Da: De planctu
naturae / Il pianto della Natura [prima del 1170] [1]
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0431A Patrologia latina]
In lacrymas
risus, in fletum gaudia verto:
in planctum
plausus, in lacrymosa jocos,
cum sua
naturam video secreta silere,
cum Veneris
monstro naufraga turba perit. |
Cambio
il riso in lacrime, la gioia in pianto,
l’applauso
in gemito, gli scherzi in tristezze,
quando vedo
la natura tacere con i suoi segreti,
quando la folla
naufraga è rovinata dal mostro di Venere. |
Cum
Venus in Venerem pugnans, illos facit illas:
cumque suos
magica devirat arte viros.
Non fraus
tristitiam, non fraudes fletus adulter
non dolus,
imo dolor parturit, imo parit. |
Quando
Venere, combattendo contro se stessa, trasforma gli uomini in donne:
quando con
la sua magica arte evira gli uomini.
Non è
l’inganno che genera tristezza, né il falso pianto che genera inganni,
né la
frode, ma piuttosto il dolore. |
Musa
rogat, dolor ipse jubet, natura precatur,
ut donem
flendo, flebile carmen eis. |
La
Musa mi chiede, lo stesso dolore mi ordina, la natura m’implora,
piangendo,
di dedicare a loro un canto dolente. |
Heu!
quo naturae secessit gratia? morum
forma, pudicitiae
norma, pudoris amor!
Flet natura,
silent mores, proscribitur omnis
orphanus
a veteri nobilitate pudor. |
Ahimè,
quant’è lontana la bellezza della natura, la grazia degli avi,
la regola della
castità, l’amore del pudore?
La natura piange,
gli avi tacciono, ogni pudore è svenduto,
orfano dell’antica
nobiltà. |
Activi generis
sexus, se turpiter horret
[0431B]
sic in passivum degenerare genus.
Femina vir
factus, sexus denigrat honorem,
ars magicae
Veneris hermaphroditat eum. |
Il sesso del
genere attivo s’inorridisce così turpemente
Da degenerare
nel genere passivo.
L’uomo si trasforma
in donna, denigra l’onore del suo genere,
la magica arte
di Venere lo rende ermafrodito. |
Praedicat
et subjicit, fit duplex terminus idem,grammaticae leges ampliat ille nimis.
Se negat
esse virum, naturae factus in arte
barbarus.
Ars illi non placet, imo, tropus. |
È insieme
predicato e soggetto, diventa come un doppio termine,
stravolge in
profondità le regole della grammatica.
Dice che non
è un uomo, anche se creato secondo l’arte della natura,
il barbaro.
A lui non piace l’arte, piuttosto, la finzione. |
Non tamen
ista tropus poterit translatio dici;
in vitium
melius ista figura cadit.
Hic modo
est logicus, per quem conversio simplex
artis, naturae
jura perire facit. |
Tuttavia questa
finzione non può essere chiamata metafora;
questa figura
retorica sta meglio nel vizio.
Ora secondo
lui è logico che una semplice conversione del genere
Sovverta le
leggi della natura. |
Cudit in
incude, quae semina nulla monetat
horret et
incudem malleus ipse suam.
nullam materiam
matricis signat idaea,
sed magis
in sterili littore vomer arat. |
Batte su un’incudine
che non conia nessuna moneta
e il suo stesso
martello ha in orrore la sua incudine.
Il segno della
matrice non incide nessuna materia,
ma piuttosto
il vomere ara una sterile spiaggia. |
[0431C]
Sic pede dactilico Veneris male iambitur usus,
in quo non
patitur syllaba longa brevem. |
Così
come il verso giambico mal si adatta al piede dattilico di Venere,
in cui una
sillaba lunga non permette una breve. |
Quamvis
femineae speciei supplicet omnis
forma viri,
semper hujus honore minor;
quamvis
Tyndaridi vultus formetur, Adonis
narcissique
decor victus adoret eam:
spernitur
ipsa tamen, quamvis decor ille peroret
et formae
deitas disputet esse deam. |
Anche se tutta
la bellezza dell’uomo supplicherà la grazia della donna,
sarà
sempre inferiore alla sua gloria;
anche se il
volto della figlia di Tindaro [Elena] cambierà,
la bellezza
di Adone e Narciso, sconfitti, la adorerà:
tuttavia lei
è disprezzata, anche se la sua grazia parla
e la divinità
della sua bellezza dimostra che è una dea. |
Qua Jovis
in dextra fulmen langueret, et omnis
Phoebi cessaret
otia nervus agens:
qua liber
fieret servus, propriumque pudorem
venderet
Hippolytus, hujus amore fruens. |
Mentre languirebbe
per lei il fulmine nella mano destra di Giove,
e ogni forza
di Apollo cesserebbe e cadrebbe nell’ozio:
mentre per
lei l’uomo libero diventerebbe schiavo,
e Ippolito,
per godere del suo amore, venderebbe la sua castità. |
Queis impressa
semel, mellirent oscula succo,
queis mellita
darent, mellis in ore favum.
[0431D]
Spiritus exiret ad basia deditus ori,
totus et
in labiis luderet ipse sibi.
Ut dum sic
moriar, in me defunctus, in illa
felici vita
perfruar alter ego. |
Su chi una
buona volta imprimerà le labbra, darà baci di miele,
a chi darà
dolci baci sulla bocca di miele.
Lo spirito,
tutto preso dai baci, uscirà dalla bocca,
e giocherà
sulle labbra con se stesso.
In questo modo
allora morirò, liberato da me stesso,
un altro io
goderà di quei baci nella vita felice. |
Non modo
Tyndaridem Phrygius venatur adulter,
sed Paris
in Paridem monstra nefanda parit.
Non modo
per rimas rimatur basia Thysbes
[0432A]
Pyramus, huic Veneris rimula nulla placet. |
Non solo l’adultero
frigio [Paride] caccia la figlia di Tindaro,
ma Paride con
Paride compie azioni mostruose e indicibili.
Non solo Piramo
cerca i baci di Tisbe attraverso le fessure nella parete [i
due giovani, vicini di casa, si scambiavano promesse d’amore attraverso
una fessura della parete, poichè le rispettive famiglie erano contrarie
al loro matrimonio]
ma a lui non
piace nessuna piccola fessura di Venere. |
Non modo
Pelides mentitur virginis actus,
ut sic virgineum
se probet esse virum;
sed male
naturae munus pro munere donat,
cum sexum
lucri vendit amore suum. |
Non solo il
figlio di Peleo [Achille] finge gesti femminili
[la madre Teti, avendo saputo dall’indovino Calcante
che il figlio sarebbe morto a Troia, per impedirgli di partire, lo nascose
vestito da donna tra le figlie del re Licomede]
Come per mostrarsi
così uomo virgineo;
ma rinuncia
a un dono di natura per un cattivo,
poiché
vende il suo sesso per amore del denaro. |
A Genii
templo tales anathema merentur,
qui Genio
decimas, et sua jura negant.
(...) |
Questi si meritano
gli anatemi dal tempio del proprio Genio tutelare,
loro che negano
le offerte al proprio Genio e i propri diritti. |
|
Donne piangenti.
Arte spagnola,
fine del XII secolo.
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Ratio
naturae.
Solutio
primae quaestionis.
|
L’ordine
della natura.
Risposta
alla prima questione.
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(...) |
(...) |
Narcissus
etiam sui umbra alterum mentita Narcissum, umbratiliter occupatus, seipsum
credens esse alterum [0450B] se, de se sibi
amoris incurrit periculum. |
(ci
sono i riferimenti retorici e grammaticali da controllare, tipo soggetto,
predicato e simili)
Narciso, scambiando
la sua ombra per un altro Narciso, con la mente occupata da ombre e credendo
se stesso un altro, corse il pericolo di innamorarsi di se stesso. |
Multi
etiam alii juvenes mei gratia pulchritudinis honore vestiti, debriato amore
pecuniae, suos Veneris malleos in incudum transtulerunt officia. |
Anche
molti altri giovani, onorati dal mio favore per la loro bellezza, impazziti
per amore del denaro, hanno trasferito i loro doveri in martelli di Venere
sull’incudine. |
Talis
monstruosorum hominum multitudo, totius orbis amplitudine degrassatur,
quorum fascinante contagio, castitas venenatur. |
Tanto
grande è il numero di questi uomini mostruosi che assale tutta la
terra, che avvelena la castità con il loro contagio ammaliante. |
Eorum siquidem
hominum qui Veneris profitentur grammaticam, alii solummodo masculinum,
alii feminum, alii commune, sive promiscuum genus familiariter amplexantur:
quidam vero quasi heterocliti genere, per hiemem in feminino, per aestatem
in masculino genere irregulariter declinantur. |
Di tutti questi
uomini che riconoscono la grammatica dell’amore, alcuni offrono abbracci
intimi solo al genere maschile, altri a quello femminile, altri ancora
in comune o in modo indifferenziato: ma alcuni, come il genere irregolare,
sono declinati in modo irregolare in inverno al femminile, in estate al
maschile. |
Sunt qui
in Veneris logica disputantes, in conclusionibus suis, subjectionis, praedicationisque
legem relatione mutua sortiuntur. |
Alcuni, discutendo
la logica dell’amore, sorteggiano nelle loro conclusioni la legge del soggetto
e del predicato con una relazione reciproca. |
Sunt, [0450C]
qui vicem gerentes supposito, praedicari non norunt. |
Alcuni, prendendo
il posto del soggetto, non hanno imparato l’essere predicato. |
Sunt, qui
solummodo praedicantes, subjecti subjectionem legitimam non attendunt.
Alii autem
Diones regiam ingredi dedignantes, sub ejusdem vestibulo ludum lacrymabilem
comitantur. |
Alcuni, stando
solo nel predicato, non badano alla regolare condizione del soggetto.
Altri, sdegnando
di entrare nella reggia di Dione, accompagnano un miserabile gioco sotto
il suo ingresso. |
Contra hos
omnes conqueruntur jura, leges armantur, cum ultore gladio suas affectant
injurias vindicari. |
Contro tutti
questi il Diritto si lamenta, le leggi si armano, e cercano di vendicare
le offese subite con la spada che castiga. |
Ne igitur
mireris, si in has verborum profanas exeo novitates, cum profani homines
profanius audeant debacchari. |
Dunque, non
ti meravigliare se mi dilungo su queste empie novità, poiché
gli uomini empi osano infuriare in modo ancora più empio. |
Talia enim
indignanter eructo, ut pudici homines pudoris characterem revereantur;
impudici vero ab impudentiae lupanaribus arceantur. |
Infatti, mi
scaglio indignato contro tali cose affinché gli uomini virtuosi
rispettino il valore della castità, mentre quelli senza vergogna
stiano lontani dai lupanari dell’impudenza. |
Mali enim
cognitio, expediens est cautela, quae culpabili nota inverecundiae cauteriatos
puniat; et ab [0450D] ejusmodi immunes praemiet.
Jam meae solutionis lima tuae quaestionis scrupulum eliminavit.
[mancano
altre citazioni, Ganimede eccetera. Finire spoglio] |
Infatti, la
conoscenza del male è un’utile precauzione, che punisce il colpevole
con il marchio a fuoco della vergogna e premia chi non è macchiato
dal peccato. Ormai la lima della mia spiegazione ha sciolto il dubbio della
tua domanda. |
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L'autore ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Il testo da: Alain de Lille (Alain
de Lisle, Alano
da Lilla, Alanus de Insulis), Liber de planctu naturae, così
come edito sul sito: "The latin library", che riprende: Patrologia
Latina, vol. 210, coll. 431-32 e 450 (il testo completo alle coll.
429-484).
Edizione critica:
Spoleto, Centro italiano di studi sull'alto medioevo, 1978; estratto dagli
"Studi medievali" XIX 1978.
La traduzione
dal latino, inedita, è di Pierluigi
Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto.
Sul "Medieval
sourcebook" è
online una traduzione in inglese dell'intera opera.
Si confronti
il De contemptu mundi di Bernard de Morlas.
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