detersa dalla polvere dei secoli, dovesse
servire da pupazzo simbolico della satiriasi, e chiamare al rito
fallico, al mistero eleusino - ribattezzato a Parigi, a Firenze etc…. -
la cagnaccia[12] peccaminosa dei muli superumani?!
È un po’ troppo, via, ed il forbito scrittore non dovrebbe maneggiare la penna come siringa Pravaz, intingendola nella cancrena, per iniettare il mordente virus concentrato[13],
là dove stormisce e frascheggia la fresca lucentezza di una valle
fiorida di verde, là dove si colorano di sogno e d’ideale le luminosità
rosate delle aurore, o l’oro caldo dei tramonti taorminesi.
Wilhelm vn Gloeden, Giovane fauno.
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L'autore ringrazia fin d'ora
chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone,
luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti.
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Note
[1] Tito Ragusa, Da Capri… a Taormina? I veri reietti, "La Sicilia", 30 maggio 1908, p. 1.
La trascrizione era apparsa in origine sul sito, ora non più online, di Enrico
Oliari, che ringrazio. Oliari ha dedicato alla vicenda un capitolo del
suo libro L'omo delinquente, Prospettiva editrice, Roma 2006.
Ho corretto alcuni refusi e aggiunto i neretti.
Questo articolo è un'invettiva contro gli autori di articoli di
denuncia di Wilhelm von Gloeden come "mercante di carne umana", anzi specificamente contro l'iniziatore della polemica, Umberto Bianchi, visto che il titolo del presente articolo riprende, sia pure in forma interrogativa, quello di un articolo di Bianchi.
Il
pezzo è una greve, paludata e barocca invettiva, infarcita di
pedanteschi latinismi e rimandi al mondo classico, in difesa non tanto
di Gloeden in sé, quanto dell'onore di Taormina e dello status quo.
La
tesi è che l'accusa che la cittadina tollerasse l'omosessualità fosse
infondata; che Bianchi fosse solo l'ultima penna prezzolata d'una serie,
che già in passato aveva cercato di calunniare Taormina, ma invano; e che
le foto di Gloeden fossero universalmente apprezzate dagli artisti e
dai critici d'arte.
E anche se così non fosse stato, conclude l'autore, dopo tutto l'omosessualità era un
vizietto che avevano anche grandi nomi dell'antichità classica, onorati
da tutti, come Socrate, Platone e Saffo.
Il bizzarro ragionamento mostra che l'autore sapeva bene come stessero
i fatti, ma che tutto sommato la cosa non lo turbasse più di tanto,
ovviamente se i colpevoli erano suoi amici, e soprattutto se giovavano al turismo taorminese.
L'autore parrebbe in effetti potersi identificare, salvo smentita, con un certo avvocato e cavaliere Tito Ragusa Galleani, di Taormina, che nel 1910 è consigliere comunale, nel 1912 direttore d'un quindicinale, nel 1914 sindaco di Taormina e amico di Gloeden, nel 1928 figura tra i collaboratori della Guida della Sicilia del Touring club italiano, nel 1936 è presidente della "Società anonima taorminese trasporti turistici", e ancora nel 1941 "manager" d'una società turistica. In altre parole, aveva tutto l'interesse a fingere di "non sapere".
[2] "Calunniatori del loro stesso onore".
[3] In siciliano: "soldi".
[4] Latinismo
per "passo". Intende dire che Bianchi spunta dal nulla, col suo fare da
gradasso, incedendo come un bullo, per aggiungersi (buon ultimo, dopo
che gli altri si erano stancati per la vanità del loro sforzo) alla
lista di colunniatori che si fanno pagare per denigrare la povera e
laboriosa Taormina.
[5] Latino: "veleno".
[6] Questo
labirintico giro di parole serve solo a dire: "Neppure io sono un bigotto, e non ho simpatie per lo pseudo-moralismo pretesco".
[7] Citazione dell'"Addio al fiasco" di Pirro Giacchi. In pratica sta dando dell'alcolizzato al Bianchi, che era toscano.
[8] Maximilian Harden era il giornalista che aveva appena dato inizio allo "Scandalo della Tavola Rotonda" in Germania, nel 1907. "In quarantesimo" sta per "in formato minuscolo".
[9] Direttrice di un collegio di educande
[10] Di Saffo per
trasmissione diretta era arrivata giusto la fama (eterosessualizzata nei secoli, che ne avevano fatto una
professoressa che preparava le studentesse al matrimonio), una
composizione, e qualche verso citato in opere altrui. Tutto il resto ci viene da fortunate
scoperte di papiri in Egitto, iniziate negli ultimi decenni
dell'Ottocento, e quindi ancora "recenti", e tali da sconvolgere
l'immagine eterosessuale di Saffo, per Ragusa e i suoi contemporanei.
[11] L'uno è un discepolo di Socrate, l'altra una cortigiana di Atene.
[12] Canaglia,
folla di pervertiti. Tradotto in semplice italiano, sta dicendp che è
impensabile che Socrate debba essere preso per il rappresentante
simbolico dei maniaci sessuali, usato per richiamare la marmaglia dei
peccatori da tutta Europa.
[13] Bianchi usa la penna come un medico usa la siringa, però non
per
aspirare il pus dalla ferita in cancrena, bensì per iniettarvi il
marciume
concentrato.
Vecchia tesi cattolica, secondo cui a parlare
d'omosessualità, anche per condannarla, non si fa altro che diffonderla ancora di più. |